REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

In composizione monocratica nella persona del Primo Referendario Rossella Cassaneti in funzione di Giudice unico delle pensioni ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 48630/PC del registro di segreteria depositato in data 07.03.2006 dal sig. G.A., nato a omissis, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv. -----, contro il provvedimento n. 333/H/0170553 del 17-22/11/2005 del Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza – D.C. Risorse Umane – Serv. Tratt. Pensione e Previdenza;

Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010, assente parte attrice, soltanto il dr. - in rappresentanza dell’INPDAP di Caserta, che ha richiamato le deduzioni scritte ed ha insistito per il rigetto del gravame;

Ritenuto in

FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, ritualmente notificato, il signor A. ha chiesto l'attribuzione del trattamento pensionistico ordinario diretto - che con l'impugnato provvedimento gli è stato negato - a decorrere dalla data di cessazione dal servizio, cioè dal 11.10.2003, con arretrati, rivalutazione ed interessi dal dì della maturazione del credito sino al soddisfo, come per legge, il tutto con vittoria di tutte le spese connesse al giudizio.

Il ricorrente, ex Sovrintendente della Polizia di Stato in servizio dal 01.08.1973, è stato dichiarato cessato dal servizio per destituzione con decorrenza 11.10.2003 con decreto n. 333-D/1050 del 04.12.2003 del Ministero dell’Interno – Dip. Pubblica Sicurezza; tale provvedimento è stato adottato ai sensi dell’art. 7, n. 2, DPR 737/1981, cioè in applicazione della sanzione disciplinare della destituzione.

Le istanze di pensione ordinaria diretta presentate dal signor A. sono state rigettate dal Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza – D.C. Risorse Umane – Serv. Tratt. Pensione e Previdenza con i provvedimenti impugnati con il ricorso, ritenuti illegittimi dal ricorrente perché basati su di un computo del servizio utile svolto dall’A. ai fini del trattamento di quiescenza che l’Amministrazione non avrebbe correttamente effettuato in applicazione dei criteri di cui alla tabella D allegata alla legge 449/1997.

Invero - secondo la prospettazione attorea – l’anzianità di servizio del ricorrente sarebbe da quantificare, non in anni 30 mesi 11 e giorni 14, come affermato dall’Amministrazione di appartenenza, ma in anni 39 mesi 7 e giorni 27, dovendosi tenere conto anche di un periodo di anni 4 e mesi 8 regolarmente riscattato dall’A. secondo quanto comprovato da documentazione allegata al gravame e dell’aumento del quinto dell’anzianità di servizio prescritto dall’art. 3, comma 5°, legge 284/1977.

L'interpretazione data dall’Amministrazione agli artt. 59  legge 449/1997 e 6 d.lgs. 165/1997, risulterebbe inoltre in palese contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, perché darebbe luogo ad ingiustificabile disparità di trattamento tra coloro che siano cessati dal servizio dopo il 31.12.1997 ed i dipendenti collocati in quiescenza anteriormente a tale data, poiché per i primi risulterebbero equiparate tutte le cause di cessazione dal servizio, ivi comprese quelle estranee alla loro volontà, quale ad esempio la destituzione dal servizio.

Si è costituito in giudizio con memoria depositata in Segreteria il 31.05.2006, corredata da copie degli atti del fascicolo amministrativo dell’A. che hanno dato luogo all'adozione dell'impugnato provvedimento, il Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza – D.C. Risorse Umane – Serv. Tratt. Pensione e Previdenza, che ha dedotto quanto segue: 1. alla data della cessazione dal servizio per destituzione l'ex Sovrintendente P.S. G.A. avrebbe dovuto possedere, in applicazione delle disposizioni allora vigenti (artt. 59, comma 6°, legge 449/1997 e 6, comma 2°, d.lgs. 165/1997), anzianità contributiva massima prevista per l’ordinamento di appartenenza ed età anagrafica di 50 anni, oppure anzianità contributiva pari a 35 anni ed età anagrafica di 56 anni, oppure anzianità contributiva pari a 37 anni di servizio utile, condizioni nel caso di specie insussistenti, in quanto l’interessato, pur avendo raggiunto alla data del 31.12.1997 l’anzianità massima di servizio prevista dall’ordinamento di appartenenza (anni 29 mesi 11 e giorni 29), aveva però maturato alla data del congedo l’età anagrafica di soli 50 anni (data di nascita: 15.12.1952; data della cessazione dal servizio: 11.10.2003).

