REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2829/2009

Reg.Dec.

N.5260  Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Ministero dell’interno in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

@@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv.ti --

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo sede di Pescara n. 590/2003 del 19/6/2003.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2009 relatore il Consigliere -

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

     1. Con la sentenza n. 590 del 2003, il Tar per l’Abruzzo, sede di Pescara, ha accolto il ricorso del vice ispettore della Polizia di Stato, @@@@@@@ @@@@@@@, volto all’annullamento del provvedimento del Ministero dell’Interno del 17 ottobre 1994 con il quale gli era stata negata  la valutazione, nella nuova qualifica, del pregresso servizio prestato presso l’Arma dei carabinieri dal 4.12.1981 al 18.6.1988 data nella quale era stato congedato a domanda con il grado di brigadiere.

     Il Tar ha ritenuto illegittimo l’atto del Ministero, che aveva considerato inapplicabile al dipendente l’art. 51 della legge n. 668 del 1986 che rinviava all’art. 41 del d.p.r. n. 1077 del 1970 in tema di computabilità del servizio, a causa dell’interruzione del servizio presso l’amministrazione di provenienza e dell’impossibilità del ricongiungimento una volta che si era verificata una soluzione di continuità. La p.a. avrebbe fatto applicazione analogica dell’art. 132 del t.u. n. 3 del 1957 in materia di riassunzione in servizio, che fa ripartire l’anzianità dal momento della riassunzione stessa.

     Ad avviso del Tar  le due fattispecie messe a confronto dalla p.a. sono distinte e contengono benefici per ipotesi particolari che non possono essere confrontate; l’art. 132 regola l’ipotesi eccezionale della riammissione in servizio con le dovute conseguenze; gli artt. 51 della legge n. 668 del 1986 e l’art. 41 del d.p.r. n. 1077 del 1970 disciplinano il recupero dell’anzianità pregressa nel caso di passaggi nell’ambito delle amministrazioni statali, senza alcun distinguo sul fatto che vi sia stata una continuità e/o un’interruzione nel servizio.

     2. La sentenza è appellata dal Ministero dell’interno sostenendo che la soluzione di continuità impedisce la valutazione del servizio pregresso; diversamente vi sarebbe una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti di coloro che vengono riammessi in servizio ai sensi dell’art. 132 del t.u. cit.; anche a voler negare l’interpretazione analogica di detta norma seguita dall’amministrazione, la valutazione del servizio pregresso potrebbe operare solo quando la soluzione di continuità tra i due rapporti non sia direttamente o indirettamente imputabile al dipendente, quando cioè la cessazione del primo servizio sia indipendente dalla volontà dell’interessato; nella specie, il dipendente, pur potendo protrarre il servizio militare pregresso presso l’Arma fino al momento dell’arruolamento presso la Polizia di Stato, ha preferito dimettersi volontariamente  dall’Arma con 9 giorni di anticipo rispetto al suo reclutamento nella Polizia.

     Inoltre il beneficio della conservazione dell’anzianità maturata nel precedente rapporto non spetta quando il nuovo impiego non sia di ruolo al momento del passaggio ad altra amministrazione anche se in seguito si trasformi in rapporto di ruolo.

     3. Si è costituito l’appellato, sostenendo che l’art. 41 del t.u. degli impiegati civili dello Stato aveva previsto, ai fini del computo dell’anzianità di servizio per il conseguimento della qualifica superiore, la valutazione del servizio prestato quale militare o equiparato nella carriera corrispondente ovvero immediatamente inferiore.

     Con l’art. 51 della legge n. 668 del 1986 il beneficio è stato esteso al personale della Polizia di Stato, nel frattempo divenuto civile a causa della riforma del 1981 (legge n. 121), che ne poteva beneficiare una sola volta. Non è prevista nessuna continuità tra i servizi perché si abbia il riconoscimento. In caso contrario va comunque valutato che l’intervallo tra i due servizi è stato di soli 9 giorni, quando già vi era stata la comunicazione di arruolamento in Polizia.

     4. Con successive memorie le parti hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

     All’udienza del 24 febbraio 2009 la causa è passata in decisione.

     5. L’appello è da respingere.

     Il dipendente nel 1991, in qualità di vice ispettore della Polizia di Stato arruolato il 27.6.1988, ha chiesto ai sensi dell’art. 51 della legge n. 668 del 1986 ed ai fini dell’avanzamento alla qualifica di ispettore, il riconoscimento del servizio (di quasi otto anni) prestato presso l’Arma dei carabinieri.

     6. Sulla computabilità del servizio pregresso prestato nell’Arma dei carabinieri da un soggetto transitato nei ruoli della Polizia di stato con la qualifica di vice ispettore, ai fini dell’avanzamento nella carriera di ispettore, il Collegio ritiene di aderire al precedente specifico (Cons. di Stato, VI, n. 2439 del 2006), secondo il quale la tesi dell’appellante va respinta.

     L’Amministrazione correttamente ha fatto riferimento all’art. 132 cit., perché l’impiegato che chiede di usufruire del beneficio dell’art. 51 della legge n. 668 del 1986 in relazione a un rapporto già cessato e risalente nel tempo, non può ragionevolmente ricevere un trattamento più favorevole dell’impiegato che chieda la riammissione in servizio in relazione alla stessa carriera.

     Il requisito della continuità è implicito nell’art. 51 cit. come ha riconosciuto un risalente orientamento della giurisprudenza (Ad. gen. 9.1.1964 su proc. 1704/63).

     Ma nel caso in esame va considerato che esiste un modestissimo intervallo temporale tra i due servizi, risultante  dall’essersi l’interessato dimesso dal servizio presso l’Arma solo 9 giorni prima della presa di possesso del posto in Polizia, comunque (e il fatto non è contestato) successivamente alla formalizzazione della sua qualità di  arruolato nel nuovo impiego.

     Al fine di non pervenire ad un’applicazione iniqua dell’art. 51, va ritenuto che la continuità possa essere riferita anche all’ipotesi di procedura di assunzione ancora in corso, nel senso che le dimissioni non segnano nessuna cesura che escluda il beneficio in questione allorché siano rassegnate durante la fase di controllo e di integrazione di efficacia della procedura di assunzione nella nuova carriera, il cui espletamento pone comunque il  soggetto in una relazione significativa e strettamente correlata al servizio da instaurare con la nuova amministrazione.

     E’ del tutto plausibile e giustificabile che, in queste condizioni, il dipendente abbia ritenuto di poter legittimamente godere di qualche giorno di riposo prima di assumere le nuove funzioni.

     7. Quanto all’ulteriore affermazione dell’amministrazione appellante che, a tutto concedere, il beneficio della conservazione dell’anzianità pregressa in un rapporto di ruolo non si avrebbe nel caso che il nuovo impiego non sia di ruolo al momento del passaggio, pur se lo diventi successivamente, in primo luogo si rileva che nessuna considerazione in tal senso si ricava dal provvedimento impugnato; inoltre l’infondatezza dell’assunto deriva dal tenore letterale dell’art. 51 che non fa nessuna distinzione nel senso sostenuto dall’Amministrazione e che richiede invece, con il richiamo all’art. 41 del t.u. del 1957, che il servizio da valutare sia prestato in carriera corrispondente o immediatamente inferiore a quella nella quale operare il riconoscimento.

     8. In conclusione la sentenza va confermata con diversa motivazione.

     Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

     il Consiglio di Stato, sezione sesta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe e conferma, con diversa motivazione, la sentenza appellata; condanna il Ministero dell’interno al pagamento in favore dell’appellato delle spese processuali liquidate in complessivi 3.000 euro.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

-

Presidente

-

Consigliere       Segretario

-
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il. 07/05/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

-
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5260/2004


 

FF