Corte di Cassazione Sez. Lavoro - Sent. del 12.11.2010, n. 23037

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Torino, confermando la statuizione di primo grado, accoglieva la domanda proposta da L.T. nei confronti dell’Inps per ottenere l’accredito dei contributi figurativi per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, in relazione ai parti avvenuti il 13 ottobre 1972 ed il 16 febbraio 1974, in applicazione del disposto del decreto_legislativo_151_2001, art. 25.

La Corte territoriale, premesso che la ricorrente aveva versato oltre cinque anni di contribuzione all’AGO, disattendeva la tesi dell’Inps per cui i cinque anni, di cui a detto art. 25, dovrebbero necessariamente procedere o succedere alla maternità, collocarsi cioè all’interno di un rapporto di lavoro, perché la contribuzione figurativa mai potrebbe essere riconosciuta alle lavoratoci autonome.

La Corte infatti ribatteva che la limitazione affermata dall’Istituto non era ravvisabile nel testo della legge e che, a seguire quella tesi, la norma sarebbe inutile in quanto, essendo la originaria ricorrente lavoratrice dipendente, già godrebbe della piena tutela quanto al riconoscimento della contribuzione figurativa.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un unico motivo.

Resiste la signora L. con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, lamentando violazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25, l’Istituto chiede di sapere se sia applicabile detta norma nel caso in cui la lavoratrice abbia trascorso i periodi di astensione per maternità allorquando non svolgeva alcuna attività lavorativa e che, successivamente all’evento, sia stata iscritta alla gestione dei lavoratori autonomi. In questo contesto, rileva l’Inps, la ricorrente non si trovava nel periodo di maternità al di fuori dello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, ma al di fuori dello svolgimento di un lavoro autonomo, e quindi non aveva diritto alla contribuzione figurativa, perché questa non spetta ai lavoratori autonomi.

Il ricorso va accolto, nonostante l’erroneità di alcune argomentazioni dell’Istituto ricorrente, in considerazione dello ius superveniens che va applicato d’ufficio.

La questione attiene al diritto alla contribuzione figurativa nei casi di congedo dal lavoro per maternità. 1. Va premesso che l’istituto della contribuzione figurativa era già previsto dalla disciplina generale AGO, ossia il R.D.L. 4 ottobre 1925, n. 1827, art. 56 convertito nella L. 6 aprile 1936, n. 1155, laddove si disponeva che, dopo l’inizio dell’assicurazione, sono computati utili, a richiesta dell’assicurato, agli effetti del diritto e della misura della pensione, oltre che i periodi di servizio militare e i periodi di malattia, anche i periodi di interruzione obbligatoria e facoltativa dal lavoro durante lo stato di gravidanza.

2. La contribuzione figurativa è riservata esclusivamente ai lavoratori dipendenti, e quindi ai soggetti iscritti all’AGO ed alle gestioni sostitutive facenti capo all’Inps (dipendenti imprese trasporto, di telefonia ecc.), nonché alle gestioni esclusive (dipendenti pubblici), andando a coprire periodi di astensione dal rapporto di lavoro, e quindi privi di contribuzione, dovuti ad eventi che l’ordinamento ritiene meritevoli di tutela, come appunto la maternità, la malattia ed il servizio militare.

Questo istituto non è invece previsto nelle gestioni dei lavoratori autonomi (con le eccezioni di cui più oltre si vedrà).

3. Nell’ambito dell’AGO occorre distinguere: se il congedo per maternità avviene in costanza di rapporto di lavoro, non è necessaria alcuna anzianità contributiva pregressa, e per tutta la durata del congedo consegue automaticamente il diritto alla indennità economica ed il riconoscimento della contribuzione figurativa (D.P.R. n. 1026 del 1976, art. 6, regolamento di attuazione della L. Tutela Maternità n. 1204 del 1971 e D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25, comma 1).

