IMPIEGO PUBBLICO - RESPONSABILITA' CIVILE
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-04-2010, n. 1991
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la
Calabria, sede di Catanzaro, l'attuale appellante, #####################, agiva
per l'accertamento del suo diritto al risarcimento dei danni patrimoniali,
biologici, morali ed esistenziali, per responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, per l'annullamento del silenzio rigetto sulla domanda
presentata in data 9.11.2006 al fine dell'annullamento della determinazione
dirigenziale n.##################### del Comando Generale Guardia di Finanze,
del decreto di decisione del ricorso gerarchico, nonché per il riconoscimento
alla dipendenza da causa di servizio della sua infermità con corresponsione
dell'equo indennizzo.
Il ricorrente, maresciallo ordinario in congedo della Guardia di finanza, nella
quale si era arruolato in data 21.9.1992, dichiarato permanentemente non idoneo
al servizio in data 23.1.2004 dalla Commissione Medico Ospedaliera di
#####################, con giudizio poi confermato in data 31.3.2004 dalla CMO
di II istanza di #####################, in quanto sofferente di sindrome ansiosa
depressiva persistente, agiva quindi in primo grado per il risarcimento di
danni, che asseriva essergli derivati dal cosiddetto mobbing.
In particolare individuava nella sua domanda un contesto nel quale, a partire da
alcune domande di trasferimento rifiutate nel 1999 si sarebbe giunto, attraverso
un crescendo di atti illegittimi e vessazioni ed un grave infortunio sul lavoro
in data 19.11.2001 e passando a mezzo di altri screzi con la struttura militare,
alla diagnosi di "Sindrome ansiosa depressiva reattiva", che portava alla
inidoneità al servizio militare del medesimo, il quale con decisione della CMO
di II grado di ##################### del 21.3.2004, veniva giudicato idoneo al
transito nei ruoli civili del Ministero delle Finanze.
Il ricorrente aveva anche chiesto in data 17.5.2002 e 22.1.2003 il
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di talune patologie, di cui
due (distorsione al ginocchio e condrite), venivano considerate dal Comitato di
Verifica delle cause di servizio, come dipendenti da causa di servizio, mentre
la terza (sindrome ansiosa depressiva persistente) non veniva riconosciuta
dipendente da tale causa.
Tale parere del Comitato veniva recepito dalla Amministrazione con decreto del
Dirigente del Servizio Amministrativo del Comando Generale della Guardia di
Finanza n.320 del 16.2.2005.
Il ricorrente presentava quindi ricorso gerarchico, che veniva accolto dal
Comando Generale della Guardia di Finanza, con la motivazione che il Comitato di
Verifica non aveva tenuto conto dei fatti di servizio da lui segnalati in data
29.4.2004.
Il Comitato di Verifica provvedeva quindi nuovamente, confermando però la
determinazione negativa precedente; la determinazione dirigenziale assunta
successivamente confermava quindi il precedente diniego, negando la causa di
servizio.
Avverso tale determinazione veniva proposto ricorso gerarchico, che veniva però
respinto.
Anche i ricorsi proposti in via giurisdizionale venivano respinti dal giudice di
primo grado, con la sentenza che il M. contesta con l'atto di appello per i
seguenti motivi:
1) la CMO di ##################### aveva riconosciuto la dipendenza da causa di
servizio della sindrome ansioso depressiva e quindi è contraddittoria la
decisione del Comitato di negare il riconoscimento nonostante il giudizio
tecnico qualificato espresso dalla CMO di #####################, motivando il
diniego con riferimento ad una sussistenza della predisposizione alla infermità;
la infermità psichica è dovuta, come sarebbe dimostrato documentalmente, alle
vessazioni del datore di lavoro;
2) si lamenta carenza di istruttoria, in quanto il Comitato ha fornito un parere
senza idonea istruttoria a seguito del quale l'amministrazione ha negato la
causa di servizio, senza alcuna traccia della durata, delle condizioni, delle
modalità e della pericolosità del servizio prestato dal M. per il Corpo di
appartenenza;
3) il giudice di primo grado avrebbe dovuto disporre una consulenza tecnica di
ufficio, per accertare la riconducibilità della patologia alle vessazioni nel
servizio, né è stata adeguatamente valutata la consulenza tecnica di parte, che
asseriva tale dipendenza: il TAR ha errato nell'affermare che non sarebbero
riscontrabili episodi di stress e contrasti all'interno della struttura militare
tali da costituire elemento scatenante della patologia del ricorrente,
trascurato dal Comitato di verifica. Al contrario, il trasferimento negato in
favore di altro collega che non aveva i requisiti per chiederlo, avrebbe
determinato la patologia lamentata;
4) altri fatti mobbizzanti si sono verificati prima dell'infortunio al ginocchio
e altri prima della diagnosi della patologia psichica avvenuta in data 8.3.2002;
5) nel decreto di accoglimento sul ricorso gerarchico si era ritenuto di
considerare verosimili le argomentazioni e documentazioni del M.;
6) il M., dopo il provvedimento di transito nei ruoli civili, per fini solo
punitivi, era stato trasferito presso la Commissione Tributaria di
##################### e successivamente, a ##################### a circa km.1400
dalla sua città di residenza;
7) si lamenta pertanto che il datore di lavoro non abbia adempiuto al suo dovere
esistente ai sensi dell'art. 2087 c.c. di adottare ogni misura idonea a
proteggere la incolumità dei lavoratori dipendenti.
