REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA

Il Giudice Unico Consigliere Maria Riolo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio pensionistico iscritto al n. 18173 del registro di Segreteria, proposto da @@@@@@@, nato il omissis a omissis, elettivamente domiciliato in -----avverso il Ministero della Difesa e il Comando Regione Carabinieri Liguria.

Udito, nella pubblica udienza del 7 gennaio 2010, il difensore del ricorrente Avv. Andrea Bava, nessuno è comparso per le Amministrazioni.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.

Ritenuto in

FATTO

            Il signor @@@@@@@, già appuntato dei Carabinieri in congedo, cessato dal servizio permanente per infermità a decorrere dal 5/3/1991, con il ricorso proposto davanti a questa Corte, ha chiesto: 1) l’applicazione della maggiorazione del 18% all'indennità di impiego operativo; 2) la riliquidazione della pensione in godimento sulla base dell’equiparazione al trattamento stabilito per le corrispondenti qualifiche del personale della Polizia di Stato.

In ordine alla prima domanda, l’interessato ha addotto la natura asseritamene stipendiale dell'indennità di impiego operativo, richiamando giurisprudenza favorevole.

Con memoria prodotta il 10/12/2009, a sostegno della pretesa giudiziale, è stata richiamata, in particolare, la sentenza delle Sezioni Riunite n. 3/2002/QM, nonché giurisprudenza favorevole di questa Sezione.

Il Comando Regione Carabinieri Liguria, costituitosi con memoria difensiva depositata il 28/12/2009, a sostegno della ritenuta infondatezza del gravame, ha richiamato l’art. 53 del D.P.R. n. 1092/1973 e l’art. 16 della legge n. 177/1976, deducendo che le indennità operative sono state riconosciute utili a pensione per effetto della legge 23/3/1983 n. 78, ma che né detta legge, né alcuna altra legge hanno stabilito l’inclusione delle stesse indennità nella base pensionabile ai fini della maggiorazione del 18%.

L’Amministrazione ha chiesto il rigetto del gravame richiamando, tra l'altro, la deliberazione della Sezione di controllo n. 23/1990.

All’odierna udienza il difensore del ricorrente ha insistito come in atti.

Dopo la trattazione il giudizio è stato definito con sentenza, dando lettura del dispositivo in aula.

Considerato in

DIRITTO

1) La prima domanda riguarda l’inclusione nella base pensionabile dell'“indennità di impiego operativo” di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 78, ai fini dell’applicazione della maggiorazione del 18%.

Il ricorso è infondato.

Nel merito assume fondamentale rilevanza la disposizione normativa di cui all'art. 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, come sostituito dall'art. 16 della legge 29 aprile 1976, n. 177.

Tale norma -che disciplina la base pensionabile del personale militare- dispone, al comma 1, che “ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare … la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è maggiorata del 18 per cento:

a)            indennità di funzione per i Generali di Brigata ed i Colonnelli, prevista dall'art. 8 della legge n. 804/1973;

b)            assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall'art. 1 della legge n. 628/1973, in favore degli Ufficiali di grado inferiore a Colonnello o Capitano di Vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;

c)            assegno personale, previsto dall'art. 202 del D.P.R. n. 3/1957, applicabile al personale militare in base all'art. 3 della legge n. 751/1957”.

Il successivo comma 2 dell'art. 53 del predetto D.P.R. n. 1092/1973 -come risultante dalle modifiche e sostituzioni introdotte dal citato art. 16 della legge n. 177/1976- dispone, inoltre, che “agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.

Alla luce delle predette norme devesi ritenere che gli assegni e le indennità che confluiscono nella base pensionabile da maggiorare del 18% sono soltanto quelli espressamente indicati nell’art. 53 del D.P.R. n. 1092/1973, sopra riportati, richiedendosi, per altri tipi di emolumenti, anche se pensionabili, che “la relativa disposizione di legge” ne preveda “espressamente la valutazione nella base pensionabile” ai fini della predetta maggiorazione del 18%.

