Corte cost., Ord., 12-01-2011, n. 10
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 59, comma 54, della legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica)
e dell'art. 1, lett. a), del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale 30 marzo 1998 (Programmazione dell'accesso al pensionamento di anzianità
dei militari, ai sensi dell'art. 59, comma 55, della legge 27 dicembre 1997, n.
449), promosso dalla Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione
Puglia, nel procedimento vertente tra V. R. e il Ministero dell'Interno ed
altra, con ordinanza del 29 maggio 2009, iscritta al n. 144 del registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21,
prima serie speciale, dell'anno 2010.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2010 il Giudice relatore Luigi
Mazzella.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia,
con ordinanza del 29 maggio 2009, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell'art. 59, comma 54, della legge 27 dicembre 1997 n. 449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e dell'art. 1 del decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 30 marzo 1998, emanato di
concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali
(Programmazione dell'accesso al pensionamento di anzianità dei militari, ai
sensi dell'art. 59, comma 55, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), per
violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione;
che il rimettente espone in punto di fatto che un dipendente della Polizia di
Stato presentava in data 6 giugno 1997 domanda di dimissioni a decorrere dal 30
dicembre 1997, avendo maturato l'anzianità prescritta dalla legge per ottenere
il trattamento di quiescenza, e veniva collocato a riposo a decorrere dal 30
dicembre 1997;
che, tuttavia, l'art. 1 del decreto-legge 3 novembre 1997, n. 375 (Disposizioni
urgenti in tema di trattamenti pensionistici anticipati) - entrato nelle more in
vigore - sanciva la immediata sospensione dell'applicazione di ogni disposizione
di legge, di regolamento e di accordi collettivi che prevedevano il diritto a
trattamenti pensionistici di anzianità anticipati rispetto all'età pensionabile
o alla età prevista per la cessazione dal servizio in base ai singoli
ordinamenti, e tale sospensione era definitivamente confermata dall'art. 59,
comma 54, della legge n. 449 del 1997 sino alla data della sua entrata in vigore
(1° gennaio 1998);
che per effetto della suddetta normativa, come integrata dal citato d.m. 30
marzo 1998, il ricorrente nel giudizio principale subiva il differimento della
pensione al mese di aprile successivo, con fissazione del collocamento a riposo
alla data del 1° aprile 1998;
che pertanto, essendo cessato dal servizio il 30 dicembre 1997 e così rimasto
senza retribuzione per i mesi di gennaio, febbraio e marzo del 1998, egli
chiedeva dichiararsi il suo diritto ad ottenere il trattamento di quiescenza dal
giorno della cessazione dal servizio (30 dicembre 1997), con conseguente
condanna del Ministero dell'interno e della Direzione provinciale del Tesoro al
pagamento in suo favore dei ratei pensionistici relativi alle suddette
mensilità, non riscossi per effetto della citata normativa sopravvenuta, oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria;
che, in diritto, il giudice a quo, ritenute le norme impugnate rilevanti ai fini
del decidere, osserva, con riferimento alla non manifesta infondatezza, che si
riproporrebbe la medesima problematica del vuoto di quattro mesi della pensione
e della retribuzione già irrazionalmente sofferto dal personale della scuola,
cui questa Corte ha ovviato dichiarando l'illegittimità costituzionale - con
sentenza n. 439 del 1994 - dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge
19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e
di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con
modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, indi - con sentenza n. 347
del 1997 - dell'art. 1, comma 31, primo periodo, della legge 8 agosto 1995, n.
335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), in punto
di salvezza dell'efficacia dell'art. 13, comma 5, lettera b), della legge 23
dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica);
che anche in questo caso il differimento del trattamento pensionistico in danno
di dipendenti pubblici rimasti privi di retribuzione violerebbe gli artt. 36 e
38 Cost., sottraendo loro il minimo indispensabile per provvedere ai bisogni
essenziali della vita;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
concluso per la inammissibilità o manifesta infondatezza della questione.
Considerato che il giudice rimettente censura l'art. 59, comma 54, della legge
27 dicembre 1997 n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e
l'art. 1 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 30 marzo
1998, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari
regionali (Programmazione dell'accesso al pensionamento di anzianità dei
militari, ai sensi dell'art. 59, comma 55, della legge 27 dicembre 1997, n.
