Decisione nata per il caso di un ex ufficiale che era stato carabiniere
Pensione privilegiata, per l'Inps non conta da che servizio PAGINA PRECEDENTE
(Corte dei Conti 239/2004)
   
   
Il principio enunciato negli articoli 6 e 39 del TU delle norme sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, di cui al DPR n. 1092/1973, secondo cui il servizio prestato non può essere computato, ai fini di pensione, per più di una volta, si applica anche nel caso in cui viene concessa la pensione privilegiata ordinaria (non tabellare). Conseguentemente, il servizio relativo al rapporto di lavoro per il quale è stato riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata ordinaria non può essere utile per costituire, ai sensi dell’art. 124 dello stesso TU n. 1092/1973, la posizione assicurativa presso l’INPS. Lo ha stabilito la Seconda Sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti, nella Sentenza 7 luglio 2004, n. 239, con la quale la stessa Sezione ha accolto l’appello proposto dal Ministero della Difesa avverso la sentenza n. 1303/2003 con la quale la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Emilia Romagna, nel primo grado del giudizio, aveva riconosciuto ad un ex ufficiale dell’Arma dei Carabinieri il diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS per il servizio prestato dal 22 ottobre 1968 al 4 febbraio 1980, in relazione al quale lo stesso ex ufficiale aveva conseguito la pensione privilegiata ordinaria di ottava categoria. Al riguardo, la Seconda Sezione d’appello della Corte dei Conti, rivedendo anche la propria recente giurisprudenza, ha ritenuto, sulla base di argomenti tratti dalla normativa di settore e dalla natura della pensione privilegiata, di potere svolgere, tra le altre, le seguenti considerazioni. Il principio, consacrato negli articoli 6 e 39 del TU di cui al DPR n.1092/1973, secondo cui il servizio prestato non può essere valutato più di una volta, costituisce un principio cardine dell’ordinamento delle pensioni statali. Nella pensione privilegiata ordinaria tra i necessari presupposti rappresentati dal servizio prestato e dalla menomazione subita, il servizio prestato è sempre insito alla stessa pensione e ne costituisce elemento determinativo, là dove la menomazione può svolgere un ruolo anche soltanto marginale (art. 67, comma 4, e art. 65 del TU). Il servizio prestato, sia nei casi di lunga durata come nelle ipotesi in cui sia stato di breve durata, concorre comunque alla determinazione del trattamento pensionistico di privilegio. Il rilievo che il servizio prestato ha per le pensioni privilegiate ordinarie ha indotto la giurisprudenza delle Supreme Magistrature a tenere ben distinte le pensioni privilegiate ordinarie dalle pensioni di guerra e da quelle tabellari, affermando che soltanto le prime sono legate al pregresso rapporto di impiego volontariamente instaurato, conservano la natura di retribuzione differita propria delle pensioni normali e hanno carattere reddituale, mentre le pensioni di guerra e quelle tabellari hanno natura meramente risarcitoria della menomazione a causa di un servizio prestato per obbligo legalmente imposto. Inoltre, il principio della impossibilità di valutare il servizio prestato per più di una volta, sancito negli articoli 6 e 39 del TU di cui al DPR n.1092/1973, viene esplicitato in varie altre norme dello stesso TU, quali gli articoli: 126, relativo ai casi in cui è esclusa la possibilità di costituire la posizione assicurativa presso l’INPS; 127, concernente le ipotesi in cui tale posizione assicurativa, già costituita, deve essere annullata; 128, riguardante i casi in cui la posizione assicurativa deve essere costituita per il personale militare volontario; 131 e 132, che, in sostanza, escludono la possibilità della duplice valutazione di uno stesso servizio. Sulla scorta di tali argomentazioni, la Sezione Centrale di appello della Corte dei Conti, ribaltando il giudizio emesso in primo grado, è pervenuta ad affermare che nel caso di specie, nei confronti dell’ex ufficiale appellato non sussiste il diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS per il servizio prestato nell’Arma dei Carabinieri dal 22 ottobre 1968 al 4 febbraio 1980. (21 ottobre 2004)  


Corte dei conti - Sezione Seconda giurisdizionale centrale d’appello SENTENZA N. 239/2004

 

 

La Corte dei conti - Sezione Seconda giurisdizionale centrale d’appello, composta dai seguenti magistrati:

..................omissis.................

