IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 15-09-2010, n. 6916
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
ha respinto il ricorso proposto da diversi appartenenti al Corpo della Guardia
di Finanza (in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di
###############), inteso ad ottenere, previo annullamento dell'atto di diniego
loro opposto dall'Amministrazione, l'accertamento del loro diritto, per il
periodo 2000/2005, al controvalore del pasto dovuto ad essi dipendenti ai sensi
dell'art. 1 della legge n. 203/1989 (cc.dd. buonipasto).
Il T.A.R., richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di questo
Consiglio, "per cui ai dipendenti delle forze di polizia deve essere
riconosciuto il diritto ai buoni pasto quando l'Amministrazione non mette il
personale nelle condizioni di usufruire del servizio mensa", ha ritenuto non
applicabile nel caso di specie l'invocato art. 61 del D.P.R. n. 254/1999
"poiché... non era impossibile, nel caso di specie, assicurare il funzionamento
della mensa obbligatoria di servizio che, infatti, era pienamente funzionante"
(pag. 7 sent.).
Il Giudice di primo grado non ha poi ritenuto ravvisabile alcuna
contraddittorietà nel comportamento dell'Amministrazione, né quanto alla
concessione di buoni pasto od alla fruizione del servizio mensa assicurati ad
altri dipendenti, né quanto alla intervenuta provvisoria erogazione dei buoni
pasto stessi in favore dei ricorrenti per un limitato periodo di tempo.
Avverso tale decisione hanno proposto appello gli originarii ricorrenti,
insistendo nel sostenere la sussistenza del loro diritto ai buoni pasto "anche
se in presenza di una m.o.s. istituita e regolarmente funzionante, quando è
certo... che i dipendenti non sono posti dall'Amministrazione di appartenenza
nella condizione concreta ed effettiva di utilizzare la m.o.s. stessa" (pag. 11
app.); in ogni caso sussisterebbe, secondo gli appellanti, la denunciata
disparità di trattamento rispetto alla situazione "dei colleghi appartenenti
alla stessa Amministrazione... distaccati o assegnati alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di ###############", nonché "in relazione ai
dipendenti del Comando... non addetti a servizi esterni" (pagg. 12 - 13 app.).
L'erogazione dei buonipasto o del loro controvalore sarebbe poi sicuramente
dovuta quanto meno per il triennio 2003 - 2005, così come previsto dall'art. 10
del D.P.R. n. 348/03, in attuazione del quale l'Amministrazione ha peraltro già
erogato ai ricorrenti i buonipasto stessi per un periodo di cinque mesi (gennaio
- maggio 2005).
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni appellate, riportandosi, con
successiva memoria, alle argomentazioni confutative delle tesi d'appello
contenute nella nota n. 62961 in data 11 dicembre 2007 del Comando R.T.L.A.
della Guardia di Finanza del Piemonte.
Il ricorso veniva chiamato e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6
luglio 2010.
Motivi della decisione
1.- E' controversa la debenza agli odierni appellanti del beneficio e degli
emolumenti indicati in fatto (cc.dd. buonipasto).
Essi insistono nell'affermare la titolarità del diritto azionato e
l'illegittimità del provvedimento dell'Amministrazione che lo avrebbe
conculcato, criticando le argomentazioni con le quali pure il primo Giudice ne
ha negato la sussistenza.
2. - L'appello è da respingere in quanto infondato.
Questa Sezione si è già pronunciata (v. dec. 28 febbraio 2005, n. 720)
sull'obbligo dell'amministrazione di erogare, in favore dei proprii dipendenti,
in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento
prioritariamente mediante l'istituzione della mensa; trattasi di forma di
gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede
mediante "fornitura di buoni pasto" ovvero di "viveri speciali da combattimento"
(art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
La normativa di riferimento prescrive dunque l'istituzione della mensa
obbligatoria in favore (tra l'altro) del "personale impiegato in servizi di
istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può
allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il
proprio domicilio" (art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 203/1989),
condizione nella quale incontestatamente si trovano gli odierni appellanti.
La disposizione citata (applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di
Finanza in forza dell'estensione sancita dall'art. 3 della legge n. 203/1989)
mira in realtà a garantire il servizio della mensa (a carico
dell'amministrazione) al personale delle forze di polizia, che, per la
consistenza degli impegni connessi ai servizii prestati, non può consumare i
pasti presso il proprio domicilio.
