REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1192/2008

Reg. Dec.

N.  3049  Reg. Ric.

ANNO  2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Ministero dell’ Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’ Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge presso la sede della stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

@@@@@@@ @@@@@@@, non costituitosi in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. I^ ter, n. 3233/02 del 17.04.2002;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Nominato relatore per la pubblica udienza dell’ 11 gennaio 2008  il Consigliere-

     Udito per il Ministero appellante l’ Avvocato dello Stato -

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

    1). Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. per il Lazio, Sez. I^ ter, riconosceva il diritto del Soprintendente della Polizia di Stato @@@@@@@ @@@@@@@ a percepire l’ indennità di trasferimento prevista dalla legge 10.03.1987, n. 100, in relazione all’ assegnazione, disposta con decreto 13.11.1001, presso la Sezione di Polizia Giudiziaria istituita nell’ambito della Procura della Repubblica presso il Tribunale di @@@@@@@.

    Il T.A.R. accoglieva il ricorso sul rilievo che – anche in presenza di un consenso preventivo dell’ interessato all’assegnazione ad Ufficio di Polizia Giudiziaria secondo la procedura dettata dagli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 271/1989 – il trasferimento non perdeva la sua connotazione autoritativa, indirizzata a soddisfare le prioritarie esigenze organizzative dell’Amministrazione, così che alla dichiarazione di disponibilità non segue la perdita del diritto all’ indennità prevista dalla legge n. 100/1987.

    Avverso detta decisione ha proposto appello il Ministero dell’ Interno ed ha contrastato le conclusioni del T.A.R., sottolineando che in presenza dell’ accordata disponibilità da parte dell’ appartenente al corpo di polizia all’ assegnazione in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria viene meno la connotazione autoritativa del trasferimento disposto d’ ufficio, che sola consente l’ erogazione del compenso indennitario di cui alla legge n. 100/1987.

    IL sig. @@@@@@@ non si è costituito in giudizio.

    All’ udienza dell’ 11 gennaio 2008 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

           2) L’appello è infondato.

          La Sezione si è più volte pronunziata - con indirizzo da cui non ravvisa ragioni di doversi discostare (cfr. da ultimo questa Sezione. 6665 del 27.12.2007; n. 71 del 18 gennaio 2007, n. 71) sull’applicazione nei confronti degli appartenenti ai corpi di polizia di cui all’art. 5, comma primo, del d.lgs., n. 271/1989, che abbiano espresso interesse all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria, dell’art. 1, comma 1, della legge n. 100/1987, in base al quale “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.

          L’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 prevede, al comma 1, che “gli interessati all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda all’amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze indicando, se lo ritengono, tre sedi di preferenza” e, al comma 3, che, “Quando mancano le domande o queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale, individuato a norma del comma 2, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini dell'assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze”.

          Il discrimine tra trasferimento d'ufficio e a domanda del personale delle forze armate va individuato nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente. Nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l'interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione. La domanda prevista dall'art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 assolve solo la funzione di dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni e dà ingresso alla scelta selettiva secondo le modalità dell’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989, che è finalizzata ad interessi di rilevo pubblico del tutto autonomi e prevalenti rispetto all’interesse del pubblico dipendente di raggiungere una determinata sede di servizio (cfr. “ex multis” Cons. St., sez. IV^, n 6224 del 19.10.2006; n. 5771 del 02.10.2006).

          E’ vero che, successivamente al ricorso di primo grado ed alla sentenza appellata, è intervenuto l’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui “l'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”.

          Siffatta norma, tuttavia, pur avendo natura interpretativa e quindi retroattiva, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa.

          Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che: si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest'ultima e, in conclusione, non adotti un'opzione ermeneutica non desumibile dall'ordinaria esegesi della stessa. Resta in ogni caso fermo che l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati alla certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (cfr. Cons. St., sez. VI^, 18 gennaio 2007, n. 71; sez. IV^, 2 marzo 2007, n. 1008; 2 ottobre 2006, n. 5771; 19 ottobre 2006, n. 6224).

          Per le considerazioni che precedono l’appello va, quindi, respinto.

          Nessuna determinazione è adottata in ordine alle spese del giudizio non essendosi costituita la parte intimata.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in epigrafe.

    Nulla per le spese.

    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio dell’ 11 gennaio 2008 con l'intervento dei Signori:

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