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n.018358/IIC.PM del registro di Segreteria, avverso la sentenza n.01303/2003 della Sezione giurisdizionale per la regione Emilia Romagna, in composizione monocratica, emessa il 7.5.2003 e depositata il 21.5.2003, proposto dal Ministero della difesa nei confronti del Sig.BARSUOLA RIENZI Emilio, domiciliato in Modena, Via Baccelli, 25.

Visto l’atto di appello, notificato all’appellato Sig Barsuola Rienzi Emilio il 25.7. 2003 e depositato presso l’Ufficio del Ruolo generale dei giudizi di appello di questa Corte il 7.8.2003, la sentenza appellata, nonché tutti gli altri atti e documenti di causa;

Udita nella pubblica udienza del 22.4.2004, la relazione del Consigliere Angelo Antonio Parente, non rappresentata l’Amministrazione appellante, ma presente l’appellato.

Considerato in FATTO

Con la sentenza appellata la Sezione giurisdizionale per la regione Emilia Romagna, in composizione monocratica, ha riconosciuto in favore del Sig. Emilio Barsuola Rienzi il diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS per il servizio prestato dal 22.10.1968 al 4.2.1980, in qualità di ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, dalla quale è cessato per dimissioni volontarie, conseguendo, dapprima, l’indennità una tantum con contestuale costituzione di posizione assicurativa presso l’INPS, e, quindi, con decreto del 24.11.1989, n. 28, la pensione privilegiata ordinaria di ottava categoria, con annullamento della posizione assicurativa e recupero del contributo,a tal fine, versato all’INPS.

Il giudice di prime cure, premesso che il ricorrente non aveva maturato l’anzianità minima per il conseguimento della pensione ordinaria privilegiata, ma un trattamento equiparabile alla pensione tabellare, "scollegato" dalla effettiva anzianità di servizio, ha ritenuto, conformandosi alla sentenza n. 167/98/A si questa Sezione Seconda Centrale di Appello, che il diritto alla costituzione della posizione assicurativa emergesse da una interpretazione sistematica della normativa contenuta nel TU n. 1092/1973.

In particolare, sulla scorta degli articoli 124 e 128, che prevedono la costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS per il dipendente civile o militare che cessi dal servizio senza aver maturato l’anzianità necessaria per l’acquisizione del diritto a pensione e dell’art. 126, che, al contrario, esclude dal beneficio coloro che hanno titolo all’assegno vitalizio a carico del Fondo di previdenza per i dipendenti statali e non abbiano optato per la predetta costituzione di posizione assicurativa, nonché coloro che assumano altro servizio di cui debba farsi la riunione o la ricongiunzione con il servizio precedente, il primo giudice trae la preliminare conclusione che il legislatore ha inteso evitare che lo stesso periodo di servizio venga assunto a base di due posizioni assicurative dando luogo alla duplicazione di benefici pensionistici per lo stesso titolo.

Esaminando quindi l’art. 67 dello stesso TU n. 1092/1973 il primo giudice individua due distinte tipologie di pensioni privilegiate, quella dei percentualisti, regolata dai commi 2 e 3, e quella dei decimisti, regolata dal comma 4, per dedurne, sempre sulla scorta della indicata sentenza di questa Sezione, che, mentre nel primo caso la pensione di privilegio è sostanzialmente determinata dalla entità della subita menomazione, potendo la durata del servizio essere anche minima, nel secondo caso la costituzione della posizione assicurativa sia incompatibile con la pensione privilegiata, poiché questa viene riconosciuta a chi abbia maturato l’anzianità di servizio per il conseguimento della pensione normale ordinaria. E nel caso, non trattandosi di soggetto che avesse maturato siffatta anzianità, il ricorso veniva accolto, riconoscendosi il diritto alla costituzione della posizione assicurativa.

Avverso tale sentenza ricorre in appello il Ministero della Difesa, sostenendo che le pur pregevoli considerazioni del giudice di primo grado mal si conciliano con i disposti degli articoli 67, 124, 126 e 127 del TU n. 1093/1973.

