Lavoratori,
al sud uno su quattro è "in nero"
Dossier Svimez
 
 
Giada Valdannini
Mentre il sud torna a guardare da lontano l'economia del nord, è nel mezzogiorno che un lavoratore su quattro presta la sua opera in nero. Il doppio che nel resto d'Italia. A rilevarlo è uno studio Svimez, pubblicato ieri, che sottolinea come l'esercito dei lavoratori senza contratto sia in continua crescita e ha raggiunto ormai quota 3,3 milioni. Allarmante il dato calabrese, che descrive come irregolare il 32% della forza lavoro. Poco più indietro la Campania e la Sicilia, con percentuali pari al 23,6% e al 25,3%.

I settori più gravati sono quello dei servizi - con 2,3 milioni di lavoratori - quello delle costruzioni (11,8%) e quello agricolo. Comparto, quest'ultimo, che segna il tasso di irregolarità più elevato (32,8%). E se nel 2000 il sommerso sembrava diminuire, tra il 2003 e il 2004 ha ricominciato a crescere. «Un importante campanello d'allarme», evidenzia lo Svimez, che non fa che confermare il fallimentare operato del governo anche in questo campo.

Come detto, è al sud che il fenomeno si sta sviluppando. Se fra il 2001 e il 2003 il tasso di irregolarità si è ridotto nel resto del paese (-2%), al meridione è rimasto sostanzialmente invariato. E se si guarda agli ultimi otto anni, è ben chiaro come si sia arrivati ai numeri di oggi. Fra il '96 e 2004, gli irregolari sono creasciuti del 17,9%, con un incremento di manodopera pari a 233mila unità. Nello stesso periodo, al nord, si registrava un calo del 9,9%, pari a 194mila unità. «Dunque - spiega lo Svimez - in un contesto complessivo di crescita dell'occupazione meridionale (+ 428mila occupati), il 50% dei posti si è concentrato nella componente irregolare, determinando un incremento dell'irregolarità di oltre 2 punti percentuali: dal 20, 7% del '95 al al 22, 8% del 2004».

Nelle trame del sommerso cadono spesso gli immigrati. E' il caso dei 34 lavoratori irregolari scoperti la notte scorsa al Car, il mercato ittico di Guidonia Montecelio. Tutti egiziani, erano impegnati come facchini. Oltre al danno, la beffa: per uno di loro, già fuggito dal Cpt di Ponte Galeria, è scattato l'arresto per inosservanza della Bossi-Fini, mentre per gli altri il provvedimento è stato di espulsione. Impossibile capire per quale grossista lavorassero, ma sul caso è stata aperta un'inchiesta. Di fronte alle indagini, la Cargest, società che gestisce il Car, ha espresso la «più ferma condanna». A sua difesa, la società ha sottolineato che «il Car occupa un'area di oltre 120 ettari, continuamente vigilata, ma talmente estesa da non poter essere controllata completamente». Declinando, quindi, ogni responsabilità e dirottando le indagini sui grossisti che si riforniscono al suo interno.

A ergersi a paladino della lotta al sommerso ci ha pensato ieri Roberto Maroni, ministro del Welfare. Anche lui riconosce che i dati sul lavoro nero «sono drammatici» e per questo annuncia l'arrivo di 750 nuovi ispettori. Secca la replica di Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del Prc, il quale, con riferimento alle «spaventose cifre» del sommerso al sud, sottolinea quanto esse siano «il frutto pervicacemente perseguito dal governo Berlusconi. I condoni, la depenalizzazione degli incidenti sul lavoro, la neutralizzazione delle strutture ispettive relative al lavoro e la legge 30 stanno producendo i loro mefitici esiti». Per questo, Ferrero accusa Maroni di «versare lacrime di coccodrillo», concludendo che «l'unico atto che il ministro dovrebbe produrre, di fronte a queste cifre, sono le dimissioni