GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 08-04-2011, n. 365
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Va premesso in punto di fatto che il ricorrente, già carabiniere effettivo,
poi congedato a domanda e collocato a riposo, insta per la declaratoria di
nullità del provvedimento del Ministero della Difesa del 17.3.2010 con il quale
in pretesa esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Sezione n.
1537/2003, veniva annullato il precedente provvedimento di perdita del grado per
rimozione del 16.1.1997 assunto in esito al procedimento disciplinare a suo
carico avviato per essere stato egli definitivamente condannato per reati di
falso, svolgendo altresì domanda di ricostruzione della carriera con
riconoscimento delle differenze stipendiali non percette nel periodo
quinquennale di sospensione cautelare inflittagli dal 27.3.1991 al 27.3.1996,
nonché degli emolumenti retributivi e il grado connessi alla progressione di
carriera.
Invero il provvedimento assunto dall'Amministrazione si limita a conferire al
deducente il grado posseduto all'atto della sua destituzione e a riconoscergli
le sole competenze economiche dovute per il periodo 5.2.1997 - 10.9.1997 durante
il quale cessò dal servizio per effetto del provvedimento destitutivo.
Con successiva nota dell'U.R.P. dell'Arma n. 705/2 del 30.9.2010 si sanciva che
il ricorrente non può essere valutato per l'avanzamento al grado di appuntato
poiché, essendo cessato dal servizio a domanda "non riunisce i requisiti per
l'iscrizione a ruolo".
Il C. in questa sede di ottemperanza domanda l'accertamento la declaratoria di
nullità sia del provvedimento di ripristino del grado del 17.3.2010 sia della
predetta nota che gli ha negato la sottoposizione a valutazione ai fini
dell'avanzamento, sia del provvedimento del 11.10.2010 con cui sono state
calcolate le sole differenze stipendiali dovute al deducente per il periodo dal
5.2.1997 al 30.9.1997, sia della nota del C.N.A. dell'Arma dei Carabinieri del
29.10.2010.
2. Si costituiva l'Amministrazione della Difesa a ministero dell'Avvocatura
Distrettuale con comparsa depositata il 25.1.2011.
Il ricorrente produceva memoria di replica il 12.3.2011.
Alla Camera di Consiglio del 24.3.2011 sulle conclusioni delle parti e la
Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il ricorso veniva ritenuto in
decisione
3. Riassunta nei termini che precedono la domanda del ricorrente, va detto che
la difesa erariale resiste alla domanda di ottemperanza sostenendo che
l'attribuzione dei superiori gradi non scaturisce in via automatica dalla mera
anzianità di servizio essendo dipendente da valutazioni discrezionali
dell'amministrazione militare, come dispone l'art. 31 del d.lgs. 12.5.1995, n.
198 che delinea una procedura di valutazione che coinvolge anche il parere della
Commissione di avanzamento di cui all'art. 32 della L. n. 212/1983 in materia di
personale della Guardia di Finanza;
L'Avvocatura dello Stato argomenta altresì che il ricorrente avrebbe dovuto
impugnare negli ordinari termini di decadenza il provvedimento negativo
suindicato del 17.3.2010 che ha negato il transito dell'istante odierno
ricorrente al superiore grado perché il medesimo, collocato in congedo, non
possiede più il requisito dell'essere in servizio attivo al momento della
domanda;
ritenuto in punto di diritto che la riassunta eccezione processuale non possa
essere accolta poiché a mente dell'art. 114, coma 4, lett. b) del d.lgs. n.
104/2010 recante il testo del codice del processo amministrativo il Giudica
adito in sede di ottemperanza ha anche il potere di dichiarare nulli i
provvedimenti adottati in violazione od elusione del giudicato, quale deve
essere valutato il provvedimento citato, poiché annullava la precedente
destituzione per perdita del grado, semplicemente reintegrando il ricorrente nel
grado posseduto all'atto della sua destituzione senza provvedere alla
ricostruzione della di lui carriera agli effetti economici e giuridici;
4.1. Ai fini del decidere e conscio di affrontare una problematica spinosa, che
interseca anche in buona parte profili discrezionali dell'attività
amministrativa rinnovatoria, rammenta il Collegio che in tema di ottemperanza
dell'Amministrazione alle pronunce demolitorie del giudice amministrativo, la
problematica dell'elusione del giudicato è quella più controversa e dai labili
confini e che al riguardo è stata di recente compiuta approfondita ricognizione
dal Consiglio di Stato che ha ricordato come "si è più volte affermato che in
tale sede l'amministrazione è tenuta non solo a uniformarsi alle indicazioni
rese dal giudice e a determinarsi secondo i limiti impostile dalla rilevanza
sostanziale della posizione soggettiva azionata e consolidata in sentenza, ma
anche a prendere diligentemente in esame la situazione controversa nella sua
complessiva estensione, valutando non solo
i profili oggetto della decisione del giudice, ma pure quelli comunque rilevanti
per provvedere definitivamente sull'oggetto della pretesa, all'evidente scopo di
evitare ogni possibile elusione del giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27
maggio 2010, nr. 3382; Cons. stato, sez. V, 13 marzo 2000, nr. 1328).
