La sinistra Siulp a Prodi: via De Gennaro
Roberto Vitanza, dirigente del maggiore sindacato di polizia: «La squadra speciale funziona solo in tv, basta con le strutture investigative centrali, dal Ros alla Dac, occorre potenziare gli uffici territoriali a contatto con i cittadini. E un nuovo modello organizzativo richiede nuovi vertici». La sinistra del Siulp chiede anche di completare la separazione della polizia dalle forzer armate. «Ma l'Unione ha un programma poco chiaro, così rischiamo la continuità dei modelli e degli apparati»
A. Man.
«I lavoratori della polizia si aspettano una politica opposta a quella del governo Berlusconi, che sulla sicurezza ha fatto molta propaganda ma ha ignorato i problemi reali, anzi ha confezionato solo iniziative eccentriche e fallimentari come il poliziotto di quartiere. E' un'esigenza del Paese, non solo dei poliziotti. Temo però che prevalga, nel centrosinistra, una logica di riforma solo apparente che comporterà la clonazione di metodi già criticati nella sostanziale continuità degli apparati».
E' il grido d'allarme di Roberto Vitanza del direttivo nazionale del Siulp. Nella vita di tutti i giorni dirige un importante commissariato romano (Flaminio nuovo) ma parla come esponente della sinistra del Siulp, quelli che, per intenderci, hanno saputo stare dalla parte giusta anche sulla tragedia del G8 di Genova, mentre la maggior parte dei sindacati di polizia calzava l'elmetto del corporativismo e faceva quadrato attorno a Gianni De Gennaro e al suo «stato maggiore». «L'Unione non parte nel migliore dei modi - dice ancora il sindacalista-poliziotto - perché ha presentato un programma poco chiaro in materia di sicurezza: astratte ipotesi onnicomprensive anziché proposte semplici e lineari».

Quali obiettivi dovrebbe darsi il governo Prodi?
Il primo concerne il modello organizzativo delle forze di polizia e la distribuzione delle risorse. Bisogna ridiscutere la tendenza a creare, rafforzare e pubblicizzare le grandi strutture investigative centralizzate, avulse dal contesto territoriale - Ris, Ros, Gico, Sco, Dac, eccetera... - che in questi anni ha fortemente penalizzato gli uffici operativi territoriali, quelli che si confrontano ogni giorno con le esigenze e i problemi del cittadino. Oggi un commissariato di zona riceve una denuncia ma sa già che non potrà fare le indagini, non ha mezzi, tutta l'attività investigativa si avvita nella formalizzazione asettica della conformità alla procedura che, in altre parole, significa girare il fascicolo, quando vi è un margine di indagine, alle strutture centrali come la squadra mobile della questura, che certamente non conosce il territorio, né ha un contatto con i cittadini direttamente offesi dal reato. Tutto si riduce ad una mera analisi e lettura di carte. Il modello organizzativo deve essere, al contrario, fondato su una struttura capillare, radicata, a contatto con la società in cui opera. La squadra speciale funziona solo in televisione. Bisogna svuotare e in alcuni casi eliminare le strutture elefantiache che hanno beneficiato di eccellenti campagne mediatiche ma si sono dimostrate, in alcuni casi, di dubbia utilità.

Quali in concreto andrebbero chiuse?
Parliamo di strutture diverse tra loro ma andrebbero tutte sottoposte a un'attenta verifica.

Ma alla Dac, la Divisione anticrimine centrale della polizia che è l'ultima nata tra le mega-strutture investigative, non ha appena arrestato Bernardo Provenzano?
Senza entrare nel merito a me pare che operazioni di questo genere siano possibili solo con un radicamento e un controllo capillare del territorio. La chiave è la penetrante conoscenza dei fenomeni criminosi attraverso il contatto costante con le organizzazioni spontanee, i comitati eccetera... e lo sviluppo dei metodi classici di indagine, modulando gli organici in funzione delle reali esigenze. Un quartiere privo di particolari emergenze richiederà un impegno limitato anche di personale, mentre nelle zone ad alta concentrazione mafiosa occorre il massimo dell'impegno. Ma il cardine del modello investigativo dev'essere negli uffici sul territorio. Le altre soluzioni sono, a mio parere, inefficaci.

Il capo della polizia De Gennaro è cresciuto nelle squadre mobili, ha diretto la Criminalpol, lo Sco e la Dia e ha istituito la Dac. Superare il modello investigative centralizzate non equivale a invocare un cambio al vertice?
Gli apparati di sicurezza non sono realtà astratte dagli orientamenti politici. Un vertice tecnico à tecnica di verticeindifferente ai programmi politici credo che non esista e non sia mai esistita. Se il governo Prodi sceglierà un sostanziale mutamento di rotta sulla sicurezza, dovrà affidarne la realizzazione a tecnici diversi da quelli attuali e non certo mutuare passivamente gli assetti organizzativi, nella staticità dalle posizioni tramandate.

Quali altri temi dovrebbero avere la priorità nell'agenda sicurezza dell'Unione?
Al secondo punto metterei il riordino del comparto sicurezza, il sistema di relazioni sindacali nel quale convivono forze di polizia e forze armate. Se non si vuole dare alcuna apertura sindacale alle forze armate, quindi mantenere i Cocer che partecipano come «osservatori» ai tavoli contrattuali, non si può, comunque, penalizzare i lavoratori delle forze dell'ordine, perché non è possibile omogeneizzare ciò che omogeneo non è, anzi così si moltiplicano i problemianziché risolverli. E una volta distinti i comparti biosgna passare il riordino delle carriere, con il definitivo abbandono di una logica che ricalca, anche da noi, quella militare, con i sergenti e i caporali, assolutamente non funzionali ad una struttura di contrasto alla criminalità, ma essenziali per un generalizzato controllo del personale. Nel programma dell'Unione non leggiamo nulla di tutto ciò.

Si possono davvero chiedere riforme «storiche» all'Unione che dispone di una maggioranza così limitata almeno al senato?
La razionalità nell'impiego delle forze di polizia mi sembra un'esigenza trasversale agli schieramenti politici. Credo peraltro che alcuni obiettivi, come una redistribuzione delle risorse tra le strutture centrali e quelle sul territorio, possano essere realizzati anche senza complesse leggi di riforma, che pure sarebbero necessarie. E' possibile fare molto anche per via amministrativa. Ciascuno dovrà prendersi le sue responsabilità, non solo il presidente del consiglio, il futuro ministro dell'interno e i partiti maggiori.