Pensione privilegiata per patologia tumorale: videoterminalista ed eventi stressanti
Corte dei Conti , sez. Lazio, sentenza 20.07.2004 n° 2112 (Massimo Cassiano)



 

Segnaliamo questa Sentenza della Sezione Lazio della Corte dei Conti sia per la particolare vicenda umana (che interesserà i nostri sempre attenti lettori... in internet) sia per il rigore giuridico e lo scrupolo di ricerca della giustizia che la caratterizza.

 

Il Sig. B., assunto alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1964 (a soli 19 anni), fu "comandato" presso la Corte dei Conti nel 1973 quale meccanografo e terminalista - con mansioni di operatore di computer - presso il Servizio Trasmissione Dati della Corte stessa, ove rimane sino alla morte (intervenuta nel 1983, a soli 38 anni) per "istiocitosi maligna", una neoplasia al torace curata senza successo per poco più di un anno. In base ad una legge del 1971, la Corte dei Conti si trovò costretta a trasformare, nel più breve tempo possibile, l'archivio cartaceo di oltre 300.000 ricorsi pendenti (!) in archivio elettronico, con memorizzazione di tutti i dati relativi ad ogni singolo ricorrente e ad ogni provvedimento impugnato.

 

Un lavoro immenso, per cui mancava il personale e sopratutto il personale specializzato.

 

Oltretutto, data l'epoca (1973), si era agli albori dell'informatica nella Pubblica Amministrazione e, appunto per questo, per la sua specifica competenza, il B. fu "comandato" presso la Corte dei Conti. Il lavoro andò avanti per lunghi anni in ambienti (sotterranei) disagiati, con i computers dell'epoca (con tubi catodici ad alta emissione di radiazioni e privi di schermi protettivi) ed il B. ci si dedicò anche nelle ore straordinarie, sino al limite massimo fissato per legge! La diagnosi della malattia avvenne tardivamente perché il B., preso degli impegni di lavoro, aveva trascurato i primi sintomi, non aveva consultato alcun medico ed aveva continuato a lavorare per ben otto mesi, continuando a peggiorare. Ricoverato in Ospedale, operato al torace, trattato poi con un ciclo di radioterapia, non ci fu nulla da fare ed il B. morì, come abbiamo detto, a soli 38 anni!

 

La vedova chiese il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della neoplasia maligna che determinò il decesso del coniuge. La Commissione Medica Ospedaliera e lo stesso Ministero avevano espresso favorevole, ma il C.P.P.O. dette parere totalmente negativo ed il Ministero si uniformò, respingendo la domanda.

 

Presentato ricorso alla Corte dei Conti, l'avvocato della vedova aveva prodotto una perizia medico legale ed articolato la difesa su due punti fondamentali: la riduzione delle difese immunitarie a causa dello stress sul lavoro (eccessiva responsabilità, ritmi lavorativi incongrui, sovraccarico di lavoro da eseguire in un arco di tempo strettamente prestabilito, ecc. ecc.) ed esposizione prolungata del torace alla macchina video terminale. Da notare, tra l'altro, che il B. non era fumatore: cosa, all'epoca, più rara di oggi!

 

L'istruttoria della causa, disposta dai giudici della Corte dei Conti, fu particolarmente accurata, ma molto travagliata sia perché negli uffici amministrativi della Corte stessa addirittura non si trovava più la documentazione del servizio prestato dal povero B. (!) - che, ricordiamo, era stato "comandato" dal Ministero da cui dipendeva - sia perchè l'Ufficio Medico Legale del Ministero della Sanità prima, ed il Collegio Medico Legale poi, avevano espresso parere negativo sulla dipendenza di servizio, sia pure con diverse e contrastanti motivazioni. In sostanza, comunque, entrambi i C.T.U. negavano qualsiasi influenza sulla insorgenza del tumore dell'intenso stress lavorativo e della attività di operatore al computer, prolungatisi per anni ed anni: la neoplasia era venuta perché... doveva venire!