Osserva l’appellante che dall’analisi dell’art. 67 emerge che sia la pensione corrisposta in percentuale, sia la pensione commisurata all’aumento del decimo hanno la stessa natura giuridica, tanto è vero che viene attribuita la più favorevole; che tali pensioni, essendo entrambe condizionate alla durata del servizio ed agli ultimi stipendi percepiti, rinvengono nel servizio prestato un elemento rilevante, non solo in ordine all’an dell’attribuibilità della pensione privilegiata, ma anche al quantum della medesima; che in entrambi i casi si verifica il bis in idem vietato dalla normativa vigente (art. 132 del TU n. 1092/1973), giacché i periodi di servizio prestato vengono valutati due volte, per la pensione privilegiata e per la costituzione della posizione assicurativa INPS.

Diversa è invece la pensione corrisposta per il servizio di leva che assolve precipuamente ad una funzione risarcitoria, in quanto rinviene il suo titolo in una menomazione sofferta nell’adempimento di un obbligo legalmente imposto in attuazione dell’art. 52 della Costituzione ed è liquidata secondo importi fissi stabiliti da specifiche tabelle.

Questa peculiarità delle pensioni privilegiate "tabellari" è stata più volte notata dalla Corte costituzionale, che ne ha anche colto la differenza rispetto a quelle corrisposte in percentuale, che non sono state considerate di natura risarcitoria in quanto attribuite a soggetti legati all’Amministrazione da un rapporto di impiego volontariamente costituito ed aventi carattere di retribuzione differita. In senso analogo si sono espressi il Consiglio di Stato (parere n. 870/90 del 19.2.1991) e la Corte di cassazione, la quale con la sentenza n. 987 del 27.1.1993 ha espressamente affermato che la pensione privilegiata spettante ai militari non di leva ha natura reddituale e non risarcitoria e che per i titolari di tale pensione trova applicazione l’art. 126 del TU n. 1092/1973, che vieta la costituzione della posizione assicurativa.

Soggiunge l’appellante Ministero che, conformandosi all’apposita circolare n. 76 del 28.4.1960 del Ministero del Tesoro, non ha proceduto alla costituzione della posizione assicurativa neanche nel caso in cui i militari fossero titolari di pensione privilegiata ordinaria, commisurata, in quanto più favorevole, solo alla categoria corrispondente all’entità della menomazione; e ciò per le ragioni surriferite ed in particolare:

- nella constatazione che agli interessati è stato liquidato per il servizio prestato un trattamento pensionistico;

- per il divieto della doppia valutazione del sevizio prestato;

- per la natura reddituale e non risarcitoria di tutti i tipi di pensioni privilegiate, comunque liquidate in dipendenza di un rapporto di servizio volontariamente costituito, escluse quindi le pensioni privilegiate corrisposte ai militari di leva;

- per la diversa natura di queste ultime rispetto alle prime, posta dalla Corte costituzionale a fondamento della decisione n. 431 del 30.12.1996, con la quale è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità sollevata per le norme tributarie che non estendono alle pensioni privilegiate ordinarie l’esenzione dall’imposta prevista per le pensioni di guerra e per le pensioni privilegiate tabellari.

Con memoria l’appellato riafferma il suo diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso INPS per il servizio prestato nell’Arma dei Carabinieri.

DIRITTO

Con il proposto gravame il Ministero della difesa chiede che, in riforma della appellata sentenza, si dichiari l’insussistenza del diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS nei confronti dell’ex ufficiale dei Carabinieri, Barsuola Rienzi Emilio, titolare di pensione privilegiata di ottava categoria, ottenuta per il servizio prestato nell’Arma dei Carabinieri dal 22.10.1968 al 4.2.1980, prima di aver maturato la anzianità di servizio per il conseguimento della pensione normale ordinaria, prevista dall’ articolo 52 del TU n. 1092/1973.

Sostiene l’appellante Ministero che anche nelle pensioni privilegiate, aventi natura reddituale e non risarcitoria, o meglio, indennitaria, come invece le pensioni tabellari, il servizio concorre alla determinazione del relativo trattamento; sicché un riutilizzo dello stesso sevizio ai fini della costituzione della posizione assicurativa si tradurrebbe in una sua reiterata valutazione, con violazione delle disposizioni contenute nel TU n. 1092/1973, che vietano di computare per due trattamenti di pensione lo stesso servizio.

