N. 03224/2010 begin_of_the_skype_highlighting              03224/2010      end_of_the_skype_highlighting REG.DEC.

N. 01090/2005 begin_of_the_skype_highlighting              01090/2005      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1090 del 2005, proposto da:
############### ###############, rappresentato e difeso dagli avv. -

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
 

per la riforma

della sentenza del TAR PIEMONTE - TORINO :SEZIONE I n. 03392/2004 begin_of_the_skype_highlighting              03392/2004      end_of_the_skype_highlighting, resa tra le parti, concernente DIRITTO ALL'AMMISSIONE A FREQUENTARE INTERO CORSO DI CARABINIERE AUSILIARIO.

 


 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2010 il Cons. Anna Leoni e uditi per le parti gli avvocati -

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

1. Il signor ############### ###############, arruolato in data 17/09/2004 con la qualifica di Allievo carabiniere ausiliario presso il I Plotone della V Compagnia Allievi del II Battaglione Allievi di Fossano, veniva prosciolto per inidoneità all’attitudine militare, conseguente ad apposito procedimento, a seguito di un episodio che lo aveva visto protagonista, riguardante il ritrovamento e l’appropriazione di scheda telefonica appartenente ad altro commilitone, la sua utilizzazione e distruzione dopo l’uso, senza riferire dell’accaduto ai propri superiori sino alla mattina successiva, nel timore delle conseguenze, essendo stata attivata al riguardo attività di polizia giudiziaria.

2. Avverso tale provvedimento il militare proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Piemonte che, con sentenza n. 3392 del 24/11/2004 lo respingeva per manifesta infondatezza, ex art. 21 comma 9 L. n. 1034 del 1971, introdotto dall’art. 3 della L. n. 205 del 2000, tenuto conto che il provvedimento impugnato, costituisce diretta conseguenza del giudizio di inidoneità militare (anch’esso impugnato) in ordine al quale l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità, non censurabile in sede di legittimità se non per vizi di illogicità manifesta, nella specie non riscontrabili.

3. Appella il sig. ###############, deducendo le seguenti censure:

3.1. Quanto alla sentenza: carenza assoluta di motivazione- illogicità ed irrazionalità manifeste- stridente contraddittorietà con precedenti determinazioni.

Quanto ai provvedimenti: eccesso di potere- violazione del combinato disposto degli artt. 117 DPR n. 3/57, dell’art. 39 in relazione all’art. 24 del Regolamento Scuole allievi carabinieri in relazione all’art.9 L. n. 19/90 e alla sentenza della Corte costituzionale n. 363 del 30/10/96- violazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza ex art. 27 comma II Cost.- eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti- sviamento-ingiustizia manifesta.

Secondo l’appellante, il deferimento per gli stessi fatti all’Autorità giudiziaria penale per il reato di cui all’art. 230 n.1 c.p.m.p. avrebbe dovuto condurre obbligatoriamente alla sospensione del procedimento disciplinare e, per conseguenza, alla sospensione dell’attribuzione del voto di attitudine militare.

Il caso è stato giudicato dalla Commissione formalmente ex art. 32 del Regolamento della scuola allievi carabinieri, laddove si sarebbe dovuto seguire il diverso iter previsto dall’art. 24, divenendo ope legis propedeutico il procedimento penale rispetto al procedimento disciplinare.

Ciò troverebbe conferma nel disposto dell’art. 9 della L. n. 19 del 1990 che vieta la destituzione di diritto del pubblico dipendente a seguito di condanna penale, applicabile anche nei confronti del personale militare, alla luce dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 363 del 30/10/96.

3.2. Quanto alla sentenza: carenza assoluta di motivazione- eccesso di potere- palese inopportunità- discriminatori età in atti.

Quanto ai provvedimenti: perplessità- sviamento- violazione degli artt. 7 e 8 e segg. L. n. 241 del 1990- violazione del giusto procedimento- lesione del diritto di difesa- disparità di trattamento.