Corollario di ciò è il dovere dell'amministrazione, in sede di riesame della
vicenda controversa, di essere particolarmente rigorosa nella verifica di tutti
i possibili profili rilevanti, esaminando l'affare nella sua interezza e
sollevando tutte le questioni che ritenga d'interesse, dopo di ciò non potendo
tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili ancora non
esaminati; tanto allo scopo di evitare che la realizzazione dell'interesse
sostanziale del ricorrente possa essere frustrata dall'artata reiterazione ad
libitum di provvedimenti sfavorevoli" (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4.3.2011, n.
1415). L'elusione, quindi, a differenza che la violazione del giudicato
"configura un fenomeno diverso dall'aperta violazione del decisum, sussistendo
in quei casi in cui l'Amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare
esecuzione ai precetti rivenienti dal giudicato,
tenda in realtà a perseguire l'obiettivo di aggirarli sul piano sostanziale"
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 aprile 2011, n. 2070).
Precisa il Collegio che il codice del processo amministrativo ha fatto venire
meno o dequotare la rilevanza della distinzione, in precedenza indagata da
dottrina e giurisprudenza, tra violazione ed elusione del giudicato.
4.2. Va all'uopo evidenziato in chiave teorica che il nuovo esercizio del potere
amministrativo, in caso di annullamento giurisdizionale di un provvedimento
negativo, viola o elude il giudicato allorché regoli la fattispecie
determinando un assetto di interessi difforme dal contenuto ripristinatorio del
giudicato di annullamento, come nella fattispecie all'esame, nella quale
l'intervenuta demolizione del provvedimento destitutivo recava come effetto
ripristinatorio la restituito in integrum della posizione del ricorrente, stante
la giurisprudenza di cui si dirà tra breve, che sancisce che all'annullamento
giurisdizionale di un provvedimento di destituzione dal servizio consegue la
necessità di ricostruire la carriera dell'impiegato tanto agli effetti giuridici
che a quelli economici.
Nel caso all'esame, invece, l'Amministrazione si è limitata riattribuire al C.
il medesimo grado posseduto al momento dell'adozione del provvedimento di
perdita del grado per rimozione e a corrispondergli le sole competenze
stipendiali dovute per il periodo dal 52 al 30.9.1997 durante il quale cessò
dal servizio per effetto del provvedimento disciplinare poi annullato dalla
Sezione.
Ha quindi omesso l'Amministrazione di riconoscere al deducente sia le
competenze stipendiali non percepite durante il periodo del 27.3.1991 al
27.3.1996 di sospensione cautelare dal servizio, sia gli incrementi di stipendio
discendenti dagli scatti di anzianità, sia la ricostruzione giuridica della
carriera, con le conseguenti ricadute sul piano del trattamento di quiescenza
spettante.
Ne consegue che il ricorso deve essere accolto sia ordinando all'amministrazione
di riconoscere al ricorrente gli emolumenti connessi all'anzianità di servizio,
oltre che le differenze stipendiali dovute per il suindicato quinquennio di
sospensione cautelare dal servizio, sia gli effetti giuridici rappresentati
dalla progressione di carriera che verosimilmente il ricorrente avrebbe fatto
ove non fosse stato dapprima sospeso e poi destituito dal servizio.
Dissentendo dalla linea difensiva erariale devono essere dunque dichiarati
nulli i provvedimenti dell'Amministrazione della difesa in data 17.3.2010 e
30.9.2010 nonché il provvedimento del 11.10.2010 con cui sono state calcolate le
sole differenze stipendiali dovute al deducente per il periodo dal 5.2.1997 al
30.9.1997, e la nota del C.N.A. dell'Arma dei Carabinieri del 29.10.2010
per le ragioni di seguito esposte.