Si sostiene, invece, nella sentenza appellata, che nella fattispecie non sussisteva il presupposto per la concessione della pensione normale per insufficienza del sevizio prestato, il quale quindi ben poteva concorrere alla costituzione della posizione assicurativa, non violandosi così il divieto della duplice valutazione.

Questa tesi era in verità quella che correva anche nella giurisprudenza recente di questa Sezione.

Ma le osservazioni ora mosse dall’appellante inducono ad una rimeditazione del tema in discussione, che tenga nel dovuto conto gli argomenti tratti dalla normativa di settore, oltre che della natura della pensione di privilegio.

Ebbene, alla stregua di tale criterio, certamente consono alla funzione dello ius dicere, che è poi la essenziale funzione del giudice, è dato rilevare che principio cardine dell’ordinamento delle pensioni dei dipendenti statali è quello, consacrato negli articoli 6 e 39 del DPR n. 1092/1973, secondo cui il servizio prestato non può essere valutato più di una volta; e tale principio è espresso nelle due norme succitate in termini talmente lati e perentori da non lasciare adito a deroghe che non siano espressamente previste dalla legge, come è disposto per il cumulo di impieghi nei soli casi in cui siano normativamente consentiti (ultimo comma del citato art. 6).

(Art. 6: 1° comma: "Un periodo di attività lavorativa, che sia valutabile ai fini di quiescenza secondo ordinamenti obbligatori diversi, è valutato una sola volta in base all’ordinamento prescelto dall’interessato."

2° comma: "La disposizione del comma precedente si applica anche per i periodi di tempo comunque valutabili ai fini di quiescenza.")

(Art. 39: 1° comma: "Un periodo di servizio, di cui sia prevista la commutabilità in base a diverse disposizioni del presente testo unico, si considera una sola volta secondo la normativa più favorevole."

2° comma: "Il precedente comma si applica anche per i periodi di tempo comunque computabili ai fini del trattamento di quiescenza.").

Il divieto di doppia valutazione: di un periodo di attività o di un periodo di tempo o di un periodo di servizio, è sancito, dunque, dalle richiamate norme, contenute nei citati articoli 6 e 39, in maniera assolutamente inequivocabile ed inderogabile, salvo quanto stabilito nell’ultimo comma dell’art. 6, come già detto.

Ora, nella pensione privilegiata ordinaria, come vedremo, è sempre insito, come elemento determinativo, il servizio prestato e la subita menomazione può svolgere un ruolo del tutto marginale, ove solo si consideri che la pensione privilegiata spetta anche ai dipendenti che abbiano prestato il massimo servizio valutabile secondo i rispettivi ordinamenti. In tali casi, per i militari, la menomazione può avere un rilievo anche minimo, riducendosi al 10% (art. 67, comma 4, del TU n. 1092/1973) della pensione normale e non avere addirittura rilievo alcuno per i civili, che, con la anzianità di servizio, abbiano raggiunto il massimo concedibile: ottanta per cento (art. 44 TU n. 1093/1973), corrispondente agli otto decimi della base pensionabile che, sempre per i civili, comunque non potrebbero essere superati anche nella ipotesi della più grave menomazione (art. 65 citato TU).

Il servizio, pertanto, dal più (quando sia di lunga durata e la menomazione sia di lieve o media gravità) al meno (quando esso sia stato breve e la menomazione sia di rilevante entità), svolge pur sempre un ruolo nella determinazione dell’ammontare della pensione privilegiata ordinaria. Ciò, ove non si voglia considerare che la stessa base pensionabile è correlata al servizio prestato, poiché è previsto, nel sistema c.d. retributivo, quale è quello vigente per i dipendenti che abbiano iniziato a prestare servizio prima del 1.1.1996 (art. 1 legge 8.8.1995, n. 335), che il suo ammontare, parametrato sull’ultimo stipendio percepito o comunque maturato, includa gli incrementi riconosciuti in relazione alla durata del sevizio, la c.d. retribuzione individuale di anzianità, che, secondo i più recenti sviluppi dell’ordinamento del pubblico impiego, ha assunto il rilievo di distinto istituto giuridico (art. 47 DPR n. 226/1987 e art. 1, commi 3, 4, 5 e 6, DL n. 379/1987, convertito in legge n. 468/1987).

