FORZE ARMATE   -   GUARDIA DI FINANZA   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-11-2010, n. 7734
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con ricorso n. 1724 del 2001, proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, l'attuale appellato agiva per l'annullamento dei provvedimenti dell'11.10.2001 e del 22.10.2001 adottati dal Comando regionale Liguria della Guardia di Finanza, con i quali rispettivamente si comunicava la cessazione dal servizio per perdita di grado e il conseguente recupero del trattamento di quiescenza già erogato.

Il ricorrente, appuntato della Guardia di Finanza, sottoposto a procedimento penale per il reato di concussione e condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione nonché alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, impugnava l'atto di cessazione dal servizio per perdita di grado e quindi il provvedimento di recupero dei ratei di pensione già riscossi relativi al collocamento in congedo per infermità.

Il ricorrente precisava che in data 27.10.2000 egli era stato collocato in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare per infermità e si lamentava che in modo illegittimo gli atti impugnati assumevano efficacia retroattiva sia in ordine alla causa di cessazione dal servizio che sul trattamento di quiescenza.

In sostanza, secondo il ricorrente, gli articoli 15 e 26 della legge 833 del 1961, ben lungi dal sanzionare la generale efficacia retroattiva della perdita di grado, si limitano a stabilire che tale causa di cessazione dal servizio decorre solo dal momento in cui questa è stata disposta, anche se diviene definitiva solo a seguito della conclusione del procedimento penale con sentenza o di quello disciplinare con il giudizio della Commissione di disciplina.

Nel caso in questione, la cessazione per perdita di grado è stata disposta per la prima volta dal Tribunale dell'esecuzione quale misura accessoria della pena, con pronuncia divenuta irrevocabile il 24 maggio 2001, mentre il collocamento in congedo per accertata infermità è avvenuto in data 27 ottobre 2000.

Quindi, esisterebbero due distinte modifiche o cessazioni del rapporto: il collocamento in congedo per infermità, datato 27 ottobre 2000; la misura accessoria della pena di cessazione per perdita di grado.

L'amministrazione ritiene che la decorrenza della seconda debba risalire alla prima data.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso ritenendo che gli artt. 15 e 26 l.3 agosto 1961, n.833, lungi dal sanzionare la generale efficacia retroattiva della perdita di grado, stabilirebbero che tale causa di cessazione dal servizio decorre dal momento in cui questa è stata disposta, anche se diviene definitiva solo a seguito della conclusione del procedimento penale con sentenza penale o di quello disciplinare con il giudizio della commissione di disciplina.

Avverso tale sentenza propone appello l'Amministrazione statale, deducendo la legittimità dei propri provvedimenti, poiché:

- l'appellato in data 27 ottobre 2000 è stato giudicato dalla CMO del Centro militare di Medicina Legale di Genova "non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato e d'istituto in modo assoluto";

- in data 2 maggio 2001 il Tribunale di Genova in funzione di giudice dell'esecuzione ha applicato nei suoi confronti ai sensi degli artt. 29 e 33 cpmp la sanzione accessoria della rimozione;

- sussiste il presupposto di cui all'art. 40 n.7 lettera a) L.833 del 1961, cioè la intervenuta sentenza di condanna che ha importato la pena accessoria della rimozione, con la doverosa conseguenza che, ai sensi dell'art. 41 secondo comma della medesima legge, la misura decorre "dalla data in cui il militare ha cessato dal servizio continuativo" (risalente appunto, a seguito del precedente collocamento in congedo per infermità, alla data del 27 ottobre 2000);

- ha natura vincolata il provvedimento che ha constatato gli effetti giuridici della sentenza del Tribunale di Genova.

L'appellante amministrazione statale contesta anche il capo di sentenza relativo alla condanna alle spese, deducendo la legittimità dei suoi atti e avuto riguardo alle circostanze tutte del giudizio.

Si è costituito l'appellato, il quale ha chiesto il rigetto dell'appello, riproponendo le censure formulate in prime cure e sostenendo che una diversa lettura delle norme che regolano la fattispecie, sopra richiamate, le renderebbe sospette di incostituzionalità.

Alla udienza pubblica del 19 ottobre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. L'appello è fondato.

L'articolo 15 della legge n.833 del 1961 stabilisce che il militare di truppa cessa dal servizio continuativo per una delle seguenti ragioni:...b) infermità;...g) perdita del grado.

Il successivo articolo 26 della medesima legge prevede che il militare di truppa, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio continuativo previste dall'art. 15, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Il secondo comma prevede che, qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado, la cessazione del militare dal servizio continuativo si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta.

Nella specie, al rapporto del militare si è verificata una causa di cessazione dal servizio tra quelle previste dall'articolo 15 (la cessazione per infermità).

Alla fattispecie si applica anche il secondo comma dell'art. 26, in quanto esso prevede che - se da un lato la causa di cessazione dal servizio si produce anche se pende procedimento penale o disciplinare - dall'altro lato, quanto alla decorrenza, se il procedimento penale o disciplinare si conclude con sentenza o giudizio amministrativo sanzionatorio che comporti la perdita del grado, la cessazione del militare dal servizio continuativo si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta.

Controdeduce l'appellato che in realtà si avrebbe una sostituzione del titolo della cessazione dal servizio, da inidoneità assoluta a effetto della sentenza penale di condanna.

Il Collegio osserva che però tale sostituzione è proprio quanto prevede la legge ai sensi dei due commi dell'art. 26 sopra menzionato.

Inoltre, l'articolo 41 della medesima legge al secondo comma, ribadendo il medesimo principio, impone alla amministrazione di retrodatare gli effetti della perdita del grado, sin dal momento in cui il militare è cessato dal servizio continuativo (nella specie collocamento in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare).

L'art. 41 prevede al secondo comma che, qualora ricorra la applicazione del secondo comma dell'art. 26, la perdita del grado per le cause indicate ai numeri 6 e 7 dell'articolo 40 (rimozione disciplinare o condanna) decorre dalla data in cui il militare ha cessato dal servizio continuativo.

Dovendosi riscontrare la ratio della norma nella volontà di evitare che si possano eludere gli effetti sfavorevoli di un giudizio penale o disciplinare anticipando la cessazione dal servizio per altra causa, sono da respingere i dubbi di sospetta incostituzionalità, come riproposti da parte appellata nella memoria difensiva.

Più in generale, la perdita del grado per rimozione stabilita senza giudizio disciplinare come pena accessoria dalla autorità giudiziaria opera retroattivamente andando a congiungersi al momento in cui il militare è stato sospeso dal servizio per pendenza del procedimento penale e il conseguente provvedimento dell'amministrazione ha carattere meramente dichiarativo (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6669).

Nel caso di specie trova applicazione anche l'art. 41, secondo comma, della L.833 del 1961 che impone all'amministrazione di retrodatare gli effetti della perdita del grado, sin dal momento in cui il militare è cessato dal servizio continuativo (nella specie collocamento in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare).

L'amministrazione, in presenza di una sentenza penale di condanna con irrogazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, non può fare altro che disporre la cessazione dal servizio del dipendente pubblico condannato, con un provvedimento che non ha carattere né costitutivo, né discrezionale, ma che è vincolato ed è dichiarativo di uno status conseguente al giudizio penale definitivo nei confronti del dipendente (Sez. IV, 9 dicembre 2002, n. 6669, prima citata).

Una volta emesso il provvedimento di destituzione, il rapporto di impiego deve infatti ritenersi estinto a tutti gli effetti, compreso quello del trattamento di quiescenza, anche quando la relativa decorrenza coincida con l'inizio della sospensione cautelare.

2. L'accoglimento del primo motivo d'appello comporta che debba disporsi in questa sede sugli onorari e sulle spese dei due gradi del giudizio.

E' pertanto improcedibile il secondo motivo, che ha censurato il capo della sentenza gravata che ha condannato l'Amministrazione.

3. Per le sopra esposte considerazioni, in accoglimento dell'appello e in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso proposto in primo grado.

La condanna alle spese ed agli onorari del doppio grado del giudizio segue il principio della soccombenza. Di essa è fatta liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello n. 803 del 2004 e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado n. 1724 del 2001. Condanna la parte appellata al pagamento delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio, liquidandoli in complessivi euro tremila.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.