 

La difesa della ricorrente, però, è detto nella Sentenza,: "ha evidenziato, da un lato, l'esistenza di valida documentazione probatoria circa le mansioni espletate dal B. - caratterizzate da ritmi gravosi e svolte dall'interessato con il massimo impegno, con straordinario sino al massimo delle ore consentite e fino a trascurare la propria salute - e, dall'altro, ha messo in rilievo il ruolo rivestito dallo stress nel funzionamento del sistema immunitario, allegando, in proposito, uno studio del dott. Vincenzo Bottari dell'Ospedale San Camillo di Roma dal titolo "Il cammino psico-immunologico dello stress", unitamente ad una raccolta scientifica su stress e cancro del 19/2/1996, nonchè copia del parere reso recentemente dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa, per altro giudizio, ma sempre in tema di neoplasie; ha inoltre prodotto copia di una sentenza di questa Corte, che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio del morbo di Hodgkin di un soggetto addetto a un Centro Elaborazione Dati, evidenziando che anche in quel caso erano stati interpellati sia l'U.M.L. del Ministero della Salute che il C.M.L., Sezione Speciale presso questa Corte, che si erano espressi in senso negativo: in tale pronuncia il Giudice ha rilevato che l'essere impiegato nella conduzione di terminali comporta una attività lavorativa da svolgere "in un locale condizionato a temperatura e umidità costanti, con sicura esposizione a condizioni favorevoli al contagio di infezioni aerodiffuse ed a campi magnetici ad alta frequenza generati dalle apparecchiature elettriche. Studi sperimentali condotti sulla interazione tra campi elettromagnetici (CEM) ad alta frequenza ed organismi viventi hanno scoperto processi biologici riconducibili ad effetti cancerogeni, nonché la possibilità dei CEM di favorire una crescita dei radicali liberi e degli ossidanti cellulari e di ridurre la melatonina, con danni indiretti sul DNA cellulare". Ha osservato conclusivamente il difensore che all'epoca di riferimento i computers non avevano certo le sicurezze (schermi protettivi e schermi al plasma, privi cioé del tubo catodico, monitor a bassa emissione di radiazioni, ecc.) di cui sono dotati oggi."

 

Chiamato definitivamente a decidere, il Giudice della Corte dei Conti ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda e riesaminato tutta la documentazione versata in atti e, rilevate le carenze e le contraddizioni dei pareri dell'U.M.L. e del C.M.L., ha osservato che: "è da rilevare che l'entità dell'attività lavorativa prestata dal B. è risultata di carattere sicuramente impegnativo e fuori del comune, sia per la quantià di ore straordinarie che lo stesso aveva accumulato, sia per i giudizi concordemente positivi espressi nei rapporti informativi allegati. L'attività di terminalista addetto ad un particolare sistema (Audit) fa inoltre desumere che l'interessato lavorava molte ore al giorno su apparecchiature elettroniche, in locali verosimilmente poco areati o con condizionatore, esposto, quindi, a contagio di infezioni aerodiffuse e a campi magnetici (come osservato, in analoga fattispecie, nella giurisprudenza citata dalla difesa).

A detta attività, dunque, non può non riconoscersi un importante grado di caratterizzazione stressante prolungata nel tempo."

 

Infine, dopo altri puntuali rilievi (la sentenza è allegata sul sito), ha concluso che: "può riconoscersi, nel servizio prestato dal dante causa della ricorrente, quell'insieme di condizioni (rischio specifico e stress prolungato) che possono verosimilmente avere, da un lato, determinato l'insorgenza della istiocitosi mediastinica maligna e, dall'altro, l'insufficienza del sistema immunitario a combattere la proliferazione cellulare illimitata successiva a detta insorgenza, sulla base delle ipotesi scientifiche riportate nella relazione della Prof. C. e nella letteratura prodotta in atti dal difensore della ricorrente, entrambe citate in narrativa e che qui si intendono integralmente richiamate.

Va, di conseguenza, affermato il diritto della ricorrente alla pensione privilegiata di riversibilità, nella misura massima prevista dalla legge, per il decesso del coniuge determinato da concausa, efficiente e determinante, di servizio."

 

Una Sentenza che costituirà certamente un autorevolissimo precedente giurisprudenziale ed un punto di riferimento per casi simili che, purtroppo, si verificano sempre più spesso nella vita di oggi.

 

 

(Altalex, 6 dicembre 2004. Nota a cura dell'Avv. Massimo Cassiano)



 

CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

 

GIUDICE UNICO: M. T. Docimo

Sentenza n. 2112/2004 del 20 luglio 2004

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato il Ministro della Pubblica Istruzione ha respinto la domanda di pensione privilegiata ordinaria indiretta presentata dalla signora B. M. D.– quale vedova di B. G. B.- in quanto l'infermità "Insufficienza respiratoria, ictus cerebrale, riproduzione metastatica, istiocitosi maligna", che determinò il decesso del coniuge, non è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio.

Con il ricorso viene confutato tale diniego ed affermata la dipendenza dell'infermità tumorale dal servizio svolto dal B. - in qualità di "comandato" del Ministero della P.I. presso questa Corte dei conti, quale meccanografo e terminalista presso il Servizio Trasmissione Dati per circa dieci anni - con riferimento, da un lato, all'apporto concausale dello "stress lavorativo", assunto quale fattore capace di demolire o diminuire sensibilmente le difese immunitarie dell'organismo, con la conseguenza di lasciar attecchire e proliferare le cellule tumorali, e, dall'altro, alla rapportabilità tra la neoplasia mediastinica, come quella che ha colpito il dante causa della ricorrente, ed un servizio quale quello di terminalista.

A sostegno di tali tesi sono stati prodotti i documenti che attestano il servizio svolto dal B. , nonchè la relazione medico-legale della Prof. R.C in data 07/07/1997, con cui viene evidenziata la potenzialità lesiva dei disagi e dello stress nell'insorgenza delle affezioni tumorali e nel defedamento delle difese immunitarie, ai fini della più celere e grave evoluzione del male, oltre a estratti della letteratura medica al riguardo e a giurisprudenza favorevole di questa Corte in fattispecie analoghe.

Risulta dagli atti che il dante causa della ricorrente fu assunto alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione nell'agosto 1964 e, dal 1973, quale comandato, presso questa Corte dei conti in qualità di coadiutore meccanografo; nel settembre 1982 venne ricoverato presso l'Istituto di II^ Clinica Chirurgica di Roma per "neoplasia mediastinica" e in data 14/10/1982 fu sottoposto ad intervento di toracotomia sin. con lobectomia sup. per escissione di una massa neoplastica istologicamente diagnosticata come Morbo di Hodgkin. Dopo essere stato sottoposto a 5 cicli di MOPP, in data 25/03/1983 un rx torace evidenziava una recidiva locale (emitorace sin.) di una nuova massa parailare sin. Dopo radioterapia con accelerazione lineare dal 18/04/1983 al 25/05/1983 si ottenne una remissione completa ma dopo pochi giorni di benessere iniziò sintomatologia febbrile con calo ponderale e comparsa di una tumefazione esterna sottocutanea parietale toracica sin. Trasferito all'Istituto Tumori di Genova fu eseguita una nuova biopsia della massa tumorale aggettante alla parete toracica sin. La diagnosi istologica sconfessò la diagnosi di Morbo di Hodgkin e indicò come più probabile quella di "Istiocitosi maligna" (infiltrazione in tessuto fibroadiposo di neoplasia maligna emolinfoproliferativa a grandi cellule, ad elevato indice mitotico).

In data 11/10/1983 il B. è deceduto per "insufficienza cardiorespiratoria, ictus cerebrale, riproduzione metastatici, istiocitosi maligna".

La C.M.O. di Roma, con verbale n. 4041 in data 01/07/1985 giudicò tale infermitò contratta in servizio e a causa di servizio ed ascrivibile alla 1^ ctg. tab. A.

Il Comitato per le pensioni privilegiate ordianarie, nella seduta del 21/11/1985 invece espresse l'avviso che tale infermità non poteva riconoscersi dipendente da causa di servizio neppure sotto il profilo concausale.

Seguì il decreto impugnato.

A sostegno del ricorso, in data 14/07/1997 la difesa della ricorrente ha depositato una relazione della Prof. R.C, che si sofferma prevalentemente sulla relazione tra condizioni di disagio psico-fisico da stress e sviluppo di patologie terminali.

HA osservato il Consulente, in primo luogo, che la diagnosi della malattia avvenne tardivamente perché il B. non aveva consultato alcun sanitario, al primo manifestarsi dei sintomi, essendovi impedito a causa, a suo dire, di urgenti ed improcrastinabili impegni di lavoro (relazione clinica del Dr. L. A. dell'O.C. di Velletri in data 20/10/1983, che seguì le prime fasi della malattia). In secondo luogo, ha confutato l'affermazione del C.P.P.O. secondo cui verrebbe esclusa dalla prevalente dottrina medica ogni influenza causale dei fattori generici, tra cui gli eventi stressanti, ed ha invece affermato come sia noto che le condizioni di stress sono in grado di comportare fenomeni di immunodeficienza e quindi l'insorgenza e comunque la più facile e celere evoluzione di patologie neoplastiche. Ha citato, a sostegno delle proprie affermazioni, stralci di letteratura scientifica (Timio, Pancheri, Gasparotto, Bach e Lesavre, Crepet), da cui si desume come la reazione di stress sia in grado di determinare una attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrenale, e come i corticosteroidi tendano a deprimere - in numerose condizioni sperimentali - la risposta immunitaria; si tratterebbe, in tali casi, di patologie derivanti o da situazioni di stress prolungate nel tempo, o da risposte del tipo "evitamento sistematico degli stimoli stressanti", vale a dire da meccanismi di rimozione o negazione in determinati soggetti incapaci di esprimere sentimenti di tipo aggressivo di fronte a situazioni conflittuali; nell'anamnesi di pazienti neoplastici si è rilevata la presenza di eventi emozionali di perdita, dai quali si è desunto che l'ipofunzionalità del sistema di reazione di fronte ad eventi stressanti di notevole entità, determinerebbe anche il blocco del sistema immunitario, rendendo così l'individuo più vulnerabile a carcinomi, ambientali e non.

I principali fattori legati al mondo del lavoro, in grado di indurre uno stato di stress, si potrebbero compendiare in: eccessiva responsabilità, disaffezione, ritmi lavorativi incongrui, sovraccarico di lavoro da eseguire in un arco di tempo strettamente prestabilito, timore di disapprovazione per quanto eseguito, paura di pericoli fisici, etc.

Nel rilevare, infine, che il B. non risultava fumatore, ha concluso affermando l'esistenza di più che ragionevoli motivi per riconoscere la dipendenza da causa di servizio dell'infermità tumorale del dante causa della ricorrente.

Il servizio di terminalista prestato dal B. risulta dal rapporto informativo del Dirigente Superiore del Ministero della Pubblica Istruzione, dott. M., redatto in data 27/05/1985 - ove tra l'altro il funzionario si è espresso in termini probabilistici favorevoli al riconoscimento dell'apporto causale delle mansioni svolte sull'insorgenza del tumore, per criterio topico, essendo il torace la parte più esposta alla macchina video-terminale - nonchè dall'attestazione del I^Referendario Direttore dell'Ufficio di controllo sugli atti della P.I., dott. C., ove si fa riferimento anche alla altissima resa del suo servizio, all'esperienza professionale, alla precisione ed alacrità del lavoro e alle doti umane ("qualificatissimo esempio"), oltre che dalla nota del Dirigente del Segretariato Generale di questa Corte, dott. L. M., in data 15/12/1999, che ne attesta il servizio presso il Centro Elettronico Dati.

Con nota in data 11 aprile 2002, poi, trasmessa a seguito di ordinanza di questa Corte, altro Dirigente del Segretariato Generale smentisce che il B. sia stato in servizio presso il C.E.D., precisando che lo stesso avrebbe prestato le proprie mansioni presso il Servizio Trasmissione Dati di un Ufficio di controllo di questa Corte.

Tale informativa viene contestata dal difensore della ricorrente, nella memoria del 28 novembre 2003, con riferimento alle attestazioni contenute: 1) nel rapporto informativo redatto il 27/05/1985 dal Dirigente Superiore presso il Ministero della P.I., 2) in una dichiarazione dello stesso B. in data 15/02/1980 (ove lo stesso precisa di trovarsi "comandato presso la Corte dei conti"), 3) in un rapporto informativo sul servizio specifico svolto quale "addetto al servizio Trasmissione Dati in qualità di terminalista", con giudizio valutativo numerico di 100/100, 4) nella nota del I^Referendario Direttore dell'Ufficio di controllo (dott. C.), ove si dà atto del servizio prestato dal 01/12/1973 e in quella in data 22/12/1978 del dott. E. V., ove si precisa la quantità di straordinario effettuato dal B. ("per il massimo di ore consentite").

In sede istruttoria sono stati interpellati sia l'Ufficio Medico Legale del Ministero della Salute che il Collegio Medico Legale - Sezione Speciale presso questa Corte.

Con il primo parere (8 marzo 1999) viene decisamente escluso ogni rapporto di dipendenza tra l'attività svolta dal B. e la malattia neoplastica che ne ha determinato il decesso, secondo un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo, argomenta il Capo dell'Ufficio Medico Legale che tra i fattori di rischio della specifica neoplasia mediastinica che trasse a morte il B. vengono attualmente considerati "fattori di natura genetica, socio-economica, infettiva e farmacologica, ma non sono riportati dati che evidenzino una correlazione tra la malattia in oggetto e l'attività specifica svolta (terminalista di apparecchiature elettroniche)".

In secondo luogo, afferma di non condividere le argomentazioni del consulente di parte relative alla correlazione tra stress e patologia neoplastica.

A tale riguardo, osserva che detta correlazione, oggetto di annose discussioni, non è basata sull'evidenza dei fatti (commentando, in proposito, che "le cause di varie malattie sono state inventate prima di essere scoperte" e prospettando una credulità 'popolare' acritica di fronte a tale tipo di correlazione, sostenuta prevalentemente in sede mediatica (giornali, riviste, mezzi di comunicazione).

Per quanto concerne, poi, la letteratura medica che si è soffermata su tale possibilità, afferma che la stessa è stata oggetto di revisione scientifica che ne ha evidenziato le numerose 'contraddizioni dei risultanti' e 'l'inadeguatezza delle metodologie usate'.

Il riscontro negativo di detta letteratura scientifica si articola, sostanzialmente, su i seguenti punti:

1. <Gli eventi stressanti devono essere distinti dallo stress>:l'ipotesi che lo stress possa promuovere il cancro attraverso i suoi effetti sul Sistema Neuroendocrino e sul Sistema Immunitario sarebbe generica e non documentata (sarebbe inverosimile, ad esempio, che un evento stressante di breve durata determini modificazioni così profonde nell'organismo da interferire negativamente e a lungo col processo della trasformazione cellulare); in definitiva, anche se "è noto da tempo che una depressione immunologica si associa ad una aumentata incidenza di alcune neoplasie particolari (in genere linfomi)", ciò accadrebbe a seguito di eventi immunodepressori importanti, come ad es. i trapianti d'organo e non dimostrerebbe ancora che lo stress sia un evento immunodepressore importante.

2. <La valutazione del rapporto tra evento stressante ed insorgenza di una neoplasia dovrebbe essere prospettica e non retrospettiva>: sembra con ciò riferirsi alla circostanza che il soggetto portatore di cancro potrebbe sopravvalutare alcuni eventi stressanti della propria vita perché condizionato dalla consapevolezza della malattia.

3. <La valutazione dovrebbe esamionare di volta in volta una specifica neoplasia> poiché il termine di 'cancro' si riferisce ad un gruppo 'molto eterogeneo' di malattie ad etiologia multipla; ciò posto, sarebbe 'chiaro' che i tumori teoricamente più suscettibili ad influenze stressanti "dovrebbero essere quelli relativi al sistema neuroendocrino ed al sistema immunitario" e, pertanto, solo in tali casi andrebbero considerati i fattori psicosociali in grado di cointeressare l'asse ipotalamo-ipofisi-surrenale.

Precisato, quindi, che la "quasi totalità degli studi condotti miranti a valutare il ruolo dello stress in oncologia non ha rispettato i requisiti appena riportati", ha osservato che, se anche talora sono stati evidenziati "una o due associazioni positive", non si sono peraltro considerati tutti gli altri casi negativi.

In ogni caso, ha ritenuto di prospettare, a titolo di "esperimenti naturali" che dimostrerebbero l'assenza di ogni correlazione tra eventi stressanti e cancro, non meglio identificati "studi" relativi ai soldati che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale, ai prigionieri in Europa, Asia e Corea e ai sopravvissuti ai campi di concentramento, dai quali si sarebbe dimostrata l'assenza di incremento di neoplasie rispetto alle popolazioni che non hanno sopportato tale tipi di eventi stressanti.

Conclusivamente, ha affermato che non esiste la dimostrazione che eventi stressanti anche gravi siano in grado di determinare modificazioni tali nell'organismo da creare una situazione sfavorevole permanente che, a sua volta, facilita o promuove l'insorgenza di un cancro, sia per quanto riguarda l'alterazione genetica iniziale (che potrebbe essere solo di natura ereditaria, fisica, chimica o virale), sia per quanto concerne le ulteriori modificazioni del patrimonio genetico cellulare.

Con il secondo parere acquisito in sede istruttoria, il Collegio Medico Legale - Sezione Speciale presso questa Corte, ha parimenti escluso ogni rapportabilità dell'attività svolta dal B. con la localizzazione ed il tipo di infermità tumorale causa del decesso, come pure ogni possibile effetto da stress lavorativo, quale concausa efficiente e determinante dell'indebolimento delle difese autoimmunologiche dell'individuo.

Ha osservato, infatti, il C.M.L. che l'entità delle condizioni psico-fisiche (stress, etc.) non risulterebbe di entità tale da indurre l'insorgenza della forma neoplastica maligna in questione.

Del resto, ha rilevato che i rapporti informativi allegati in atti non specificherebbero le specifiche mansioni svolte dal B. (con riferimento alla circostanza che nel rapporto informativo dell'11 aprile 2002 si è affermato che il B. non risultava aver prestato servizio presso il C.E.D. di questa Corte), e che parte della documentazione prodotta in atti (quella, in particolare, che fa riferimento alla valutazione numerica dei coefficienti di giudizio, pari a 100/100), non reca il soggetto cui si riferisce, né il timbro dell'ufficio né la qualifica del funzionario competente alla compilazione del rapporto informativo.

In ogni caso, ha concluso che, anche se dovesse considerarsi valido il servizio reso in qualità di terminalista, non risulta dalla letteratura medico-scientifica che tale lavoro sia a maggior rischio specifico per neoplasie mediastinche quali il Morbo di Hodgkin o più specificamente "Istiocitosi maligna".

Con memoria in data 10/12/2003 l'Avv. Cassiano ha evidenziato, da un lato, l'esistenza di valida documentazione probatoria circa le mansioni espletate dal B. - caratterizzate da ritmi gravosi e svolte dall'interessato con il massimo impegno, con straordinario sino al massimo delle ore consentite e fino a trascurare la propria salute - e, dall'altro, ha messo in rilievo il ruolo rivestito dallo stress nel funzionamento del sistema immunitario, allegando, in proposito, uno studio del dott. Vincenzo Bottari dell'Ospedale San Camillo di Roma dal titolo "Il cammino psico-immunologico dello stress", unitamente ad una raccolta scientifica su stress e cancro del 19/02/1996, nonché copia del parere reso recentemente dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa, per altro giudizio, ma sempre in tema di neoplasie; ha inoltre prodotto copia di una sentenza di questa Corte, che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio del morbo di Hodgkin di un soggetto addetto a un Centro Elaborazione Dati, evidenziando che anche in quel caso erano stati interpellati sia l'U.M.L. del Ministero della Salute che il C.M.L., Sezione Speciale presso questa Corte, che si erano espressi in senso negativo: in tale pronuncia il Giudice ha rilevato che l'essere impiegato nella conduzione di terminali comporta una attività lavorativa da svolgere "in un locale condizionato a temperatura e umidità costanti, con sicura esposizione a condizioni favorevoli al contagio di infezioni aerodiffuse ed a campi magnetici ad alta frequenza generati dalle apparecchiature elettriche. Studi sperimentali condotti sulla interazione tra campi elettromagnetici (CEM) ad alta frequenza ed organismi viventi hanno scoperto processi biologici riconducibili ad effetti cancerogeni, nonché la possibilità dei CEM di favorire una crescita dei radicali liberi e degli ossidanti cellulari e di ridurre la melatonina, con danni indiretti sul DNA cellulare". Ha osservato conclusivamente il difensore che all'epoca di riferimento i computers non avevano certo le sicurezze (schermi protettivi e schermi al plasma, privi cioè del tubo catodico, monitor a bassa emissione di radiazioni, ecc.) di cui sono dotati oggi, ed ha pertanto insistito, in via principale, nell'accoglimento del ricorso, con riconoscimento della dipendenza e/o aggravamento da causa di servizio dell'infermità che ha determinato il decesso del dante causa del ricorrente e conseguente riconoscimento in favore della stessa della pensione privilegiata di riversibilità di 1^ ctg., assegno di superinvalidità, tab. E, lett. F, con riconoscimento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, secondo il criterio affermato dalle Sezioni Riunite di questa Corte con sentenza n. 10/QM/2002. In subordine, ha chiesto che venga disposto il rinnovo totale della consulenza tecnica d'ufficio tramite invio degli atti al Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa o altro organo collegiale di livello universitario, per un motivato parere, che tenga conto di tutta la documentazione prodotta.