5.1. Va al riguardo osservato, in particolare, che quantunque l'avanzamento al
grado di appuntato e superiori non consegua in termini automatici alla mera
anzianità di servizio, cionondimeno detto avanzamento è ex post attuabile
mediante un rinnovato esercizio del potere amministrativo e l'ausilio di un
giudizio di prognosi postuma che tenga anche conto dell'avanzamento conseguito
da militari di pari grado del ricorrente suoi colleghi, come di recente statuito
dal Consiglio di Stato con la decisione correttamente segnalata dalla difesa
del C..
Non può, invero, essere sottaciuto che il Consiglio di Stato si è già attestato
sulla medesima posizione sancendo che "l'annullamento giurisdizionale di un
provvedimento di destituzione dal servizio comporta il diritto dell'interessato
ad una completa "restituito in integrum" non solo ai fini giuridici (id est alla
ricostruzione della carriera, ma anche a quelli economici (...) Non trova
infatti applicazione il principio di corrispondenza tra prestazione lavorativa e
retribuzione ogni qualvolta la mancata prestazione dell'attività impiegatizia
sia stata causata da un provvedimento riconosciuto giudizialmente illegittimo"
(Consiglio di Stato, Sez. V, 16.9.2004, n. 6053).
Del resto già aveva chiarito il Giudice d'appello che "l'annullamento dell'atto
amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di impiego pubblico
(...) determina come conseguenza la reviviscenza del rapporto nella sua
pienezza, quale si svolgeva e avrebbe dovuto continuare a svolgersi, con tutte
le conseguenze di anzianità, di carriera e di retribuzione" (Consiglio di Stato,
Sez. V, 29.4.2003, n. 2153).
Anche la giurisprudenza di prime cure predica i delineati principi di
integralità della restituito in integrum agli effetti economici e giuridici a
seguito di annullamento giurisdizionale di provvedimenti di destituzione avendo
chiarito che "L'accoglimento del ricorso proposto avverso il provvedimento di
destituzione di un pubblico dipendente determinando l'annullamento con efficacia
ex tunc del predetto provvedimento, comporta il diritto dell'interessato ad una
completa restituito in integrum ai fini sia giuridici che economici, sicché non
occorre una specifica pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno
formulata dal ricorrente" (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 1.2.2006, n. 741) e che,
ancora, "è ius receptum che l'annullamento dell'atto amministrativo che fa
cessare illegittimamente un rapporto di impiego pubblico (o ne ritarda la
progressione) determina come conseguenza la
reviviscenza del rapporto nella sua pienezza, quale si svolgeva o avrebbe
dovuto svolgersi, con tute le conseguenze di anzianità, di carriera e di
retribuzione del ricorrente" (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 24.9.2007, n.
8274).
Segnala il Collegio, con specifico riferimento a fattispecie analoga a quella in
causa, che il Giudice d'appello, nel ricorso proposto da un agente di Polizia
illegittimamente destituito dal servizio, ha stabilito che "nella ricostruzione
della carriera (...) l'Amministrazione non ha tenuto conto delle opportunità di
carriera che, verosimilmente egli avrebbe avuto se non fosse stato
illegittimamente dispensato dal servizio. L'Amministrazione, in particolare,
avrebbe dovuto tener conto del fatto che i collegi del sig. S, di pari
anzianità, negli anni in cui il medesimo è stato assente, hanno, sia pure a
seguito di procedura selettiva, acquisito la qualifica di soprintendente. Per la
corretta esecuzione del giudicato, l'Amministrazione, quindi, anziché limitarsi
ad attribuire la qualifica di assistente capo dal 1993, avrebbe dovuto
considerare le chances di carriera del ricorrente,
tenendo conto anche delle opportunità offerte dalla partecipazione ai corsi di
Ufficiale di Polizia Giudiziaria (...). Occorre, in altri termini, formulare un
giudizio prognostico, ormai da effettuarsi necessariamente ex post, al fine di
verificare quelli che sarebbero stati gli avanzamenti di carriera del sig. S.
ove non fosse stato illegittimamente dispensato. Tali possibilità di avanzamento
andranno desunte anche dallo sviluppo di carriera di colleghi che al momento
della dispensa si trovavano nella sua stessa posizione, con la corretta
valutazione degli eventi verificatisi nel periodo di assenza (promozioni, corsi
- concorsi e quant'altro)" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27.6.2008, n. 3269).
4.1. Traendo le fila di quanto or ora argomentato, precisa il Collegio che
l'Amministrazione in esecuzione della presente decisione dovrà riconoscere al C.
oltre alle differenze stipendiali non percette nell'indicato periodo di
sospensione cautelare dal servizio, le progressioni economiche legate alla
maturazione degli scatti di anzianità, con rivalutazione monetaria e interessi,
il correlativo riconoscimento di tutti detti incrementi ai fini previdenziali e
ai fini giuridici dovrà ricostruire la carriera del militare formulando ora per
allora la prescritta valutazione previa l'eventuale sottoposizione al giudizio
dell'apposita commissione di avanzamento.
E' ben conscio d'altronde lo stesso ricorrente dell'inesistenza di una
progressione di carriera automaticamente scaturente dal'anzianità figurativa del
servizio, là dove precisa la domanda affermando che "non pretende alcun
avanzamento automatico di carriera per effetto del mero decorso del tempo, bensì
ha richiesto che la propria carriera venga riconosciuta ai fini giuridici ed
economici, come se il provvedimento di perdita del grado per rimozione non fosse
mai stato adottato. Il che comporta,da parte dell'Amministrazione,
l'applicazione ex post al ricorrente della disciplina illo tempore vigente in
materia di avanzamenti del personale, ivi compresa l'eventuale valutazione di
apposita commissione ai fini del'avanzamento" (memoria di replica depositata il
12.3.2011, pagg. 56).
4.2. In conclusione, il rassegnato indirizzo ermeneutico deve essere seguito nel
caso di specie e deve conseguentemente essere dichiarata la nullità del
provvedimento del Ministero della Difesa del 17.3.2010 che ha eluso il giudicato
di cui oggi si chiede ottemperanza nonché la nullità della nota del 30.9.2010
che ha negato la possibilità di valutazione del C. ai fini della promozione.
Pertanto devesi ordinare all'Amministrazione della Difesa di ricostruire la
carriera del ricorrente agli effetti economici, previdenziali e giuridici nei
sensi più sopra delineati, formulando un giudizio discrezionale di prognosi
postuma, previa l'eventuale sottoposizione del C. a valutazione da parte della
prescritta commissione di avanzamento, circa le opportunità che avrebbe avuto il
C. di conseguire i superiori gradi, anche tenendo conto degli avanzamenti
conseguiti dai colleghi pari ruolo
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della delicatezza delle
questioni affrontate.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e per l'effetto
dichiara nulli il Decreto del Ministero della Difesa del 17.3.2010 (doc. 3
ricorrente), la nota dell'U.R.P. dell'Arma dei Carabinieri n. 705/2 del
30.9.2010, nonché il provvedimento del 11.10.2010 con cui sono state calcolate
le sole differenze stipendiali dovute al deducente per il periodo dal 5.2.1997
al 30.9.1997, e la nota del C.N.A. dell'Arma dei Carabinieri del 29.10.2010.
Ordina all'Amministrazione della Difesa:
di procedere alla ricostruzione della carriera del C. G.,agli effetti economici
e giuridici nei sensi di cui in motivazione;
di riliquidare e corrispondere al ricorrente stipendi, assegni e indennità non
percepiti nel periodo quinquennale di sospensione dal servizio;
di computare sulle somme tute riconosciute, la rivalutazione monetaria e gli
interessi legali sulla somma via via rivalutata anno per anno;
di riconoscere i relativi contributi previdenziali connessi agli arretrati
stipendiali non percepiti e agli avanzamenti di stipendio ed eventualmente, in
caso di esito positivo della valutazione, di carriera non attribuiti, con
conseguente nuova computazione del trattamento di quiescenza spettante;
Fissa per l'esecuzione della presente Sentenza il termine di novanta giorni
dalla sua comunicazione o notificazione.
Nomina sin da ora, per il caso di perdurante inottemperanza oltre il termine
suindicato, Commissario ad acta per l'esecuzione della presente Sentenza il
Direttore Generale per il Personale del Ministero della Difesa, che adotterà i
provvedimenti di esecuzione del giudicato nei sessanta giorni dal suo
insediamento.
Spese compensate.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.