Per comprendere il "fenomeno" descritto nel quesito occorre avere presente che:
- in base all’articolo 13 del DLgs n. 503/1992, l’importo della Sua pensione è determinato da due distinte quote: una quota relativa all’anzianità contributiva maturata fino alla data del 31 dicembre 1992 (denominata "quota a") e un’altra quota relativa all’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 (denominata "quota b");
- per determinare l’importo della "quota a" e la parte della "quota b" relativa all’anzianità contributiva acquisita dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 1995 (che, per comodità, definiamo "quota b1") si deve utilizzare la retribuzione pensionabile stabilita dall’articolo 43 del TU di cui al DPR n. 1092/1973. Vanno, cioè, considerate soltanto le voci retributiva indicate in tale articolo e, come stabilisce l’ultimo comma di quello stesso articolo, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile. In sostanza, per tali quote dell’importo della pensione vige il criterio della tassatività delle voci retributive da includere nella base di calcolo;
- per determinare l’importo della parte di "quota b" della pensione relativa all’anzianità contributiva acquisita dal 1° gennaio 1996 (che, per comodità, definiamo "quota b2"), in base all’articolo 2, commi 9, 10 e 11, della legge n. 335/1995, si fa riferimento a tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in danaro o in natura, in dipendenza del rapporto di lavoro con le esclusioni espressamente stabilite dalla legge. In sostanza, per tale quota dell’importo della pensione vige il criterio della tassatività delle voci retributive da escludere dalla base di calcolo.
Quando la Sua pensione era stata calcolata sulla base di 40 anni di anzianità contributiva, l’importo della "quota a" era stata determinata sulla base di un’anzianità di circa 27 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 56,6 circa); l’importo della "quota b1" era stata determinata sulla base di un’anzianità di 3 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 5,4); l’importo della "quota b2" era stata determinata sulla base di un’anzianità di circa 10 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 18 circa).
Quando la Sua pensione è stata ricalcolata sulla base di 45 anni di anzianità contributiva, l’importo della "quota a" è stata determinata sulla base di un’anzianità di circa 32 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 65,6 circa); l’importo della "quota b1" è stata determinata sulla base di un’anzianità di 3 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 5,4); l’importo della "quota b2" è stata determinata sulla base di un’anzianità di circa 5 anni di contribuzione (aliquota di calcolo 9 circa).
Quindi, con il ricalcolo è aumentata l’anzianità contributiva utile per il calcolo della "quota a" mentre è diminuita l’anzianità contributiva utile per il calcolo della "quota b2" (per determinare la quale si fa riferimento a tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in danaro o in natura, in dipendenza del rapporto di lavoro). Evidentemente la Sua retribuzione pensionabile comprende delle voci retributive non utili ai fini dell’importo della "quota a" e della "quota b1" ma utilizzabili soltanto per determinare l’importo della "quota b2"; avendo ridotto l’incidenza della "quota b2", è diminuito l’importo complessivo della pensione.