Si è costituito il Ministero appellato chiedendo il rigetto dell'appello perché
infondato.
Alla udienza pubblica del 23 marzo 2010 il ricorso è passato in decisione.
Motivi della decisione
Con l'atto di appello si reitera la richiesta di dichiarazione del diritto al
risarcimento dei danni e di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio
della malattia consistente nella sindrome ansiosodepressivoreattiva, rigettata
dal primo giudice.
A sostegno dell'appello, nella invocazione che il datore di lavoro non abbia
adempiuto al suo dovere esistente ai sensi dell'art. 2087 c.c. di adottare ogni
misura idonea a proteggere la incolumità dei lavoratori dipendenti, si sostiene:
1) che la CMO di ##################### aveva riconosciuto la dipendenza da causa
di servizio della sindrome ansioso depressiva ed è illegittima la decisione del
Comitato di negare il riconoscimento; 2) carenza di istruttoria, in quanto il
Comitato ha fornito un parere senza idonea istruttoria a seguito del quale
l'amministrazione ha negato la causa di servizio, ma senza alcuna traccia della
durata, delle condizioni, delle modalità e della pericolosità del servizio
prestato dal M. per il Corpo di appartenenza; 3) la esigenza da parte del
giudice di disporre consulenza tecnica di ufficio; 4) la esistenza di altri
fatti espressione di mobbing.
Tra tali fatti mobbizzanti si evoca il provvedimento di transito nei ruoli
civili, per fini solo punitivi, presso la Commissione Tributaria di
##################### e successivamente, a #####################, a circa
km.1400 dalla sua città di residenza.
L'appello è del tutto infondato sulla base delle seguenti considerazioni,
relative al mancato assolvimento dell'onere della prova; alla mancata
impugnativa di tutti gli atti organizzativi e presupposti la cui illegittimità
viene dedotta come parte del comportamento illecito del datore di lavoro; al
ruolo del Comitato di Verifica.
In punto di fatto, come rilevato anche dal primo giudice, il parere del Comitato
di Verifica del 12.11.2004 considerava la sindrome ansiosodepressiva come dovuta
a situazioni contingenti che si innescano di frequente su personalità
predisposta, "non rinvenendosi...documentate situazioni conflittuali relative al
servizio idonee, per intensità e durata a favorirne lo sviluppo, l'infermità non
può collegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale
efficiente e determinante".
Le situazioni definite e riportate come pregiudizievoli attengono: a mancati
trasferimenti (da ##################### a #####################); alla
pretermissione in un successivo trasferimento da ##################### a
#####################; alla negata compilazione del modello mensile delle
presenze; a indagini sgradite da parte dei superiori; al mancato trasferimento
ad altra sezione di Polizia Tributaria (di #####################); a negligenze
nella diagnosi e nella cura della distorsione al ginocchio; a decurtazioni nelle
schede di valutazione caratteristica; e così via (pagina 11 della impugnata
sentenza).
In relazione a tutte tali circostanze, ritenute dall'appellante comprovanti del
disegno persecutorio, quel che il Collegio rileva è, da un lato, la mancata
dimostrazione dell'elemento soggettivo e cioè del disegno persecutorio e,
dall'altro lato, a monte, la assenza di qualsiasi iniziativa a contestazione di
tutta una serie di atti, peraltro del tutto eterogenei tra loro, asseriti quali
segmenti di una unica linea di condotta che sarebbe stata assunta, in tesi, in
danno del dipendente.
La condotta di mobbing del datore di lavoro, ravvisabile in ipotesi di
comportamenti materiali o provvedimentali contraddistinti da finalità di
persecuzione e di discriminazione, indipendentemente dalla violazione di
specifici obblighi contrattuali, deve essere provata dal lavoratore.
A tale fine valenza decisiva è assunta dall'accertamento dell'elemento
soggettivo e cioè dalla prova del disegno persecutorio (così Consiglio Stato, V,
27 maggio 2008, n.2515), che nella specie risulta del tutto indimostrato.
La idoneità offensiva della condotta deve essere dimostrata poi per la
sistematicità e durata dell'azione nel tempo, per le caratteristiche oggettive
di persecuzione e discriminazione, risultanti da una connotazione emulativa e
pretestuosa, ma tali comportamenti non possono essere qualificati come mobbing
se è dimostrabile (o non è dimostrato il contrario) che ad essi vi è una
ragionevole spiegazione alternativa.
La ricorrenza di una condotta mobbizzante va esclusa quante volte la valutazione
complessiva dell'insieme delle circostanze addotte e accertate nella loro
materialità, pur se idonea a palesare singulatim elementi e episodi di conflitto
sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di
verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei
confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di
lavoro (così anche Consiglio di Stato, VI, 1 ottobre 2008, n.4738).
In ordine alla questione relativa alla mancanza di impugnativa di tutti (e anche
singolarmente di alcuno di essi) gli atti organizzatori menzionati
dall'appellante, non può non richiamarsi il principio per cui la domanda di
risarcimento dei danni discendenti da illecito demansionamento e mobbing, così
come da trasferimenti ritenuti illegittimi, o da illegittimi dinieghi di
trasferimento, non può essere accolta qualora il lavoratore non abbia
tempestivamente impugnato i provvedimenti organizzativi o presupposti, adottati
dall'amministrazione nell'ambito della sua attività gestionale, da cui è
derivata la asserita modifica in peius del rapporto di lavoro (Consiglio di
Stato, V, 27 maggio 2008, n.2515).
Va quindi respinta la domanda risarcitoria del danno da mobbing - tale è la
prospettazione della domanda di parte appellante - proposta dal pubblico
dipendente con rapporto di lavoro non contrattuale in mancanza di prova
dell'intento persecutorio della pubblica amministrazione datrice di lavoro, che
non è evincibile dalla asserita illegittimità di provvedimenti amministrativi i
quali non siano mai stati impugnati (Consiglio di Stato, V, 27 maggio 2008,
n.2515).
Colpisce nella specie esaminata che di tutti i menzionati atti, asseriti come
segmenti di una unica linea persecutoria, nessuno sia mai stato fatto oggetto di
contestazione in via giurisdizionale, sicchè, al di là sia della invocazione in
generale della c.d. pregiudizialità amministrativa anche in tale fattispecie,
ovvero dell'alternativo richiamo alla esigenza che il danneggiato si attivi ai
sensi dell'art. 1127 c.c., non è dimostrabile il loro carattere globalmente
illecito e soggettivamente emulativo nel senso generale dell'abuso del diritto
di cui all'articolo 833 c.c., in quanto in relazione a neanche uno di essi si è
realmente dimostrata la loro asserita illegittimità.
In ordine poi, a quanto sostenuto nell'appello sulla discordanza tra il parere
del Comitato di Verifica (negativo per il signor M.) e il parere della C.M.O. di
##################### (inizialmente positivo), non può non ricordarsi che
costituisce principio ormai consolidato che in sede di procedimento per la
concessione dell'equo indennizzo e di liquidazione del trattamento pensionistico
privilegiato (e la medesima valutazione deve valere in questa sede, sulla base
della prospettazione della domanda risarcitoria per come proposta, ai fini della
richiesta di equo indennizzo), il parere del Comitato di Verifica sulla causa di
servizio può ben discostarsi dal giudizio espresso dalla commissione medica
ospedaliera e si impone all'amministrazione, in quanto esso è momento di sintesi
e di superiore valutazione che, pertanto, può essere assunto come motivazione
unica della determinazione finale.
Inoltre, in sostanza, il parere del Comitato di Verifica può essere indagato in
sede di legittimità soltanto per irragionevolezza o macroscopica illogicità
(così ex plurimis, Consiglio Stato sez. VI, 01 dicembre 2009, n. 7516), nella
specie non ravvisabili.
Per le considerazioni sopra svolte, l'appello va respinto, con conseguente
conferma della impugnata sentenza.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente
pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
rigetta l'appello, confermando la impugnata sentenza;spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2010 con
l'intervento dei Signori:
Pier Luigi Lodi, Presidente FF
Vito Poli, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore