ATTI AMMINISTRATIVI - FORZE ARMATE
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-03-2011, n. 1302
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l'odierno appellato
#################### aveva domandato l'annullamento del decreto del Capo della
Polizia 5 maggio 2003, con il quale era stato disposto, a seguito di richiesta
di allontanamento dalla Sezione di polizia giudiziaria da parte del Procuratore
della Repubblica di ####################, il suo trasferimento per
incompatibilità ambientale dalla Sezione alla Questura di ####################.
Egli aveva prospettato tre motivi di censura, incentrati sui vizi di violazione
di legge, vizio di eccesso di potere per falsità del presupposto, difetto di
motivazione e carenza assoluta di istruttoria.
Il Tribunale amministrativo per la Calabria ha respinto il motivo fondato
sull'asserito malgoverno dell'art. 11 delle Norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale (d.lgs.. 28 luglio
1989, n. 271).
Il giudice ha invece ritenuto fondata la doglianza di illegittimità dell'atto
impugnato a causa dell'omesso inoltro della comunicazione di avvio del
procedimento ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, in quanto non erano
state esternate, né erano ravvisabili, ragioni di urgenza legittimanti
l'omissione del predetto incombente da parte dell'amministrazione.
Il Tribunale amministrativo ha altresì accolto il terzo motivo di ricorso di
primo grado, con cui era stata dedotta la violazione dell'art. 55 d.P.R. 24
aprile 1982, n. 335, dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241 e l'eccesso di potere
per falsità del presupposto, difetto di motivazione e carenza assoluta di
istruttoria.
In punto di fatto, il primo giudice ha rammentato che con nota in data 7 marzo
2003 il Procuratore della Repubblica di #################### aveva segnalato a
quel Questore l'esistenza di disagi, forte tensione, non comunicabilità e
sentimenti di rancore all'interno della Sezione di polizia giudiziaria, aliquota
P.S., causati dalla condotta del sostituto commissario Aiello e dell'Assistente
Scarcella e dai rapporti inquinati intercorrenti tra i due. La situazione, aveva
aggiunto il Procuratore, testimoniava un comportamento poco rispettoso delle
delicate mansioni ricoperte e costituiva un esempio istituzionale poco
edificante. Da qui il rilievo secondo cui i due soggetti si erano posti, in
egual misura, in condizioni di non godere più della piena fiducia che è alla
base della specifica collaborazione e la richiesta di immediato trasferimento
all'amministrazione di appartenenza, a seguito del quale era stato adottato il
provvedimento impugnato.
Sennonché, ha rilevato il primo giudice, nel caso di specie risultava un unico
episodio di forte scontro personale tra l'odierno appellato e lo Scarcella,
originato dalle recriminazioni di quest'ultimo in ordine al numero di ore di
straordinario riconosciute per un determinato mese.
Dalle relazioni di servizio risultava in maniera inequivocabile che il sostituto
commissario Aiello aveva subito un attacco unilaterale da parte del subordinato,
non manifestando alcuna significativa reazione e tentando solo di richiamare
alla calma La circostanza trovava conferma nel fatto che lo Scarcella, in
conseguenza dell'episodio, aveva subito la sanzione disciplinare della
deplorazione, mentre non risultava che a carico del'appellato fosse stato
adottato analogo provvedimento.
I fatti alla base del provvedimento non erano causalmente legati al
comportamento dell'odierno appellato che nella circostanza aveva ricoperto un
ruolo del tutto passivo.
Il provvedimento risultava fondato sulla considerazione di presupposti non
sussistenti. Non risultava, in particolare, l'esistenza di una situazione di
dissidio, non potendosi considerare tale una situazione non caratterizzata da
reciproca contrapposizione, quanto piuttosto dall'unilaterale attacco nei
confronti del superiore, originato, peraltro, da circostanze di importanza
minima, quale la pretesa mancata segnalazione di alcune ore di straordinario.
Avverso la sentenza l'amministrazione originaria resistente in primo grado ha
proposto un articolato appello.
L'urgenza del provvedere era in re ipsa posto che il Procuratore Capo della
Repubblica aveva richiesto il trasferimento dell'appellato; il provvedimento era
vincolato, non potendo l'appellante Amministrazione prescindere dal gradimento
(nel caso di specie venuto meno) del capo della Procura della Repubblica di
#################### nei confronti dell'Aiello; non si era trattato di un vero e
proprio trasferimento, posto che l' Aiello continuava a prestare servizio nella
medesima città; egli nessun apporto istruttorio avrebbe potuto prestare, posto
che, a seguito della richiesta in oggetto, l'amministrazione non avrebbe potuto
mantenere il dipendente al servizio della Sezione di polizia giudiziaria in
quanto era venuto meno il rapporto fiduciario che ne costituiva il presupposto
legittimante.
