Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-11-2010, n. 8284
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il sig. D.C. si è rivolto al T.A.R. Abruzzo -sede de L'Aquila, per ottenere l'annullamento del provvedimento riguardante la sua destituzione dal servizio che stava svolgendo nella Casa Circondariale di #################### nella vesta di agente penitenziario.

Il provvedimento oggetto del ricorso è stato adottato dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (in seguito (DAP) in data 26 gennaio 1998, ad esito di procedimento disciplinare, promosso per essere stato il ricorrente trovato, a bordo della propria vettura, in stato di incoscienza dovuta ad assunzione di sostanze stupefacenti.

I vizi di illegittimità del detto procedimento disciplinare dedotti in primo grado non sono stati riconosciuti sussistenti dal predetto T.A.R. adito, e conseguentemente il ricorso veniva respinto con la sentenza in epigrafe.

Propone ora appello il medesimo ricorrente esponendo, in sostanza, gli stessi profili d'illegittimità già dedotti in primo grado, e di cui lamenta l'errata valutazione da parte del giudice della sentenza impugnata.

L'Amministrazione si è costituita in giudizio ed in tale sede ha anche controdedotto alle censure avversarie chiedendone il rigetto.

All'udienza odierna il ricorso è stato trattenuto in decisione.

L'appello è infondato.

Non sussiste invero la dedotta violazione dell'art.120 del T.U. degli impiegati civili dello Stato, non essendosi verificata nel corso del procedimento disciplinare la violazione del termine di 90 giorni calcolati "dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto".

In particolare, se è vero che tra la contestazione degli addebiti adottata con nota del 10 marzo 1997 e la convocazione dinanzi al Consiglio di Disciplina del 9 ottobre successivo, son decorsi più di novanta giorni, non è meno vero che tra i due atti è intervenuta in data 2 maggio, la nota di discolpa dello stesso ricorrente.

Come correttamente ritenuto dal primo giudice quest'ultimo atto è senza alcun dubbio atto intermedio del procedimento disciplinare a quale va riconosciuta, pertanto, ancorchè non proveniente dall'Amministrazione, efficacia impeditiva dell'estinzione del procedimento disciplinare in applicazione della norma invocata con il motivo in esame.

Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si reclama la violazione dell'art.103 del citato T.U., deve essere respinto.

Con la locuzione "subito" recata dalla norma invocata, ed in questa correlato alla contestazione degli addebiti, il legislatore ha indubbiamente inteso riferirsi, non ad un termine prestabilito e vincolante, ma ad un termine ragionevole e non dilatorio, da valutare secondo il caso concreto, entro il quale il procedimento disciplinare deve essere iniziato dall'Amministrazione.

Occorre quindi a questo riguardo tener conto degli accertamenti preliminari e delle verifiche che il fatto rilevante disciplinarmente comporta.(Cons. Stato Sez.IV 31 gennaio 2009 n.517).

.Nel fattispecie non può non rilevare, a favore dell'Amministrazione, che il fatto oggetto del procedimento disciplinare si svolto all'esterno della sede di servizio ed è stato, in particolare, accertato da Amministrazione diversa (Polizia di Stato) da quella che iniziato il procedimento disciplinare.

Consegue da ciò che la data del 22 maggio 1996, ricavata dalla nota con la quale la Casa Circondariale di #################### ha soltanto informato il Ministero competente di quanto accaduto nei riguardi del ricorrente, in sé non può avere valore alcun ai fini del ritenuto ritardo nell'inizio del procedimento disciplinare.

Insussistente è anche la violazione dell'art.107 del più volte citato T.U. dedotta con il terzo motivo di gravame.

Viene contestata la violazione del termine i quindici giorni entro il quale il Capo del Personale, acquisite le giustificazioni dell'incolpato, avrebbe dovuto trasmettere gli atti alla Commissione di disciplina.

Il motivo è infondato.

Appare, invero, del tutto evidente che trattasi il termine in questione è di natura ordinatoria la cui violazione, quindi, quand'anche si fosse verificata, non produce conseguenza alcuna, rimanendo assorbita nella cadenza temporale disciplinata dal successivo art.120, in ordine al quale s'è detto.

Quanto alle censure che investono la valutazione negativa della condotta dell'appellante, e sulla quale si fonda il provvedimento in contestazione (difetto di motivazione, difetto di istruttoria e di presupposti, omesso rilievo delle giustificazione addotte, esito negativo dell'esame clinico sull'uso di sostanze stupefacenti accertato dal Servizio per le Tossicodipendenze) non pare,in ragione della indubbia gravità del comportamento sanzionato che occorra aggiungere altri argomenti rispetto a quelli esternati dall'Amministrazione con il provvedimento impugnato nei confronti di un soggetto che ha dimostrato di essere dedito all'uso di droghe pesanti.

In effetti si tratta di valutazioni che, ad avviso della Sezione, difficilmente possono essere contestate se collegate con la necessità assoluta di disporre di personale moralmente non censurabile, sul quale poter fare affidamento.

L'appello deve quindi essere respinto.

Nelle peculiari condizioni soggettive della parte privata il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, respinge l'appello.

Spese compensate..

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.