GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 30-11-2010, n. 8350
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il signor ####################, in servizio presso la Guardia di Finanza col
grado di Vice Brigadiere Mare, ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza
con la quale il T.A.R. del #################### ha respinto il ricorso da lui
proposto avverso il provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego
adottato nei suoi confronti.
A sostegno dell'impugnazione, premessa la persistenza del proprio interesse alla
decisione malgrado la sopravvenuta revoca della censurata sospensione,
l'appellante ha dedotto i vizi di omessa pronuncia su di un capo della domanda e
di difetto ed erroneità della motivazione della sentenza (in relazione al
mancato ricorrere di gravi motivi idonei a giustificare il provvedimento emesso
dall'Amministrazione).
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia
di Finanza, costituitisi, hanno ribadito la sopravvenuta carenza di interesse
alla decisione, e comunque hanno chiesto respingersi l'appello siccome
infondato.
All'udienza del 26 ottobre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. L'odierno appellante, signor ####################, in servizio nel Corpo
della Guardia di Finanza, ha impugnato in primo grado il provvedimento di
sospensione dal servizio adottato nei suoi confronti ai sensi dell'art. 92 del
d.P.R. 10 gennaio 1957, nr. 3; tale provvedimento faceva seguito ad altra
sospensione cautelare, disposta ai sensi dell'art. 91 dello stesso decreto, ed
entrambi erano scaturiti dall'essere stato l'interessato rinviato a giudizio per
il reato di concorso in usura.
Il T.A.R. della Puglia, con la sentenza odiernamente impugnata, ha respinto le
doglianze del ricorrente, il quale peraltro nelle more del giudizio, essendo
stato prosciolto dalle imputazioni mossegli, si era visto revocare la
sospensione e riammettere in servizio.
2. Tanto premesso, va preliminarmente esaminata l'eccezione di improcedibilità
del gravame sollevata dall'Amministrazione appellata sulla base della richiamata
cessazione della sospensione impugnata, intervenuta dopo il passaggio in
decisione del giudizio di primo grado (ma prima del deposito della sentenza qui
in esame).
L'eccezione è fondata.
Ed invero, non può trovare accesso la prospettazione dell'odierno appellante
secondo cui permarrebbe il proprio interesse alla decisione ai fini di
un'eventuale domanda intesa al risarcimento del danno patito per effetto della
sospensione dal servizio, in quanto siffatta azione - non proposta
contestualmente all'azione di annullamento che qui occupa - si esporrebbe a una
pressoché sicura eccezione di prescrizione da parte dell'Amministrazione.
Infatti, il definitivo superamento della c.d. pregiudizialità amministrativa ha
comportato come conseguenza la generale applicazione del principio, già
affermato da questo Consesso anteriormente all'entrata in vigore dell'attuale
codice del processo amministrativo, per cui il dies a quo della prescrizione
quinquennale del diritto al risarcimento del danno coincide con la data del
provvedimento lesivo, e non più con quella del passaggio in giudicato della
sentenza che lo ha annullato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2009, nr.
5523; Cons. Stato, sez. V, 9 giugno 2009, nr. 3531).
Nel caso di specie, trattandosi di provvedimento a effetti lesivi permanenti,
deve ritenersi che il predetto termine prescrizionale abbia iniziato a decorrere
dal 15 dicembre 2004, data della riammissione in servizio dell'istante, e
pertanto esso ad oggi è indubitabilmente spirato.
Quanto sopra il Collegio ritiene di poter rilevare anche d'ufficio, attenendo
alla persistenza dell'interesse all'impugnazione, e quindi a una condizione
dell'azione che per pacifica giurisprudenza può essere valutata anche d'ufficio
dal Giudice, laddove risulti evidente l'impossibilità che l'accoglimento del
ricorso rechi al ricorrente un qualsiasi vantaggio (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
12 marzo 2009, nr. 1431; Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2006, nr. 3053; id., 15
maggio 2003, nr. 2632).
3. In ogni caso, può ad abundantiam rilevarsi che l'impugnazione è anche
infondata nel merito.
4. Al riguardo, va osservato che l'appellante ha riproposto nel presente grado
unicamente il terzo motivo dell'impugnazione originaria, incentrato
sull'asserita insussistenza di "gravi motivi" idonei, ai sensi dell'art. 92 del
d.P.R. nr. 3 del 1957, a giustificare il provvedimento sospensivo adottato nei
suoi confronti.
Pertanto, si è formato il giudicato sulle ulteriori statuizioni contenute nella
sentenza gravata, fra cui quella relativa alla sussistenza del potere
dell'Amministrazione di infliggere la sospensione facoltativa di cui al
ricordato art. 92, anche dopo aver già applicato la sospensione cautelare di cui
al precedente art. 91, ed alla scadenza di quest'ultima (come avvenuto nella
fattispecie).
Ciò premesso, appare evidente l'infondatezza delle doglianze di parte
appellante, in considerazione dell'ampia discrezionalità di cui gode
l'Amministrazione nell'apprezzamento dei "gravi motivi" per i quali può essere
disposta la ridetta sospensione facoltativa, che possono consistere anche in
situazioni di oggettivo turbamento che la riammissione in servizio
dell'interessato determinerebbe nel Corpo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo
2001, nr. 1695).
In tal senso risulta aver ragionevolmente motivato l'Amministrazione, con
riferimento alla gravità delle imputazioni per le quali l'istante era sottoposto
a processo; né può dirsi - come si assume da parte appellante - che
l'Amministrazione fosse obbligata a tener conto di quanto di volta in volta
veniva emergendo nel corso del giudizio penale, peraltro non ancora concluso
all'epoca delle contestate determinazioni (e salvo il dovere, puntualmente
rispettato, di revocare la sospensione una volta che lo stesso si è
definitivamente concluso con sentenza di assoluzione).
5. In considerazione della peculiarità della vicenda che occupa e del carattere
comunque assorbente della rilevata improcedibilità, sussistono giusti motivi per
compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.