L’Amministrazione ha inoltre precisato che nel calcolo dell’anzianità di servizio del ricorrente ha regolarmente tenuto conto dei periodo di mesi 3 e giorni 13 di servizio militare nonché dell’aumento del quinto (pari nel caso di specie a 5 anni) prescritto dalla legge 284/1977 e di avere, altresì, applicato i criteri di cui all’art. 8 DPR 1092/1973 (applicabile al personale di P.S. per effetto della legge 01.04.1981 n. 121), a tenore del quale nel calcolo dell’anzianità di servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza non si debba tener conto se non in ragione della metà, del periodo di sospensione dall’impiego, che nel caso di specie ha avuto luogo dal 23.10.1999 sino alla cessazione dal servizio, per effetto del d.m. del 23.10.1999.

L’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli si è costituita in giudizio con memoria depositata in Segreteria il 03.04.2006, in cui ha genericamente dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione, ed ha eccepito la prescrizione quinquennale – o almeno decennale – dei retei pregressi.

L’INPDAP di Caserta si è costituito in giudizio, deducendo anch’esso l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame ed eccependo la prescrizione quinquennale, per poi sollevare eccezione di difetto di legittimazione passiva in ragione della propria funzione di ordinatore secondario di spesa, con conseguente istanza di estromissione dal presente giudizio, con memoria integrativa inviata il 16.02.2009.

Con note difensive depositate in Segreteria il 10.02.2009, il ricorrente, sostanzialmente reiterando le argomentazioni dell'atto introduttivo del giudizio, ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate e per la rimessione degli atti innanzi alla Corte Costituzionale per la soluzione della questione, rilevante e non manifestamente infondata, già prospettata nel gravame.

Con ordinanza di questa Sezione Giurisdizionale n. 87/2009, depositata in Segreteria il 26.03.2009, considerata la necessità di “acquisire un supplemento d’istruttoria, finalizzato ad avere piena contezza dei criteri di calcolo seguiti dal Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza – D.C. Risorse Umane – Serv. Tratt. Pensione e Previdenza nella determinazione del periodo di servizio utilmente prestato dal ricorrente ai fini dell’ammissione a trattamento di quiescenza”, si è stabilito di richiedere al Dirigente del Servizio “una relazione illustrativa, contenente un chiaro e dettagliato prospetto di calcolo, relativa ai criteri seguiti nella determinazione dell’anzianità contributiva del ricorrente, in cui si evidenzi in particolare quanto segue: A) se si sia tenuto conto, in tale determinazione, del periodo di anni 4 e mesi 8 che il ricorrente asserisce di aver regolarmente riscattato, precisando, in caso negativo, i motivi della mancata ricomprensione di tale periodo nel calcolo del servizio utile a pensione; B) le modalità di calcolo del periodo di sottoposizione a sospensione dall’impiego ai sensi dell’art. 8 DPR 1092/1973; C) i criteri di calcolo della maggiorazione del quinto ai sensi dell’art. 3 legge 284/1977”.

