CARABINIERI - IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-04-2011, n. 3000
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Vantando - a proprio favore - il disposto dell'(asseritamente violato) art. 36, 3° comma, Cost., 957 Carabinieri hanno chiesto l'accertamento del diritto a godere del giorno di riposo settimanale impugnando, in via strumentale, la circolare del Comando Generale Arma Carabinieri,  I Reparto - SM - Ufficio Ordinamento prot. n. 90/167 - 1992,in data 7 giugno 1993, e relativo allegato 1, all'oggetto: "Disciplina del riposo settimanale - Modalità attuative" nella parte in cui stabilisce che "il militare ha diritto al riposo nella settimana in cui parte o rientra dalla licenza ordinaria, sempre che i relativi riposi settimanali programmati non vengano consapevolmente ricompresi dall'interessato nel periodo di licenza richiesto, nel quale si perde anche il diritto al beneficio".
I ricorrenti sostengono, altresì, che in detta circolare nessuna disposizione è stata dettata per quanto attiene alla settimana in cui vi sia una giornata festiva infrasettimanale.
Essi lamentano:
a)disparità di trattamento con il personale appartenente ala Polizia di Stato;
b)violazione dell'art. 36, c. 3, Cost.;
c)eccesso di potere;
d)violazione dell'art. 63, c. 5 della legge n. 121/1981;
e deducono che:
le vigenti norme, in conformità all'art. 36, c. 3, Cost. (non rinunciabilità del riposo settimanale) sanciscono il recupero del riposo non fruito e ne escludono il pagamento, ma permane pur sempre il fatto che il dipendente ha subito un danno per aver prestato il proprio lavoro per un numero di ore maggiore di quelle dovute e, correlativamente, l'amministrazione ha conseguito un indebito arricchimento. E ciò, per tutti i riposi settimanali non fruiti successivamente all'anno 1983 a tutt'oggi e fino a quando la disciplina del riposo settimanale non verrà a recepire i principi di uguaglianza sanciti dalla Carta Costituzionale nonché dalle leggi n. 121/1981 e n. 382/1978;
dall'arricchimento ingiustificato dell'amministrazione a danno dei dipendenti consegue il diritto dei dipendenti al pagamento di un compenso in via risarcitoria.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa per mezzo dell'Avvocatura di Stato eccependo l'incompetenza funzionale del Tar Emilia Romagna.
Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'interposto Regolamento di competenza da parte dell'Avvocatura di Stato, ha indicato nel Tar Lazio, sede di Roma, il tribunale competente a  conoscere della controversia.
Con memorie difensive depositate il 9 giugno 2010  ed il 7 gennaio 2011, le parti hanno insistito per l'accoglimento delle  rispettive tesi.
L'Avvocatura di Stato ha, altresì, eccepito il sopravvenuto difetto di interesse dei ricorrenti alla coltivazione del gravame a seguito della emanazione della circolare 31 marzo 1994 con la quale è stato abrogato l'atto impugnato e dettata una disciplina sostitutiva del tutto "speculare alle istanze dei ricorrenti".
Alla udienza del 2 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è infondato.
I ricorrenti non hanno fornito neppure un "principio di prova" atto ad avvalorare la veridicità di quanto lamentato circa l'assorbimento del riposo settimanale nel giorno (o nei giorni) di ferie.
Si rileva, in particolar modo, come non sia stato  prodotto in giudizio alcun documento che possa ritenersi idoneo a comprovare la reale sussistenza degli elementi (che dovrebbero esser) posti a base del diritto azionato; e come, più in generale, non sia stato fornito il benché minimo indizio che porti a presumere che - nella  circostanza - non sia stata fatta corretta applicazione della vigente normativa di settore (nei confronti della quale - trattandosi di atti aventi natura non legislativa: ma, al più, regolamentare; e, quindi, amministrativa - non possono certo esser sollevate questioni di costituzionalità) e, comunque, dei criteri stabiliti - dalla "Consulta" -  nella nota sentenza n. 150 del 1967 (nella quale, peraltro, ci si era limitati a porre l'accento sulla necessità di garantire - nel complesso -  il rispetto del cennato rapporto "da uno a sei" tra giornate lavorative
e riposo).
In presenza di una tale situazione, e tenuto conto della natura del giudizio azionato (di accertamento e non di legittimità) il Collegio - che anche alla luce di quanto statuito, sul punto, dall'art. 63, Cod. proc. amm. e dall'art. 115, 1° comma, c.p.c., non ritiene di dover disporre di mezzi processuali che sollevino le parti dall'onere probatorio posto a loro carico - non può (in applicazione del principio di cui all'art. 2697 c.c.,  e con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite) che concludere per  l'infondatezza della proposta azione cognitoria (in fattispecie analoghe: Tar Lazio, sez. I bis. n. 3821/2009; n. 13298/2010).
Le spese di giudizio, liquidiate in dispositivo, seguono la soccombenza.P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali e di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.