ARMA DEI CARABINIERI E RICONGIUNZIONE DEI CONTRIBUTI
Cassazione SEZ. LAVORO, 25 luglio 2003, n. 11541 con nota dell'Avv. Rocchina Staiano-Contrattista in Diritto del Lavoro, Università di Roma3 e Responsabile unica della sezione "Pari Opportunità" e della sezione "Lavoro Militare" di LavoroPrevidenza.com
 
 

SEZIONE LAVORO MILITARE

 

 

ARMA DEI CARABINIERI E RICONGIUNZIONE DEI CONTRIBUTI (16/04/2005)

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 25 luglio 2003, n. 11541

 

 

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione Lavoro

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Salvatore SENESE - Presidente

Dott. Giovanni PRESTIPINO - Consigliere Rel.

Dott. Antonio LAMORGESE - Consigliere

Dott. Giancarlo D'AGOSTINO - Consigliere

Dott. Aldo DE MATTEIS - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

I.N.P.D.A.P. - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante "pro-tempore", elett.te dom.to in Roma, Piazza delle Muse n. 7, presso lo studio dell'Avv. Alberigo Panini, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

- ricorrente -

 

contro

 

F., elett.te dom.to in Roma, presso la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso dall'Avv. Giacomo Previti in forza di procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrente -

 

per l'annullamento della sentenza del Tribunale di Messina n. 812 del 2 marzo 2000;

udita nella pubblica udienza del 2 dicembre 2002 la relazione della causa svolta dal Consigliere Relatore Dott. Giovanni Prestipino;

sentito l'Avv. Domenico Vicini per delega dell'Avv. Panini;

sentito il p.m., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Orazio Frazzini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Con ricorso del 13 dicembre 1995 F. conveniva davanti al Pretore del lavoro di Messina l'Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica-INPDAP ed esponeva che, avendo prestato attività di lavoro subordinato alle dipendenze del Comune di Messina, al momento della cessazione del rapporto aveva inutilmente chiesta, ai fini della liquidazione dell'indennità di fine rapporto ed ai sensi dell'articolo unico della L. 1 novembre 1973, n. 761, il riconoscimento del servizio prestato nell'Arma dei carabinieri dal 23 febbraio 1947 al 20 aprile 1956. Il ricorrente chiedeva, quindi, che l'ente convenuto fosse condannato a pagargli la somma di L. 10.204.128, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria.

Costituitosi in giudizio, l'INPDAP eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e nel merito contestava la fondatezza della pretesa avversaria, di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza del 6 marzo 1997 il Pretore, rigettata l'eccezione pregiudiziale, condannava l'INPDAP a pagare al Feminò la suddetta somma di L. 10.204.128, oltre agli accessori.

Questa decisione, impugnata dall'INPDAP, veniva confermata dal Tribunale di Messina con sentenza del 2 marzo 2000.

Il giudice dell'appello, quanto al merito della controversia, osservava che l'articolo unico della legge n. 761 del 1973 aveva stabilito che, ai sensi e per gli effetti della legge n. 523 del 1954, il servizio reso nell'Arma dei carabinieri e degli altri corpi equiparati equivaleva alla prestazione lavorativa svolta alle dipendenze dello Stato.

Avverso questa sentenza l'INPDAP ha proposto ricorso per cassazione in base a quattro motivi.

Ha resistito con controricorso il F..

Con sentenza del 26 luglio 2002 le Sezioni Unite di questa Corte, rigettato il primo motivo del ricorso, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario e hanno rimesso gli atti alla Sezione Lavoro per l'esame degli altri motivi.

 

Motivi della decisione

Dopo la pronuncia delle Sezioni Unite restano da decidere i rimanenti tre motivi del ricorso.

Con tali motivi, che vanno esaminati congiuntamente attesa la loro connessione, l'Istituto ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 12 della L. 22 giugno 1954 n. 523, dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione e dell'art. 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, in relazione all'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, e sostiene, in sintesi, che il Feminò, quando aveva prestato servizio nell'Arma dei Carabinieri, non era iscritto nel Fondo di previdenza E.N.P.A.S. per non avere compiuto la terza rafferma triennale, con la conseguenza che, mancando una posizione assicurativa presso l'ente previdenziale, non poteva essere effettuata alcuna ricongiunzione con la posizione dal medesimo poi acquisita, quale dipendente di un ente locale, presso l'INADEL. Aggiunge il ricorrente che a questa conclusione non osta il contenuto dell'articolo unico della legge n. 761 del 1973, il quale equipara il servizio reso nell'Arma dei Carabinieri a quella prestato in qualità di personale di ruolo dello Stato, perché la norma non fa riferimento al trattamento previdenziale e non indica i mezzi finanziari per mezzo dei quali l'E.N.P.A.S. potesse far fronte all'erogazione di parte del trattamento di fine rapporto.

Queste censure sono prive di fondamento.

Con l'art. 1 della L. 19 gennaio 1942 n. 22 è stato istituito "l'Ente nazionale fascista di previdenza e assistenza per i dipendenti statali" - che è stato poi denominato E.N.P.A.S. previa eliminazione del termine "fascista" e nel quale è stata incorporata la preesistente Opera di previdenza costituita con R.D. 26 febbraio 1928 n. 619 (nella quale era iscritto il personale civile e militare, in servizio permanente, dello Stato) - con il compito, fra l'altro, di liquidare l'indennità di buonuscita "ai dipendenti che lasciano il servizio con diritto a pensione ovvero ai loro superstiti". Per questa ragione all'Ente è stata attribuita la gestione del Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato.

In base all'art. 1, secondo comma, del D.Lgs. 15 aprile 1948 n. 1041 l'obbligo di iscrizione all'Ente è stato esteso "ai militari e graduati di truppa dell'Arma dei carabinieri" (e ai pari grado di altre Armi) "il che abbiano compiuto la terza rafferma triennale".

L'art. 12, primo comma, della L. 22 giugno 1954 n. 523, ai fini dell'erogazione dell'indennità di buonuscita, ha previsto la ricongiunzione dei servizi resi con iscrizione all'E.N.P.A.S. e all'INADEL (Istituto nazionale di assistenza dei dipendenti degli enti locali) e, nel secondo comma del medesimo articolo, è stato stabilito che ai fini della ricongiunzione si dovesse tener conto dei "servizi riconosciuti utili dai singoli ordinamenti" (v. anche il successivo art. 13, secondo cui la liquidazione dell'indennità va effettuata "tenendo conto della totalità dei servizi valutabili").

Con il D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032 è stato approvato il testo unico "delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato" e, nell'art. 53, n. 11, è stata ribadita l'iscrizione al Fondo di previdenza e credito, tenuto ad erogare l'indennità di buonuscita al momento della cessazione dal servizio, "dei graduati e militari di truppa dell'Arma e Corpi stessi che abbiano compiuto la 3ª rafferma triennale".

Ciò posto, dal combinato-disposto di tutte queste disposizioni di legge, si dovrebbe trarre la conclusione che al Feminò, il quale, come è pacifico in causa, non aveva compiuto la terza rafferma triennale nell'Arma dei carabinieri quale militare di truppa, non competesse il diritto alla ricongiunzione di tale servizio con quello successivamente prestato alle dipendenze di un ente locale (il Comune di Messina); con la conseguente impossibilità per lo stesso Feminò di ottenere dall'INPDAP (il quale, come è noto, è succeduto all'INADEL a seguito della soppressione di tale ente) la riliquidazione dell'indennità premio di fine servizio per effetto dell'inclusione nella base del calcolo del suddetto servizio prestato nell'Arma dei carabinieri.

Senonché, come bene ha affermato il giudice dell'appello, va tenuto presente che il legislatore, allo scopo di estendere gli effetti derivanti dalla L. 22 giugno 1954 n. 523 in materia di ricongiunzione di servizi espletati presso enti diversi, con l'articolo unico L. 1 novembre 1973 n. 761 ha stabilito che il servizio prestato dagli ex graduati e militari dell'Arma dei carabinieri (e di altri Corpi) "equivale al servizio reso nelle categorie dei personali di ruolo dello Stato". E, poiché non è stata operata alcuna distinzione in ordine al periodo di rafferma, si deve ritenere che con questa disposizione di legge, avente natura speciale riguardo a tutte le altre che sono state sopra indicate, sia stata consentita, al fine che interessa il presente giudizio, la ricongiunzione nell'attività lavorativa resa alle dipendenze di un ente locale a tutti coloro che avessero prestato servizio non permanente nell'Arma dei carabinieri, per qualunque periodo di tempo e a prescindere dalla loro iscrizione (o dalla mancanza di iscrizione) nel Fondo gestito dall'E.N.P.A.S..

A questa conclusione è già pervenuta questa Corte nella sentenza in corso di pubblicazione resa sul ricorso n. 8699/2000 (nella causa INPDAP contro Galletta), nella quale, a conferma della natura speciale della disposizione di legge da ultimo indicata e del significato che si trae dal suo tenore letterale, è stato osservato: 1) che sarebbe stata superflua l'esplicita previsione della "equivalenza" fra il servizio prestato dai graduati e militari dell'Arma dei carabinieri, senz'altra precisazione, e quella reso nelle categorie dei personali di ruolo dello Stato se si fosse ritenuta la possibilità della ricongiunzione solo in presenza dell'iscrizione al Fondo di previdenza; 2) che, se è vero che, a notifica dell'art. 19 D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, "la valutazione dei servizi, senza il pagamento del contributo previdenziale, non è ammessa se non per disposizione di legge", è altrettanto vero che, in virtù della norma speciale contenuta nell'articolo unico della suddetta legge n. 761 del 1973, "la prospettata equivalenza consente di valutare servizi di graduati e militari di truppa, benché resi senza il pagamento del contributo previdenziale, ai fini della ricongiunzione".

Questi rilievi, sufficienti a confutare le contrarie considerazioni svolte nel ricorso per cassazione, vanno per intero recepiti. Si deve aggiungere che la previsione contenuta nell'art. 81, quarto comma, della Costituzione è rivolta al legislatore e non ai provvedimenti del giudice, sicché, avuto riguardo al principio fondamentale secondo cui anche lo Stato è tenuto ad osservare gli obblighi che dalla corretta applicazione delle norme giuridiche gli derivano nei confronti dei soggetti privati, la mancanza o l'insufficienza di una adeguata copertura finanziaria può costituire un ostacolo materiale, ma non l'esenzione, all'adempimento dell'obbligo: il che, del resto, come si sostiene in dottrina, trova conferma nella regola in base alla quale da tale inadempimento deriva l'ulteriore obbligo relativo agli interessi.

Tenuto conto di tutte le argomentazioni che precedono, poiché la sentenza impugnata si sottrae alle censure formulate dall'INPDAP, il ricorso deve essere rigettato e l'Istituto ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese e agli onorari del presente giudizio, che debbono essere distratti a favore dell'Avv. Giacomo Previti (il quale ha reso la dichiarazione prevista dall'art. 93 c.p.c., primo comma).

 

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l'Istituto ricorrente a pagare al Feminò le spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 12,00 oltre ad € 1.500,00 (millecinquecento) per onorari, da distrarsi a favore dell'Avv. Giacomo Previti.

Così deciso in Roma il 2 dicembre 2002.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 25 LUG. 2003