Giustizia e sicurezza, Rifondazione dibatte |
Gennaro Santoro Costituzione, giustizia e sicurezza: le regole del gioco. Se ne è discusso lunedì in un incontro pubblico alla Camera, stasera se ne dibatte alla festa di Liberazione a partire dalle ore 21. Lunedì si è svolto alla Sala del Cenacolo un incontro dell’area Prc Nuovi diritti e poteri istituzionali. Alla presenza dei capigruppo Giovanni Russo Spena e Gennaro Migliore e della responsabile dell’area Imma Barbarossa si sono alternati interventi in tema di nuovi diritti e diritti deboli. Si parte da Franco Russo che apre sul dibattito costituzionale, a partire dalla vittoria del referendum dello scorso giugno fino al rilancio delle attività del comitato Salviamo la Costituzione, auspicando che prenda piede una cultura dove sia la politica ad adattarsi alla Costituzione, e non il contrario. La parola passa a Mercedes Frias e alla spinosa questione dei cpt, punto di arrivo ed emblema della costruzione dell’altro, del migrante come non-persona. Frias ripercorre tutte le tappe, dal rilascio del visto di ingresso o del permesso di soggiorno fino ai centri di permanenza temporanea dove il diritto si sospende, dove l’istituzione detentiva amministrativa apre uno strappo alla pre regola del gioco democratico: il rispetto della integrità e della dignità della persona. Eppure il programma è chiaro sulla insostenibilità della detenzione amministrativa, ma il “superamento” interpretato da Napolitano non soddisfa e su questo Rifondazione comunista non mollerà la presa. Si passa ad altri diritti deboli, quelli delle vittime della mafia, e la parola passa a Francesco Forgione che evidenzia la necessità di una politica che non disincentivi le denunce di chi subisce il pizzo come è avvenuto nell’era berlusconiana, con una Commissione Antimafia che pensi meno a giochi di poltrona e più a redigere un testo unico omogeneo per contrastare la criminalità organizzata, a partire dall’attacco ai capitali accumulati da riutilizzare nel sociale. Elettra Deiana riporta il discorso sulle pre regole, sul rapporto tra stato di diritto e ordine pubblico, tra chi ha il potere e chi no, tra costituzione formale e materiale. Parte dal dopoguerra, quando a Costituzione vigente continuavano ad essere applicati regi decreti del fascismo che consegnavano norme in bianco a questori e prefetti e i cui effetti sono ancora tristemente evidenti nella prassi amministrativa (Genova insegna) e nella ipertrofica legislazione di emergenza che ereditiamo dagli ultimi decenni. Genova, come la questione dei migranti, rappresenta una tendenza, la grammatica dell’ordine pubblico, dei media, di una cultura diffusa che non inorridisce innanzi ai diritti minimi calpestati, si abitua. » questa grammatica che va cambiata, il filo rosso è ben chiaro agli interlocutori della giornata, anche per quel che riguarda le forze dell’ordine costrette al non riconoscimento dei diritti sindacali, come ricorda Roberto Vitanza. Lo stesso discorso vale per l’autonomia dei giudici nell’ambito della riforma dell’ordinamento giudiziario, come ricorda Giuseppe Di Lello e, più in generale, per giustizia e carcere, come hanno evidenziato nei loro interventi Maria Luisa Boccia, Giuliano Pisapia, Arturo Salerni, con spunti di riflessione di Domenico Gallo e dei tanti altri presenti. L’indulto da solo non basta, è solo una tappa, un voler porre un argine alla deriva anticostituzionale nella quale versavano le patrie galere, un voler ribadire anche in un campo scivoloso e impopolare la lezione dei nostri costituenti: la integrità della persona, la dignità umana rappresentano l’ago della bilancia, il principio fondante della nostra Carta fondamentale e tutelarle è inderogabile. Devono seguire riforme organiche, chiare, a partire da un diritto penale minimo e mite, come dice Pisapia, e dalla piena attuazione delle leggi vigenti in materia di diritti dei detenuti. Poi, partendo dal dato che il tasso di recidiva è ben maggiore per chi esce dal carcere rispetto a chi ha terminato l’esecuzione di una misura alternativa, bisogna prevedere, come ha evidenziato Arturo Salerni, un maggiore ricorso alla misura alternativa, dotando le regioni e gli enti locali delle risorse e degli strumenti necessari alla piena attuazione della pena costituzionalmente prevista: umana e tendente al reinserimento sociale. Conclude Imma Barbarossa evidenziando la necessità di superare il gap tra
programma dell’Unione e sua concreta attuazione: dalla formazione
democratica delle forze dell’ordine alla commissione su Genova, dalle unioni
civili al “superamento” dei cpt. Si tratta di assurgere a forza di governo
che spinga verso il riconoscimento di nuovi diritti e alla piena attuazione
dei diritti preesistenti. Si continua stasera alla festa di “Liberazione”, a
partire dalle 21, con il dibattito “Il sistema penale: tra nuove povertà e
nuovi diritti”: prenderanno la parola Giuliano Pisapia, il sottosegretario
alla giustizia Alberto Maritati, esponenti del partito, la sociologa del
diritto Tamar Pitch, Fabrizio Rossetti della Cgil, rappresentanti di
Antigone, Ora d’aria e Comunità di Sant’Egidio. Fonte: quotidiano Liberazione 13.9.2006 |