L’avvio del procedimento è stato notificato all’appellante in data 5/10/2004 alle ore 10, e 30, mentre la Commissione si è riunita nel medesimo giorno alle ore 12,00, con ciò impedendo al ############### il compiuto esercizio del proprio diritto di difesa e di partecipazione al procedimento amministrativo. assoluta di motiva

3.3. Quanto alla sentenza: violazione di legge, in particolare violazione del principio di unicità delle sanzioni- contraddittorietà della motivazione- ingiustizia manifesta- illogicità manifesta- eccesso di potere.

Quanto ai provvedimenti: violazione di legge, in particolare violazione del principio di unicità delle sanzioni- contraddittorietà della motivazione- ingiustizia manifesta- illogicità manifesta perplessità- disparità di trattamento- eccesso di potere- sviamento.

Il comportamento tenuto dal ############### è stato oggetto di autonoma rilevanza disciplinare, che ha dato luogo al l’irrogazione della sanzione di sette giorni di consegna.

Lo stesso fatto è stato, quindi, ingiustificatamente valutato in maniera difforme e non proporzionale al fatto stesso.

4. Si e’ costituito in giudizio il Ministero appellato che con memoria resa in vista dell’udienza di discussione ha segnalato come, a seguito della sospensione del servizio di leva obbligatorio (art. 1 L. 23 agosto 2004 n. 226) non sono più stati istituiti corsi regolari per allievi carabinieri ausiliari né è possibile che ne vengano istituiti altri.

Per tale motivo l’Amministrazione non ha potuto eseguire il provvedimento cautelare n. 1733/05 della Sezione, che aveva accolto la richiesta di sospensiva del ricorrente.

Ne conseguirebbe, altresì, la sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso, non residuando in capo all’appellante alcuna possibilità di conseguire il bene della vita e non avendo egli proposto alcuna domanda consequenziale di risarcimento del danno.

Nel merito, poi, ha contestato la fondatezza delle proposte censure e ha chiesto il rigetto del ricorso, ove non ritenuta preliminarmente la sopravvenuta carenza d’interesse.

5. Il sig. ############### aveva, a sua volta, depositato memoria aggiuntiva in vista della discussione della istanza cautelare alla Camera di consiglio del 5/4/2005.

6. Il ricorso è stato inserito nei ruoli di udienza del 23 marzo 2010 e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il sig. ############### ############### propone appello avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 3392/04 con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dal medesimo avverso l’atto di proscioglimento dalla scuola Allievi Carabinieri di Torino.

2. Va, anzitutto, respinta la eccezione di sopravvenuta carenza d’interesse alla coltivazione del ricorso, avanzata dalla difesa dell’Amministrazione. Invero, l‘intervenuta sospensione del servizio di leva obbligatorio, per effetto delle legge 23 agosto 2004 n. 226, e la conseguente mancata istituzione di corsi regolari per allievi carabinieri ausiliari non può valere a porre nel nulla tutti gli altri effetti eventualmente derivanti da una pronuncia giurisdizionale favorevole all’appellante. Di talchè, deve ritenersi che continui a sussistere l’interesse del medesimo alla decisione del ricorso.

3. Nel merito, il Collegio ritiene che l’appello vada accolto sotto il dedotto profilo di censura della violazione procedimentale (secondo motivo di appello). L’appellante ha contestato che la sentenza impugnata abbia disatteso e per nulla motivato la doglianza da lui proposta al punto V del ricorso secondo cui il procedimento tendente ad accertare la sua idoneità al servizio militare, avviato con comunicazione del 5/10/2004, notificatogli alle ore 10 e 30, è stato concluso in pari data, a brevissima distanza temporale (la Commissione si è riunita alle ore 12,00) senza che allo stesso, impegnato in una esercitazione, fosse consentito di difendersi. L’Amministrazione, al riguardo, ha eccepito che l’appellante, a fronte di una istruttoria già conclusa, si sarebbe limitato ad una contestazione formale, senza indicare quali fatti avrebbe potuto dedurre a sua discolpa nell’ambito del procedimento.