Si comprende che se il sistema fosse strutturato solo in questi termini, oltremodo limitato risulterebbe l’ambito di tutela della maternità sotto l’aspetto della contribuzione figurativa, perché non sarebbero coperti (con conseguente formarsi di un vuoto contributivo a detrimento del diritto e della misura della futura pensione) tutti i periodi di maternità che si collocano al di fuori del rapporto di lavoro: non sarebbe coperta da contribuzione né colei che aveva lavorato come subordinata ma che, durante il periodo di maternità, si era trovata in stato di non occupazione, oppure che, nello stesso periodo, aveva prestato lavoro autonomo come artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, professionista, parasubordinata o lavorante a domicilio.

4. Invero a queste categorie è stato da tempo esteso il diritto alla indennità di maternità, (per le lavoratici autonome dalla L. n. 546 del 1987 ed ora dal D.P.R. n. 151 del 2001, art. 66; per le professioniste dalla L. n. 379 del 1970, ed ora dall’art. 70, del T.U.; per le parasubordinate dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 16 ed ora dall’art. 64, del T.U.; per e lavoranti a domicilio dall’art. 61, del T.U.) ma per esse non è stato prevista anche la copertura con la contribuzione figurativa, sulla base della regola generale sopra ricordata per cui questa spetta solo ai lavoratori dipendenti. (Si precisa però che, stante la assimilabilità alla categoria dei dipendenti, anche alle lavoratrici parasubordinate ed alle associate in partecipazione, a decorrere dal 2007, è stato riconosciuto, in costanza di rapporto lavorativo, il diritto alla contribuzione figurativa, cfr. D.M. 13 luglio 2007 in attuazione della L. n. 296 del 2006, art. 1 comma 790 e L. n. 388 del 2000, art. 80, comma 12).

5. Ed allora, per ampliare l’ambito di operatività della contribuzione figurativa durante i periodi di maternità, furono emanate, nel corso del tempo, varie disposizioni: si tratta del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 14, comma 3, e poi del D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 2. Queste disposizioni furono abrogate dal D.P.R. n. 151 del 2001, art. 86 e la norma fu nuovamente scritta dall’art. 25 secondo comma del medesimo TU, avente il seguente tenore: “In favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui agli artt. 16 e 17, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all’atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro”.

Attraverso questa disposizione, i congedi per maternità vengono ad essere coperti da contribuzione figurativa anche se effettuati non in costanza di rapporto di lavoro subordinato, e cioè anche se la lavoratrice, nel relativo periodo, era disoccupata, o era lavoratrice autonoma. In altri termini, il diritto all’accredito deve essere riconosciuto prescindendo dalla collocazione dell’evento maternità, ed anche dal fatto che, antecedentemente o successivamente al periodo oggetto di domanda, sia stata svolta attività lavorativa in settori che non prevedevano o non prevedano l’accredito figurativo per maternità. Ossia, la contribuzione figurativa compete qualunque fosse la gestione cui la lavoratrice era iscritta all’epoca del congedo, ed anche se non era iscritta ad alcuna gestione perché non occupata.

Non è quindi fondata la tesi dell’Inps per cui la tutela non spetterebbe alla signora L. perché inoccupata prima della maternità e successivamente iscritta alla gestione degli autonomi, per i quali non è prevista contribuzione figurativa, come peraltro è già stato affermato con le sentenze di questa Corte n. 18273/2005 e n. 15081/2008.

Vi è però una condizione che riporta il beneficio nell’alveo del lavoro dipendente, perché, pur essendo vero che il regime assicurativo relativo al periodo di maternità resta indifferente, il beneficio stesso viene subordinato al fatto che la lavoratrice, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 151 del 2001, sia iscritta alla gestione dei lavoratori dipendenti e possa in essa far valere cinque anni di contribuzione. Quindi, ad esempio, colei che era lavoratrice autonoma, artigiana, commerciante, coltivatrice diretta all’epoca del congedo, può ben fruire della contribuzione figurativa, ma solo se diventa poi subordinata e quindi risulti iscritta all’AGO alla data del 27 aprile 2001 e presso questa gestione abbia il quinquennio di contribuzione al momento della domanda. Di converso non potrebbe avvalersi della disposizione colei che era lavoratrice autonoma al momento dell’evento ed ha sempre continuato ad essere iscritta alla corrispondente gestione, e neppure, invero, colei che, pur essendo stata sempre lavoratrice dipendente, non era iscritta all’AGO alla data di entrata in vigore del TU, perché inoccupata o iscritta altrove.

Va poi rilevato che la legge non precisa quando detto quinquennio debba collocarsi, per cui è sufficiente che esso, qualunque ne sia l’epoca, sussista alla data della domanda.

6. Detto art. 25 si poteva interpretare nel senso che il diritto alla contribuzione figurativa competeva anche a coloro che, alla data di entrata in vigore del TU, erano già pensionate e che chiedevano di coprire periodi di maternità ormai remoti nel tempo, il tenore letterale infatti consentiva di ritenere che anche le pensionate AGO avessero mantenuto la veste di “iscritte” a quella gestione.

E’ però intervenuta una disposizione, L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 504, che ha interpretato la norma in commento, ossia il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25, prevedendo che “Le disposizioni del citato testo unico di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 25 e 35, si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo”. 7. La Corte Costituzionale, cui era stata rimessa la questione di costituzionalità di detta disposizione interpretativa, l’ha rigettata con la sentenza n. 71 del 2010.

I giudici delle leggi, dato atto che esisteva contrasto tra gli enti di previdenza sulla necessità della permanenza in servizio alla data di entrata in vigore del TU, hanno affermato che “la norma censurata non si pone in contrasto con l’indicato art. 3 Cost., in quanto essa ha natura interpretativa e non innovativa, atteso che la sua portata precettiva è compatibile, come dimostrato dai contrasti interpretativi, rispetto alla sopra indicata disciplina previgente.

Questa Corte ha costantemente affermato nella sua giurisprudenza il principio secondo cui Il legislatore può emanare norme che precisino il significato di preesistenti disposizioni anche se non siano insorti contrasti giurisprudenziali, ma sussista comunque una situazione di incertezza nella loro applicazione, essendo sufficiente che la scelta imposta rientri tra le possibili varianti di senso del testo interpretato e sia compatibile con la sua formulazione”. 8. Al riguardo si precisa che per l’assicurazione generale obbligatoria “l’iscritto in servizio” è il soggetto che alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 151 del 2001 non sia titolare di trattamento pensionistico, non sembra però richiesto anche che svolga effettivamente attività lavorativa perché l’espressione appare scelta per contrapporla a chi è già pensionato.

La disposizione interpretativa in commento ha l’evidente finalità di limitare nel tempo il diritto alla contribuzione figurativa, escludendo la tutela per le maternità collocate in epoca remota, con lo stesso intento che aveva peraltro ispirato il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 593, art. 14, comma 3, il quale aveva si riconosciuto l’accredito del contributo figurativo per i periodi di maternità ricadenti fuori dal rapporto di lavoro, ma per i congedi di maternità ricadenti dopo il primo gennaio 1994, mentre il TU del 2001, abrogando l’art. 14, aveva previsto il suddetto beneficio anche per i periodi precedenti, senza alcun limite temporale.

9. Dovendosi fare applicazione nella specie della norma interpretativa, occorre accertare se la signora L. fosse iscritta all’AGO alla data di entrata in vigore del TU (27 aprile 2001), ovvero fosse già pensionata. Fermo restando che la facoltà in parola compete anche a coloro che, iscritti alla data 27.4.2001 e indipendentemente dalla data di presentazione della domanda di accredito, si siano pensionati successivamente a tale data.

10. La sentenza impugnata, che non ha potuto tener conto della norma interpretativa sopravvenuta, va quindi cassata con rinvio ad altro giudice che si designa nella medesima Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che provvedere all’accertamento di cui al punto precedente, sulla base del principio di diritto per cui la contribuzione figurativa spetta, a domanda, anche per i congedi per maternità non in costanza del rapporto di lavoro subordinato (quale che fosse, all’epoca, la gestione assicurativa di iscrizione ed anche in caso di lavoratrice inoccupata) a condizione che la lavoratrice sia in possesso di cinque anni di contribuzione AGO in costanza di rapporto di lavoro e alla data del 27.4.2001 non sia pensionata e sia iscritta all’AGO. Al Giudice del rinvio è rimessa anche di provvedere sulle spese del presente processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Depositata in Cancelleria il 12.11.2010