449), per violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione;
che l'art. 59, comma 54, della legge n. 449 del 1997 confermava, relativamente
al periodo dal 3 novembre 1997 sino alla data di entrata in vigore della
medesima legge (1° gennaio 1998), la sospensione delle previgenti norme di
legge, di regolamento o di accordo collettivo attributive del diritto, con
decorrenza nel periodo suindicato, a trattamenti pensionistici di anzianità
anticipati rispetto all'età pensionabile o all'età prevista per la cessazione
dal servizio dai singoli ordinamenti;
che in tal modo la norma primaria impugnata rendeva definitiva la sospensione
già sancita dall'art. 1 del decreto-legge 3 novembre 1997, n. 375 (Disposizioni
urgenti in tema di trattamenti pensionistici anticipati), decaduto per mancata
conversione e specificamente abrogato, conservando validità agli atti ed ai
provvedimenti adottati e facendo salvi gli effetti prodottisi, dall'art. 63
della legge n. 449 del 1997;
che deve essere disattesa, in via preliminare, l'eccezione di inammissibilità
avanzata dall'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri;
che, invero, sotto il primo profilo, il rimettente motiva adeguatamente,
ancorché succintamente, il supposto vulnus agli artt. 36 e 38 Cost.,
evidenziando a carico del dipendente cessato dal servizio la perdita del minimo
indispensabile per provvedere ai bisogni essenziali della vita, a causa della
subìta indisponibilità temporanea sia della retribuzione sia della pensione;
che, sotto il secondo profilo, la previsione del termine di differimento del
trattamento pensionistico contenuta nell'impugnato art. 1 del d.m. 30 marzo 1998
è strettamente collegata alla disciplina dettata dalla norma primaria,
congiuntamente censurata, di (definitiva conferma della) sospensione transitoria
di tutte le disposizioni attributive del diritto a trattamenti pensionistici di
anzianità, sì da autorizzare senz'altro il sindacato della Corte sul
provvedimento, di fonte legale, di moratoria dei pensionamenti anticipati;
che, quanto al merito, questa Corte ha già più volte escluso l'illegittimità
costituzionale di interventi di "blocco" dell'accesso a trattamenti
pensionistici di anzianità, come quello censurato in questa sede, tutti
ragionevolmente inseriti nel processo di radicale riconsiderazione di tali
trattamenti al fine di stabilizzare la spesa previdenziale entro determinati
livelli del rapporto con il prodotto interno lordo (sentenze n. 245 del 1997, n.
417 del 1996 e n. 439 del 1994; ordinanze n. 319 e n. 18 del 2001, nonché n. 318
del 1997);
che dev'essere, altresì, ribadita l'estraneità alle pensioni cosiddette
"anticipate" della garanzia contenuta nell'art. 38 Cost., perché inerente allo
stato di bisogno e, quindi, «riservata alle pensioni che trovano la loro causa
nella cessazione dell'attività lavorativa per ragioni di età e non anche a
quelle il cui presupposto consiste nel mero avvenuto svolgimento dell'attività
stessa per un tempo predeterminato» (ordinanza n. 278 del 2003, proprio riguardo
alla sospensione temporanea disposta dalla norma primaria qui impugnata; ma, in
tal senso, già la sentenza n. 416 del 1999);
che, inoltre, l'impugnato art. 59, comma 54, della legge n. 449 del 1997
prevedeva che i pubblici dipendenti interessati dalla sospensione temporanea
dell'accesso al pensionamento di anzianità anticipato (come, appunto, il
ricorrente nel giudizio a quo) potessero revocare le dimissioni già previamente
accettate dall'amministrazione e, ove già collocati a riposo, persino essere
riammessi in servizio a domanda;
che ciò esclude, altresì, il denunciato contrasto con l'art. 36 Cost., perché,
essendo disponibili strumenti per la prosecuzione o il ripristino del rapporto
d'impiego rimessi alla libera iniziativa dell'interessato, l'effetto economico
negativo a suo carico finisce per dipendere dalla sua eventuale scelta di non
utilizzarli, ossia da un atto volontario del lavoratore, revocabile con il
ritiro della domanda di pensionamento, ancorché accettata, ovvero con la
richiesta di riammissione in servizio (in tal senso, sentenza n. 324 del 1999 e
ordinanza n. 92 del 1997).
che, infine, inconferente è il richiamo del giudice rimettente alle pronunce di
questa Corte specificamente incidenti sulla legislazione relativa alla posizione
giuridica del personale della scuola per violazione dell'art. 3 Cost. (sentenze
n. 347 del 1997 e n. 439 del 1994);
che, infatti, diversamente dalle fattispecie allora esaminate, caratterizzate
dal fisiologico slittamento della richiesta di cessazione dal servizio
all'inizio dell'anno scolastico successivo, stavolta non rileva alcun meccanismo
specifico di operatività delle dimissioni, tant'è che il parametro dell'art. 3
Cost., in quella sede ritenuto violato in via assorbente, qui non risulta
neppure evocato, mentre la norma impugnata inibisce temporaneamente l'accesso al
pensionamento anticipato e, dunque, interviene esclusivamente - spostandola
necessariamente in avanti - sulla decorrenza del trattamento di quiescenza;
che, quindi, la questione deve ritenersi, per quanto detto, manifestamente
infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 59, comma 54, della legge 27 dicembre 1997 n. 449 (Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica) e dell'art. 1 del decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale 30 marzo 1998, emanato di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il
Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali (Programmazione
dell'accesso al pensionamento di anzianità dei militari, ai sensi dell'art. 59,
comma 55, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), sollevata, in riferimento agli
artt. 36 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti - sezione
giurisdizionale, per la Regione Puglia con l'ordinanza indicata in epigrafe.