Osserva il Collegio come la giurisprudenza abbia affermato che è illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento che non rechi alcuna valutazione degli apporti forniti dal privato in sede procedimentale ai sensi dell'articolo 10 della legge 7 agosto 1990 n. 241, lett. b) (Cons. Stato, VI Sez., n.3220/2006).

Osserva, altresì, come nel contempo si è andata anche affermando l’esigenza di una interpretazione ed applicazione non meccanica né formalistica delle norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui agli artt. 7, 8 e 10 L. 7 agosto 1990 n. 241 (per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, n. 4018 - 15 giugno 2004).

Invero, il raggiungimento della finalità partecipativa o l’impossibilità di incidere – con la partecipazione – sul contenuto del procedimento, sono stati considerati esimenti sufficienti, ai fini della validità del provvedimento adottato senza la pedissequa osservanza delle norme citate, o anche in totale assenza della comunicazione. Deve, invero, ricordarsi in diritto che, secondo consolidata giurisprudenza, le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui agli artt. 7, 8 e 10 L. 7 agosto 1990 n. 241 non vanno applicate meccanicamente e formalisticamente nel senso che sia necessario annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, ma vanno interpretate nel senso che non sono annullabili i procedimenti che hanno comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione di avvio tende, in quanto, in caso contrario, si farebbe luogo ad una inutile ripetizione del procedimento, con aggravio sia per l'Amministrazione sia per l'interessato. (ad es. IV Sez. 2.1.1996 n. 3).

In questa prospettiva va infatti considerato che il canone fondamentale della conservazione degli atti giuridici, operante in tutti i settori dell'ordinamento, assume, nel diritto amministrativo, una valenza rafforzata in relazione alle specifiche regole di economicità dell'azione amministrativa e del divieto di aggravio del procedimento (cfr. V 3.2.2000 n. 661), il che comporta appunto – in termini formali - la possibilità di una sanatoria dell’omissione quando lo scopo partecipativo sia stato aliunde conseguito.

Il caso tipico nell’ambito del quale la omissione della comunicazione d’avvio risulta non viziante o sanata ex post, è stato ben presto individuato dalla giurisprudenza – oltre che con riferimento ai procedimenti per i quali è normativamente previsto un qualche atto attraverso il quale sia possibile realizzare una partecipazione dell'interessato, uguale a quella che gli consente la comunicazione di cui al citato art. 7 (cfr ad es. V Sez. 9.8.1996 n. 999) – con specifico riguardo alla fattispecie procedimentale che abbia registrato un fattivo intervento del destinatario dell’atto finale, ancorchè individualmente non notiziato (cfr. in termini fra le risalenti V Sez. 26.9. 1995 n. 1364; V Sez. 2.2. 1996 n. 132; V Sez. 24.2.1996 n. 232 e per le recenti IV sez., n. 4018/04 e V Sez. 22.5.2001 n. 2823).

Applicando le coordinate ermeneutiche ora tracciate al caso in esame, deve osservarsi in punto di fatto che non risulta smentito né dagli atti né dalla difesa dell’Amministrazione che al sig. ############### non è stata consentita alcuna partecipazione al procedimento per cui è causa, sia perché fra la comunicazione di avvio del procedimento e la riunione della Commissione sono intercorsi tempi brevissimi (90 minuti) sia perché in quel brevissimo arco di tempo l’interessato non avrebbe comunque potuto attivarsi per alcuna partecipazione, essendo impegnato in esercitazioni (circostanza non smentita dall’Amministrazione).