All'adunanza camerale del 14 ottobre 2008, fissata per la trattazione
dell'incidente cautelare, la Sezione con ordinanza n. 5458/2008 ha respinto
l'istanza di sospensione della esecutività dell'appellata decisione rilevando
che l'appello non appariva assistito dal prescritto fumus boni iuris e che la
sentenza impugnata meritava di essere confermata per rilevata violazione
dell'art. 7 l. n. 241 del 1990, in quanto non vi era stata in concreto
l'assoluta urgenza di provvedere (che avrebbe potuto superare l'applicazione
della suddetta norma), visto che erano trascorsi oltre due mesi tra la richiesta
del Procuratore della Repubblica e l'adozione del provvedimento di
trasferimento.
Motivi della decisione
L' appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma della sentenza e
rigetto del ricorso di primo grado.
Le norme che regolano la fattispecie sono contenute - per ciò che riguarda
l'allontanamento del sostituto commissario ####################, odierno
appellato, dalla Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della
Repubblica di #################### - nell'artt. 11 d.lgs. 28 luglio 1989, n.
271, decreto legislativo recante le norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del Codice di procedura penale, e - per ciò che riguarda la
conseguente sua destinazione alla Questura di #################### - nell'art.
55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, decreto legislativo recante l'ordinamento del
personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.
Rileva il Collegio che le prime di dette disposizioni - la cui corretta
applicazione costituisce logico presupposto dell'applicazione della seconda -,
nel contesto di quelle degli artt. da 5 a 20 (vale a dire del Titolo I, Capo III,
dedicato alla polizia giudiziaria, dello stesso d.lgs. n. 271 del 1988),
riflette la collocazione organizzativa dei componenti delle sezioni di polizia
giudiziaria, in rapporto strutturale e funzionale con l'autorità giudiziaria.
In questo quadro, la permanenza nelle sezioni di polizia giudiziaria presso le
procure della Repubblica del personale proveniente da corpi di polizia riveste -
come le altre disposizioni sulla provvista e il rapporto di ufficio di quel
personale, volte ad accentuarne la dipendenza funzionale dall'Autorità
giudiziaria - carattere complesso, che discende dalla natura speciale delle
sezioni e dalla relazione di gerarchia funzionale rispetto all'Autorità
giudiziaria, costituzionalmente previsto come strumento della sua indipendenza
funzionale (art. 109 Cost.).
Questo assetto implica che - se è pur vero che stato giuridico e carriera del
personale delle sezioni sono disciplinati dagli ordinamenti delle
amministrazioni di appartenenza (art. 10) - il capo della Procura della
Repubblica presso cui è istituita la sezione ha non soltanto il potere di
direzione e coordinamento della relativa attività (art. 9), ma anche la scelta e
l'ingerenza nella gestione del personale del nucleo specializzato, riguardo a
destinazione, impiego e (ciò che qui interessa) permanenza nell'ufficio.
Per ciò che concerne il trasferimento, l'art. 11, comma 1, dispone infatti che
"i trasferimenti del personale della sezione di polizia giudiziaria sono
disposti dall'amministrazione di appartenenza su proposta motivata del capo
dell'ufficio presso cui è istituita la sezione ovvero, su iniziativa
dell'amministrazione, previo nulla osta del medesimo e del procuratore generale
presso la corte di appello".
Questa disposizione (che riflette quella dell'art. 8, comma 6, circa
l'assegnazione, su richiesta nominativa del procuratore generale presso la corte
di appello e del procuratore della Repubblica), qualifica come determinante,
cioè vincolante, la volontà del capo dell'ufficio presso cui è istituita la
sezione e - se l'iniziativa è dell'amministrazione di appartenenza - anche del
procuratore generale presso la corte di appello. La scelta dei componenti delle
sezioni e il loro mantenimento presso le stesse,è invero - in vista
dell'indipendenza funzionale dell'attività giudiziaria - caratterizzata in senso
strettamente fiduciario, tale essendo il rapporto fra il titolare dell'ufficio e
lo quanti vi collaborano in una tale posizione di dipendenza. Una volta cessato
questo rapporto fiduciario - il che si manifesta, come è nella specie, nella
proposta motivata del capo dell'ufficio - non permane alcuna tutelata pretesa
dell'interessato alla permanenza nell'ufficio medesimo.
Quanto al secondo ordine di disposizioni, la norma consequenziale che regola il
trasferimento per incompatibilità ambientale del personale appartenente alla
Polizia di Stato è contenuta nell'art. 55, quarto comma, d.P.R. 24 aprile 1982,
n. 335, dove si prevede che il trasferimento ad altra sede può essere disposto
anche in soprannumero all'organico dell'ufficio o reparto quando la permanenza
del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione o si sia
determinata una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente
stesso, o per gravissime ed eccezionali situazioni personali.
La combinazione di questa disposizione dell'art. 55 d.P.R. n. 335 del 1982 con
quella del ricordato art. 11 d.lgs. n. 271 del 1988 è tale per cui la richiesta
del procuratore della Repubblica di allontanamento dalla sezione di polizia
giudiziaria è vincolante e dunque sufficiente a giustificare il trasferimento
per incompatibilità ambientale. Questo trasferimento diviene, per
l'amministrazione di appartenenza, un atto necessitato, dove della fattispecie
dell'art. 55 residua, per un'autonoma applicazione nella discrezionalità
dell'amministrazione di appartenenza, solo la scelta della destinazione e la
previsione dell'eventualità del soprannumero.