Ciò premesso, la legge n. 78/1983, che ha stabilito la pensionabilità dell’indennità in argomento, non ha previsto il suo inserimento nella base pensionabile. Detta indennità, inoltre, pur facendo parte della retribuzione in senso lato, costituisce, in conformità al suo stesso nomen, un peculiare trattamento economico accessorio, distinto dallo stipendio e riconosciuto ai militari in ragione del rischio e dei disagi connessi alla loro attività.

In ordine alla giurisprudenza richiamata dalla parte ricorrente, si osserva che, pur sussistendo alcune posizioni giurisprudenziali favorevoli, il più recente orientamento, anche in sede di Appello, è ormai di segno contrario (cfr.: Sez. Giur. Lazio n. 301/2007; Sez. Giur. Toscana, n. 405/2007; Sez. Giur. Veneto, sent. n. 348/2007; Sez. Friuli Venezia Giulia, sent. n. 262/2007; Sez. Giur. Liguria n. 909/2005, n. 578/2007; Seconda Appello sentenze n. 60/2008, n. 97/2008, n. 98/2008; Sez. Emilia Romagna sent. n. 283/2008; Sez. Lazio, sent. n. 882/2008).

Tale indirizzo appare ulteriormente suffragato dalla sentenza delle Sezioni Riunite, riguardante analoga questione, n. 9/QM/2006, che hanno escluso l’includibilità nella base pensionabile dell’”assegno funzionale”, previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate e degli appartenenti ai Corpi di Polizia.

Quanto alla sentenza n. 3/2002/QM, delle Sezioni Riunite, anch’essa richiamata dalla parte ricorrente, si osserva che alla stessa non può riconoscersi una peculiare valenza ai fini della soluzione della questione in esame.

Trattasi di pronuncia riferita a questione del tutto diversa da quella in discussione, che ha riconosciuto “…il diritto dei ricorrenti a vedersi ricalcolare le indennità di aeronavigazione e di volo a decorrere dal primo gennaio 1982 nei termini fissati dal combinato disposto degli artt. 19 e 23 della legge n. 78 del 23 marzo 1983…”., e, pertanto, dalla stessa non è dato evincere l'affermazione del diritto alla maggiorazione del 18% della suddetta indennità e delle altre previste dalla legge 23 marzo 1983, n.78 (cfr. Corte dei conti, Sezione Seconda d'Appello, sent. n.287/2006).

Da ultimo la Sezione Prima Giurisdizionale di Appello si è espressa nel senso che “tutte le indennità operative contemplate dalla legge n. 78/1983, intitolata appunto “alle indennità operative del personale militare”, tutte unitariamente considerate nell’art. 1, sebbene di natura retributiva e pensionabili (artt. 1, 18 e 19 di tale legge), non sono componenti dello stipendio, inteso in senso stretto, quale parte costitutiva della base pensionabile disegnata dall’art. 16 della legge n. 177/1976, modificativo dell’art. 53 del d.p.r. n. 1092/1973, né sono state mai considerate dalle norme che le concernono suscettibili della maggiorazione del 18% prevista da tale disposizione” (sent. n. 112 del 25/2/2009).

Per le considerazioni svolte la domanda non può essere accolta.

2) Sulla domanda riguardante la riliquidazione della pensione sulla base dell’equiparazione al trattamento stabilito per le corrispondenti qualifiche del personale della Polizia di Stato, il ricorrente ha addotto di avere titolo a detta determinazione per essere cessato dal servizio dopo l’entrata in vigore della legge n. 121/1981.

In proposito valgono le seguenti considerazioni.

                Per chiarire i termini della questione occorre soffermarsi sull’assetto normativo della materia, anche alla luce degli interventi operati dalla Corte Costituzionale.

            Come è noto la legge 1° aprile 1981, n. 121, diretta alla “smilitarizzazione” della Polizia di Stato e al perseguimento dell’obiettivo della parificazione tra tutte le forze di ordine pubblico e sicurezza, all’art. 43, sedicesimo comma, statuisce l’estensione del trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato al personale dell’Arma dei Carabinieri e delle altre forze di polizia; il successivo diciassettesimo comma individua, nella tabella di equiparazione allegata alla legge lo strumento per attuare l’estensione. Detta tabella, sostituita con la tabella C di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 569, ha equiparato i sottufficiali dei Carabinieri, nelle articolazioni dei vari gradi, alle quattro qualifiche del ruolo dei Sovrintendenti omettendo di riportare, quale termine di comparazione le qualifiche del ruolo degli Ispettori, motivando tale omissione, nella nota in calce, con l’incompatibilità tra le dette qualifiche e i gradi e le qualifiche del precedente ordinamento della P.S.

Successivamente all’emanazione della legge n. 121, in attuazione della delega ivi prevista, il D. P.R. 24 aprile 1982, n. 335, agli artt. 25 e 26 ha specificato le qualifiche in cui si articola il ruolo degli ispettori definendo le relative funzioni.

            La Corte Costituzionale con sentenza 3-12 giugno 1991, n. 277, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 43, comma 17, della legge n. 121, della tabella C allegata a detta legge, nonché della nota in calce alla tabella, nella parte in cui non includono le qualifiche degli Ispettori di Polizia, così omettendo la individuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell’arma dei carabinieri.

La declaratoria di incostituzionalità ha reso effettivo il principio di equiparazione secondo l’omogeneità di funzioni fra le qualifiche di ispettore di polizia e quelle dei sottufficiali dei carabinieri.

            In seguito a detta sentenza, è intervenuta la legge 6 marzo 1992, n, 216, di conversione del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5 - recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza stessa e per l’esecuzione di giudicati.

La predetta legge ha autorizzato la spesa per la definizione degli effetti economici delle sentenze amministrative che hanno originato l’ordinanza di rinvio alla Corte Costituzionale ed ha regolamentato, differenziando la posizione dei dipendenti ricorrenti da quella dei dipendenti non ricorrenti, la percezione degli arretrati derivanti dai nuovi inquadramenti.

            La Corte Costituzionale (sentenza n. 241/1996), investita della questione di legittimità dell’art. 4 del richiamato d.l. n. 5/1992 dalla Corte dei conti Sezione Giurisdizionale per il Piemonte, nel dichiarare non fondata la questione stessa, ha avuto modo di soffermarsi sulla portata della precedente sentenza n. 277/1991

Al riguardo, occorre premettere che il giudice rimettente aveva ritenuto che il legislatore del 1992, non occupandosi del trattamento del personale di quiescenza, avrebbe finito col negare piena efficacia al precetto contenuto nella sentenza n. 277/1991, restringendo quell’uguaglianza di trattamento che avrebbe dovuto operare fin dall’entrata in vigore della legge n. 121/1981 (e quindi anche nei confronti dei soggetti cessati dal servizio sotto il regime della legge n. 121/1981, sebbene anteriormente al D.L. n.5/1992).

La Consulta, dopo aver precisato che con la sentenza n. 277/1991 si era ritenuto espressamente di non poter andare oltre la declaratoria di incostituzionalità della tabella C allegata alla legge n. 121/1981 evitando ogni intervento “conseguentemente additivo” circa la retribuzione spettante, ha chiarito che una volta eliminata la tabella, la disciplina delle conseguenze rimaneva affidata ai poteri discrezionali del legislatore “Sicché deve considerarsi un errato presupposto quello di ritenere che, in seguito alla sentenza n. 277/1991, si sia automaticamente verificata la piena equiparazione anche economica, secondo l’omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di ispettore di Polizia e quelle di sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri”. Il giudice delle leggi ha inequivocabilmente affermato che la nuova determinazione delle retribuzioni non ha formato oggetto della sentenza n. 277/1991, né si poteva configurare come operazione meramente conseguenziale alla stessa, aggiungendo anche che i complessi problemi derivanti dalla declaratoria di incostituzionalità, tra i quali quello concernente la decorrenza delle nuove retribuzioni, rientrano nella competenza e nella discrezionalità del legislatore. In proposito, la Corte ha giudicato ragionevoli le scelte operate con il d.l. n. 5/1992 ed ha escluso la violazione di precetti costituzionali per la mancata estensione ai trattamenti di quiescenza dell’equiparazione economica in argomento.