Avuto riguardo a quanto sopra, non può seguirsi l’Amministrazione appellata laddove eccepisce che l’appellante non avrebbe indicato quali fatti avrebbe potuto produrre a sua discolpa nell’ambito del procedimento essendo invece evidente, a giudizio del Collegio, che l’appellante non aveva potuto conseguire sufficiente contezza del procedimento avviato nei suoi confronti, nonché dei contenuti specifici degli addebiti mossigli in tema di mancato possesso dei requisiti di idoneità militare.

Quindi l’appellante non aveva in realtà potuto partecipare al procedimento con cognizione di causa; da ciò deriva la fondatezza del vizio procedimentale dedotto.

4. Per le suesposte considerazioni l’appello va accolto, con conseguente riforma della sentenza di I grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

5. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando in ordine al ricorso in appello indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di I grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:

 

 

Pier Luigi Lodi, Presidente FF

Vito Poli, Consigliere

Anna Leoni, Consigliere, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

Il Segretario


 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/05/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione



 


Cons. Stato Sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3224

FONTE
Giur. It., 2010, 8-9

La fattispecie è curiosa: un allievo carabiniere si rende colpevole — dalla motivazione in fatto parrebbe in modo pacifico, avendo tardivamente ammesso il fatto — di un reato di appropriazione indebita, e viene cacciato dalla scuola. Giustamente, verrebbe da dire giudicando con il buon senso, che vede male tutore della legge chi per la legge abbia dimostrato scarsa considerazione.

Però, e la fattispecie si riferiva ancora ad un carabiniere, una Corte costituzionale piuttosto corriva con chi, aspirando a delicate funzioni, commette reati, e poco consapevole degli ostacoli pratici che incontrano i procedimenti disciplinari nelle pubbliche amministrazioni, aveva a suo tempo dichiarato costituzionalmente illegittimi, per contrasto con l'art. 3 Cost., l'art. 12 L. 18 ottobre 1961, n. 1168, lett. f), e l'art. 34 L. 18 ottobre 1961, n. 1168, n. 7 (“Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei Carabinieri”), nella parte in cui non prevedevano l'instaurazione del procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio continuativo per perdita del grado, conseguente alla pena accessoria della rimozione. Secondo la Corte sarebbe illegittima la destituzione di diritto e sussisterebbe sempre la necessità che si svolga il procedimento disciplinare al fine di assicurare l'indispensabile gradualità sanzionatoria, riconducendo
alla loro sede naturale le relative valutazioni; l'automatismo previsto dalle disposizioni impugnate, quindi, avrebbe violato l'art. 3 Cost. con riguardo, innanzitutto, al canone della razionalità normativa; inoltre, avendo la L. 7 febbraio 1990, n. 19, disposto che il pubblico dipendente può essere destituito, a seguito di condanna penale, soltanto all'esito del procedimento disciplinare, il trattamento deteriore riservato agli appartenenti all'Arma dei carabinieri non troverebbe valida ragione giustificatrice nel loro status militare(1).

Ecco dunque la necessità di un procedimento disciplinare, che l'amministrazione militare, più sicura delle sue buone ragioni che consapevole della normativa vigente — altro dato inquietante, considerata la funzione di formazione anche giuridica delle Scuole allievi carabinieri — risolve per le spicce. L'allievo viene considerato inidoneo al ruolo nel corso di un procedimento tendente ad accertare la sua idoneità al servizio militare, avviato con comunicazione notificatogli alle ore 10.30 e concluso nello stesso giorno, a brevissima distanza temporale (la Commissione si è riunita alle ore 12.00) senza che allo stesso, impegnato in una esercitazione, fosse consentito di difendersi.

Il T.A.R. Piemonte, con una sentenza succintissimamente motivata, respinse il ricorso, limitandosi a rilevare che lo stesso «si appalesa infondato, alla luce della natura dei provvedimenti impugnati, diretta conseguenza del giudizio di non idoneità militare (anch'esso impugnato) in ordine al quale l'amministrazione gode di ampia discrezionalità, non censurabile in sede di legittimità se non per vizi di illogicità manifesta, che nella specie non è dato riscontrare»(2).