In data 12.06.2009 è pervenuta alla Segreteria della Sezione la richiesta relazione, nella quale si espone, in sintesi, quanto segue: il periodo di servizio pari ad anni 4 mesi 8 comunque riscattato dall'A. ai soli fini di buonuscita, è in ogni caso valutato in sede di determinazione dell'anzianità contributiva; nel calcolo di quest'ultima si sono poi considerati il periodo servizio militare svolto dal ricorrente (mesi 3 giorni 13) e l'aumento di 1/5 da computare su di un periodo massimo di 5 anni ai sensi dell'art. 5 comma 1° d.lgs. 165/1997, mentre ne è stato escluso il periodo di sospensione cautelare sofferto dall'A. dal 23.11.1999 alla data del congedo, in applicazione dell'art. 8 DPR 1092/1973, secondo un orientamento ripetutamente condiviso dalla Corte dei conti – Ufficio Controllo Pensioni Militari; in applicazione dell'art. 52 DPR 1092/1973, si è ritenuto di applicare ai casi di cessazione dal servizio per destituzione e decadenza le disposizioni dettate per le cessazioni a domanda, cioè per i cd. pensionamenti anticipati, anche in questo caso secondo un orientamento ripetutamente condiviso dalla Corte dei conti – Ufficio Controllo Pensioni Militari; conseguentemente, con un'anzianità contributiva pari ad anni 30 mesi 11 giorni 12 (calcolata con i surriportati criteri) l'A. avrebbe dovuto avere, per maturare il diritto a pensione secondo le prescrizioni degli artt. 59 comma 6° legge 449/1997 e 6 comma 2° d.lgs. 165/1997, l'età anagrafica di 53 anni, avendo invece quella di 50 anni; con d.m. 2274 del 23.09.2007 è stato attribuito all'interessato il trattamento privilegiato vitalizio di quarta categoria, con decorrenza economica dal 11.12.2003 (giorno successivo alla data della notifica del provvedimento di destituzione), con importo determinato ai sensi del quarto comma dell'art. 67 DPR 1092/1973.

Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.

Considerato in

DIRITTO

L'art. 6 del d.lgs. 30.04.1997 n. 165, contenente norme in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego, è intitolato “Accesso alla pensione di anzianità”, dunque ha portata generale, e dispone, al comma 1°, che “il diritto alla pensione di anzianità si consegue secondo le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 25, 26, 27 e 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335”.

Al secondo comma il medesimo art. 6, d.lgs. 165/1997 dispone che “il diritto alla pensione di anzianità si consegue, altresì, al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza, così come modificata in ragione dell'aliquota annua di rendimento di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, senza le riduzioni percentuali previste dalla citata legge n. 335 del 1995, ed in corrispondenza dell'età anagrafica fissata nella tabella B allegata al presente decreto”, cioè, per coloro che venissero collocati in quiescenza successivamente al 01.07.2002 (fra i quali rientra anche il ricorrente, cessato dal servizio con decorrenza 11.10.2003), dell’età anagrafica di 53 anni.

Tale sistema è stato, poi, modificato ed integrato dall’art. 59, 6° e 12° comma, legge 449/1997, intitolata “misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”, costituente, in buona sostanza, la legge finanziaria per l'anno 1998 e non contenente, nelle summenzionate disposizioni, qualsivoglia riferimento ad eccezioni o deroghe a sé medesima, nel senso che si applica, per motivi testuali e logico-giuridici, a qualsivoglia pensione ordinaria di anzianità.

Dalla lettura, in particolare, del 6° comma dell’art. 59, legge 449/1997, risulta che “il diritto per l’accesso al trattamento si consegue, …, al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica e di anzianità ovvero di sola anzianità contributiva indicati nella tabella C allegata alla presente legge per i lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme di essa sostitutive e nella tabella D allegata alla presente legge per i lavoratori dipendenti pubblici iscritti alle forme esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria”. La Tabella D in questione, quindi, prescrive, per i lavoratori collocati in quiescenza nell’anno 2003, l’alternatività tra requisiti congiunti di età anagrafica ed anzianità contributiva – rispettivamente 56 e 35 anni – ed anzianità contributiva a prescindere dall’età – 37 anni.