Ed è proprio sulla base di tali rilievi che giustamente la giurisprudenza delle Supreme magistrature ha tenuto distinte le pensioni privilegiate normali dalle pensioni di guerra e tabellari, essendo le prime legate al pregresso rapporto di impiego, sì da conservare (nei limiti di operatività delle suindicate disposizioni) la natura di retribuzione differita propria delle pensioni normali e carattere reddituale e le seconde natura meramente risarcitoria della menomazione subita a causa di un servizio, non volontariamente assunto ma prestato per obbligo legalmente imposto (cfr. Corte costituzionale n. 373/1987 e n. 431/1996; Corte di Cassazione n. 987/1993; Consiglio di Stato n. 870/1990).

Ed anche questa Corte dei conti ha nettamente distinto le pensioni privilegiate normali dei pubblici dipendenti civili e militari, dalle pensioni tabellari militari e di guerra, nella sua più diffusa giurisprudenza e nelle pronunce della sua massima espressione giurisdizionale (per questa ultima Cfr, SS.RR. n. 527/A/1987 e n. 4/QM/1998).

Il vero è che il servizio prestato, in misura minima o massima, incide sulle pensioni privilegiate ordinarie e ciò, non per la ragione indicata nelle pregresse pronunce di questa Sezione, che anche il tempo può aver esercitato un ruolo nella insorgenza o nell’aggravamento della infermità e quindi aver operato, per questa via, sulla stessa entità della menomazione (resta tuttavia inesplicabile l’assunto che il tempo possa incidere sulle lesioni, dal momento che queste possono prodursi fin dal primo giorno del servizio volontario); ma per la rilevanza che esso comunque assume in sede di determinazione dell’entità della pensione, sotto il duplice profilo di elemento incrementativo della retribuzione cui si commisura la pensione e di elemento che concorre alla fissazione della misura della stessa pensione (art. 67, comma 3 del DPR n. 1092/1973).

Da quanto detto fin qui deriva de plano che, in applicazione del principio, consacrato dagli articoli 6 e 39 del TU n. 1092/1973 (ed esplicitato negli articoli 126, 127, 128, 131, e 132 delle stesso TU), secondo cui un periodo di attività lavorativa, che sia valutabile secondo ordinamenti obbligatori diversi, è valutato per una sola volta in base all’ordinamento prescelto dall’interessato, salvo il caso in cui sia consentito il cumulo di impieghi, non può nel caso di specie farsi luogo alla costituzione della posizione assicurativa valorizzando il servizio prestato dall’appellato nell’Arma dei Carabinieri dal 22.101968 al 4.02.1980, già presupposto ed elemento costitutivo della pensione privilegiata di ottava categoria concessagli dal Ministero della difesa, sia per aver concorso a determinare la retribuzione posta a base della determinazione della pensione, sia per aver incrementato tale pensione con gli aumenti percentuali di cui al terzo comma dell’art. 67 sopra citato.

Tale conclusione, a ben vedere, trova puntuale conferma nelle disposizioni contenute negli articoli sopra indicati come espressione applicativa dell’enunciato principio del divieto della doppia o plurima valutazione di uno stesso servizio.

Così è per i casi di esclusione della costituzione di posizione assicurativa di chi abbia già utilizzato il servizio prestato per il conseguimento dell’assegno vitalizio, posto in alternativa alla costituzione della posizione assicurativa proprio per la ragione che il servizio prestato, da assumere a presupposto e misura dello stesso assegno, non può essere computato due volte, per il trattamento costituito dall’assegno in parola e per quello (futuro ed eventuale) cui dovrebbe concorrere la posizione assicurativa.; e della ricongiunzione o riunione di servizi, che non potrebbero valere per la costituenda posizione assicurativa e per il trattamento previdenziale riconnesso o riconnettibile ai servi riuniti o congiunti.

La stessa ratio sottende le disposizioni contenute nel successivo art. 127, che ribadiscono la inconciliabilità tra posizione assicurativa e le situazioni ora descritte, relativamente all’assegno vitalizio ed alla posizione assicurativa, che viene annullata quando il dipendente acquisti, dopo che sia stata costituita, il diritto all’assegno vitalizio, o consegua la pensione in forza dei sevizi riunititi o ricongiunti, quelli che aveva già prestati e sulla cui base si era costituita la posizione assicurativa e quelli resi successivamente; con l’obbligo, in ogni caso, della restituzione da parte dell’ex dipendente statale dei ratei di pensione già riscossi con l’utilizzo della posizione assicurativa originariamente costituita. E con l’obbligo dell’INPS di restituire a sua volta allo Stato i contributi versati in relazione alla costituita posizione assicurativa.

