Cons. Giust. Amm. Sic., 29-03-2010, n. 411
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso n. 1509/2002 presentato innanzi al Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia di Catania, il sig. -, agente scelto della polizia di
Stato in servizio presso il Commissariato di --, impugnava e chiedeva
l'annullamento del provvedimento del Questore di Messina n. -cat. 1.2.8, del
28.1.2002, notificato il 2.3.2002, con il quale gli veniva inflitta la sanzione
disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 2/30 di una mensilità dello
stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo per avere
commesso l'infrazione di cui all'art. 10 n. 4 e n. 18 del D.P.R. 25.10.1981 n.
731, in quanto, nella qualità di operatore C.O.T., avendo ricevuto sull'utenza
113 segnalazione di incendio di autovettura a bordo della quale vi era una donna
con due bambini, invece di attivarsi sollecitando l'intervento dei Vigili del
fuoco, rispondeva di essere incompetente e polemizzava con la cittadina
richiedente dicendole di selezionare il 115 dei Vigili del fuoco, che, a seguito
della chiamata, prontamente si recavano sul posto unitamente ad una pattuglia
dei Carabinieri.
La richiedente -. inoltrava una lettere di doglianze datata 14.7.2001 pervenuta
al commissariato di - in data 16.7.2001.
Il - nel dare contezza dell'accaduto al Dirigente del Commissariato, sosteneva
di non ricordare sia l'accaduto che il colloquio avuto con la sig.ra -, che
aveva presentato l'esposto, circostanza, peraltro, non verbalizzata
sull'apposito registro delle comunicazioni, in quanto, a suo dire, inesistente e
successivamente, cercava di fornire contraddittorie versioni verbali.
Venivano dedotti i seguenti motivi:
- Violazione dell'art. 13 del D.P.R. 25.10.1981 n. 747 ed eccesso di potere
sotto il profilo dell'erronea valutazione dei presupposti, manifesta illogicità,
travisamento dei fatti e difetto di motivazione;
- Eccesso di potere sotto il profilo della carenza dei presupposti, omessa prova
del fatto contestato e difetto di motivazione.
Si costituiva in giudizio l'intimata Amministrazione e chiedeva il rigetto del
gravame.
Con sentenza n. 1921/2005 il TAR rigettava il ricorso, affermando che
sussistono, una serie di elementi indiziari, correttamente valutati
dall'Amministrazione, che inducono a ritenere veritiero il contenuto
dell'esposto alla luce sia del riscontro dell'incendio realmente verificatosi e
del fatto che la stessa era stata promotrice dell'intervento dei Vigili del
fuoco.
Il Collegio alla luce della ricostruzione dei fatti fornita dall'Amministrazione
confermava i presupposti per ritenere accertato l'illecito disciplinare e
legittima la irrogazione al ricorrente della impugnata sanzione disciplinare.
Appella la citata decisione la parte soccombente, riproponendo gli stessi motivi
di 1° grado: Violazione dell'art. 13 del D.P.R. 25.10.1981 n. 747 ed eccesso di
potere sotto il profilo dell'erronea valutazione dei presupposti, manifesta
illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione;
- Eccesso di potere sotto il profilo della carenza dei presupposti.
Sostiene che per gli stessi fatti era stato sottoposto a procedimento penale e
rinviato a giudizio e che con sentenza del 18.6.2004 era stato assolto. Detta
sentenza veniva depositata presso il TAR in data 9.11.2004. Avrebbe, pertanto,
errato il primo giudice nell'aver omesso di trarre le dovute conseguenze
dell'intervenuta assoluzione in sede penale.
Si costituiscono in giudizio le intimate Amministrazioni per resistere al
gravame.
Alla udienza del 21 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il TAR aveva rigettato il ricorso perchè sussistevano, una serie di elementi
indiziari, correttamente valutati dall'Amministrazione, che inducevano a
ritenere veritiero il contenuto dell'esposto alla luce sia del riscontro
dell'incendio realmente verificatosi e del fatto che la stessa esponente era
stata promotrice dell'intervento dei Vigili del fuoco e quindi alla luce della
ricostruzione dei fatti fornita dall'Amministrazione confermava i presupposti
per ritenere accertato l'illecito disciplinare e legittima la irrogazione al
ricorrente della impugnata sanzione disciplinare.
L'appellante ripropone gli stessi motivi di 1° grado: Violazione dell'art. 13
del D.P.R. 25.10.1981 n. 747 ed eccesso di potere sotto il profilo dell'erronea
valutazione dei presupposti, manifesta illogicità, travisamento dei fatti e
difetto di motivazione;
- Eccesso di potere sotto il profilo della carenza dei presupposti.
Sostiene che per gli stessi fatti era stato sottoposto a procedimento penale e
rinviato a giudizio e che con sentenza del 18.6.2004 era stato assolto. Detta
sentenza veniva depositata presso il TAR in data 9.11.2004.
Da quanto esposto emerge che in primo grado egli si è limitato a produrre la
sentenza penale di assoluzione, ma senza presentare motivi aggiunti
all'originario ricorso che aveva a suo tempo presentato per altri motivi. In
appello, poi non può essere ampliato il thema decidendum.
Quindi non può invocare in appello l'applicazione dell'art. 653 comma 1 bis
c.p.p. (aggiunto dall'art. 1 comma 1 L. 27 marzo 2001 n. 97), secondo cui la
sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio
per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto
all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e
all'affermazione che l'imputato lo ha commesso. In ogni caso va osservato che se
assume indubbia rilevanza con riferimento alla problematica dell'accertamento
materiale dei fatti addebitati all'interessato, non può sicuramente incidere
sull'obbligo dell'amministrazione di procedere ad una valutazione autonoma dei
fatti sotto il profilo disciplinare
La potestà disciplinare, nelle sue forme proprie, opera in sfera diversa da
quella che inerisce al magistero penale e non precludono l'ingresso all'azione
disciplinare e non preclude che il medesimo comportamento possa essere
qualificato dall'Amministrazione come illecito disciplinare (Consiglio Stato, a.
plen., 27 giugno 2006, n. 10).
Ne può trovare quindi ingresso la censura nei confronti del primo decidente,
perchè non sussiste alcuna violazione di diritti se il giudice amministrativo
(ricorso avverso procedimento disciplinare) non ha fatto riferimento
all'accertamento penale in punto di responsabilità, bensì alla violazione dei
doveri di lealtà e probità del pubblico dipendente (Corte europea dir. uomo,
sez. III, 13 settembre 2007, n. 27521).
Conclusivamente, l'appello va rigettato e, per l'effetto, confermata l'impugnata
sentenza.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in
quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Alla soccombenza segue la condanna dell'appellante alle spese del presente grado
di giudizio che vengono liquidate in Euro 4000,00 (quattromila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede
giurisdizionale, definitivamente pronunciando rigetta l'appello.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore delle amministrazioni appellate,
delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 4000,00
(quattromila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 21 aprile 2009,
con l'intervento dei signori: -
Depositata in Segreteria il 29 marzo 2010.