"LA SELVA DEI SUICIDI" *

 

Una questione ardua da affrontare, casi spinosi da risolvere: I suicidi nei comparti di Pubblica Sicurezza tendono inesorabilmente ad aumentare.

Un’incredibile ondata di morti violente si è abbattuta sulla nostra penisola e a far scalpore, sulle pagine della cronaca nera, non sono comuni cittadini ma uomini della polizia, carabinieri e Gdf.

Il richiamo del titolo al Canto dedicato da Dante a "La selva dei suicidi", (Inferno, Canto XIII ) è un’aperta provocazione nei confronti di coloro che, spinti da varie ragioni, sono pronti ad etichettare un suicidio di appartenenti alle forze di pubblica sicurezza, come una semplice fuga da problemi di ordine familiare e mai critici nel ricondurlo a qualsivoglia forma di tensione all’interno dell’ambiente lavorativo.

Migliaia di uomini, appartenenti a questi settori del pubblico impiego, soffrono di disturbi nervosi e sono costretti a ricorrere a cure di specialisti per alleviare il peso di fratture psicologiche difficilmente sanabili nel silenzio della propria intimità.

Il riserbo rispetto ai singoli casi e ai dati statistici è fitto poiché, nel caso di morti sospette, si procede sul filo del rasoio col timore di scoprire qualche misterioso altarino ma anche con la consapevolezza che le famiglie degli scomparsi chiedono ragioni attendibili e non verità di comodo.

La cronaca di febbraio testimonia un’ulteriore perdita all’interno di questa escalation luttuosa: un poliziotto di quarantuno anni si suicida all’interno della scuola allievi agenti di via Casal Lumbroso a Roma, sparandosi un colpo alla tempia con la pistola d’ordinanza. Unico motivo ipotizzato: "possibile depressione per motivi personali".

I casi di questo genere negli ultimi anni sono davvero numerosi, i luoghi quanto mai disparati, i suicidi legati al mondo militare o quello delle altre forze armate ma quali sono i motivi addotti a causa scatenante?: "possibile depressione per motivi personali".

Forse è proprio qui che qualcosa vacilla…Come è possibile che non ci si interroghi più profondamente sulle cause dei suicidi, nonostante in polizia siano 600-700 gli agenti con diagnosi psichiche, tra i carabinieri siano almeno 3.500 (come afferma un dossier ad uso interno dell’arma ) e stime varie contemplino un altrettanto cospicuo numero di finanzieri?.

La domanda naturalmente è retorica. Il perché delle vane inchieste messe subito a tacere lo conosciamo bene e sappiamo anche che termini come prevaricazione, abuso, sopruso, angheria hanno molto spesso un drammatico collegamento con reazioni estreme come il suicidio.

Infatti in vari casi di morte violenta molti individuano episodi di "mobbing" quali espressioni di violenza psicologica attuati deliberatamente in un ambiente lavorativo, a scapito di uno o più soggetti.

Konrad Lawrence, psicologo svedese fu il primo a parlare di "mobbing" e nei suoi studi di etologia espose la possibilità che esso si estendesse ad ogni settore della nostra vita.

Così è stato anche per le forze armate. Carlo Lucarelli, scrittore ed autore Tv, nel suo ultimo romanzo crea una cruda similitudine tra le sei morti di operatori di polizia verificatesi in Versilia ed i suicidi che avvenivano tra i legionari segregati negli avamposti in Marocco.

Lucarelli riconduce entrambe i tipi di suicidi al motivo comune del "cafard " quale insieme di disperazione causata da varie ragioni, noia, stress e spirito di auto distruzione che spinge irresistibilmente a dare un taglio alla vita.

In realtà la sua analisi è una vera pulce nell’orecchio poiché anche se non si tratta dei fortini della Legione straniera, in Italia si muore, o meglio ci si suicida come hanno fatto vari poliziotti di stanza a Forte dei Marmi, a Firenze, a Roma e altrove.

Ora, al di là dei casi specifici che popolano le nostre cronache, ci troviamo di fronte ad un fenomeno diffusissimo e le statistiche sono (quando consultabili) un utile strumento di analisi di questo flagello.

Dati ufficiali del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri chiariscono quanto sia drammatica la questione dei suicidi nell’Arma: dal 1978 al gennaio 2000 ben 293 militari si sono uccisi in ambienti appesantiti da comportamenti opprimenti e vessatori .

Purtroppo le morti col tempo perdono il loro volto ma fortunatamente, di questi eventi tragici, rimane il valore simbolico quale monito di una costante ricerca che dovrebbe essere intrapresa per interrogarci criticamente sulle cause che hanno determinato tali gesti definitivi.

Per tale ragione e vista la gravità della situazione sarebbe necessario che tutti gli operatori del comparto di Pubblica Sicurezza convergessero sulla reale necessità di inserire nell’organico numerosi psicologi che, rispettando le leggi sanitarie e sulla privacy, possano predisporre cure efficaci per tutti quei lavoratori affetti da patologie neurologiche e depressive.

Per ricondurci a Dante che molti di noi hanno abbandonato sui banchi del liceo non possiamo non citarlo quale uno dei più antichi testimoni di un particolare caso di "mobbing": Pier della Vigna che visse fra il 1190 ed il 1294, proprio come molti poliziotti, carabinieri e finanzieri fu spinto al suicidio a causa delle pressioni psicologiche cui venne sottoposto dopo esser stato accusato ingiustamente di congiura e tradimento nei confronti di Federico II, presso la cui corte prestava servizio. Così, in realtà, Pier delle Vigne non fu altro che una vittima innocente, simbolo della giustizia oppressa e vilipesa proprio come molti lavoratori di Pubblica Sicurezza che hanno perso la vita a causa del silenzio e dell’omertà che li attorniava.

 

 

Giada Valdannini

blu_asia@hotmail.com