REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.5942/2008

Reg.Dec.

N. 5352 Reg.Ric.

ANNO   2007

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5352/2007, proposto dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso -

contro

il Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato,

per la revocazione

della decisione del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 324/2006 in data 31 gennaio 2006, resa inter partes;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 21 ottobre 2008 il Consigliere -

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso al Tribunale Amministrativo per il Lazio il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, dipendente della Polizia di Stato, impugnava il decreto in data 13 settembre 2001 con il quale il Capo della Polizia gli aveva irrogato la sanzione della destituzione per avere omesso di presentare i prescritti certificati medici in occasione di alcune assenze dal lavoro per malattia e per non essersi fatto trovare presso la propria abitazione in occasione di una visita fiscale.

     Denunciava sei motivi d’illegittimità e chiedeva quindi l'annullamento del provvedimento impugnato.

     Con sentenza 10081 in data 17 novembre 2003 il Tribunale Amministrativo per il Lazio, Sezione I ter, accoglieva il ricorso per l’effetto annullando il provvedimento impugnato.

     Avverso la predetta sentenza insorgeva il Ministero degli Interni in persona del Ministro in carica chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado.

     Con la decisione in epigrafe il Consiglio di Stato, Sezione VI, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza gravata, respingeva il ricorso di primo grado.

     Avverso la predetta decisione il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ propone il ricorso in revocazione in epigrafe, chiedendo che in suo accoglimento venga dichiarato nullo il provvedimento espulsivo.

     Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

     Il ricorrente in revocazione, già dipendente della Polizia di Stato, è stato destituito dal servizio con decreto del Capo della Polizia in data 13 settembre 2001 in quanto, nell’occasione di alcune assenze dal servizio per malattia, aveva omesso di presentare i necessari certificati medici e non si era fatto trovare presso la propria abitazione in occasione della visita di controllo.

     L’impugnazione da lui proposta è stata accolta dal Tribunale Amministrativo per il Lazio, Sezione I ter, con sentenza n. 1081 in data 17 novembre 2003, ritenendo fondata la censura di eccesso di potere per difetto del presupposto, posto che nella deliberazione del Consiglio di Disciplina in data 7 agosto 2001 non si faceva cenno alcuno alla giustificazione addotta dal dipendente in ordine all’assenza dal domicilio alla visita di controllo, circostanza che, nel complesso degli addebiti contestati, rivestiva carattere prevalente.

     Su appello del Ministero dell’Interno questo Consiglio, Sezione Sesta, con la decisione in epigrafe in riforma della sentenza gravata ha respinto il ricorso di primo grado, affermando che il procedimento disciplinare ha avuto ad oggetto non solo l’assenza del dipendente alla visita di controllo, ma anche l’omessa presentazione di precedenti certificati medici, che costituisce persistente reiterazione di un medesimo comportamento disciplinarmente rilevante e concludendo, quindi, che la sanzione è stata adottata in retta applicazione dell’art. 7, secondo comma n. 6, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.

     Il ricorrente in revocazione afferma ora che per motivi di forza maggiore egli non ha potuto depositare in giudizio documenti decisivi per la causa, chiedendo quindi l’applicazione dell’art. 395, n. 3, c.p.c.

     Afferma, al riguardo, che nel periodo del processo egli si è trovato in stato di sindrome ansiosa depressiva; in verità, tale situazione di salute è iniziata nel 1996, ed è stata anche la causa del comportamento negligente tenuto durante le assenze dal servizio.

     Solo una volta venuto meno tale stato egli è stato in grado di documentare adeguatamente la sua situazione.

     Quanto riferito dal ricorrente in revocazione non consente la positiva definizione del giudizio rescindente.

     Ad avviso del collegio, la situazione di forza maggiore che consente di superare la forza del giudicato, mettendo in discussione una sentenza resa a seguito del superamento di tutti i gradi del giudizio, deve consistere in una circostanza obiettiva, tale da rendere manifestamente impossibile la produzione in giudizio dei documenti, ritenuti decisivi.

     Ritiene il collegio che lo stato morboso che ha afflitto la parte nel corso del processo non possieda il carattere di oggettività, che consente di riconoscere immediatamente la sua forza, tale da rendere impossibile l’acquisizione e la produzione in giudizio dei documenti necessari.

     La forza maggiore, che legittima la revocazione, deve infatti, ad avviso del collegio, consistere in una circostanza tale da impedire a chiunque di difendersi adeguatamente nel processo, mentre non può rilevare uno stato soggettivo che pure abbia avuto un’influenza al riguardo.

     Occorre anche osservare, con riferimento al caso di specie, come la prospettazione del ricorrente in revocazione appaia in contrasto con la sua condotta complessiva nel processo in quanto egli ha conferito mandato al difensore per la proposizione del ricorso di primo grado e per la resistenza nel giudizio d’appello, oltre tutto fornendogli – evidentemente – la documentazione necessaria, grazie alla quale egli è risultato vincitore di fronte al Tribunale Amministrativo.

     Non è dato comprendere, quindi, perché il suo stato gli abbia impedito di fornire al difensore esclusivamente la documentazione di cui ora si discute.

     E’ infine necessario sottolineare come il documento al quale si affida il ricorrente in revocazione per dimostrare la natura e, soprattutto, la durata dello stato di malattia ha una limitata efficacia probatoria, essendo costituito da una diagnosi a posteriori, inidonea a dimostrare il suo stato nel corso del lungo periodo (1996 – 2007) durante il quale egli non sarebbe stato in grado di provvedere all’incombenza di cui ora si discute; inoltre nell’anno 2001 il suo medico curante aveva certificato il miglioramento delle sue condizioni (certificazione in data 9/11/2001, in atti).

     In conclusione, deve essere affermato che il ricorso in revocazione in epigrafe non è sostenuto dai presupposti necessari.

     Esso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

     Atteso che la difesa erariale si è limitata al deposito dell’atto di costituzione le spese possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, dichiara inammissibile il ricorso in revocazione indicato in epigrafe.

     Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2008, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: