FORZE ARMATE
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 17-01-2011, n. 232
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con il ricorso di primo grado n. 351 del 1996, l'odierno appellante aveva impugnato il decreto del 10.8.1995 di revoca di inquadramento, con attribuzione di un nuovo trattamento economico, chiedendo la condanna all'applicazione dell'art. 20 r.d.l. n. 1971/1919 e la corresponsione delle maggiorazioni stipendiali con interessi legali e rivalutazione monetaria.

Egli aveva premesso di essere un sottufficiale della marina transitato al servizio civile e di avere ottenuto l'inquadramento nel V° livello, con ricostruzione della carriera e riconoscimento del servizio pregresso in tale posizione, con possibilità di usufruire di ulteriori 10 riduzioni di un anno ex art. 20 r.d.l. n. 1971/1919.

Posto che l'Amministrazione aveva rettificato tale inquadramento, considerando il periodo di sottoufficiale, quale IV° livello, l'appellante era insorto invocando l'art. 137 L. 312/1980, nonché l'applicazione dell'art. 20 r.d.l. n. 1971/23.10.1919 (scatto annuale e non biennale), con diritto alle ulteriori =12= riduzioni, avendone ricevute, con il nuovo atto, solo =7= e censurando altresì l'azione amministrativa per eccesso di potere.

Il Tribunale amministrativo regionale adito ha respinto l'impugnazione, previo analitico esame dei motivi di censura proposti ed affermando la infondatezza dei medesimi.

Quanto al primo profilo di censura (rammentato il dictum di cui all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15.2.1995, n. 4, che imponeva di considerare il periodo di sottoufficiale come IV° livello ex art. 6 dpr. n. 310/1981), il TAR ha ritenuto che il periodo di servizio militare del sottufficiale transitato nei ruoli civili, ai sensi dell'art. 352 t.u. imp. civ. dello Stato, andasse riconosciuto in base al livello iniziale in possesso e non in quello attribuito all'atto del passaggio nel ruolo civile, ovvero quello (nuovo) conferito ex art. 4 L. 312/1980 (il livello, per il sottufficiale, era il IV° ed in base ad esso andava fatto il nuovo inquadramento).

Quanto alla questione del beneficio di cui all'art. 20 r.d. 23 ottobre 1919 n. 1971, contenente la riduzione, ai fini della progressione economica, di un anno per quanti sono stati quelli di servizio militare effettivamente prestato, il TAR ha rilevato che tale norma presupponeva che vi fosse una progressione per classi e scatti biennali; pertanto, una volta abolita quest'ultima dall'art. 13 d.P.R. 17 settembre 1987 n. 494, che ne aveva assorbito gli effetti pregressi nella retribuzione individuale di anzianità, era venuta meno anche la possibilità di applicare il detto riconoscimento all'anzianità pregressa.

La sentenza è stata appellata dalla originaria parte ricorrente rimasta soccombente, che ne ha contestato la fondatezza, poiché non avrebbe tenuto conto che lo stesso era stato ingiustamente privato della quinta qualifica funzionale.

Ad avviso dell'appellante, l'art. 4 della legge n. 312 del 1980 e l'art. 137 del medesimo testo normativo costituivano i referenti della fondatezza della pretesa azionata; l'art. 6 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 310 del 1981 chiariva poi che sergente maggiore, maresciallo ordinario e maresciallo capo, dovevano essere inquadrati nel quinto livello.

Posto che l'appellante già vantava l'inquadramento nel quinto livello, quest'ultimo doveva essergli riconfermato (non rilevando in materia l'avviso espresso dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 1995).

In ogni caso mancavano del tutto i presupposti della revoca: l'affidamento di parte appellante, infatti, risultava compromesso dall'illegittima azione amministrativa spiegata dall'amministrazione in autotutela senza che ne ricorressero le condizioni.

Quanto al petitum fondato sull'art. 20 del r.d. 23 ottobre 1919, n. 1971, di detta norma in ultimo citata doveva riaffermarsi la permanente vigenza: ne discendevano l'erroneità dell'azione amministrativa spiegata e l'apoditticità dell'iter motivazionale seguito dal primo Giudice.
Motivi della decisione

1. L'appello è infondato e deve essere respinto, nei termini di cui alla motivazione che segue con conseguente conferma della appellata sentenza.

2. Quanto alla prima doglianza, l'odierno appellante ha affermato, già nel ricorso di primo grado (III cpv della parte in fatto del mezzo di primo grado), che il quinto livello gli venne assegnato in occasione del passaggio dalla Marina Militare alla Sovrintendenza archivistica di Pescara.

Tale deduzione è stata ribadita nel ricorso in appello (pag. 1: "in tale passaggio gli veniva assegnato il quinto livello").

Il nucleo della critica dell'appellante ripropone l'affermazione (pag. 4 del ricorso in appello) per cui egli "vantava già, nel precedente ordinamento, il quinto livello retributivo, in quanto investito del ruolo giuridico e funzionale di Maresciallo Capo.".

Essa si fonda sul disposto di cui all'art. 6 del DPR 9 giugno 1981, n. 310 ("Al personale ex sottufficiale delle Forze armate e agli ex sottufficiali, graduati e militari dei corpi di polizia, passati all'impiego civile dello Stato ai sensi dell'art. 352 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il servizio militare è riconosciuto nel livello d'inquadramento:

a) per intero quello minimo richiesto dalle vigenti disposizioni per la nomina all'impiego civile;

b) nella misura del 50 per cento quello eventualmente eccedente il periodo di cui al precedente punto a), con esclusione del servizio di leva.

Detti servizi sono riconosciuti sempre che non abbiano dato luogo a pensione.").

Orbene, detta tesi non può comunque essere condivisa.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 4 del 1995, ha affermato che "la questione relativa all'individuazione del livello di inquadramento nel quale va riconosciuto il servizio militare svolto dagli ex sottufficiali delle Forze armate passati all'impiego civile dello Stato ai sensi dell'art. 352 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, va risolta nel senso che il periodo di impiego militare come sottufficiale deve essere valutato come servizio di quarta qualifica funzionale e non già come servizio di altra qualifica funzionale, variabile a seconda della qualifica raggiunta dal dipendente dopo il passaggio all'impiego civile con riferimento all'assetto retributivofunzionale posto in essere dall'art. 4 legge n. 312 del 1980".

A tale principio, si è conformata la giurisprudenza amministrativa successiva (ex multis: "il servizio prestato come sottufficiale da coloro che per effetto dell'art. 352, t.u. imp. civ. St., sono transitati all'impiego civile, va valutato con riferimento alla quarta qualifica funzionale, con stipendio di livello quarto, ai fini dei benefici economici di cui all'art. 6, d.P.R. 9 giugno 1981, n. 310. A tali fini il riconoscimento del servizio militare va inteso, infatti, con riferimento al livello di inquadramento iniziale nei ruoli degli impiegati civili e non già al livello posseduto al momento dell'entrata in vigore del citato d.P.R. n. 310 del 1981." (Consiglio Stato, sez. VI, 14 maggio 1997, n. 709);

Infatti l'art. 6 d.P.R. 9 giugno 1981, n. 310, va interpretato nel senso che per individuare il livello d'inquadramento occorre fare riferimento al livello nel quale il personale ex militare è stato inquadrato all'atto del passaggio all'impiego civile, e non già al livello nel quale detto personale si trovava inserito alla data del 1° febbraio 1981, dalla quale decorreva l'efficacia, ai fini giuridici ed economici, del d.P.R. n. 310 del 1981. (Consiglio Stato, sez. IV, 20 gennaio 1998, n. 17).

Parte appellante propone dunque deduzioni che, in quanto già esaminate e disattese, dalla citata decisione dell'Adunanza Plenaria, vanno in questa sede respinte.

3. Con un secondo ordine di censure ha invocato anche le disposizioni previste dal regio decreto 23 ottobre 1919, n. 1971.

Anche tali censure vanno respinte.

