IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 15-12-2010, n. 8914
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con il ricorso ricorso di primo grado, #################### aveva domandato l'annullamento del d.m. 20 aprile 2001, con il quale gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dallo stipendio per giorni novanta, con corresponsione di un assegno alimentare.

L'appellante, appartenente al Corpo Forestale dello Stato, era stato distaccato presso la Procura della Repubblica di #################### e, a seguito di una vicenda connessa ad un procedimento penale a carico del dott. ####################, dirigente dell'ASFD (Azienda di Stato per le foreste demaniali) di ####################, in cui egli era stato sentito come persona informata dei fatti, era rientrato in servizio all'ASFD di #################### su richiesta della stessa Procura.

Detto procedimento penale era stato originato da scritti anonimi circa presunti illeciti del ####################, che erano stati oggetto di un'ispezione amministrativa (relazione ####################), la quale qualificava alcuni fatti e comportamenti del dirigente locale solo come "inopportuni".

Il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di #################### aveva assolto il ####################, ritenendo l'inattendibilità delle denunzie anonime e presumendo che le stesse dovessero essere fatte risalire allo S. (tale circostanza, però, come rilevato dal Tribunale amministrativo, era rimasta un'ipotesi ed un sospetto del giudicante, poiché, sul piano penale, nulla era stato contestato o compiutamente accertato a carico dello S. medesimo, posto che nel procedimento penale non reano stati raccolti elementi tali da giustificare un'azione penale nei suoi confronti per calunnia o falsa testimonianza).

Il procedimento disciplinare, quindi, faceva seguito ad una vicenda penale, dove lo S. era persona informata dei fatti ed aveva reso dichiarazioni.

Il Tribunale amministrativo regionale adito respinse il ricorso dello S.. Le sue censure formali e procedimentali, attinenti alla genericità della contestazione, alla mancata partecipazione dell'interessato alla fase preliminare, all'incompetenza dell'organo, al non rispetto dei termini ed al totale travisamento dei fatti, sono state disattese integralmente.

Nel merito, il primo giudice ha rilevato che l'accusa al #################### era stata determinata da dichiarazioni dello S. del tutto inattendibili e che muovendo dalla sentenza del GUP di ####################, l'Amministrazione aveva cercato di confermare quanto ivi figurato: la contestazione (atto 23 febbraio 2000 prot. n. 50/00), invero, riferita la valutazione della sentenza penale sulla attribuibilità degli scritti anonimi al dipendente, aveva rinvenuto nella totale inattendibilità delle dichiarazioni rese dallo stesso S., la violazione dei suoi doveri, causa di discredito e grave pregiudizio al suo superiore e turbamento alla regolarità del servizio.

Il Tribunale amministrativo respingeva così il ricorso dello S., considerato anche che non compete al giudice amministrativo il riesame dei fatti penali, i quali erano stati oggetto di accertamento nella giusta sede del processo penale.

Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo lo S. ha proposto appello, reiterando le censure di eccesso di potere già rappresentate nel ricorso di primo grado ed evidenziando il vizio di incompatibilità riconducibile al funzionario istruttore Landi (non rilevava che questi fosse stato sostituito in fase decisoria); ha poi riproposto le censure procedimentali respinte in primo grado e la tematica relativa alla persecutoria iniziativa intrapresa nei propri confronti a cagione della deposizione resa innanzi al giudice penale.

L'appellante, con memoria del 4 ottobre 2010, ha ribadito e puntualizzato le doglianze, evidenziando che la circostanza che svolgesse attività sindacale non poteva essere disconosciuta a cagione dell'omesso inoltro da parte del sindacato di appartenenza (SAPAF) di un elenco per gli anni 2001 e 2002, che comprendeva anche il suo nominativo.
Motivi della decisione

L'appello è fondato e va accolto, con conseguente annullamento della sentenza di primo grado, nei nei termini di cui alla motivazione che segue.

Si può prescindere dall'esame delle questioni di ordine procedimentale, stante la palese fondatezza dell'appello nel merito.

Si deve premettere che è un fatto che l'appellante appare in qualche modo essere stato sospettato dalla ricordata sentenza penale di essere stato l'autore degli anonimi (anche) in base ai quali fu intrapreso il procedimento a carico del dott. ####################, superiore gerarchico; è altresì incontestabile che tale deduzione della sentenza penale rimase del tutto senza seguito in quella sede, come analoga sorte seguì a deposizione testimoniale resa dallo S. nel processo penale medesimo.

Non risulta infatti che sia stata disposta la trasmissione degli atti al titolare dell'azione penale perché procedesse per quanto di competenza in ordine a detti fatti.

Tali fatti, tuttavia, per come si presentano nel rammentato atto processuale penale, hanno originato il procedimento disciplinare nei confronti dello S..

Rileva il Collegio che i fatti in questione avrebbero dovuto, se preliminarmente accertati nella loro effettiva esistenza e paternità, formare oggetto di azione penale, in quanto qualificabili come delitti contro l'attività giudiziaria. Ma ciò in realtà non è avvenuto, nemmeno a livello di notitia criminis o di indagine d'ufficio: evidentemente per radicale difetto dei detti elementi della certezza e della riferibilità allo S..

Di fronte ad una tale situazione, non può pertanto ora, in difetto di altri dichiarati elementi di fatto che conducano ad una diversa conclusione circa tali imprescindibili ed indefettibili caratteri, provvedere in tal senso - e, in defintiva, suppletivamente all'autorità giudiziaria - l'autorità amministrativa titolare dell'azione disciplinare. È infatti fuori di dubbio che il procedimento disciplinare postuli, ai fini della sua promovibilità, un minimum di certezza (seppur da vagliare in itinere) circa l'esistenza del fatto in cui ravvisare la violazione dei doveri inerenti il servizio, e circa la sua ascrivibilità al dipendente: diversamente, in difetto di tali presupposti, ci si troverebbe di fronte ad un uso irrazionale, quando non deviante dalla causa tipica, dell'azione disciplinare medesima che venisse comunque svolta.

Alla stregua di tali principi appare fondata la censura circa la non ritualità dell'apertura del procedimento disciplinare per cui è causa (in assenza di una pronuncia giurisdizionale che abbia acclarato che l'appellante abbia commesso illeciti legati alla propria deposizione o, addirittura, abbia redatto gli esposti anonimi incolpato rii, risultati falsi; o quanto meno in assenza di una apposita inchiesta preliminare, volta a supplire alle rammentate incertezze in punto di fatto).

Ma v'è di più.

Costituisce infatti principio cardine del processo sanzionatorio quello della necessaria correlazione tra incolpazione, svolgimento dell'istruttoriae contenuto del provvedimento sanzionatorio (Cons. Stato, V, 14 gennaio 1991, n. 46). Questa è mancata, perché durante il procedimento disciplinare, in base all'art. 113 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 venne disposto un supplemento di istruttoria e così l'istruttoria venne estesa ad altre circostanze di fatto (se le dette condotte avessero potuto determinare perturbamento sul normale e regolare funzionamento dell'Ufficio, ovvero nuocere al decoro dello stesso). Così procedendo, si è allargata l'area dell'indagine a condotte asseritamente perpetrate dall'appellante distinte da quelle originariamente investigate.

Come esattamente rilevato da parte appellante in memoria conclusionale, si è passati da un profilo di indagine volto ad accertare il turbamento alla regolarità del servizio "nella contingenza" dei fatti dianzi evidenziati, ad una verifica generalizzata del tutto avulsa da tale scaturigine causale.

Ne è risultato menomato il diritto di difesa e, soprattutto, si è verificata una discrasia tra l'ipotesi di partenza (a tutt'oggi non può dirsi incontrovertibilmente provato che l'appellante fosse l'autore degli anonimi od avesse intenzionalmente mentito nell'indagine penale) e l'effetto (il perturbamento alla regolarità dell'attività d'ufficio) che tali condotte avrebbero arrecato, le altre diverse condotte disciplinarmente ascritte all'appellante da tali eventi slegate, e la sanzione applicata: ciò in violazione del principio di correlazione tra accusa e sanzione.

Tale vizio denuncia l'illegittimità assorbente rispetto agli altri motivi di doglianza prospettati e manifesta l'illegittimità degli atti impugnati in primo grado.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso in appello, la riforma dell'appellata sentenza, l'accoglimento del ricorso di primo grado e l'annullamento degli atti impugnati.

Possono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti a cagione della complessità della controversia.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto lo accoglie, nei termini di cui alla motivazione e, per l'effetto, in riforma dell'appellata sentenza accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.