N.  23/11    Reg.Dec. 
 

N.    1376    Reg.Ric. 
 

ANNO  2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1376/2008 proposto da

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rappresentato e difeso dall’avv.-

c o n t r o

il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi n. 81, è ope legis domiciliato;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo (sez. II) - n. 1046/08, del 31 luglio 2008.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per il Ministero della giustizia;

     Vista la memoria in data 22.1.2010, nell’interesse dell’appel-lante;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore il Consigliere Pietro Ciani;

     Uditi alla pubblica udienza del 3 febbraio 2010 l’avv. G. Rubino per l’appellante e l’avv. dello Stato Dell’Aira per il ministero appellato;

     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

     Con ricorso al T.A.R.S. Palermo, il sig. #################### #################### censurava, per asserita elusione di giudicato, il provvedimento del Direttore Generale del Ministero della Giustizia in data 3 aprile 2007, con cui l’Amministrazione intimata, in esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 67/06 resa dal medesimo T.A.R. sopraindicato, ha stabilito l’inquadramento del ricorrente “nel profilo professionale di collaboratore - posizione economica B2, figura professionale di riferimento operatore amministrativo, con decorrenza giuridica ed eco-nomica a partire dalla data di assunzione in servizio”.

     Il ricorrente, già agente di polizia penitenziaria dispensato dal servizio per inidoneità a seguito di ferimento all’emitorace sinistro procuratosi con l’arma da fuoco in dotazione personale durante l’espletamento di un turno di notte alla casa circondariale di ####################, assumeva che, in corretto adempimento dell’obbligo promanante dalla sentenza n. 67/06 del medesimo T.A.R.S. Palermo, l’Amministrazione intimata avrebbe dovuto procedere al reinquadramento dello stesso in altra qualifica con effetti giuridici ed economici da farsi decorrere, retroattivamente, alla data dei provvedimenti di dispensa dal servizio annullati.

     Il T.A.R. adito, con sentenza n. 1046/2008, ha respinto il ricorso, ritenendo che “l’inquadramento del ricorrente, con provvedimento del Direttore Generale del Ministero della Giustizia del 3.4.2007, nel profilo professionale di collaboratore - posizione economica B2, figura professionale di riferimento operatore amministrativo, assolve all’ob-bligo conformativo derivato dalla sentenza n. 67/06”.

     Con l’appello in epigrafe il sig. #################### ####################, citando favorevole giurisprudenza, ha eccepito che l’annullamento dei provvedimenti impugnati, disposto con la sentenza n. 67/06, ha determinato l’obbligo per l’Amministrazione soccombente di porre in essere ora per allora tutti gli atti necessari a ripristinare l’assetto di interessi compromessi, eliminando dal mondo giuridico non solo gli atti impugnati, ma anche ogni conseguenza negativa che sia giuridicamente conseguente ai provvedimenti riconosciuti illegittimi, ricreando la giusta situazione che sarebbe esistita se tali provvedimenti non fossero stati posti in essere.

     Ha poi censurato la sentenza impugnata nella parte in cui l’adito T.A.R. Palermo non si è pronunciato sulla domanda risarcitoria dallo stesso proposta in primo grado, giacché, nel caso di specie, sussisterebbero tutti gli elementi integrativi della responsabilità a carico della Pubblica Amministrazione ex art. 2043 cod. civ..

     Conclusivamente, l’appellante ha chiesto di accogliere l’appello e, per l’effetto, riformando la sentenza impugnata, ordinare al Ministero della Giustizia di provvedere a ricostruire la carriera dello stesso ed a corrispondere le retribuzioni arretrate che egli avrebbe percepito ove i provvedimenti annullati con la citata sentenza n. 67/06 non fossero stati posti in essere.

     Ha poi chiesto, in caso di inottemperanza dell’Amministrazione appellata, di nominare un commissario ad acta che provveda a dare esecuzione al giudicato nascente dalla suddetta sentenza n. 67/06 e, quindi, condannare il Ministero della Giustizia al risarcimento del danno extrapatrimoniale dallo stesso subito, da valutarsi in via equitativa.

     Con atto depositato in data 30 maggio 2009, si è costituita in giudizio il Ministero appellato, senza tuttavia spiegare difese scritte.

     Con memoria del 22 gennaio 2010, l’odierno appellante ha sostanzialmente ribadito le censure e le conclusioni di cui al precedente ricorso in epigrafe.

     Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

      Preliminarmente, pare utile, ai fini del decidere, richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in ordine all’oggetto del giudizio di ottemperanza, secondo cui esso “consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da parte dell’amministrazio-ne pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice della cognizione, nell’ambito del quadro procedurale da questi esaminato; pertanto, il giudice dell’esecuzione deve enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato chiarendone, se necessario, il significato reale” (Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007 n. 1612).

      Invero, la sentenza n. 67/06 - visto l’esito della verificazione disposta nell’ambito di quel giudizio, in base al quale nulla escludeva che il soggetto potesse svolgere un lavoro al servizio di una pubblica amministrazione purché, considerate le circostanze di tempo e di luogo in cui si era verificato il ferimento del ricorrente, detto lavoro non comporti turnazioni e venga svolto insieme ad altri, anche se con mansioni solo esecutive - non ha posto alcun obbligo in capo all’Ammi-nistrazione di reintegrazione del ricorrente nella posizione lavorativa già ricoperta all’epoca della dispensa dal servizio per inidoneità.

     Con detta sentenza, infatti, il Giudice ha osservato che “non sembra incompatibile, tenuto conto che dalla verificazione è emerso che il ricorrente non presenta sintomi di carattere psichiatrico e che versa in condizioni di benessere psico-fisico, lo svolgimento da parte dello stesso di mansioni diverse, di carattere esecutivo, non implicanti l’uso delle armi e turnazioni, nell’ambito di un gruppo di lavoro”.

     Dal chiaro  significato  della  statuizione sopra  richiamata, si evince che il Giudice di prime cure, all’esito del giudizio cognitorio, non ha in alcun modo inteso accogliere l’istanza del ricorrente, che si opponeva al provvedimento di interruzione del rapporto di lavoro in corso, per due ordini di considerazioni: perchè l’esito dell’istruttoria disposta e, quindi, il dictum giurisdizionale hanno inequivocabilmente escluso che le condizioni di salute del ricorrente, siccome accertate, potessero essere compatibili con le caratteristiche (uso di armi, turnazioni) proprie delle mansioni già espletate in qualità di agente penitenziario.

     La sentenza oggetto del presente giudizio ha riconosciuto, invece, che fosse meritevole di tutela soltanto l’interesse legittimo pretensivo del ricorrente ad essere reinquadrato in una nuova e diversa qualifica, con mansioni esecutive che non comportino rischi per sè e per gli altri.

     Sulla base delle superiori considerazioni, si può senz’altro condividere le conclusioni cui, sul punto, è pervenuto il Giudice di prime cure, ritenendo che “l’Amministrazione, con il provvedimento impugnato in questa sede, non si sia affatto discostata, violandoli o eludendoli, dagli obblighi conformativi nascenti dalla sentenza (…) ma, in piena aderenza al dictum del giudicato, abbia riesercitato il potere ad essa spettante, con nuove, autonome e motivate valutazioni che hanno interamente ridefinito l’assetto degli interessi in gioco, attraverso una concreta ponderazione e comparazione tra le condizioni di salute del ricorrente, come accertate in sede di verificazione, le mansioni proprie delle qualifiche compatibili e, non in ultimo, le disponibilità in pianta organica.

     La novazione del rapporto di impiego con il dipendente, sia agli effetti giuridici che economici, esclude, per quanto già osservato, che l’assegnazione alle nuove mansioni possa essere fatta retroagire alla data della dispensa dal servizio, atteso che un simile effetto si risolverebbe nell’attribuzione di benefici non spettanti”.

     In conclusione, il Collegio ritiene che, con il provvedimento in questa sede impugnato, l’Amministrazione abbia correttamente ottemperato all’obbligo di esecuzione del giudicato nascente dalla sentenza n. 67/2006, già più volte richiamata, per cui non ricorrono i presupposti per l’esercizio dei poteri di cui all’art. 27, primo comma, numero 4), del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 e successive modificazioni.

     La pretesa del ricorrente a conseguire la retrodatazione della nomina ai fini giuridici ed economici va, pertanto, ritenuta infondata, il ché comporta, altresì, la reiezione della domanda di risarcimento del danno avanzata per l’asserita illegittimità dell’azione amministrativa, stante l’insussistenza dei necessari presupposti

     Conclusivamente, l’appello va respinto perché infondato.

     Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

     Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, determinate in € 3.000,00 (tremila\00), sono poste a carico di parte soccombente.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

     Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, determinate in € 3.000,00 (tremila\00) sono poste a carico di parte soccombente.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Gabriele Carlotti, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.

F.to Riccardo Virgilio, Presidente

F.to Pietro Ciani, Estensore

Depositata in Segreteria

il 17 gennaio 2011