N. 1064/01 RGR

N. 134 Reg.Sent.

ANNO 2005

REPUBBLICA   ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA 
SECONDA SEZIONE

Nelle persone dei Signori:

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ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.  1064 del 2001, proposto dall’ispettore superiore della polizia di Stato @@@@@@@a @@@@@@@, rappresentata e difesa dagli avvocati -

                                                   ricorrente

                        contro

Ministero dell’interno, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, presso il cui ufficio è domiciliato

                                                resistente

per l’annullamento

del decreto 18.12.2000, n. 556.2.8/2000/Pers. con cui il questore di @@@@@@@ ha inflitto all’ispettore superiore della polizia di Stato @@@@@@@a @@@@@@@ la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di un trentesimo di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo;

del decreto 2.4.2001 con cui il capo della polizia di Stato ha disposto la reiezione del ricorso gerarchico proposto dall’interessata avverso la sanzione inflittale.

Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Vista la memoria difensiva depositata dall’amministrazione;

Relatore, all’udienza del 20.1.2005 il dottor -

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

ESPOSIZIONE DEL FATTO

L’ispettore superiore della polizia di Stato @@@@@@@a @@@@@@@ riferisce di essere stata sanzionata con la pena pecuniaria nella misura di un trentesimo di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo, a conclusione di un procedimento disciplinare aperto a seguito del ritrovamento della sua pistola d’ordinanza e del relativo munizionamento.

Dopo tali fatti l’amministrazione diede corso all’attività prodromica all’irrogazione della sanzione nei confronti della dipendente, nel corso della quale vennero disattese le giustificazioni addotte dall’interessata; l’atto irrogativo della pena fu contestato con il ricorso gerarchico, che venne respinto con il decreto impugnato.

Ritenendosi lesa, l’interessata ha notificato l’atto 13.7.2001, depositato il 8.8.2001, con cui deduce:

Eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà manifesta.

L’amministrazione resistente si è costituita in giudizio con atto depositato il 29.9.2001, con cui ha chiesto respingersi la domanda, ed ha depositato una memoria il 28.12.2004.  

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il contendere riguarda la legittimità dei decreti con cui il questore di @@@@@@@ ed il capo della polizia di Stato hanno inflitto e confermato all’interessata la sanzione disciplinare della pena pecuniaria: gli atti sono giunti all’esito del procedimento disciplinare, che era iniziato dopo il ritrovamento dell’arma individuale e delle munizioni di cui la ricorrente era assegnataria.

Il giudice rileva innanzitutto che non può essere accolta la domanda formulata dal difensore dell’interessata, per il rinvio dell’udienza ad una data successiva a quella dell’attesa pronuncia del gup di @@@@@@@, in merito alla richiesta di rinvio a giudizio di colui che avrebbe sottratto l’arma all’interessata. Non va infatti ravvisato alcun profilo di pregiudizialità tra le condotte ed i conseguenti accertamenti, atteso che l’incolpazione riguardava l’omessa custodia di un’arma in dotazione per un congruo numero di giorni.

Con il primo motivo l’interessata lamenta la contraddittorietà tra la motivazione della sanzione irrogata in concreto e l’atto di contestazione degli addebiti.

In particolare l’incolpazione riguardava:

     l’avvenuta sparizione dell’arma individuale dall’armadio di sicurezza  in cui l’assegnataria la custodiva, fatto accertato il 31.10.2000;

     il controllo effettuato dall’interessata circa la presenza dell’arma nel locale custodito in un giorno compreso tra il 9 ed il 14.10.2000, nonostante l’assegnataria dell’arma avesse dovuto più volte constatare la temporanea sparizione del mazzo di chiavi, a cui era attaccata anche quella che apriva il locale in cui era stata riposta l’arma.

     L’amministrazione ha irrogato la sanzione qui contestata osservando che la dipendente era venuta meno all’obbligo previsto di portare in dosso l’arma, nonché di custodirla in modo proprio anche durante la permanenza in ufficio; la gravità della condotta è stata derivata dall’accertata reiterazione dell’omissione contestata, posto che la mancata sorveglianza sull’arma si protrasse per giorni.

      Il giudice rileva che la censura non può trovare favorevole considerazione, in quanto le giustificazioni addotte dall’interessata non hanno permesso di dar conto in modo congruo dell’omessa sorveglianza da lei evidenziata nella custodia della dotazione individuale. L’arma rimase infatti senza vigilanza per giorni, non ostante l’assegnataria avesse notato più volte che il mazzo di chiavi a cui era unita quella dell’armadietto blindato era sparito, od aveva avuto collocazione diversa da quella assegnata, sebbene per brevi periodi di tempo.

Il positivo riscontro che l’istruttoria ha assicurato alle circostanze di fatto ora indicate evidenzia la fondatezza delle contestazioni mosse alla dipendente, che riguardano il mancato utilizzo ed il porto dell’arma nei casi in cui questa era prescritta, e l’assenza di idonee cautele nella sua custodia.

Da ciò consegue che non può ravvisarsi la denunciata contraddittorietà tra le contestazione riportate in precedenza e la motivazione che sorregge la sanzione irrogata, per cui il motivo è infondato e va respinto.

     Con un’ulteriore doglianza la ricorrente rileva che  nessuna responsabilità può esserle ascritta per aver lasciato le chiavi dell’armadio blindato sulla scrivania  dell’ufficio; né la consegnataria dell’arma avrebbe dovuto essere indotta in sospetto per la riscontrata sparizione o modificazione del luogo di custodia di dette chiavi. L’interessata rileva al riguardo che alla scrivania a cui lavora avevano accesso solo dei colleghi, per cui non v’erano particolari ragioni per esercitare la sorveglianza che si contesta sia venuta meno.

     Il giudice non condivide queste censure. Le norme dettate per la custodia delle armi da parte degli appartenenti al corpo della polizia di Stato non distinguono allorché trattano della vigilanza sulla dotazione, essendo il consegnatario comunque responsabile per gli atti di intromissione da parte dei terzi, siano essi appartenenti alla polizia od estranei ad essa.

L’omessa vigilanza sul bene  integra pertanto l’addebito ascritto, con che va dichiarata la reiezione anche di questa censura.

      Con l’ultimo motivo l’interessata lamenta la contraddittorietà tra il parere espresso dalla commissione consultiva ed il tenore del provvedimento irrogativo della sanzione.

Osserva l’interessata che uno dei componenti dell’organo collegiale formulò l’avviso che la sanzione avrebbe dovuto essere commisurata ad una violazione più lieve di quella contestata, mentre altri due membri si espressero per l’archiviazione del procedimento.

Il giudice rileva che in effetti, la sanzione inflitta ha natura pecuniaria, ed ha una carattere affittivo inferiore a quello che avrebbe avuto la pena ipotizzabile, stando all’originario atto di incolpazione. Non v’è poi contraddizione tra la motivazione degli atti impugnati ed i pareri espressi dai membri della commissione, favorevoli ad un benevolo trattamento della condotta della dipendente, posto che la motivazione degli atti appare  congrua e convincente.

A diverso convincimento non può indurre l’allegata pendenza di un procedimento penale nei confronti di un appartenente alla polizia di Stato, che si sarebbe reso responsabile della sottrazione dell’arma assegnata all’interessata. Come gia osservato a confutazione della domanda di rinvio formulata in udienza, la grave condotta del collega della ricorrente, anche ove positivamente riscontrata, non scrimina  gli obblighi di vigilanza, che continuano ad incombere su tutti gli appartenenti al corpo.

      Anche quest’ultimo motivo è infondato e va respinto.  

      Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento, e le spese vanno compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge il ricorso e compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del  20.1.2005

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            Depositato in Segreteria il 2 FEB. 2005

                           Il Direttore di Segreteria

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N. 1064/01 R.G.R.