Roma, in tanti sotto casa della famiglia Torretta
«Grazie a chi ci è vicino»
 
 
Ore di angoscia e di dolorosa attesa quelle vissute dalla famiglia Torretta, nel chiuso della casa romana, situata nel quartiere Don Bosco. Ad aumentare l'ansia, il crudele stillicidio di rivendicazioni, grida e minacce che si sono rincorse in Internet, durante l'intero arco della giornata.

Dopo la notizia della decapitazione delle due giovani volontarie di "Un ponte per... ", diffusa attraverso il web, tra le mura di via dei Salesiani è calato il silenzio. Silenzio di preghiera. La famiglia Torretta infatti, profondamente devota a padre Pio, si è chiusa nel più assoluto riserbo, con la speranza, più volte ribadita, «di una smentita».

Momenti vissuti col fiato sospeso, tanto dalle famiglie della ragazze rapite, quanto dai molti che hanno affollato il marciapiede sotto casa di Simona. Un fiume silente di persone che ha atteso per ore una buona notizia.

Dopo le interminabili ore della notte, il mattino si è aperto carico di aspettative. Fin dalle prime ore del mattino, in tanti si sono dati appuntamento davanti al portone dell'abitazione. Tutto tappezzato di messaggi di sostegno e affetto. A decine si sono dati il cambio in un interminabile anello di solidarietà stretto tutto intorno alla famiglia della ragazza. Pochi i curiosi, molti più gli amici e i vicini accorsi alla notizia della possibile uccisione. Ma altrettanti gli sconosciuti pronti a sostenere, quieti, la famiglia Torretta nel proprio dolore. Le ore si sono susseguite lente e silenziose. A rompere l'attesa solo le parole della signora De Propris, mamma di Simona, dette attraverso il citofono: «Purtroppo non abbiamo notizie, sappiamo quello che sapete voi. Speriamo solamente che le rivendicazioni siano false».

Intorno alle 16, un sussulto. «Nessuna novità - annuncia però con voce rotta ai cronisti - ma noi tutti continuiamo a sperare». E giù, lungo la strada, si continua a fare lo stesso. Tra i molti accorsi anche tanti amici e vicini che passando si sono fermati a chiedere informazioni, con gli occhi increduli, rivolti verso il sesto piano. Nel frattempo, il presidio dei pacifisti allestito in via dei Salesiani non ha fatto altro che accogliere persone pronte a lasciare messaggi di sostegno e speranza alla famiglia Torretta. Tutti annotati su un grande quadernone. «Non ti conosco Simona - si legge in uno di essi - ma sono qui, sotto casa tua, con la speranza di vederti tornare sana e salva, e poterti abbracciare».

Tutto intorno alla tenda, appese un po' su ogni palazzo, bandiere della pace in segno di solidarietà con i familiari delle due ragazze rapite. A unirsi al fiume di affetto anche numerosi migranti che hanno lasciato, ognuno nella propria lingua, un messaggio per la giovane volontaria di "Un ponte per". Manifestazioni di affetto raccolte anche tra i passanti fermi per strada. Una per tutte, quella di Ahmed, un giovane egiziano: «Sono qui e rimarrò qui finchè non avremo una notizia positiva. E spero - dice il ragazzo - che arrivi quanto prima».

Solo intorno alle sette la mamma di Simona torna a parlare, dopo aver ricevuto la visita di Lilli Gruber, del sindaco di Roma e del prefetto di Roma, Achille Serra.

«Non abbiamo notizie, - accenna la donna con un filo di speranza nella voce - ma almeno ci hanno rincuorato». «Dovete stare su, non abbattervi - le hanno detto - siete una famiglia forte, lo siete sempre stata e dovete continuare ad esserlo».

Giada Valdannini