FORZE ARMATE   -   GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-02-2009, n. 1056
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe il Tar del Lazio ha accolto il ricorso proposto dai ricorrenti, qui resistenti, indicati in epigrafe, tutti appartenenti alla Polizia di Stato in servizio presso "sezioni" di ####################, per l'annullamento del silenzio-rigetto sulla richiesta di liquidazione delle indennità di istituto previste dall'art.12 del DPR n.147 del 1990, condannando l'Amministrazione alla corresponsione delle relative somme.

Appella il Ministero dell'interno deducendo i seguenti motivi:

1. Inammissibilità del ricorso.

I ricorrenti nel loro ricorso collettivo si sono limitati a dedurre di essere tutti assegnati a servizi di scorta senza specificare a quale anno risalga detta assegnazione, a quale tipologia di servizi esterni siano stati addetti nel tempo ed in base a quali ordini di servizi e con quale periodicità. Non avendo affermato i fatti costituitivi del diritto azionato, quanto a ciascuna posizione collettivamente fatta valere, si determina sostanziale difetto di una delle condizioni dell'azione, ostativo all'esame nel merito del ricorso.

2. Insufficiente motivazione sulla prova documentale dei requisiti per beneficiare dell'indennità ex art.12, comma 1, del DPR n.147/90.

L'Amministrazione in primo grado aveva dedotto di aver provveduto caso per caso ad erogare l'indennità solo ai dipendenti in possesso dei requisiti richiesti, apparendo evidente che, non avendo erogato alcunchè ai ricorrenti, la stessa negava la ricorrenza dei predetti requisiti e, quindi, sostanzialmente contestava le domande. Il mal governo delle prove documentali in atti, assenti, ed il frainteso comportamento processuale dell'Amministrazione, integrano vizio di insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo dell'assenza dei presupposti-fatti costitutivi del diritto all'indennità (ordini formali, effettivo svolgimento dei servizi esterni, organizzazione in turni stabili e periodici).

3. Falsa applicazione dell'art.116, comma 2, c.p.c..

Il Tar commette falsa applicazione del comma 2 dell'art.116 c.p.c. perché non è condivisibile la tesi per cui la prova dei fatti costitutivi di un diritto può essere raggiunta attraverso la mancata loro contestazione da parte del convenuto. Il processo, poi, nasce da impugnativa di un silenzio rifiuto; i momenti preprocessuale e processuale si saldano per costituire l'oggetto del giudizio, ed il Tar ha trascurato la valenza del rifiuto quale volontà di contestazione delle domande.

4. Violazione e falsa applicazione dell'art.12 del DPR 5.6.1990, n.147.

Il ricorso era infondato nel merito, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha sancito che il beneficio in lite non spetta al personale della Polizia di Stato che abbia svolto attività di scorta, anteriormente all'1.6.1999, data di inizio della decorrenza degli effetti del DPR 254/99.

La corresponsione dell'indennità per servizi esterni, quale risultante dalla disciplina succedutasi a partire dal DPR n.147/1990, come esplicitata dalle relative circolari applicative, presupponeva: a) il regolare impiego, sulla base di formali ordini di servizio, in servizi svolti in ambiente esterno ed articolati in turni coprenti l'intero arco della giornata (tutte le 14 ore); b) lo svolgimento all'aria aperta di attività di servizio istituzionalmente esercitata in ambiente esterno e stabilmente organizzata in turni continuativi articolati su 24 ore; la permanenza in ambiente esterno per tutta la durata del turno. Le disposizioni poi emanate con l'accordo nazionale del 1995 e quello del 1999, hanno dato luogo ad un notevole contenzioso, volto a conseguire il beneficio anche per il periodo 1991/1995, fondato sulla tesi, accolta qui dal Tar, che già la formulazione originaria della norma ne prevedesse la spettanza per i servizi effettuati, a seguito di formale ordine di servizio,
al di fuori della sede dell'ufficio. Dopo un iniziale orientamento favorevole ai ricorrenti, la IV Sezione C.d.S., a partire dal 2006, ha sancito che il beneficio non spettasse al personale della Polizia di Stato che avesse svolto attività di scorta (così come ogni altra attività indicata nell'art.9 del DPR 254/99: scorta, vigilanza, lotta alla criminalità) anteriormente all'1.6.1999, data di decorrenza degli effetti dello stesso DPR 254/99.

