R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.5757/2008

Reg. Dec.

N. 10552 Reg. Ric.

Anno 2005

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

    sul ricorso in appello n. 10552/2005 proposto da @@@@@@@ @@@@@@@ rappresentato e difeso dall’Avv.-

contro

    Ministero della Giustizia rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la stessa domiciliato ex lege in Roma Via dei Portoghesi 12;

per la riforma

    della sentenza del Tar Calabria - @@@@@@@  n.816/2004;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

    Visti gli atti tutti della causa;

    Nominato relatore alla pubblica udienza del 17 ottobre 2008 il Consigliere -

    Sentiti, per le parti, gli avvocati -

    Considerato, in Fatto e in Diritto, quanto segue:

    FATTO

  1. Il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, già appartenente al Corpo di polizia penitenziaria e addetto alla Casa circondariale di @@@@@@@, con il ricorso proposto in I grado ha chiesto l’annullamento del decreto n. 054364/03  di destituzione dal servizio e la condanna della P.A. al pagamento della retribuzione dovuta durante la sospensione dal servizio, inclusa in essa indennità di buonuscita, pensione ed ogni altra spettanza.
  2. In punto di fatto va premesso quanto segue:  il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ con decreto del 26/04/86 era stato sospeso dal servizio perché tratto in arresto. Era stato, poi, reintegrato in servizio, ai sensi dell’art.4 l.n. 19 del 1990, con decreto del 1/10/91, sino a che il rapporto di lavoro era venuto a cessare definitivamente in data 6/05/94 per riconosciuta infermità.

 La sentenza n. 97/2000 del Tribunale di @@@@@@@, che lo aveva condannato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione, era stata riformata dalla Corte di appello con sentenza n. 678 del 12/07/2002, per intervenuta prescrizione.

 Il sig. @@@@@@@ aveva, quindi, richiesto la rideterminazione del trattamento economico corrisposto in conseguenza della sospensione, ma detta richiesta era stata rigettata con decreto n. 054364/03 begin_of_the_skype_highlighting              054364/03      end_of_the_skype_highlighting, con cui veniva confermata la sospensione dal servizio protrattasi dal 25/04/86 alla data di effettiva presentazione in servizio in virtù del decreto 1/10/91, sul presupposto che la formula assolutoria della Corte di appello non precludesse l’azione disciplinare per la valutazione in tale sede dei fatti commessi e che l’azione disciplinare non potesse più essere esercitata, trattandosi di soggetto non più in servizio.

  1. Il T.A.R. di @@@@@@@, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso avverso il provvedimento di destituzione dal servizio sulla scorta delle seguenti argomentazioni:
    1. all’esito di un giudizio penale nei confronti di un dipendente pubblico sospeso cautelarmene dal servizio la P.A. può iniziare un procedimento disciplinare ai soli fini di regolare gli effetti della sospensione cautelare, ancorché l’interessato sia cessato dal servizio anteriormente al giudicato penale (A.P. n. 8/97);
    1. essendo stata sanzionata la destituzione dal servizio del dipendente trova applicazione l’art. 6, comma 4, D.Lvo n.449/92 (che prevede per la promozione dell’azione disciplinare il termine di 180 giorni dalla notizia della sentenza divenuta irrevocabile) e non l’art. 7, co.6, del medesimo decreto: da qui la tempestività dell’azione disciplinare attivata (A.P. n. 4/2000);
    2. la specifica contestazione può avvenire in sede disciplinare anche con richiamo formale alle imputazioni elevate dall’ A.G.O., peraltro, nel caso di specie, molto serie.
  1. Appella il sig. @@@@@@@, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
    1. Violazione di legge sotto il profilo della mancata applicazione dell’art.7, comma 6, D.Lvo n. 449/92 e correlata falsa applicazione dell’art.6, comma 3, D.Lvo n. 449/92. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore sui presupposti e manifesta illogicità.
    1. Violazione di legge (artt. 15, 16 e 17 D.Lvo n.449/92). Eccesso di potere per illogicità dei motivi.

5. L’Amministrazione si è formalmente costituita in giudizio;

6. Il ricorso è stato inserito nei ruoli di udienza del 17/10/08 e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. La questione di diritto sottesa all’appello all’esame del Collegio consiste nello stabilire la legittimità dell’operato dell’Amministrazione che, ai fini di regolare gli effetti conseguenti alla applicazione della sospensione cautelare nei confronti di un dipendente medio tempore cessato dal servizio, ha promosso e concluso con l’irrogazione della sanzione della destituzione un procedimento disciplinare, nella ipotesi di sussistenza di un interesse giuridicamente qualificato dell’Amministrazione ad una valutazione, sotto il profilo disciplinare, del comportamento tenuto in servizio dal dipendente.