Il settimo comma dell’art. 59 dianzi citato fa riferimento, infine, ai lavoratori per i quali non sono stati modificati i precedenti requisiti di età e contribuzione, e pertanto ad essi continuerà ad applicarsi la tabella B allegata alla legge 335/95 (operai pubblici e privati, cd. lavoratori precoci, lavoratori in mobilità ed in cassa integrazione e prepensionamenti autorizzati in base a disposizioni di legge anteriori al 3 novembre 1997), fra i quali certamente non rientra il ricorrente, ex militare in servizio nella Polizia di Stato.

Pertanto, risulta del tutto condivisibile la sintesi dei requisiti necessari all’accesso al trattamento economico di anzianità proposta dalla resistente Amministrazione nella memoria difensiva prodotta il 31.05.2006 e riportata nella premessa in fatto.  

Orbene, venendo all’esame della concreta fattispecie all’attenzione della Sezione, risulta dagli atti che alla data di cessazione dal servizio per destituzione egli vantava l'anzianità contributiva massima – come precisato dalla stessa Amministrazione convenuta – ma, nel contempo, l’età anagrafica di 50 anni; conseguentemente, l'accesso alla pensione ordinaria gli è negato dalle surriportate disposizioni.

Quindi, la circostanza che osta all’attribuzione della pensione ordinaria di anzianità, nel caso all’esame, non è il computo di ulteriori periodi ai fini del calcolo del servizio effettivamente prestato – su cui si sofferma la prospettazione attorea - ma sulla non ricorrenza del requisito anagrafico prescritto dalla tabella D allegata alla legge 449/1997.

Invero, la stessa Amministrazione ha evidenziato che l’A. aveva “all’atto del congedo raggiunto l’anzianità massima prevista per l’ordinamento di appartenenza”, di modo che il possesso di tale requisito non è controverso, pur se parte attrice si sofferma diffusamente e quasi esclusivamente sull’errato calcolo del periodo di servizio effettivamente prestato dal ricorrente, che, invece, non viene neppure in rilievo ai fini della concessione della pensione ordinaria di anzianità, alla quale osta, invece, l’età anagrafica dell’interessato, che avrebbe dovuto essere pari a 53 anni – e non a 50 – a tenore delle disposizioni normetive dianzi dettagliatamente richiamate e riportate.

In ogni caso, con la relazione illustrativa prodotta in data 12.06.2009 in ottemperanza all'ordinanza n. 87/2009 di questa Sezione Giurisdizionale, l'Amministrazione ha esaustivamente chiarito i criteri seguiti per la determinazione dell'anzianità contributiva del signor G.A.. Tali criteri, già sinteticamente anticipati in premessa e suffragati da un dettagliato prospetto di calcolo allegato alla medesima relazione unitamente alle deliberazioni di riscatto ai fini di buonuscita dell'ulteriore periodo di complessivi 56 mesi n. 132401 del 31.10.1989  e n. 124307 del 31.12.1994 della Questura di Foggia, si rivelano del tutto incensurabili in questa sede.

Invero, l'art. 5, comma 1°, d.lgs. 165/1995 stabilisce che “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli aumenti del periodo di servizio di cui ... all'articolo 3, quinto comma, della legge 27 maggio 1977, n. 284 (il servizio comunque prestato con percezione dell'indennità per servizio di istituto o di quelle indennità da essa assorbite per effetto della legge 22 dicembre 1969, n. 967), ..., computabili ai fini pensionistici, non possono eccedere complessivamente i cinque anni”. Tale aumento è stato correttamente applicato ai servizi in esame, com'è chiaramente sposto nel prospetto di calcolo allegato alla relazione illustrativa dell'Amministrazione per venuta il 12.06.2009.

Per quanto poi concerne il computo del periodo di sospensione dalla qualifica, l'Amministrazione resistente ha giustamente richiamato l'art. 8 DPR 1092/1973, dettato in materia di computo dei servizi svolti dai dipendenti statali e che così dispone:

“1. Tutti i servizi prestati in qualità di dipendente statale si computano ai fini del trattamento di quiescenza, salve le disposizioni contenute nel capo successivo.

2. Il computo si effettua dalla data di decorrenza del rapporto d'impiego o di lavoro sino a quella di cessazione di tale rapporto. Per il Personale militare il computo si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dal servizio stesso.

3. Non si tiene conto del tempo trascorso:

a) dal personale civile, eccettuati gli operai, in aspettativa per motivi di famiglia nonché dai militari in aspettativa per motivi privati ovvero in licenza senza assegni concessa a domanda ovvero in qualità di richiamati senza assegni;

b) dal personale civile durante la sospensione dalla qualifica o in posizione corrispondente che comporti la privazione dello stipendio o della paga;

c) durante la detenzione per condanna penale.

È computato in ragione della metà il tempo trascorso dal militare durante la sospensione dall'impiego o dal servizio, fermo il disposto di cui alla lettera c) del comma precedente”.

Posto che – come giustamente rilevato dall'Amministrazione – per la Polizia di Stato vigono le norme dettate per il personale civile e non quelle relative al personale militare di modo che non ricorre le salvezza dell'ultimo comma del surriportato art. 8 DPR 1092/1973, va ulteriormente osservato come il provvedimento di sospensione cautelare, emesso in danno dell'A. ai sensi dell'art. 9 comma 1° DPR 737/1981 (“L'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, colto da ordine o mandato di cattura o che si trovi, comunque, in stato di carcerazione preventiva, deve essere sospeso dal servizio ...”: cfr. decreti n. 4362/2.8/Pers./99 del 23.10.199 e n. 5670/2.8 del 15.10.1003 del Questore di Foggia), costituisca un atto di natura interinale destinato a venir meno o a consolidarsi a seconda dell'esito del procedimento disciplinare, i cui effetti esso tende ad anticipare.

Nel caso in esame il provvedimento cautelare è stato confermato al termine del procedimento disciplinare, che ha comminato la più grave sanzione della destituzione d'ufficio (cfr. decreto n. 333-D/1050 del 04.12.2003 del Ministero dell’Interno – Dipartimento di pubblica sicurezza).

“Orbene va rilevato come solo nell'ipotesi di reintegro nelle funzioni il dipendente avrebbe potuto richiedere ed ottenere il computo del periodo di sospensione cautelare a fini pensionistici, previa ricostruzione della carriera, il che nel caso non è avvenuto” (Sezione Giurisdizionale Veneto, sentenza n. 622/2005; Sezione Giurisdizionale Sicilia, sentenza n. 630/2003).

Conseguentemente, deve concludersi, sul punto, nel senso che l'Amministrazione P.S. ha correttamente escluso dal computo dei periodi di servizio prestati dal ricorrente, quello in cui egli è stato cautelarmente sospeso dal servizio, essendo stato egli destituito senza revoca del provvedimento di sospensione e senza reintegro nelle funzioni.  

Per quanto sinora considerato, la pretesa attorea si appalesa priva di giuridico fondamento e, dunque, non meritevole di accoglimento.

Infine, la prospettata questione di legittimità costituzionale - sintetizzata nella premessa in fatto - si rivela manifestamente infondata perché la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che non può contrastare con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi di tempo, atteso che il fluire temporale può ben costituire elemento diversificatore (cfr., a titolo esemplificativo, ordinanza n. 482 del 1988 e sentenza n. 126 del 2000 della Corte costituzionale).

Questo Giudice ravvisa nella complessità della problematica connessa alla pretesa azionata, un giusto motivo, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., applicabile al giudizio pensionistico ai sensi dell'art.26 del R.D. n.1038/1933, per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

  LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

In composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico primo referendario Rossella Cassaneti, definitivamente pronunciando:

1. dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 59 legge 449/1997 e 6 d.lgs. 165/1997;

2. nel merito, respinge il ricorso.

Spese del giudizio compensate.

Così deciso in Napoli, nella pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010.

                                                IL GIUDICE UNICO

                                        Rossella Cassaneti

 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
 Il Direttore della segreteria (Dott. Giuseppe Volpe)

 

 

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CAMPANIA Sentenza 682 2010 Pensioni 20-04-2010