FORZE ARMATE
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2640
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.-  Con ricorso al TAR Lazio, il sig. ####################, all'epoca dei fatti militare della Guardia di Finanza, impugnava il provvedimento con cui veniva destituito dal servizio, per applicazione della sanzione della perdita del grado per rimozione. Detto provvedimento era adottato poiché nel corso di un ordinario controllo (verbale di sequestro 19.8.2008), l'interessato era stato colto in compagnia di soggetti che detenevano sostanze stupefacenti ed anch'egli era stato indicato, dal verbale predetto, quale detentore per uso personale occasionale della sostanza stessa.
Per quanto riferito dal verbale, il ricorrente, che subiva anche procedimento penale militare, era perseguito mediante procedimento disciplinare, nel corso del quale il funzionario istruttore  concludeva con la richiesta di applicazione della pena di sospensione dal servizio per la durata di un mese.
Al termine della procedura, la Commissione, e successivamente il decreto ministeriale impugnato, valutati tutti gli atti, disponevano la destituzione del B., tenendo conto della recidività della condotta rispetto ad altro precedente episodio (uso delle sostanze in questione).
1.1.- A sostegno del ricorso al TAR l'interessato poneva diversi profili di eccesso di potere argomentando essenzialmente:
- la mancata prova dell'uso di stupefacenti, sussistendo peraltro accertamenti medici in senso opposto e non valutati  dall'amministrazione;
- l'inapplicabilità alla fattispecie dell'orientamento giurisprudenziale che ammette come causa della destituzione,  la frequentazione di soggetti dediti all'uso di cannabinoidi, attesa la  relazione di parentela col soggetto realmente detentore;
- l'occasionalità del pregresso uso di sostanze stupefacenti, e quindi la sua inidoneità a determinare la sanzione irrogata, non avendo influito sul servizio.
2. - Il TAR adìto ha respinto il ricorso, così motivando:
- nel corso del presente giudizio non sono stati addotti elementi concreti, atti a smentire la veridicità dei fatti assunti dall'amministrazione;
- per giurisprudenza consolidata, la p.a. dispone  di un ampio potere discrezionale nell'apprezzare autonomamente i fatti disciplinarmente rilevanti;
- le valutazioni da essa compiute, sul punto, non  sono sindacabili - da parte del giudice della legittimità, se non per macroscopici vizi logici, nel caso di specie, obiettivamente irriscontrabili;
- i fatti ascritti al ricorrente (non nuovo, tra l'altro, ad esperienze del genere considerato) sono, secondo il comune modo di sentire, oltremodo riprovevoli:
- i fatti stessi denotano una sostanziale mancanza del senso dell'onore e della morale, appaiono obiettivamente inconciliabili con le funzioni proprie di un membro dell'Esercito, essi non possono, pertanto, che renderne incompatibile l'ulteriore permanenza  in quest'importante Istituzione;
- le gravate determinazioni amministrative, congruamente motivate "per relationem", sono state adottate a conclusione di un'approfondita istruttoria, nel corso della quale sono state sempre rispettate le garanzie difensive dell'inquisito.
3.- La sentenza è stata oggetto di appello (in odierna trattazione), a sostegno del quale il sig. B. ha riproposto i motivi svolti in primo grado, sottolineando in particolare l'errore della sentenza impugnata nel non aver tenuto conto della mancata prova del fatto ascritto. L'appellante ha anche rilevato che la grave (e massima) sanzione prevista dall'ordinamento del Corpo è stata inflitta per un comportamento che in realtà non potrebbe giustificarne l'adozione.
Il Collegio, premessa la sindacabilità delle sanzioni disciplinari limitatamente all'evidente inesistenza delle condizioni di legge (v. ex multis, Cons di Stato, sez.IV, n. 2648/2010 e  n. 695/1996), ritiene la censura fondata, proprio in relazione al dedotto vizio di eccesso di potere per difetto del presupposto necessario per irrogare la sanzione contestata.
- Deve anzitutto muoversi dal verbale in data 19.8.2008, il quale, dopo aver sottoscritto l'affermazione (prestampata sul documento) della detenzione per uso personale della sostanza da parte del B., reca l'annotazione dei verbalizzanti: "la parte si rifiuta  di firmare". Vero è che il verbale fa piena prova dei fatti accertati sino a querela di falso, ma nella fattispecie osserva la Sezione che la gravità del comportamento contestato al B. era tale, in relazione alla posizione di appartenente al Corpo, da richiedere quanto meno l'allegazione di altri elementi o circostanze idonei a supportarla, che certamente non emergono da una dicitura prestampata che peraltro prevede  solo ipotesi di colpevolezza.
Ma oltre alla circostanza della mancata sottoscrizione del verbale di sequestro (la quale indica semplicemente che il contravvenzionato non conferma l'accadimento del fatto ascritto),  l'appellante deduce che la mancata prova del fatto si ricaverebbe dalla  testimonianza resa dall'ufficiale istruttore del procedimento disciplinare. Ed invero nel verbale di interrogatorio 11.5.2010 si legge  (pp. 10 ed 11) che il teste, interrogato nella sua specifica veste di ufficiale istruttore del procedimento disciplinare, mette esplicitamente  in dubbio che l'amministrazione abbia raggiunto la prova dei fatti ascritti; egli infatti non conferma, quanto alla detenzione, che la sostanza è stata trovata nelle mani del ricorrente e, quanto all'uso personale, evidenzia la carenza di qualsiasi sottoposizione dell'interessato ad analisi di laboratorio dimostrative dell'assunzione dello stupefacente.
Ad analisi ha invece proceduto il B. nei giorni successivi alla contestazione e con esito (v. ref. 1.8.2008 in atti) che  esclude qualsiasi presenza di oppiacei. Da parte dell'Amministrazione resta invece il fatto di non aver sottoposto il ricorrente ad alcuna verifica, e di aver basato la sanzione unicamente su verbale di sequestro, non sottoscritto dal ricorrente, atto che in sostanza faceva piena prova unicamente del reperimento della sostanza nelle vicinanze del ricorrente, ma non della sua proprietà e tantomeno della sua assunzione. Per vero, anche sulla proprietà della sostanza rinvenuta, il  B. aveva prodotto un ulteriore elemento a discarico, riferendone la titolarità al cugino.
Va aggiunto che nemmeno nel procedimento disciplinare l'Amministrazione ha fornito elementi a supporto della commissione del fatto da parte del B.; sul punto, il verbale 23.7.2009, redatto dalla Commissione di disciplina, risulta infatti unicamente fondato sulla presa visione delle difese svolte dall'incolpato e sul rinvio alla relazione del funzionario istruttore; questa, a sua volta, si basa unicamente sul predetto verbale di sequestro, la cui efficacia probatoria, è stata sopra negativamente valutata.
3.1- Conclusivamente, il Collegio rileva la sussistenza di diverse ragioni per ritenere la misura sanzionatoria impugnata affetta dal vizio di eccesso di potere per insufficienza di elementi probanti il fatto presupposto dalla misura irrogata, con l'ulteriore conseguenza che questa risulta sfornita di una motivazione di carattere sostanziale a sostegno del provvedimento disciplinare.
4.- Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata ed annullamento della destituzione impugnata, in accoglimento del ricorso di primo grado.
5.- Le spese dei giudizi seguono il principio della soccombenza (art. 91 cpc).P.Q.M.
Il  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe: accoglie l'appello e, per l'effetto ed in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando il provvedimento di destituzione dal servizio.
Condanna il Ministero dell'economia al pagamento,  in favore dell'appellante, delle spese di entrambi i gradi di giudizio che liquida complessivamente in Euro cinquemila, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.