L’alternatività e la reciproca esclusione, sempre sul fondamento del ne bis in idem del servizio prestato, sancito come principio dai citati articoli 6 e 39 del TU n. 1092/1973, è confermata nell’art. 128 dello stesso TU, ove si prevede che il militare in sevizio volontario, che abbia ottenuto la costituzione della posizione assicurativa per insufficienza del servizio prestato ai fini del conseguimento della pensione e che assuma di nuovo servizio statale, è obbligato a rinunciare al computo del sevizio che diede luogo alla costituzione della posizione assicurativa, ove voglia conservare quest’ultima, e - circostanza questa singolarmente prossima a quella in esame nel presente giudizio - se per il servizio precedente abbia conseguito la pensione di invalidità e voglia poi ottenere il computo di quel medesimo servizio ai fini della pensione statale, frattanto maturata, deve rinunciare alla pensione di invalidità e restituire le rate di pensione riscosse.

Di nuovo si conferma il principio del ne bis in idem per il servizio prestato, negli articoli 131 e 132 del TU n. 1092/1973, nei quali si prevede rispettivamente: a) che anche nel caso di consentito cumulo di trattamento di quiescenza e di successivo trattamento di attività per assunzione di un nuovo impiego presso pubbliche amministrazioni, il dipendente, che intenda congiungere il pregresso servizio con il nuovo, perde il godimento della pensione già conseguita e deve restituire le rate percepite durante la nuova prestazione di servizio (art. 131, comma 3); b) che il precedente servizio che ha dato diritto alla pensione non si computa ai fini economici e di carriera del nuovo rapporto, né ai fini dell’ulteriore trattamento di quiescenza e neppure ai fini di eventuali maggiorazioni a qualsiasi titolo dell’anzianità di servizio valutabile ai fini di pensione, che siano state già considerate nella liquidazione della precedente pensione (art. 132).

Come appare evidente dalla rassegna delle richiamate disposizioni, il legislatore mantiene fermo il principio, enunciato negli articoli 6 e 39 del TU n. 1092/1973, che vieta di computare per più di una volta il servizio prestato e ciò per ogni effetto, sia ai fini di carriera, sia ai fini previdenziali, nella duplice specie della pensione in atto contemporanea a trattamento di attività, e di due trattamenti di pensione, attuali o anche solo potenziali, come avviene appunto nel caso della costituzione di posizione assicurativa.

Lo stesso principio non può non valere anche per l’ipotesi che sia stata concessa pensione privilegiata, quando il servizio pregresso abbia assunto rilievo ai fini della relativa determinazione, come avviene appunto per le pensioni privilegiate ordinarie (non tabellari), quale è quella per la quale si è svolto il presente giudizio.

Resta pertanto confermata la conclusione che, in presenza di tali pensioni, non può l’Amministrazione procedere alla costituzione della posizione assicurativa, violando altrimenti il principio che sancisce il divieto della duplice valutazione dello stesso servizio.

Per le suesposte considerazioni l’appello proposto dal Ministero della difesa viene accolto, con conseguente annullamento della sentenza di primo grado e della posizione assicurativa che fosse stata frattanto costituita in esecuzione di essa.

Data la natura della materia trattata non si fa luogo a pronuncia sulle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Seconda giurisdizionale d’appello, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa domanda, eccezione e deduzione,

ACCOGLIE

l’appello n. 018358 proposto dal Ministero della Difesa avverso la sentenza n. 01303/2003 della Sezione giurisdizionale per la regione Emilia-Romagna, che annulla, dichiarando, per l’effetto, che nei confronti dell’appellato, (sig. Emilio BARSUOLA RIENZI), non sussiste il diritto alla costituzione della posizione assicurativa per il servizio prestato nell’Arma dei Carabinieri dal 22.10.1968 al 4.2.1980.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 22 aprile 2004, proseguita il 25 maggio 2004. Depositato nella Segreteria il 7 luglio 2004