N. 1496/2009

Reg. Dec.

N. 6463 Reg. Ric.

Anno 2001 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

Sul ricorso r.g.n. 6463/2001 proposto in appello da -

contro

Ministero delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ope legis domicilia in Roma alla via dei Portoghesi n.12,

per l’annullamento

della sentenza n.178/2001 notificata in data 29 gennaio 2001  con la quale il TAR Veneto, prima sezione,  ha respinto il ricorso proposto contro il provvedimento n.18715 del 5 febbraio 1997 con il quale si dispone la perdita del grado per rimozione dell’attuale appellante.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Relatore alla udienza pubblica del 10 febbraio 2009 il Consigliere -

Udito l’avv. -

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto l’attuale appellante, militare della Guardia di Finanza col grado di finanziere impugnava il provvedimento disciplinare di perdita del grado per rimozione a conclusione di procedimento disciplinare instaurato a seguito di procedimento penale concluso con sentenza di patteggiamento, per concorso in guida senza patente, per avere messo a disposizione un veicolo ad un amico senza patente e per il reato di cui all’articolo 648 c.p. (ricettazione).

Avverso tale provvedimento il ricorrente deduceva i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

Il giudice di primo grado respingeva il ricorso ritenendolo infondato nel merito, anche se in via preliminare riteneva di dover prescindere dalle eccezioni di tardività (sulla impugnativa della sospensione cautelare) e di inammissibilità (per la impugnativa del parere della Commissione di disciplina perché atto endoprocedimentale), che peraltro riteneva fondate.

Il primo giudice riteneva infondata la censura di difetto di motivazione; riteneva che in fatto fosse stato consentito  in modo adeguato l’esercizio del diritto di difesa; rigettava la censura di disparità di trattamento.

Avverso la suddetta sentenza viene proposto appello, deducendo le seguenti censure.

Viene reiterata la censura di difetto di adeguata  motivazione e istruttoria in relazione alle controdeduzioni; si lamenta l’utilizzo della motivazione per relationem e in ordine a tale censura si contesta che costituisca possibile esercizio del diritto di difesa il rinvio all’istituto dell’accesso per acquisire l’atto al quale si rinvia; si contesta quindi il rinvio  generico agli atti del procedimento. Si fa presente che altri due procedimenti penali si erano conclusi  con sentenze di assoluzione e quindi l’unico riferimento deve essere effettuato alla sentenza di patteggiamento; si reitera la censura di disparità  di trattamento rispetto  a militari colpevoli di fatti ben più gravi nel medesimo periodo che ha riguardato l’appellante.

Si è costituito il Ministero appellato chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 10 febbraio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione. 
 
 
 

DIRITTO

1.L’appello, che si sostanzia nelle censure della illegittimità della motivazione per relationem e  di disparità di trattamento rispetto ad altri, è infondato.

Con il primo motivo si lamenta la illegittimità di una adeguata motivazione, in relazione al richiamo effettuato agli altri atti del procedimento.

Il motivo è del tutto infondato.

In sede di procedimento disciplinare il provvedimento finale deve ritenersi adeguatamente motivato, allorchè risulti esplicitato l’”iter” logico che – attraverso un autonomo  accertamento ed una autonoma valutazione dei fatti già oggetto di un procedimento penale – abbia condotto  alla irrogazione della sanzione disciplinare.

La motivazione per relationem del provvedimento disciplinare con riferimento alla deliberazione conformemente assunta dalla Commissione di disciplina non costituisce violazione dell’obbligo   di cui all’art. 3 L.241 del 1990, atteso che detta modalità di estrinsecazione  della volontà della amministrazione è idonea a soddisfare adeguatamente la esigenza, tutelata dalla norma, che il soggetto interessato sia posto nella condizione di conoscere  i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che sono a fondamento della decisione.

Inoltre, anche prescindendo dalla inapplicabilità ratione temporis della nuova disciplina, è indicativo come la  l.n.97 del 2001, che ha equiparato ai fini disciplinari le sentenze di patteggiamento  a quelle nelle quali i fatti sono stati ricostruiti ed accertati nelle fasi delle indagini preliminari e nel dibattimento, abbia espressamente previsto che <<la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alla pubblica autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità, e alla affermazione che l’imputato lo ha commesso>>; pertanto viene meno ogni necessità in sede disciplinare  di effettuare ulteriori accertamenti verifiche e dibattiti sulle circostanze accertate in sede penale; di conseguenza, all’esito della sentenza penale irrevocabile  di condanna, va soltanto valutato se i fatti penalmente rilevanti si configurino al contempo violazioni del regolamento disciplinare, come tali censurabili; in ordine all’accertamento  dei fatti addebitati all’incolpato, l’esigenza della motivazione del provvedimento disciplinare appare pertanto pienamente soddisfatta  anche con il mero richiamo alla sentenza penale patteggiata.

2. E’ del tutto infondata anche la censura di disparità di trattamento, a parte la sua estrema genericità, per mancanza assoluta di riferimenti a fatti e persone.

Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento – anche laddove dovesse essere prospettato con aggiunta di specifici riferimenti a fatti e persone ben individuati, il che non è nella specie - non è configurabile nei riguardi di determinazioni corrette e sulla sola base della denunciata adozione di precedenti provvedimenti illegittimi nella medesima materia ed in favore di altri soggetti (in tal senso, Consiglio Stato, V, 7 novembre 2003, n.7127).

3.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:

rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del  10 febbraio 2009, con l’intervento dei magistrati:

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