Solo dall'1 giugno 1999 l'indennità di servizio esterno è estesa agli addetti al servizio scorte, non spettando la stessa per il solo fatto di essere assegnato al nucleo scorte prima di tale data. Tale considerazione giurisprudenziale vale non solo per i servizi di scorta svolti da alcuni degli odierni ricorrenti, ma anche per i servizi svolti dagli altri coattori presso gli uffici di rispettiva appartenenza, essendo esteso il compenso in questione solo dal 1 giugno 1999 all'attività di tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità, nonché tutela della normativa in materia di poste e comunicazioni impiegato in turni e sulla base di ordini formali di servizio svolti all'esterno degli uffici o presso enti e strutture di terzi.

E' poi perfettamente ammissibile che l'Amministrazione, parte dell'accordo sindacale, abbia, con circolari interpretative, individuato i presupposti legittimanti l'applicazione della normativa contrattuale, delineando i criteri direttivi la cui logicità va apprezzata alla luce delle finalità che la volontà pattizia ha inteso perseguire con l'introduzione dell'istituto in argomento. La pretesa dei ricorrenti non è perciò accoglibile, atteso che l'estensione del beneficio in questione a categorie di personale che sino ad allora, in base alla normativa vigente, non ne avevano diritto, per l'attività di scorta, tutela, vigilanza e lotta alla criminalità, si è avuta solo a decorrere dalla data indicata dal DPR 254/99.

Nessuno si è costituito per gli originari ricorrenti.
Motivi della decisione

1. Si deve anzitutto ritenere fondato il primo ordine di motivi di appello posto che, come è dedotto dall'Amministrazione appellante, e come risulta confermato dalla lettura del ricorso introduttivo, i ricorrenti si sono limitati a dedurre di "svolgere servizi esterni di P.G. nonché servizi esterni espletati a bordo delle volanti della Polizia stradale, Squadra Mobile, Digos, Polizia anticrimine c/o Ufficio pretorile, Comm.to #################### #################### Volantina-squadra investigativa...per l'intera durata del tempo al di fuori della sede strutturale di servizio e risultano organizzati in turni stabili e periodici sulla base di ordini formali di servizio", senza specificare la tipologia di tali servizi per ciascuno dei distinti ricorrenti ed il periodo determinato di loro espletamento, in rapporto alla invocata disciplina di cui all'art.12, comma 1, del DPR 5 giugno 1990, n.147, quale interpretata dall'Amministrazione e dalla ormai consolidata giurisprudenza di questo Consiglio.

In particolare, trattandosi di un beneficio economico spettante, appunto, soltanto per lo svolgimento di determinate tipologie di servizio, anteriormente all'entrata in vigore del DPR 15 marzo 1999, n.254, (che lo ha esteso anche ai servizi di "tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità, nonché alla tutela della normativa in materia di poste e comunicazioni"), i ricorrenti avrebbero dovuto quantomeno affermare, oltre all'esistenza dei concreti formali ordini di servizio relativi alla singole specifiche posizioni di ciascuno di essi, la corrispondenza del contenuto di detti ordini a determinate attività di servizio, tali da consentire la ricognizione di queste ultime in relazione alla previsione delle tipologie previste dalla disciplina di origine contrattuale invocata a fondamento della pretesa, e ciò a partire dalla entrata in vigore dello stesso DPR n.147 del 1990, riferimento temporale dagli stessi dedotto nella domanda giudiziale.

Tale mancata specificazione neppure consente di verificare l'eventuale spettanza dell'indennità per periodi corrispondenti alla disciplina di tale voce retributiva succedutasi nel tempo, in particolare in relazione all'art.9, comma 1, DPR 31 luglio 1995, n.395, nonché in relazione all'art.11, comma 1, del già citato DPR n.254/1999, essendo del tutto pretermessa, nel ricorso introduttivo, l'indicazione del momento di assegnazione ai servizi così genericamente invocati per ciascun ricorrente.

Ne discende che è condivisibile quanto dedotto in appello circa l'inammissibilità di un ricorso in cui manchi l'indicazione dei fatti essenziali che connotano la posizione di ciascuno dei ricorrenti, precludendo ciò al giudice di entrare nel merito della pretesa e quindi, altresì, di espletare l'eventuale attività istruttoria occorrente a verificare la fondatezza dei fatti affermati; per converso, a fronte di una tale genericità assoluta della pretesa azionata, il giudice di prime cure non poteva ricorrere alla presunzione di cui all'art.116, comma 2, c.p.c., non assumendo valore significativo il comportamento processuale dell'Amministrazione, il cui silenzio su affermazioni del tutto generiche dei ricorrenti non poteva rivestire alcun significato ammissivo di fatti non per sé significativi della fondatezza della domanda, e sui quali, dunque, la stessa non aveva l'onere di sollevare eccezioni.