Di entrambe queste disposizioni appare qui essere stato fatto un uso sostanziale
corretto e consono allo scopo e alla natura del relativo potere di governo del
personale. E ciò - va rimarcato - giungendo anche alla considerazione delle
esigenze di vita e familiari dell'interessato, posto che il trasferimento è
avvenuto con destinazione nella medesima città.
Per quanto concerne i profili procedimentali, il Collegio ritiene fondata la
doglianza dell'appellante Amministrazione sollevata contro l'accoglimento della
censura, contenuta nel ricorso di primo grado, di malgoverno dell'art. 7 l. 7
agosto 1990, n. 241 circa la comunicazione dell'avvio del procedimento.
Vale al riguardo considerare che l'allontanamento, quale contrarius actus
dell'assegnazione alla sezione di polizia giudiziaria, è al pari di questa da
disporre, ad opera dell'amministrazione di appartenenza, "senza ritardo" (cfr.
art. 9 d.lgs. n. 271 del 1988): in ragione, evidentemente, della funzionalità e
delle efficienza del servizio espletato dalle sezioni medesime e della relativa
sostituzione; cui, nel caso dell'allontanamento, va aggiunta l'importanza e la
delicatezza - riflettentesi anche sulle libertà dei consociati - del servizio in
questione, del che è dominus il il vertice giudiziario requirente.
L'atto necessitato del ricordato art. 55 è dunque non solo dovuto, ma anche
dovuto con esigenze di celerità, insite nella stessa fattispecie normativa.
La combinazione di queste con il carattere strettamente fiduciario della
provvista, e la stretta funzionalità di entrambe rispetto all'effettiva
indipendenza dell'azione giudiziaria, superano l'onere di comunicazione in
questione, ricorrendo sia la deroga espressa (celerità) prevista dallo stesso
art. 7, sia quella tacita insita nel descritto, insindacabile intuitus personae
previsto a presidio dell'indipendenza funzionale del giudiziario.
Perciò la comunicazione di avvio del procedimento è superflua quando l'adozione
del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione;
i presupposti fattuali dell'atto risultano incontestati; il quadro normativo di
riferimento non presenta margini di incertezza apprezzabili; l'eventuale
annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo
formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere (o del
dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in
relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici. (Cons. Stato, IV, 30
settembre 2002, n. 5003).
Nella specie, secondo l'appellante amministrazione, l'omissione dell'avviso
discende dalle condizioni di urgenza; e comunque detta omissione sarebbe stata
totalmente ininfluente, avuto riguardo alla circostanza che il provvedimento
impugnato aveva natura vincolata e si basava su una insindacabile valutazione
circa l'elemento fiduciario della provvista.
Infatti la pressante richiesta del Procuratore della Repubblica di trasferimento
dell'Aiello e dello Scarcella dalla Sezione di polizia giudiziaria, comportava
la necessità per l'Amministrazione di appartenenza di costoro di disporre
conformemente e con sollecitudine..
La circostanza che a tale esigenza di urgenza, volta ad evitare disservizi in un
settore essenziale, e su esplicita richiesta del Capo della Procura,
l'Amministrazione abbia dato seguito con altrettanta sollecitudine non inficia
la legittimità del provvedimento qui impugnato.Il tempo trascorso (circa due
mesi) tra la richiesta del Procuratore della Repubblica e l'adozione del
provvedimento lascia invero immutato che esso si palesava già ex ante connotato
da urgenza e che l'Amministrazione poteva perciò omettere l'avviso dell'avvio
del procedimento.
La sentenza merita pertanto censura.
È il caso di aggiungere che per consolidato orientamento di questo Consiglio di
Stato, ai sensi dell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, il trasferimento ad
altra sede di agenti di P.S. può essere disposto, tra l'altro, quando la
permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'amministrazione,
con ciò prescindendo da diretti profili di imputabilità al dipendente della
situazione di incompatibilità ambientale (Cons. Stato, VI, 27 giugno 2008, n.
3270). E' pacifico infatti che detto trasferimento non ha valenza sanzionatoria
(Cons. Stato, IV, 27 maggio 2002, n. 2895). Erra dunque la sentenza quando
richiede la dimostrazione di una situazione "causalmente collegata a
comportamenti dell'interessato", assumendo la necessità che l'interessato si sia
reso protagonista di una condotta attiva e pretendendo la dimostrazione che il
dissidio sia sfociato in una situazione di persistente conflittualità. Anche un
singolo episodio di contrasto, infatti, può inverare le
esigenze (tutela della serenità e del prestigio dell'amministrazione) per la cui
salvaguardia è data la previsione dell'art. 55 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335.
L'appello è dunque fondato, la sentenza va riformata e il ricorso di primo grado
respinto.
Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti in relazione
alla natura della controversia ed all'alterno andamento processuale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente
pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto lo accoglie e per l'effetto
riforma l'appellata sentenza e respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.