All'odierna pubblica udienza, alla quale è assente il rappresentante dell'Amministrazione resistente, l'Avv. Cassiano si è riportato alla predetta memoria scritta.

Non ravvisando necessità di ulteriore istruttoria, questo giudice ha deciso la causa come da dispositivo letto al termine dell'udienza.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Va innanzi tutto circoscritto l'oggetto del presente giudizio alle controverse questioni sollevate, concernenti: 1) effettivo servizio prestato dal B. in relazione alla documentazione prodotta; 2) ricollegabilità dell'infermità neoplastica, causa della morte del B. , al servizio prestato, sia dal punto di vista dello specifico rischio per l' attività di terminalista, sostenuto dalla giurisprudenza prodotta dal difensore della ricorrente, sia con riferimento alla ipotizzata patogenesi tumorale da eventi stressanti, avanzata dal consulente di parte ricorrente, Prof.ssa R.C, entrambi confutati dagli organi di consulenza medico-legale interpellati in sede istruttoria.

Osserva, al riguardo, questo giudice che - in ordine alla prima questione - la contraddizione rilevata dal C.M.L., Sezione Speciale, circa la appartenenza o meno del B. all'Ufficio denominato "Centro Elettronico Dati" è solo apparente.

In disparte, infatti, il dato mancante circa l'effettiva data di istituzione del vero e proprio Centro Elaborazione Dati (C.E.D.) presso questa Corte, va osservato che l'attività svolta dal B. quale meccanografo addetto al Sistema Trasmissione Dati di un Ufficio di controllo - con mansioni di operatore di computer - risulta sufficientemente provata dalla nota in data 27/05/1985 del Dirigente Superiore del Ministero P.I. e confermato dalla nota del I^ Referendario Direttore di questa Corte, dott. C..

Quanto alla connessa questione della ricollegabilità dell'infermità tumorale a detto servizio - sotto il duplice profilo prospettato - va osservato, in primo luogo che, ai sensi della normativa in materia di pensioni privilegiate ordinarie (art. 64 D.P.R. n. 1092/73), il diritto a pensione va riconosciuto in conseguenza dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio unica, diretta ed immediata, o da concausa efficiente e determinante, nonché dell'ascrivibilità di detta infermità ad una delle categorie della tab. A annessa alla legge n. 313/68 e successive modificazioni e integrazioni e non sia suscettibile di miglioramento.

Ciò posto, sulla questione della rilevanza degli eventi stressanti sulla insorgenza o sul decorso della specifica infermità tumorale che ha provocato la morte del B. (sotto lo specifico profilo della depressione del sistema immunitario), nonché sulla parallela questione dell'incidenza causale delle specifiche mansioni svolte dal B. quale terminalista, si sono contrapposte le tesi, da un lato, della C.M.O. di Roma e della Prof. C., e dall'altro quelle del C.P.P.O., del Collegio Medico Legale, Sezione Speciale presso questa Corte, e dell'Ufficio Medico Legale del Ministero della Sanità.

Va al riguardo precisato che, trattandosi di questione squisitamente tecnica, il convincimento di questa Corte non può che fondarsi sulla condivisibilità o meno dei suddetti pareri sotto il profilo logico, oltre che medico-legale.

Ciò premesso, va osservato che il parere negativo del C.M.L. non sembra escludere, in ipotesi, i possibili effetti lesivi degli eventi stressanti, ma si fonda 1) sulla considerazione che non risulta provata l'entità di detti eventi nel servizio prestato dal B. e 2) sulla circostanza che le mansioni dallo stesso svolte - oltre che non provate - in ogni caso non sono scientificamente considerate un 'rischio specifico' nell'insorgenza dei tumori.

Il parere negativo del Capo dell'U.M.L., dott.ssa F., si sofferma invece in modo articolato a confutare la tesi sostenuta dalla Prof. C. circa la sussistenza di un collegamento tra eventi stressanti e depressione immunitaria.