Oltretutto, la memoria difensiva di primo grado dell'Amministrazione aveva dedotto che l'indennità era stata erogata "solo ai dipendenti in possesso dei requisiti richiesti", con ciò eccependo, implicitamente ma necessariamente, che non avendo corrisposto alcunchè ai ricorrenti, la stessa Amministrazione negava la ricorrenza dei medesimi requisiti e, quindi, contestava sostanzialmente le domande cumulativamente ed indistintamente proposte con il ricorso collettivo di primo grado, non potendosi perciò, indipendentemente dalla genericità assoluta delle domande stesse, ritenere l'esistenza di un comportamento processuale di natura ammissiva.

2. L'appello è comunque fondato anche nel merito, nella misura in cui si ritenga desumibile dal ricorso introduttivo che i ricorrenti siano stati addetti ad attività di "tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità" nel periodo decorrente dall'entrata in vigore dell'art.12 del DPR n.147/1990 (azionandosi quindi una pretesa per emolumenti da corrispondersi per il periodo giugno 1990-giugno 1999, salvi gli effetti della prescrizione riconosciuti anche nella sentenza di primo grado).

Per il periodo così individuabile, va richiamata la giurisprudenza di questa Sezione, peraltro allineata a quella espressa dalla IV Sezione di questo stesso Consiglio su appartenenti a corpi diversi dalla Polizia di Stato, cui si applica la stessa disciplina (da ultimo; IV 27 luglio 2008, n.3670), per cui "i servizi di scorta e tutela - e lotta alla criminalità- non sono contemplati nell'ambito dei protocolli di intesa e delle "circolari" del Ministero che elencano i servizi esterni" ai sensi dell'art 12 del DPR n.147/1990; "tali protocolli d'intesa e tali circolari applicative non possono avere valore solo esemplificativo, attesi i riflessi finanziari dell'individuazione di tali servizi e l'espressa considerazione del servizio di scorta - e di vigilanzaquale servizio esterno, solo a decorrere dal 1 giugno 1999 con il D.P.R. 16 marzo 1999 n. 254"; ciò considerato che "in caso contrario sarebbero vanificati gli accordi sindacali che si basano su precisi equilibri finanziari"(VI, 7
settembre 2006, n.5215).

2.1. Peraltro, nella misura in cui i servizi genericamente richiamati dai ricorrenti, (come s'è visto, indipendentemente dal loro riferimento necessario alle singole posizioni ed a periodi di assegnazione specificati), possano ricondursi a "servizio di istituto prestato all'esterno del reparto di appartenenza" anche ai sensi dell'originario art.12 del DPR n.147/90, va rilevato che, contrariamente a quanto argomentato nel ricorso introduttivo, l'indennità in questione non pare spettante.

Ciò in quanto il suo riconoscimento è subordinato non solo all'esistenza di formali ordini di servizio (come s'è detto non correttamente specificati dai ricorrenti), ma, per il periodo luglio 1990-ottobre 1995, (richiamato altresì nel ricorso introduttivo stesso, pag.9, in connessione all'entrata in vigore dell'art.9 del citato DPR 395/1995), anche all'inserimento dell'attività in una "regolare turnazione" nell'arco delle 24 ore. Della necessaria ricorrenza di tale requisito, in relazione alle attività comunque rese anteriormente al 1995, (e senza che l'art.9 del DPR 395/1995 abbia avuto portata intepretativa per il passato), ha dato positivamente conto la giurisprudenza di questa Sezione (VI, 14 novembre 2006, n.6692). Orbene, lo stesso ricorso originario, con la sua contestazione su tale specifico punto, fa ritenere non sussistente tale requisito nei confronti dei ricorrenti che tendono appunto a superarlo argomentando su un inconfigurabile carattere interpretativoe non
novativodel DPR del 1995 (e sempre, peraltro, tenendo conto, a fortiori, dell'accoglimento dell'eccezione di prescrizione da parte del primo giudice, sulla quale si deve in tale sede concordare).

Alla luce delle considerazioni che precedono, l'appello va pertanto accolto. Le spese per entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate attesa la natura della questione controversa.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe, annullando per l'effetto la sentenza impugnata.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 13.1.2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente

Luciano Barra Caracciolo Consigliere est.

Roberto Garofoli Consigliere

Bruno Rosario Polito Consigliere

Roberto Giovagnoli Consigliere