IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, 09-06-2010, n. 3658
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello numero di registro generale 1247 del 2007, proposto da:
Ministero dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n.
12;
contro
@@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv. -
per la riforma
della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione
autonoma della Provincia di @@@@@@@, n. 00301/2006, resa tra le parti,
concernente SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Manfredo
Atzeni e uditi per le parti nelle preliminari l'avvocato dello Stato -
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, sede di @@@@@@@,
il sig. @@@@@@@., assistente della Polizia di Stato, impugnava il provvedimento
n. --- in data 3/11/2005 con il quale il Capo della Polizia gli aveva inflitto
la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei mesi, unitamente
alla presupposta deliberazione del Consiglio provinciale di disciplina presso la
Questura di @@@@@@@ in data 10/10/2005.
Deduceva sette mezzi d'impugnazione chiedendo quindi l'annullamento del
provvedimento impugnato.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa,
sede di @@@@@@@, accoglieva il ricorso, conseguentemente annullando il
provvedimento impugnato.
Avverso la predetta sentenza insorge il Ministero dell'interno in persona del
Ministro in carica contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto
e chiedendo, in riforma della pronuncia appellata, il rigetto del ricorso di
primo grado.
Si è costituito in giudizio il sig. @@@@@@@. chiedendo il rigetto dell'appello e
riproponendo le censure assorbite dal giudice di primo grado.
L'appello è stato assunto in decisione alla pubblica udienza dell'11 maggio
2010.
Motivi della decisione
Il Ministero appellante giustamente contesta la sentenza in epigrafe con la
quale i primi giudici hanno annullato l'impugnato provvedimento del Capo della
Polizia contenente la comminatoria, nei confronti dell'attuale appellato, della
sanzione disciplinare della sospensione per sei mesi dal servizio, affermando la
sua illegittimità per violazione dell'art. 11 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n.
737, in quanto il procedimento disciplinare non è stato sospeso pendente il
procedimento penale a carico dell'appellato per gli stessi fatti.
La tesi dell'appellante, secondo la quale il procedimento penale inizia, per i
fini che ora interessano, con la richiesta di rinvio a giudizio e la conseguente
assunzione dello status di imputato, è conforme all'orientamento affermato
dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 29 gennaio 2009,
n. 1, condivisa dal Collegio, avverso la quale non vengono addotti argomenti
nuovi.
Nel caso in esame l'odierno appellato ha assunto la qualità di imputato solo
dopo la conclusione del procedimento disciplinare, per cui l'unico motivo
d'appello deve essere condiviso.Il Collegio deve quindi procedere all'esame dei
motivi del ricorso di primo grado assorbiti dai primi giudici e riproposti
dall'appellato in questa fase del giudizio.
E' infondata la censura con la quale si lamenta la genericità della
contestazione di addebiti, che adeguatamente dà conto dei fatti sui quali si
basano le contestazioni mosse nei confronti dell'appellato.
Allo stesso modo, è infondata la censura con la quale si sostiene che il
provvedimento impugnato sarebbe inficiato dalla violazione di termini interni al
procedimento, di cui è pacifico il carattere ordinatorio in mancanza di
comminatoria espressa di decadenza (in termini C. di S., VI, 28 ottobre 2009, n.
6608).
E' invece fondata la censura con la quale l'appellato lamenta l'omessa
considerazione delle circostanze, che hanno anche portato alla sua piena
assoluzione in sede penale.
L'appellato è stato a suo tempo accusato, insieme ad un collega, di avere
indebitamente favorito un cittadino extracomunitario, il quale aspirava ad
ottenere la carta di soggiorno.
L'appellato era stato incaricato, nell'ambito del relativo procedimento, del
riscontro dei precedenti penali a carico del suddetto cittadino
extracomunitario, ed aveva omesso di segnalare un precedente penale; il suo
comportamento sarebbe reso ancora più sospetto dal fatto che il cittadino
extracomunitario in questione avrebbe avuto rapporti di amicizia con il suddetto
collega, al quale avrebbe fatto dei favori.
Ritiene il Collegio che la vicenda non possa essere affrontata prescindendo
dall'accertamento dei fatti operato dal giudice penale, sulla cui base
l'appellato è stato assolto dalle imputazioni mosse nei suoi confronti.
E' bene premettere come nel giudizio penale sia stata espressamente esclusa la
descritta situazione di collegamento fra il collega dell'appellato ed il
cittadino extracomunitario, il quale gli avrebbe anzi procurato dei danni.
Il fatto della mancata segnalazione del precedente penale a carico di
quest'ultimo è stato poi causato, secondo quanto emerso in sede penale, dalla
confusione del fascicolo che lo riguardava, ritenuta non imputabile
all'appellato; quest'ultimo è stato quindi ritenuto al più colpevole di
negligenza.
L'appellato osserva che l'Amministrazione ha omesso il necessario accertamento
in ordine all'imputabilità, a suo carico, della riscontrata confusione esistente
nel fascicolo riguardante il suddetto cittadino extracomunitario, e la sua tesi
- sostanzialmente non contestata - è condivisa dal Collegio.
Inoltre, osserva il Collegio che anche una semplice negligenza può essere
presupposto per l'irrogazione di una sanzione disciplinare; peraltro,
giustamente l'appellato lamenta la violazione del principio di proporzionalità.
La tesi deve essere condivisa in quanto l'appellato ha subito l'irrogazione
della sanzione immediatamente precedente quella della destituzione, e quindi di
una sanzione gravissima, nonostante il suo comportamento non costituisse reato e
non fosse stato accertata la misura della sua responsabilità, in termini di
colpa.
Giova sottolineare, inoltre, la mancanza di precedenti a suo carico.
Riassumendo, l'odierno appellato è stato sanzionato con la sanzione
immediatamente inferiore alla massima per un fatto certamente non imputabile a
dolo ma, al più, a negligenza, senza accertare la sua colpa ed, eventualmente,
il grado della medesima.
L'annullamento del provvedimento impugnato deve quindi essere confermato,
sebbene con diversa motivazione.
In considerazione della complessità della controversia le spese devono essere
integralmente compensate.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sull'appello in epigrafe conferma, con diversa motivazione, la
sentenza di primo grado.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente FF
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere