T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, 26-04-2010, n. 8478
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il ricorrente, dipendente della Polizia di Stato, è stato coinvolto, per
motivi connessi al servizio, quale imputato in un procedimento penale all'esito
del quale è stato assolto "perché il fatto non sussiste".
Di talché, ha inoltrato una specifica richiesta di rimborso delle spese legali
sostenute a fronte della quale l'amministrazione resistente ha ritenuto di
ammettere a rimborso la somma complessiva di lire 50.000.000 rispetto al
maggiore importo richiesto di lire 100.983.784.
Il ricorso è articolato nei seguenti motivi: "Violazione e falsa applicazione
del combinato disposto dell'art. 33 D.P.R. 31 luglio 1995, n° 395, della
Circolare ministeriale n° 333A/9801A.3.5 del 22 giugno 1996 e dell'art. 18 D.L.
67/1997. Violazione della tariffa penale per avvocati. Eccesso di potere per
carenza di motivazione".
Il dott. M., in particolare, ha sostenuto che la valutazione della congruità
sull'importo è stata effettuata dall'Avvocatura Generale dello Stato in luogo
del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bologna e l'organo di difesa
erariale avrebbe mostrato di prescindere totalmente da quanto ritenuto dal
Consiglio dell'Ordine competente, limitandosi ad affermazioni apodittiche ed
infondate; laddove l'art.18 l. 135/1997 conferisce all'Avvocatura Generale dello
Stato il potere di riconoscere congrue le spese legali di cui si chiede la
rifusione, detto apprezzamento non potrebbe che essere inteso nel senso di
ricondurre gli onorari nei limiti prefissati dalle tabelle ministeriali.
All'udienza pubblica dell'11 marzo 2010, la causa è stata trattenuta per la
decisione.
2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.
L'art. 18 d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito in legge, con modificazioni,
dalla l. 23 maggio 1997, n. 135, stabilisce che le spese legali relative a
giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei
confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed
atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi
istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro
responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti
riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato.
Ne consegue che, secondo l'espressa previsione legislativa, il diritto al
rimborso delle spese sostenute per la difesa deve essere contenuto nei limiti di
quanto necessario, trattandosi di erogazioni gravanti sulla finanza pubblica,
secondo il parere di un organo tecnico altamente qualificato, l'Avvocatura
erariale, per valutare sia le necessità difensive del funzionario, in relazione
alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, sia la
conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale e
tale parere, espressione di discrezionalità tecnica, è soggetto al vaglio
giurisdizionale per il controllo del rispetto dei principi di affidamento,
ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti riconosciuti dalla Costituzione
(cfr. Cass. Civ., sez. lav., 23 gennaio 2007, n. 1418).
Nel caso di specie, l'Avvocatura Generale dello Stato, in relazione alla
richiesta di rimborso delle spese legali sostenute dal ricorrente ed altri
imputati nell'ambito del medesimo procedimento penale conclusosi con decisione
assolutoria - rilevato che tutti i legali hanno fatto riferimento altresì a
prestazioni svolte per un diverso procedimento penale che vedeva i dipendenti
quali parti offese, nel quale, trattandosi non di procedimento aperto a loro
carico, non può esservi rimborso secondo lo schema normativamente previsto, e
che tutti i legali hanno fatto riferimento alle voci massime della tariffa, di
cui al D.M. 585/1994, aumentandole fino al triplo - ha osservato come "in
considerazione della natura, della durata, del procedimento nonché del fatto che
le diverse imputazioni ruotavano tutte su di un unico elemento che le accomunava
in diretta connessione, considerato altresì che non vi erano particolari
questioni giuridicofattuali da affrontare, tant'è che in dibattimento
vi sono state quattro udienze e che il P.M. ha chiesto l'assoluzione degli
imputati, non si ritiene possano essere ammesse a rimborso pienamente somme che
tengono conto appunto di note spese che si fondano sui massimi tariffari con gli
aumenti indicati", sicchè ha ritenuto congruo per il ricorrente un rimborso per
Euro 25.822,84 (lire 50 milioni).
Il Collegio è dell'avviso che la valutazione di congruità compiuta
dall'Avvocatura Generale dello Stato, comunicata con la nota del Ministero
dell'Interno del 23 gennaio 2003, sia esente dai vizi prospettati in quanto del
tutto ragionevole ed effettuata in conformità a quanto previsto dall'art. 18
d.l. 67/1997 convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 135/1995.
Di qui, l'infondatezza del ricorso e la sua reiezione.
3. Nulla per le spese.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Ter, respinge
il ricorso in epigrafe.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Patrizio Giulia, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Maria Ada Russo, Consigliere