N.   Reg. Sent.
REPUBBLICA    ITALIANA N.   Reg.Ric.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Roma – Sez. I ter

ha pronunciato la seguente

 
 

     SENTENZA

sul ricorso (n. 9218/2003) proposto da @@@@@@@ @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avvocato -

     contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso, ope legis, dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12,

                  PER L’ANNULLAMENTO

- del decreto ministeriale in data 12.6.2003, n. 333-D/38089 con cui è stata disposta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a far data dal 12.5.2000.

Visto il ricorso ed i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione ministeriale.

Visto l’atto propositivo di motivi aggiunti.

Vista l’ordinanza n. 269/2004, adottata nella Camera di consiglio del 15.1.2004, con la quale è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Viste le memorie, depositate dalle parti in causa, a sostegno delle rispettive difese.

Visti tutti gli atti della causa.

Uditi i difensori delle parti in causa come da verbale d’udienza.

Relatore, alla udienza pubblica dell’8 maggio 2008, il dott. Fabio Mattei.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                        FATTO

1. Con atto (n. 9218/2003) il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ @@@@@@@ ha adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento ministeriale con cui è stata inflitta nei suoi confronti la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a far data dal 12.5.2000.

2. Premette di essere agente scelto della Polizia di Stato a decorrere dal 1.12.1989, di essere stato oggetto di sospensione cautelare dal servizio e susseguentemente di essere stato destinatario del provvedimento dispositivo della sua destituzione dal servizio, odiernamente impugnato.

Riferisce che l’Amministrazione di appartenenza ha iniziato nei suoi confronti apposito procedimento disciplinare a seguito della segnalazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze con la quale veniva comunicato l’inizio di azione penale in danno del ricorrente medesimo per i reati di tentata truffa a quattro società assicuratrici, di falso materiale in atto pubblico, nonché di truffa perpetrata in danno del sig. @@@@@@@ @@@@@@@, per la quale veniva rinviato a giudizio.

Espone di essere stato condannato, con sentenza del Tribunale penale di Firenze del 14.10.2002, per i reati di tentata truffa, alla pena di sei mesi di reclusione ed al pagamento di una multa pari a 200,00 euro e che, successivamente all’emanazione della sentenza penale, il funzionario delegato dall’Amministrazione intimata con nota del 18.2.2003 ha proceduto nei suoi riguardi alla contestazione degli addebiti, seguite dalle relative controdeduzioni; espone altresì di aver proposto appello in data 10.2.2003 avverso la predetta sentenza di condanna.

Con il decreto oggetto della presente impugnativa l’Amministrazione ministeriale ha disposto la destituzione dal servizio del ricorrente il quale ha adito questo Tribunale deducendo le seguenti censure:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 737/1981 e dell’art. 5, n. 4 e dell’art. 10 n. 3 della legge n. 97 del 2001; violazione dell’art. 653 c.p.; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta;

b) violazione degli artt. 1, 13 e 19 del D.P.R. n. 737/1981; carenza d’istruttoria, illogicità della motivazione ed ingiustizia manifesta;

c) violazione degli artt. 103 e 108 del D.P.R. n. 3 del 1957 e dell’art. 19 del D.P.R. n. 737 del 1981; violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione;

d) violazione dell’art. 16 del D.P.R. n. 737 del 1981;

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno che ha chiesto il rigetto del proposto gravame;

                        DIRITTO

Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto in considerazione dell’assorbente primo motivo di doglianza con cui il ricorrente lamenta che la misura disciplinare odiernamente impugnata sarebbe stata adottata in pendenza del procedimento penale d’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza di condanna di primo grado, ossia in assenza di una sentenza irrevocabile di condanna, con conseguente violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 737 del 1981.

La censura è meritevole di accoglimento.

Giova premettere che l’invocata disposizione normativa espressamente prevede, in caso di procedimento disciplinare connesso con procedimento penale, che “Quando l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato”.

Orbene, risulta, per tabulas, che il ricorrente è stato condannato con sentenza del Tribunale di Firenze a sei mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di tentata truffa aggravata, che lo stesso ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado in data 10.2.2003 e che il procedimento disciplinare, in violazione della succitata disposizione normativa, è stato dall’Amministrazione resistente concluso con il provvedimento di destituzione, in epigrafe indicato, a fronte di una sentenza non passata in giudicato.

Né, riguardo alla fattispecie in esame, alcuna valenza può essere riconosciuta al dato fattuale secondo cui il funzionario istruttore nell’ambito del procedimento disciplinare rinnovato ha proceduto a formulare al ricorrente l’atto di contestazione degli addebiti in data 24.1.2003, ossia successivamente alla comunicazione resa il 21.1.2003 dal Tribunale di Firenze in merito alla mancata proposizione dell’appello, quando non era ancora scaduto il relativo termine, atteso che la previsione normativa innanzi citata e la ratio ad essa sottesa appaiono evidentemente finalizzate a garantire la più ampia salvaguardia del lavoratore pubblico dipendente nell’ambito di procedimenti amministrativi disciplinari connessi a condotte penalmente rilevanti, fino a quando i procedimenti giurisdizionali non si siano conclusi con decisioni definitive passate in giudicato.

Per le suesposte considerazioni anche il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce che la sentenza penale non passata in giudicato, non costituirebbe accertamento definitivo della responsabilità penale, con conseguente difetto d’istruttoria, deve essere ritenuto suscettibile di positiva definizione, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

Le considerazioni che precedono conducono all’accoglimento del ricorso.

Le spese e gli onorari di giudizio possono essere, tuttavia, integralmente compensati fra le parti in causa.

                        P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, restando salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8.5.2008 con l’intervento dei signori:

Dott. Patrizio Giulia   Presidente

Dott. Pietro Morabito  Consigliere

Dott. Fabio Mattei  Primo Referendario