Orbene, rileva il Collegio che la limitata durata dell'intervallo assicurato ai
dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti, poi elevata nel
corso del 2005 a sessanta minuti) comporta che il servizio mensa possa
considerarsi istituito (sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura
del dovuto vettovagliamento) solo quando la mensa stessa sia collocata e
fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell'unità di servizio del
dipendente (v. in tal senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989),
giacché solo tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo
i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa)
è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall'Amministrazione per la
fruizione del pasto, l'effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto
alla mensa obbligatoria di sevizio (v. art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del
1950 e l'art. unico della legge 27 aprile 1981, n.
191); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede,
della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari
modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della
mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
Ciò posto, nel caso di specie, per il periodo 2000/2005, cui è riferita la
pretesa dei ricorrenti, il servizio vettovagliamento risulta esser stato
assicurato mediante istituzione di mensa di servizio da parte
dell'Amministrazione (incontestatamente localizzata presso la caserma di
servizio degli odierni appellanti), ch'è forma di prestazione prioritaria ed
alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto e che vale di per sé ad
escludere il diritto degli stessi, per detto periodo, alla pretesa fornitura.
Né gli originarii ricorrenti hanno in alcun modo dimostrato che le particolari
modalità di svolgimento dei non meglio precisati servizii esterni dagli stessi
asseritamente prestati nei turni lavorativi resi in tale periodo ostassero al
rientro nella caserma di appartenenza (così come poi espressamente previsto
nella Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 12031/08 in
data 12 aprile 2008) per la consumazione dei pasti colà posti a loro
disposizione dall'Amministrazione, così da rendere la modalità di
vettovagliamento prescelta dall'Amministrazione stessa in concreto del tutto
inidonea a garantire loro il diritto in tal senso assicurato, come s'è visto,
dal legislatore, in termini di "effettività" e dunque da consentire nei loro
confronti, proprio ai fini del rispetto di tale ineludibile esigenza di
"effettività" della prestazione dovuta, la modalità subordinata di prestazione
consistente nella fornitura di buoni pasto, da considerarsi legittimamente
alternativa alla fruizione della mensa presso la sede di servizio od
all'eventuale utilizzo di un esercizio convenzionato solo laddove "le
circostanze di tempo e di luogo" del servizio non consentano una tale fruizione
(v. Circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza n. 19114
in data 16 maggio 2008).
Del resto, i ricorrenti nemmeno hanno poi dedotto od in qualche modo fatto
constare di aver richiesto giorno per giorno, in relazione alle prevedibili
modalità del servizio di volta in volta espletando, l'iscrizione nell'elenco
giornaliero dei militari autorizzati a fruire del buono pasto, istituito con
circolare n. 136300/5540/E2 in data 17 aprile 2002 del Comando Generale della
Guardia di Finanza.
La debenza agli stessi, per tale periodo, degli importi sostitutivi nella misura
del controvalore stabilito dall'art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e
dall'art. 60 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è peraltro anche preclusa dalla
mancata prova, da parte dei ricorrenti medesimi, della intervenuta
effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti
l'ora dei pasti, del periodo di intervallo, interruttivo del servizio prestato
in favore dell'Amministrazione, che sola consente di affermare la ricorrenza
dell'ipotesi di spettanza del buonopasto da riconnettere alla prestazione
lavorativa, la quale, ove non suscettibile di interruzioni, mérita eventualmente
un trattamento differenziato sotto altro profilo, ma non può certo dar diritto
ad una prestazione (quella del vettovagliamento), la cui fruizione presuppone,
quale suo stesso elemento costitutivo, una pausa non retribuita (così come poi
espressamente previsto per i militari inseriti in servizi
esterni dalla circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza
n. 19114, cit.).
I ricorrenti in primo grado non hanno invero né provato né dedotto che la
prestazione da loro resa fosse in tal senso conforme alla prestazione tipica
meritevole di siffatta prestazione in natura (qualificabile come tale, in quanto
erogazione di beni posti nella diretta disponibilità del dipendente,
indipendentemente, come è stato rilevato anche in dottrina, dal fatto che la
mensa sia direttamente organizzata dal datore di lavoro ovvero assicurata
mediante buoni pasto spendibili presso pubblici esercizi) a càrico
dell'Amministrazione, incombendo invece certamente su di essi, ex art. 2697
c.c., l'onere di prova che la prestazione lavorativa venisse resa con le
modalità (tra cui certamente rientra la c.d. pausa pranzo) previste dalla
normativa di riferimento per la concessione dei buoni pasto.
Quanto alla dedotta disparità di trattamento con altri dipendenti della stessa
Amministrazione, la stessa deve ritenersi del tutto insussistente, atteso che i
dipendenti distaccati od assegnati alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di ############### fondano legittimamente (come s'è visto) il loro
diritto all'assegnazione dei buoni pasto sulla circostanza che la mensa
obbligatoria di servizio istituita dall'Amministrazione è fruibile presso una
infrastruttura diversa da quella presso la quale essi espletano il loro
servizio, mentre i dipendenti del Comando non addetti ai sevizi esterni
fruiscono della detta mensa istituita presso la sede di servizio (senza diritto
ai buoni pasto), l'accesso alla quale non risulta precluso ai ricorrenti, che
non hanno peraltro, come s'è visto, dimostrato, per ciascun singolo servizio cui
si riferisce la pretesa fornitura di buonipasto, le circostanze concrete, che
non hanno reso loro possibile, né conveniente per l'Amministrazione, la
fruizione, da parte loro, della stessa mensa obbligatoria di servizio.
Né, per finire, il diritto dei ricorrenti può legittimamente fondarsi, come
dagli stessi preteso, sugli invocati articoli 61 del D.P.R. n. 254/1999 e 10 del
D.P.R. n. 348/2003, dal momento che:
- l'art. 61 del D.P.R. n. 254/1999, nel determinare in lire 9.000= l'importo del
buonopasto giornaliero che l'Amministrazione deve garantire a ciascun militare
qualora ricorrano le vedute condizioni di cui all'art. 2, comma 1, lettera b),
della legge n. 203/1989, prevede, come ammettono gli stessi ricorrenti, una
triplice possibilità (la mensa interna ai singoli Comandi o Reparti, la
convenzione con esercizii di ristoro privati ed infine, in alternativa alle
prime due modalità di fornitura del servizio vettovagliamento, la concessione
dei buonipasto), la quale ultima, come sopra chiarito, nel caso di costituzione
della mensa obbligatoria di servizio, è praticabile solo allorché le effettive
modalità di impiego nei servizii esterni svolti abbiano precluso di fatto al
dipendente la possibilità di fruire, concretamente, del servizio mensa reso
dall'esercizio convenzionato: il che, come s'è visto, nella fattispecie
all'esame non risulta affatto provato;
- l'art. 10 del D.P.R. n. 348/2003, nel prevedere la assegnazione di risorse al
Corpo della Guardia di Finanza per la concessione di buoni pasto in relazione a
"particolari disagi derivanti da specifiche situazioni di impiego del
personale", prevede altresì che "i criteri per l'utilizzo delle somme sopra
indicate e per l'individuazione delle fattispecie che danno titolo alla
concessione del beneficio sono definiti dalle Amministrazioni nel rispetto della
normativa vigente in materia di buoni pasto", sì che del tutto correttamente
l'Amministrazione, se pur dopo una iniziale erogazione (della cui legittimità
qui non si discute), ha ritenuto, in presenza di una m.o.s. a gestione diretta
(cui, aggiunge il Collegio, i ricorrenti non hanno dimostrato di non poter
effettivamente accedere durante i turni di servizio per i quali hanno poi
richiesto i buonipasto), di dover escludere la sussistenza nel caso all'esame
delle condizioni necessarie per poter procedere alla pretesa fornitura.
3. - L'appello degli originarii ricorrenti va, in definitiva, respinto, tanto
quanto al petitum di annullamento del provvedimento di diniego in primo grado
impugnato, quanto in relazione alla richiesta di accertamento del sottostante,
preteso, diritto (siccome insussistente) ed alla subordinata richiesta di
risarcimento danni, in quanto conseguenti, quand'anche sussistenti, ad un
comportamento lecito dell'Amministrazione.
Le spese del grado di giudizio vanno, in considerazione dei diversi orientamenti
espressi dai Giudici di primo grado e della parziale novità della questione in
grado di appello, integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sul ricorso n. 2749 del 2007 indicato in epigrafe, lo respinge e,
per l'effetto, conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.