La sentenza in epigrafe ribalta la decisione, constatando — e la circostanza non pare revocabile in dubbio — che il diritto di difesa era stato totalmente obliterato. Se la sentenza di primo grado si caratterizzava per una imperatoria brevitas fuori luogo, la pronuncia annotata è un florilegio di massime che fotografano la situazione giurisprudenziale in materia di violazioni procedimentali.

Si ripete che le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, non devono essere applicate meccanicamente e formalisticamente nel senso che sia necessario annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, ma devono essere interpretate nel senso che non sono annullabili i procedimenti che hanno comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione di avvio tende, in quanto, in caso contrario, si farebbe luogo ad una inutile ripetizione del procedimento, con aggravio sia per l'amministrazione sia per l'interessato(3).

Per completezza didattica, si ripete essere illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento amministrativo che non rechi alcuna valutazione degli apporti forniti dal privato in sede procedimentale ai sensi dell'art. 10, lett. b), L. 7 agosto 1990, n. 241. Nella fattispecie, non vi era stato alcun apporto procedimentale, e quindi la questione della sua valutazione è ultronea. In proposito si ricorda che comunque che la giurisprudenza non è particolarmente esigente, ripetendosi che l'obbligo di esaminare le memorie e i documenti difensivi presentati dagli interessati, nel corso dell'iter procedimentale, non impone un'analitica confutazione in merito di ogni argomento utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell'azione della pubblica amministrazione alle deduzioni difensive dei privati(4). Un'indicazione un po' più rigorosa parrebbe emergere in relazioni alle
osservazioni formulate in base all'art. 10 bis L. 7 agosto 1990, n. 241, essendosi ritenuto che il provvedimento amministrativo nel quale non si dia conto delle motivazioni in risposta alle argomentate osservazioni proposte dal privato a seguito dell'avviso dato ai sensi dell'art. 10 bis, limitandosi l'amministrazione ad affermare in modo apodittico e con formula di mero stile che non emergono nuovi elementi tali da far volgere la decisione in senso favorevole, è illegittimo, richiedendo tale norma di dare espressamente conto delle ragioni che hanno portato a disattendere le controdeduzioni formulate(5).

È notevole che la difesa erariale non abbia pensato di invocare nella fattispecie l'eccezione di cui all'art. 21 octies L. 7 agosto 1990, n. 241, la quale esclude l'annullamento per mancata comunicazione se in concreto l'amministrazione non dimostri che non avrebbe potuto essere adottato altro provvedimento. Certo la giurisprudenza già ricordata della Corte costituzione rendeva simile dimostrazione quanto meno problematica, ma pare confermata la rara applicazione della novella per la parte in cui fa riferimento a scelte discrezionali(6).
-----------------------

(1) Corte cost., 30 ottobre 1996, n. 363, in Giur. It., 1997, I, 406.

(2) T.A.R. Piemonte, Sez. I, 24 novembre 2004, n. 3392, in www.giustizia-amministrativa.it.

(3) Cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 15 giugno 2004, n. 4018, in Foro Amm. CdS, 2004, 1687; v. anche Id., Sez. V, 29 maggio 2006, n. 3220; Id., Sez. VI, 9 marzo 2005, n. 968, ivi, 2005, 866 (relativa a procedimento di secondo grado in materia di beni culturali).

(4) Cons. di Stato, Sez. VI, 11 marzo 2010, n. 1439; Id., Sez. VI, 7 gennaio 2008, n. 17; Id., Sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6386, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

(5) Cons. di Stato, Sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1834, in www.giustizia-amministrativa.it.

(6) Ampiamente Caranta-Ferraris-Rodriquez, La partecipazione al procedimento amministrativo, 2a ed., Milano, 2005, 188 e segg.