            Dalle autorevoli considerazioni interpretative contenute nella sentenza n. 241/1996 discende che l’equiparazione economica, secondo l’omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di Ispettore di Polizia e quelle di sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, equiparazione giuridicamente praticabile per effetto dalla sentenza n. 277/1991, opera soltanto attraverso la regolamentazione temporale voluta dal legislatore del 1992, riscontrata legittima dal giudice delle leggi. I soggetti, pertanto, che hanno titolo alle nuove retribuzioni sono soltanto quelli cui fa riferimento il d.l. n. 5/1992.

            Tutto ciò premesso, la questione in argomento ha conosciuto numerose oscillazioni giurisprudenziali (anche di questa Sezione Giurisdizionale), tanto che le Sezioni Riunite di questa Corte sono intervenute per pronunciarsi su i due contrapposti orientamenti:

- da un lato l’orientamento che ha affermato, per effetto della citata sent. n. 277/1991, il diritto alla equiparazione economica con la corrispondente qualifica degli Ispettori di Polizia dei sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/1981 e in quiescenza alla data dell’1/1/1992;

- dall’altro, l’orientamento più restrittivo secondo il quale l’equiparazione in argomento, per effetto della legge n. 216/1992, non spetta ai soggetti cessati dal servizio prima dell’1/1/1992.

Con la sentenza n. 11/2003/QM del 30/5/2003, le Sezioni Riunite, rilevando che nella legge n. 216/1992 non vi è alcuna previsione relativa al personale già in quiescenza, e segnatamente, per quello in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/1981 ma cessato prima dell’1/1/1992, e seguendo l’autorevole considerazione della Corte Costituzionale, secondo la quale deve reputarsi errato il presupposto di ritenere che, in seguito alla sentenza n. 277/1991 si sia automaticamente verificata la piena equiparazione anche economica tra le qualifiche di Ispettore di Polizia e quelle di sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, ha recepito l’orientamento più restrittivo.

Le SS.RR., infatti, hanno risolto la relativa questione di massima, affermando il principio che “ai sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri, in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/81, ma cessati dal servizio anteriormente al 1° gennaio 1992, non spetta la riliquidazione del trattamento di pensione, qualora non abbiano effettivamente goduto degli arretrati retributivi”.

            Ne consegue che, per i soggetti che, come il ricorrente, sono cessati dal servizio prima dell’1/1/992, seppure in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/1981, la possibilità di conseguire la predetta equiparazione deve intendersi limitata a coloro che abbiano ottenuto, per effetto di una decisione del Giudice amministrativo, la concessione del trattamento economico corrispondente a quello stabilito per i pari grado della Polizia di Stato.

            In conformità alla pronuncia delle Sezioni Riunite si sono già pronunciate : Sezione Giurisdizionale Lombardia, sent. n. 141/2004; Sez. Giurisdizionale Sardegna, sent. n. 300 del 4/6/2004; Sez. Giurisdizionale Abruzzo, sent. n. 442 del 25/5/2004; Sez. Giurisdizionale Veneto, sent. n. 1234 del 6/10/2004; Sez. Giurisdizionale Emilia Romagna, sent. n. 1430 del 26/7/2004; Sezione Giurisdizionale Liguria, sent. n. 64 del 4/2/2004, sent. n. 1155/2005). Cfr. anche Sezione Prima Giurisdizionale Centrale n. 465 del 29/10/2008.

            Sulla base del principio affermato dalle SS.RR., al quale questo Giudice ritiene di aderire in considerazione della funzione di indirizzo e della connessa autorevolezza dell’orientamento espresso in sede di risoluzione delle questioni di massima, va escluso il diritto del ricorrente all’attribuzione del maggiore trattamento pensionistico richiesto.

Sussistono giustificati motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per la Liguria, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando

RESPINGE

Il ricorso n. 18173, proposto da @@@@@@@.

Spese compensate.

Così deciso in Genova il 7 gennaio 2010.

IL GIUDICE

(Maria Riolo)

 

 

Depositata in Segreteria il 12/02/2010

Il Direttore della Segreteria

 

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LIGURIA Sentenza 48 2010 Pensioni 12-02-2010