Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-07-2010, n. 4780
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
E' impugnata la sentenza del Tar Lazio n. 9118 del 14 settembre 2004 che ha
accolto il ricorso proposto dal signor ##################### avverso il decreto
ministeriale n. 1955 del 24 maggio 1995 con il quale è stato negato al
ricorrente il beneficio economico dell' equo indennizzo in relazione alla sua
infermità, diagnosticata quale " spondiloartrosi diffusa del rachide con
discopatia".
Assume l'Amministrazione appellante, alle cui dipendenze si trovava l'originario
ricorrente quale assistente capo della Polizia di Stato, che erroneamente il Tar
avrebbe ritenuto la tempestività della domanda proposta dall'interessato oltre
il termine previsto dall'art. 51 del DPR 3 maggio 1957 n. 686.
Si è costituito in giudizio il G. per resistere al ricorso e per chiederne la
reiezione.
All'udienza del 22 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Come si evince dalla premessa, la sola questione da dirimere sollevata dal
ricorso in appello attiene alla tempestività o meno della domanda di
liquidazione dell'equo indennizzo a suo tempo prodotta dall'interessato.
Il Tar ha ritenuto, in accoglimento del ricorso, che la domanda del G. non
avrebbe potuto ritenersi intempestiva alla data di sua proposizione (25.10.93)
considerato che il verbale della Commissione medica del 25.5.79, epoca alla
quale risalirebbe lo stato di conoscenza della malattia contratta da parte
dell'originario ricorrente, risulterebbe incompleto e non sufficientemente
esplicativo nella articolazione della diagnosi; inoltre i primi giudici hanno
evidenziato che lo stesso decreto di liquidazione del 12 marzo 1982,
nell'enunciare le malattie in relazioni alle quali l'equo indennizzo veniva
concesso, non faceva riferimento alla spondilartrosi, ma soltanto ad una lieve
lombosciatalgia, a riprova del carattere sopravvenuto del quadro patologico
oggetto della domanda di trattamento qui in contestazione.
L'Amministrazione assume al contrario nell'appello, articolando sul punto il
relativo motivo censorio,che già dal ridetto verbale del 1979, completo in ogni
sua parte, l'interessato avrebbe dovuto avere cognizione piena della malattia
contratta, onde è da questa data che dovrebbe decorrere il termine per la
proposizione della domanda, secondo la costante giurisprudenza in tema.
La censura d'appello non appare fondata.
Come rilevato dal Tar, dal verbale della commissione medica del 1979 (allegato
in atti) non si evince, stante la sua palese incompletezza, né la diagnosi di "spondilartrosi
diffusa del rachide con discopatia" che ha determinato la richiesta di equo
indennizzo per cui è giudizio, né risulta che di detta (asserita) diagnosi sia
stato reso edotto l'odierno appellato.
Ne consegue che la pretesa dell'Amministrazione appellante di far decorrere
dalla data del suddetto verbale il termine semestrale per la proposizione della
domanda di trattamento (ai sensi dell'art.51 DPR n. 686 del 3.5.1957) risulta
destituita di giuridico fondamento, dal momento che il termine suddetto decorre
dalla avvenuta conoscenza da parte dell'interessato della esatta diagnosi medica
compiuta in suo confronto, e circa l'epoca di detta conoscenza deve dare
evidentemente prova certa il soggetto (nel caso di specie l'Amministrazione) che
invoca l'applicazione del meccanismo decadenziale.
Da quanto detto discende che non potrebbe ritenersi tardiva, alla luce degli
elementi acquisiti al giudizio e prospettati dalla Amministrazione appellante,
la domanda di concessione del beneficio per infermità artrosica a suo tempo
prodotta dal ricorrente di primo grado.
L'appello va quindi respinto e va confermata la impugnata sentenza.
Le spese di questo grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna l'Amministrazione appellante alla rifusione delle spese processuali per
questo grado di giudizio in favore dell'appellato, che liquida in complessivi
Euro 3.000,00, oltre IVA e CAP come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.