2. In linea generale, la questione è stata affrontata e risolta dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con decisione n. 8 del 6 marzo 1997, ha ritenuto che all’esito del giudicato penale di condanna nei confronti di un dipendente pubblico sospeso cautelarmene dal servizio l’Amministrazione ben può iniziare un procedimento disciplinare al fine di regolare gli effetti della sospensione cautelare, ancorché l’interessato sia cessato dal servizio anteriormente al giudicato penale. L’Adunanza ha ritenuto, altresì, che tale potere va esercitato nei termini previsti per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti degli impiegati in servizio, per cui il mancato inizio dell’azione disciplinare nei termini comporta il venir meno del provvedimento di sospensione cautelare, con effetto ex tunc.

Nella fattispecie in esame, il ricorrente di I grado era stato sospeso dal servizio a decorrere dal 26/04/86 perché tratto in arresto e, poi, reintegrato in servizio ai sensi dell’art.9 della L. n. 19 del 7 febbraio 1990 con decorrenza dal 1 settembre 1992.

La sentenza n. 97/2000 del Tribunale di @@@@@@@ che lo aveva condannato a tre anni e mesi otto di reclusione veniva riformata dalla Corte di appello con sentenza del 15/04/2002 per intervenuta prescrizione.

Nel frattempo il rapporto di lavoro era venuto a cessare a decorrere dal 6 maggio 1994 per riconosciuta infermità del @@@@@@@.

Quest’ultimo chiedeva, quindi, la rideterminazione del trattamento economico corrisposto in conseguenza della sospensione, ma col provvedimento n. 054364/2003 begin_of_the_skype_highlighting              054364/2003      end_of_the_skype_highlighting l’Amministrazione rigettava la domanda del ricorrente, sul presupposto che la formula assolutoria della Corte di appello non precludesse l’azione disciplinare per le valutazioni in tale sede dei fatti commessi e che l’azione disciplinare non potesse più essere esercitata trattandosi di soggetto non più in servizio.

Sostiene l’appellante, con il primo dei motivi di ricorso, che la sentenza di rigetto del TAR sarebbe anzitutto errata per violazione di legge, sotto il profilo della mancata applicazione dell’art.7 comma 6 del D.Lgs. n. 449/92 e correlata falsa applicazione dell’art. 6 comma 3 dello stesso D.Lgs. , nonché per eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti, dell’errore sui presupposti e della manifesta illogicità.

La censura non può essere condivisa, atteso che, come previsto dall’art.6, comma 4, del DPR n. 449 del 1992, nel caso di destituzione inflitta per le cause previste al comma 3 del medesimo articolo, fra cui rientra la condanna per i delitti contro la Pubblica amministrazione, che qui interessano, il procedimento disciplinare deve essere proseguito o promosso entro 180 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi 90 giorni. Applicandosi le stesse modalità e gli stessi termini al caso di procedimento disciplinare instaurato per regolare gli effetti della sospensione cautelare (cfr. Ap. n. 8/97 cit.) e considerato che non è contestato che la sentenza della Corte di appello è divenuta definitiva il 20 novembre 2002, l’azione disciplinare risulta essere stata tempestivamente proposta il 21 maggio 2003 (nel termine di 180 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza divenuta irrevocabile) e conclusa nei successivi 90 giorni decorrenti dalla scadenza del precedente termine di 180 giorni, secondo i principi fissati nella decisione dell’Adunanza plenaria n. 4 del 25 gennaio 2000.

L’appellante critica poi la sentenza sotto il profilo della violazione di legge (artt. 15, 16 e 17 del D.Lgs. n. 449/92) e dell’eccesso di potere sotto il profilo della illogicità dei motivi, in quanto non gli sarebbe stata fatta alcuna contestazione, secondo le modalità previste per il procedimento disciplinare, concretizzandosi la fase istruttoria in un atto interno all’Amministrazione.

La censura non ha pregio, atteso che l’Amministrazione si è riferita, nella contestazione, ai fatti accertati in I grado in sede penale (non ulteriormente verificati in secondo grado solo per il decorrere del tempo), effettuandone la stima sotto l’aspetto disciplinare dell’infrazione al codice di comportamento del Corpo di polizia penitenziaria attraverso apposita inchiesta  disciplinare affidata al funzionario istruttore in data 12/06/2003 e da questi rimessa alle valutazioni del Consiglio centrale di disciplina .

Circa, poi, la ritenuta illegittimità della sanzione per essere stata adottata sul presupposto di fatti assolutamente non accertati, va rilevato che la sentenza penale di I grado, ancorché in appello il procedimento sia stato dichiarato improcedibile per intervenuta prescrizione, aveva comunque accertato fatti di incontestata gravità per un dipendente del Corpo di polizia penitenziaria, che sotto il profilo disciplinare sono stati stimati dall’Amministrazione con propria discrezionale valutazione di merito, immune da critiche di irragionevolezza o irrazionalità, attesa la natura dei reati acclarati.

  1. Per le suesposte considerazioni il ricorso in appello va rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
  2. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando in ordine al ricorso in appello indicato in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa, tra le parti, le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così    deciso   in Roma,   nella   camera   di   consiglio    del


 

17 ottobre 2008, con l’intervento dei signori: