REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

la

Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale Regionale

per l'Emilia-Romagna

in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere dott. -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio instaurato con il ricorso n. 41735/M (ex 4189/M) R.G. presentato da C.D., nato il omissis, rappresentato e difeso dall’avv. -è elettivamente domiciliato, contro -– Sede centrale in Roma e Sede provinciale di Bologna avverso il provvedimento prot. n. 4361 in data 31 maggio 1999 di recupero credito erariale;

Udito nella pubblica udienza del 3 giugno 2009, con l’assistenza del Segretario sig.ra -

Visti gli atti di causa;

Ritenuto in

FATTO

Il ricorrente C.D., appuntato dei Carabinieri, è stato collocato in congedo dal 28 maggio 1984 e dalla stessa data beneficia di trattamento pensionistico a carico dello Stato.

Con sentenza n. 514/97/M questa Sezione riconosceva il diritto del sunnominato (e di altri militari in congedo) agli incrementi pensionistici correlati alla frazione di aumento stipendiale decorrente dal 1° gennaio 1985, secondo il settimo comma dell’art. 4 della legge 20 marzo 1984, n. 34.

In applicazione della menzionata sentenza, con decreto n. 1582 del 10 dicembre 1998 l’Amministrazione rideterminava in ragione di lire 12.917.300 dall’1 gennaio 1985 la pensione privilegiata annua del sig. C., già liquidata nell’importo annuo lordo di lire 12.581.500 a decorrere dal 28 maggio 1984 con decreto ministeriale n. 892 del 30 marzo 1993.

In sede di applicazione del suindicato provvedimento di riliquidazione (n. 1582/1998), la Sede @@@@@@@ di Bologna accertava a carico della pensione intestata al ricorrente un debito di lire 3.888.449 per somme corrisposte in più dal 1° gennaio 1985 al 30 maggio 1999, a seguito e in conseguenza della riduzione dal 9% al 6% dell’incremento percentuale da attribuire per effetto della legge 27 febbraio 1991, n. 59.

Di tale debito l’Istituto previdenziale dava comunicazione all’interessato con la nota prot. n. 4361 del 31 maggio 1999 gravata dal ricorso in esame, comunicandogli, altresì, che con la rata di giugno 1999 sarebbe stata operata una ritenuta cautelare di lire 388.444 mensili.

Nel proposto gravame è stata eccepita l’illegittimità della nota impugnata per violazione del principio del trattamento più favorevole, per irrecuperabilità, in riferimento al disposto dell’art. 206 del d.P.R. n. 1092 del 1973, delle somme asseritamente non dovute, per violazione degli artt. 204 e 205 dello stesso d.P.R. n. 1092/1973, per erronea e falsa applicazione sia della citata sentenza n. 514/97/M che della tabella B annessa alla legge n. 59 del 1991 deducendosi, in ordine a quest’ultimo punto, che il ricorrente, anche a seguito del riconoscimento del beneficio economico di cui alla sentenza anzidetta, ha comunque conservato il suo stato giuridico di pensionato dal 28 maggio 1984, e pertanto l’aliquota percentuale di incremento della pensione, di cui alla citata tabella B, non andava ridotta dal 9% al 6%.

Conclusivamente si è chiesto, previa sospensiva dell’esecuzione del provvedimento impugnato, l’accoglimento del ricorso con riconoscimento nella riliquidazione della pensione di cui al decreto ministeriale n. 1582 del 10 dicembre 1998, nonché nella 13 mensilità corrisposta, del diritto del ricorrente, quale pensionato dal 1984, alla conservazione dell’aliquota del 9% dell’aumento perequativo di cui alla tabella B annessa alla legge n. 59 del 1991. Con vittoria di spese.

Si è costituita in giudizio la Sede @@@@@@@ di Bologna con memoria del 15 novembre 1999, nella quale ha controdedotto alle doglianze di parte ricorrente affermando la legittimità del proprio operato in riferimento sia alla riduzione (dal 9% al 6%) dell’aliquota di aumento di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 59/1991, operata in sede di applicazione del decreto ministeriale di riliquidazione del trattamento di quiescenza del sig. C., sia al disposto recupero dell’indebito pensionistico.

Con ordinanza di questa Sezione, pronunciata in esito alla camera di consiglio del 2 dicembre 1999, è stata poi accolta l’istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

In data 2 marzo 2000 la Sede @@@@@@@ di Bologna ha prodotto memoria aggiuntiva, nella quale viene fatto presente che, nelle more del presente giudizio, la Direzione Centrale dell’@@@@@@@ - con circolare n. 2193/M in data 2 dicembre 1999 - ha disposto che, nei casi in cui verifichi una riduzione della pensione, debba essere comunque reintegrato il trattamento più favorevole fra quello derivante dalla pensione originaria perequata e la pensione liquidata con i benefici contrattuali spettanti.

Viene precisato che alla luce di tali disposizioni si è provveduto, con la rata di marzo 2000, ad annullare il debito già partecipato al ricorrente con la nota prot. n. 4361 del 31 maggio 1999, a rimborsare le quote trattenute dal 1° giugno 1999 al 28 febbraio 2000 ed a ripristinare la pensione in pagamento più favorevole rispetto a quella riliquidata con i benefici contrattuali di cui al d.m. n. 1582 del 10 dicembre 1998, dandone comunicazione al ricorrente medesimo con nota del 4 febbraio 2000.

Si chiede, pertanto, di voler dichiarare cessata la materia del contendere.

Nell’odierna pubblica udienza l’avv.---intervenuto per il ricorrente su delega dell’avv. ----ha insistito per l’accoglimento del ricorso nella parte concernente la conservazione dell’aliquota perequativa del 9%, mentre per la restante parte del ricorso stesso ha chiesto che sia dichiarata cessata la materia del contendere.

La causa è, quindi, passata in decisione.

Considerato in

DIRITTO

La prima questione da affrontare concerne l’invocato diritto del ricorrente alla “conservazione” sulla sua pensione - come riliquidata, con decreto n. 1582 del 10 dicembre 1998, dalla data del 1° gennaio 1985 sulla base degli aumenti stipendiali stabiliti con pari decorrenza dall’art. 4 della legge 20 marzo 1984, n. 34 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della polizia di Stato, estensione agli altri Corpi di polizia, nonché concessione di miglioramenti economici al personale militare escluso dalla contrattazione) - dell’aumento percentuale del 9%, anziché di quello del 6%, di cui alla tabella B annessa alla legge 27 febbraio 1991, n. 59.

Al riguardo occorre ricordare, per quanto qui interessa, che l’art. 3 del decreto legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito con modificazioni in legge 27 febbraio 1991, n. 59, recante disposizioni urgenti in tema di perequazione dei trattamenti di pensione nei settori privato e pubblico, ha previsto, al primo comma, che gli importi dei trattamenti pensionistici indicati nell'art. 1 della legge 29 aprile 1976, n. 177(con esclusione di quelli a carico delle Casse pensioni amministrate dalla Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro e delle pensioni del personale di magistratura e dei dirigenti civili e militari dello Stato e delle categorie equiparate) sono aumentati, a decorrere dal 1° luglio 1990, nelle misure percentuali indicate, con riferimento alle date di decorrenza dei trattamenti, nella tabella B allegata allo stesso decreto (aliquota del 9% per gli anni 1983 e 1984 e del 6% per l’anno 1985).

Ciò posto, si osserva come la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non si vedono ragioni per discostarsi, si è più volte pronunciata affermando, con riguardo a fattispecie analoghe a quella qui in esame, doversi applicare l’indice perequativo relativo all’anno di decorrenza del definitivo trattamento pensionistico, liquidato con il computo degli integrali benefici economici spettanti alle date contrattualmente stabilite (cfr. ex multis. Sez, giur. reg. Puglia, 9 giugno 2006 n. 604; Sez. giur. reg. Lombardia, 4 maggio 2005 n. 333, 3 novembre 2004 n. 1321, 8 giugno 2004 n. 813). 

Di tale giurisprudenza sono espressione alcune pronunce della Sezione Terza centrale d’appello, la quale ha rilevato che “i miglioramenti introdotti dalla legge 27 dicembre 1991, n. 59 hanno evidente natura perequativa, sicché l’applicazione a decorrere dalla data di prima erogazione del trattamento pensionistico verrebbe, in fattispecie, a rivalutare un trattamento pensionistico che è stato già oggetto di più ampia determinazione, sia pure in applicazione di principi enucleati dalla giurisprudenza della Corte dei Conti” e che una applicazione siffatta sarebbe in evidente contrasto con la finalità della norma “la quale ha stabilito percentuali di miglioramenti decrescenti con riferimento alle pensioni erogate con decorrenze più recenti, proprio perché queste ultime sono state calcolate sulla base di retribuzioni che hanno beneficiato degli aumenti derivanti dai contratti collettivi nazionali di lavoro” (cfr. Sez. III centrale d’appello, 9 ottobre 2001 n. 268 e 14 maggio 2001 n. 101).

Ed invero, mutuando dalle considerazioni della Sezione Terza centrale d’appello nelle richiamate sentenze, va evidenziato che l’art. 3 della legge n. 59 del 1991 determina gli indici perequativi delle pensioni a carico dello Stato, indicando le misure percentuali da applicare - di cui alla tabella B allegata alla legge stessa - non già alla data di cessazione dal servizio, bensì a quella di decorrenza dei trattamenti pensionistici.

Tale ultima data, che normalmente coincide con quella di cessazione, nel caso di specie deve invece individuarsi in un momento successivo, che è quello in cui la base pensionabile si è concretizzata ed è stata determinata nella sua interezza: data che non può essere che quella del 1° gennaio 1985, di decorrenza dell’ultima frazione degli aumenti stipendiali previsti dall’art. 4 l. n. 34/1984 e riconosciuti anche ai dipendenti cessati nei due anni precedenti (1983 e 1984).

Ne consegue che l’indice da applicare per la perequazione delle pensioni del personale militare che, come il ricorrente, ha beneficiato degli aumenti stipendiali decorrenti dal 1985 è quello del 6% relativo all’anno in questione e non quello del 9%, relativo agli anni precedenti (1983 e 1984), di effettivo collocamento a riposo.

In conclusione, l’operato dell’@@@@@@@ appare del tutto legittimo tenuto conto, peraltro, che nelle more processuali l’Istituto previdenziale - come riportato in narrativa - ha reintegrato il trattamento pensionistico di maggior favore tra quello originario perequato e quello rideterminato sulla base dei benefici stipendiali riconosciuti al ricorrente ex art. 4 l. n. 34/1984, ed ha inoltre provveduto ad annullare l’indebito pensionistico oggetto dell’impugnato atto di recupero (prot. n. 4361 in data 31 maggio 1999) con conseguente rimborso al ricorrente delle ritenute già operate.

Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso de quo deve, pertanto, giudicarsi infondato, e come tale da respingere, riguardo alla pretesa “conservazione” sulla pensione del ricorrente, come riliquidata con decreto ministeriale n. 1582 del 10 dicembre 1998, dell’aumento perequativo - di cui all'art. 3, comma 1 legge n. 59/1991 ed allegata tab. B - con aliquota del 9% anziché del 6%, mentre rispetto alle addotte doglianze di violazione del principio del trattamento più favorevole e di irrecuperabilità dell’indebito deve ritenersi cessata la materia del contendere, come peraltro richiesto sia dall’Amministrazione convenuta sia dalla parte ricorrente.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, definitivamente pronunciando

Respinge

il ricorso in epigrafe nella parte riguardante la pretesa alla “conservazione”, sulla pensione come riliquidata con decreto ministeriale n. 1582 del 10 dicembre 1998, dell’aumento perequativo - di cui all'art. 3, comma 1 legge n. 59/1991 ed allegata tab. B - con aliquota del 9% anziché del 6%;

Dichiara

cessata la materia del contendere per la restante parte del ricorso stesso.

Spese compensate.

Così deciso in Bologna, addì 3 giugno 2009.

Il giudice

-

               -

Depositata in Segreteria il 8 settembre 2009

                                    Il Direttore di Segreteria

-

DECRETO

Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr. 196,

DISPONE

Che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi della parte privata e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.

                                                                        Il Giudice Unico

                                                   -

                             -

Depositato in Segreteria il giorno 8 settembre 2009

                                                Il Direttore della Segreteria

     -

In esecuzione del Provvedimento ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte privata e se esistenti del dante causa e degli eventi causa.

Data 8 settembre 2009

                                                Il Direttore della Segreteria

                   -

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 636 2009 Pensioni 08-09-2009