Lo Stato d’oltralpe scende in campo per tutelare l’economia
del paese. Pronta la legge anti opa a protezione di energia e
difesa. Ferrero, Prc: "Sia un esempio"; Bersani, Ds: "No, questo è
protezionismo". E Chirac punta 1 miliardo sulla ricerca
di Giada Valdannini
Mentre i colossi orientali continuano a sfidare
l’economia europea, la Francia corre ai ripari sfoderando
l’artiglieria pesante. E lo fa imponendo il blocco alle società che
dall’estero tentano la scalata alle sue società strategiche.
Il ministro dell’industria, Francois Loos, ha
infatti annunciato che il governo di De Villepin intende pubblicare
una lista di settori strategici da tutelare dagli "attacchi"
stranieri. "La nostra politica non è opporci sistematicamente
all’acquisto di gruppi francesi da parte di investitori stranieri -
ha spiegato Loos - Intendiamo fare in modo che le aggregazioni
avvengano ad armi pari, in modo da preservare la competitività del
nostro sistema produttivo".
La scelta francese ha provocato l’immediata levata
di scudi dell’Unione europea che non ci ha pensato due volte a
inviare un altolà: «Sono le leggi europee che regolano la questione
delle opa e non abbiamo motivo di dubitare che le autorità francesi
non tengano conto». Eppure, il commissario europeo alla
competitività, Guenter Verheugen ci ha tenuto a mettere in guardia
Parigi, precisando che «le norme europee del mercato interno sono un
principio fondamentale», da rispettare. Secondo le intenzioni, il
governo francese avrebbe intenzione di far valere il principio di
reciprocità presente nell’Unione: se le aziende straniere
acquisteranno società francesi, dovranno fornire eguale opportunità
nel loro paese. «Solo così - spiega il ministro Loos - le imprese
potranno difendersi dai loro assalitori». A esser tutelati dallo
Stato saranno soprattutto energia e difesa ma anche i colossi
dell’economia francese come la Danone. A fine luglio, infatti,
indiscrezioni di mercato avevano portato alla luce l’interesse degli
statunitensi per il gruppo alimentare francese. La cosa non era
piaciuta affatto, tanto che l’allarme aveva coinvolto tutto il
sistema politico e onde evitare che l’azienda finisse in mani
straniere si era mobilitato lo stato maggiore nazionale. «La
pubblicazione del decreto e l’indicazione dei settori strategici -
assicura il ministro Loos - forniranno un quadro chiaro agli
investitori stranieri che intendono fare shopping in Francia».
Sta di fatto che questo intervento statale a difesa
dell’economia è visto positivamente da molti. E’ il caso di Paolo
Ferrero, responsabile economia e lavoro del Prc che sottolinea come
«quello francese, essendo un procedimento limpido, dovrebbe essere
d’indicazione per molti altri paesi». Per lui non si tratterebbe di
protezionismo - come commentano invece da più parti - ma di «una
legittima forma di intervento volto a mantenere alta l’attenzione
sul proprio territorio. Una prassi che mira a scongiurare le
scorribande di chiunque e che riafferma il principio dell’intervento
pubblico sull’economia. Cosa che - aggiunge - dovrebbe essere
invocata anche in Italia, come nel caso della Fiat». L’invito che
viene dalla Francia, secondo Ferrero, dovrebbe essere accolto come
elemento di riflessione. Di parere contrario, Pierluigi Bersani,
responsabile economia dei Ds. «Bisogna che la Francia si adegui alla
normativa comunitaria - ha dichiarato - In Italia c’è bisogno di un
percorso opposto. Auspicherei processi di integrazione più che forme
di protezionismo su scala nazionale. Reputo opportuno che la Francia
si faccia promotrice di iniziative europee e non "franco-francesi"».
Intanto, mentre lo Stato francese scende in campo a
tutela dell’economia nazionale, l’India lancia la sua offensiva
facendo man bassa di stabilimenti produttivi, laboratori di ricerca
e intere società. Il paese, leader nei componenti auto, biotech e
farmaceutica, si sta espandendo sul mercato europeo. Come nel caso
del gruppo Tata che, impegnato sul fronte delle tecnologie, si
aggiudicherà la britannica Incat International. Quello dello
shopping all’estero per l’India è una condizione consolidata. Fra il
2001 e il 2003 i grandi gruppi del paese hanno acquistato ben 120
società straniere, con una spesa complessiva di 1,6 miliardi di
dollari. Un’operazione ripagata dai risultati: nel 2006, il
controvalore delle acquisizioni sarà presumibilimente di 40 miliardi
di dollari.
http://www.liberazione.it/giornale/050831/LB12D6A0.asp