Questo Consiglio ha più volte affermato che l'attribuzione ai sottufficiali del beneficio di cui all'art. 20 r.d. 23 ottobre 1919, n. 1971, riguardante la riduzione, ai fini della progressione economica, di un anno per quanti sono stati quelli di servizio militare effettivamente prestato, presupponeva che la detta progressione avvenisse per classi e scatti biennali; pertanto, una volta abolita quest'ultima dall'art. 13 d.P.R. 17 settembre 1987, n. 494, che ne ha assorbito gli effetti pregressi nella retribuzione individuale di anzianità, è venuta meno anche la possibilità di applicare il detto riconoscimento dell'anzianità pregressa (Consiglio Stato, sez. IV, 14 settembre 2004, n. 5919; sez. III, par. 12 dicembre 2000, n. 1166).

Tale condivisibile orientamento ermeneutico (uniformemente applicato dalla giurisprudenza di primo grado) si fonda sulla constatazione che con la nuova normativa dettata dai DD.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, e 17 settembre 1987, n. 494, che hanno istituito la retribuzione individuale di anzianità (c.d. r.i.a.) nel contempo sopprimendo la progressione economica per classi e scatti, è venuto a mancare il presupposto su cui operare le abbreviazioni, di cui all'art. 20 del R.D.L. n. 1971 del 1919, che prevedeva che "per gli impiegati della carriera d'ordine ed agenti subalterni provenienti dai sottufficiali del regio esercito e della regia marina, della regia guardia di finanza e in genere dei corpi organizzati militarmente a servizio dello Stato, e nominati in base ai diritti loro concessi dalle leggi vigenti, sono ridotti di un anno tanti periodi di aumento dello stipendio nei gradi di ciascuna delle carriere predette quanti sono stati gli anni di servizio militare effettivamente
prestato".

La doglianza deve essere pertanto disattesa.

4. Quanto all'ultima censura, relativa alla asserita insussistenza dei presupposti per l'esercizio dell'autotutela e sulla inadeguatezza della motivazione dell'atto impugnato in primo grado, essa è inaccoglibile alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui qualsiasi atto amministrativo rivolto ad annullare o a revocare precedenti atti implicanti indebito esborso di denaro è finalizzato a rimuovere un onere economico non giustificato, nonché a ripristinare la legalità dell'azione amministrativa e, come tale, indica univocamente la sussistenza di una effettiva ragione di interesse pubblico, prevalente sull'interesse privato sacrificato (Consiglio Stato, sez. V, 12 febbraio 2007, n. 581; sez. VI, 30 ottobre 2000, n. 5817).

Al riguardo, non rileva in senso contrario l'art. 21 nonies della legge n. 241/1990 (entrato in vigore dopo l'emanazione del provvedimento impugnato in primo grado, ma il cui richiamo si può considerare pertinente, perché ricognitivo di preesistenti regole affermate dalla giurisprudenza).

Infatti, la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio ha chiarito che, nel caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente, come avviene nel caso di illegittimo superiore inquadramento erroneamente attribuito a un dipendente, l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere di annullare ex tunc tale inquadramento (nonché di ripetere le relative somme ai sensi dell'art. 2033 c.c., essendo il recupero un atto dovuto e privo di valenza provvedimentale); pertanto, nell'adozione di detti atti, l'Amministrazione non è tenuta a fornire una ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quel determinato inquadramento comportante la stabile erogazione di somme che, invece, per errore, gli sono state corrisposte (Consiglio di Stato, Sezione VI, 10 gennaio 2005, n.
5, 14 ottobre 2004, n. 6654, 9 aprile 2001, n. 2153).

L'esigenza di un profilo motivazionale residua semmai in ordine alle modalità del recupero, rispetto alle quali l'Amministrazione deve giustificare la sua scelta in funzione della finalità che esse non risultino eccessivamente onerose per il debitore, ma tale profilo non rileva nel caso in esame, ove il recupero non risulta disposto col provvedimento impugnato ed esula dalla materia del contendere (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 settembre 2006, n. 5602).

5. Il complessivo percorso argomentativo dei primi Giudici resiste alle censure articolate nell'appello: appare, pertanto, meritevole di conferma la appellata sentenza, e non meritevole di accoglimento l'appello proposto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto l'appellante deve essere condannato al pagamento delle medesime in favore di parte appellata, in misura che appare congruo quantificare, avuto riguardo alla natura della controversia, in Euro ottocento (Euro 800/00), oltre accessori di legge se dovuti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sull'appello n. 6538 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro ottocento (Euro 800/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.