IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 08-05-2009, n. 2844
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con la sentenza n. 1365 del 2003 il Tar della ####################, sede di
Catanzaro, ha accolto il ricorso del sovrintendente della Polizia stradale
#################### avverso il provvedimento del Dirigente del Compartimento di
polizia stradale per la #################### del 23.3.2001, con il quale il
dipendente era stato sospeso dal servizio "sino all'esito del procedimento
penale" relativo al delitto di concussione continuata in concorso.
Il Tar ha ritenuto che il provvedimento amministrativo era stato emesso ai sensi
dell'art. 9, primo comma, del d.p.r. n. 737 del 1981, che regola la sospensione
obbligatoria dal servizio per effetto di una misura giudiziaria restrittiva
della libertà personale (custodia in carcere o arresti domiciliari), prevedendo
che la stessa sia adottata dal capo dell'ufficio di appartenenza, che sia
automatica e che cessi con il venir meno della restrizione. Diversa è l'ipotesi
dell'art. 9, secondo comma, che disciplina la sospensione facoltativa, adottata
dal Capo della Polizia, che ha contenuto discrezionale e che può protrarsi per
tutta la durata del procedimento penale.
Nel caso concreto la durata della sospensione di cui al primo comma "doveva"
coincidere con la durata dell'arresto; di qui l'annullamento del provvedimento
lesivo.
2. La sentenza è appellata dal Ministero dell'interno, il quale rileva che il
terzo comma dello stesso art. 9 contempla la "facoltà" per l'amministrazione di
revocare la sospensione cautelare obbligatoria dal giorno successivo a quello in
cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame sul caso
all'esito del giudizio penale; la particolare gravità del comportamento del
dipendente ha pienamente giustificato la mancata riammissione in servizio.
In ogni caso, per effetto dell'ordinanza cautelare favorevole del Tar n. 675 del
6.9.2001, il dipendente è stato riammesso in servizio dall' 8.10.2001; a seguito
poi di richiesta di rinvio a giudizio, il Capo della Polizia con decreto del
23.1.2002 ha provveduto nuovamente a sospenderlo cautelarmene dal servizio ai
sensi dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 737 del 1981; il ricorso
avverso tale ultimo provvedimento è stato respinto dal Tar con sentenza n. 852
del 2002.
3. Non si è costituito in giudizio l'appellato, nonostante regolare notifica del
gravame.
Con ordinanza n. 4546 del 2004 è stata respinta l'istanza cautelare.
All'udienza del 24 febbraio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L'appello va accolto, nonostante le vicende che si sono susseguite (di cui si
dirà) ed al fine di evitare che, con pronunce di improcedibilità per
sopravvenuto difetto di interesse a coltivare le varie impugnative, possa
restare in vita una decisione comunque favorevole al dipendente.
5. Il d.p.r. n. 737 del 1981 (in materia di "sanzioni disciplinari" per il
personale della pubblica sicurezza) all'art. 9 detta disposizioni per la
"sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale", sospensione che è
una misura cautelativa che non corrisponde alla sanzione che prende lo stesso
nome.
La norma al primo comma prevede la c.d. sospensione cautelare obbligatoria che
"deve" essere adottata quando il dipendente sia arrestato; ciò si spiega per la
perdita della libertà che impedisce, al soggetto colpito dalla misura
restrittiva, la prosecuzione della prestazione lavorativa.
Al secondo comma è prevista la c.d. sospensione cautelare facoltativa quando,
fuori dai casi in cui vi sia l'arresto, il dipendente sia sottoposto a
procedimento penale per reati particolarmente gravi.
Al terzo comma, poi, si dispone che quando il soggetto riacquisti la libertà e
"ove le circostanze lo consiglino" la sospensione cautelare "possa" essere
revocata con riserva di riesame al termine del processo penale. La norma
attribuisce quindi alla p.a. una facoltà e non un obbligo di riammettere in
servizio il dipendente.
6. Nel caso concreto il dipendente era stato raggiunto da un'ordinanza di
custodia cautelare in carcere (22.3.2001) per il reato di concussione continuata
e corruzione; con il decreto del Capo della Polizia del 23.3.2001 è stato una
prima volta sospeso dal servizio ai sensi dell'art. 9 del d.p.r. n. 737 del 1981
"sino all'esito del procedimento penale"; a ciò la p.a. è pervenuta a seguito
del comportamento tenuto dal sovrintendente della polizia quale era emerso in
sede penale a seguito della ricostruzione operata dal GIP e di cui era stata
ravvisata la particolare gravità anche per i riflessi in sede amministrativa
ancor prima dell'inizio del procedimento disciplinare.
Si trattava di ripetuti comportamenti con i quali il dipendente, sovrintendente
di polizia, in occasione di controlli stradali induceva alcuni autotrasportatori
a versargli somme di danaro sotto la minaccia dell'applicazione di gravose
sanzioni pecuniarie relative ad irregolarità nel trasporto o per altre
violazioni al codice della strada; tali comportamenti erano particolarmente
gravi se rapportati alla qualifica rivestita e all'espletamento del particolare
servizio di polizia stradale.
Per la necessità di intervenire tempestivamente, nei casi in cui sia messo in
pericolo il prestigio dell'istituzione, è stato appunto previsto l'istituto
della sospensione cautelare che ha una connotazione ben precisa, rappresentando
non una sanzione ma una misura cautelativa in vista di ulteriori accertamenti.
Lo sviluppo delle vicende penali del dipendente hanno portato ad un rinvio a
giudizio del medesimo per concussione e corruzione; ad un nuovo provvedimento in
data 23.1.2002 di sospensione facoltativa dal servizio ai sensi dell'art. 9,
secondo comma, del citato d.p.r. n. 737; al rigetto del ricorso avverso
quest'ultimo provvedimento con sentenza n. 852 del 2002 del Tar della
####################; al rigetto dell'appello del dipendente avverso
quest'ultima sentenza, con decisione del Cons. di Stato, VI, n. 2722 del 2008.
7. Al termine di queste vicende contenziose resta ferma la sospensione cautelare
dal servizio del sovrintendente di polizia, essendosi confermata la natura
particolarmente grave del reato e l'esigenza della p.a. di allontanare dal
servizio il soggetto il cui comportamento è stato giudicato lesivo per il
prestigio dell'istituzione; non va sottaciuto che in sede penale, alla prima
scarcerazione ha fatto seguito (v. relazione del Ministero depositata in primo
grado) il provvedimento del 4.4.2001 con il quale il Tribunale della libertà ha
sostituito la custodia in carcere con la misura interdittiva della sospensione
dall'esercizio del pubblico ufficio di sovrintendente della polizia di Stato e
ciò costituisce elemento impeditivo della possibile ed auspicata revoca della
sospensione cautelare adottata dalla p.a.; difatti, al pari della custodia in
carcere, la nuova misura irrogata dal giudice penale non consente che il
soggetto continui a svolgere il servizio che gli è affidato, con
la conseguenza che l'atto cautelativo emesso dall'amministrazione di
appartenenza non poteva essere modificato.
In conclusione il provvedimento impugnato resiste alle censure e, in riforma
della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese anche del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione sesta, definitivamente pronunciando, accoglie
l'appello in epigrafe e, per l'effetto e in riforma dell'impugnata sentenza,
respinge il ricorso di primo grado; spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Claudio Varrone Presidente
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere
Marcella Colombati Consigliere est.