Detto parere sembra paventare un diffuso, erroneo convincimento - di parte della letteratura scientifica, e supportato dai mass media e dalla stessa 'opinione popolare' - circa detta correlazione, che sarebbe arbitraria e fuorviante, in quanto desunta secondo una metodologia inadeguata e risultati contraddittori: ad esempio di ciò, viene considerato che la depressione del sistema immunitario può avvenire solo in presenza di stress di un certo tipo e prolungati, come quello derivante dai trapianti d'organo; che la valutazione del rapporto tra evento stressante e insorgenza tumorale dovrebbe tenere conto del fatto che, quanto interviene a posteriori, il soggetto colpito tende a interpretare fattori stressanti del passato perché è suggestionato dalla propria malattia; infine, che detta valutazione andrebbe operata di volta in volta su una specifica forma di neoplasia.

Viene, diversamente, prospettata una sorta di prova contraria, desumibile da "esperimenti naturali": alcuni studi avrebbero evidenziato che tra i soldati della seconda guerra mondiale, i prigionieri della Corea e quelli dei campi di concentramento (esempi paradigmatici di situazioni stressanti, secondo il Consulente) non si sono riscontrati casi maggiori di insorgenze tumorali.

In ogni caso, viene contestata la mancanza di una valida prova che eventi stressanti anche gravi siano in grado di determinare una mutazione genetica delle cellule, come quella che è alla base dell'insorgenza tumorale, sia nello stadio iniziale che in quelli successivi.

Entrambi i pareri sopra richiamati non risultano convincenti né condivisibili.

Quanto al primo, è da rilevare che l'entità dell'attività lavorativa prestata dal B. è risultata di carattere sicuramente impegnativo e fuori del comune, sia per la quantità di ore straordinarie che lo stesso aveva accumulato, sia per i giudizi concordemente positivi espressi nei rapporti informativi allegati. L'attività di terminalista addetto ad un particolare sistema (Audit) fa inoltre desumere che l'interessato lavorava molte ore al giorno su apparecchiature elettroniche, in locali verosimilmente poco areati o con condizionatore, esposto, quindi, a contagio di infezioni aerodiffuse e a campi magnetici (come osservato, in analoga fattispecie, nella giurisprudenza citata dalla difesa).

A detta attività, dunque, non può non riconoscersi un importante grado di caratterizzazione stressante prolungata nel tempo.

Sembra potersi affermare, poi, che dette condizioni stressanti possano essere intervenute, quanto meno, ad interferire con il corretto funzionamento del sistema immunitario, con le conseguenze illustrate dalla Prof. C. nella sua relazione, che si richiama a ipotesi scientifiche documentate e autorevoli.

Dette ipotesi, del resto, non appaiono smentite in modo convincente dalle opposte argomentazioni del Capo dell'U.M.L., sulla base di tesi contrarie che, per la loro genericità, potrebbero essere scambiate per opinioni personali.

Quanto all'esempio dei soldati e prigionieri, non viene riportata la fonte di tali "esperimenti naturali" e, in ogni caso, potrebbe opporsi che, notoriamente, ben altri sono stati gli effetti, sul piano psichico, di detti eventi, i quali più che stressanti possono definirsi traumatici, con rilevanti ma diversi riflessi sul solo apparato psichico e, per così dire, esauritisi in esso (quando non hanno leso anche quello fisico, ma con diverse patologie), in virtù di una complessa fenomenologia organica, forse la stessa in base alla quale, ad esempio, anche la patologia della depressione psichica ha avuto particolare diffusione nell'epoca contemporanea più che in quella bellica.

In disparte le altre argomentazioni, comunque, la confutazione da parte dell'U.M.L. degli effetti dello stress sul corretto funzionamento del sistema immunitario - che è l'unica sostenuta dal consulente di parte - si basa sostanzialmente solo sulla generica affermazione che gli eventi stressanti potrebbero avere un rilievo solo qualora fossero prolungati nel tempo - il che può anche essere, in parte, condiviso - ma a questa affermazione non corrisponde l'esclusione, nella fattispecie, di tale dato fattuale (vale a dire del carattere prolungato dello stress lavorativo del B. ).

Per tutte le considerazioni che precedono, può riconoscersi, nel servizio prestato dal dante causa della ricorrente, quell'insieme di condizioni (rischio specifico e stress prolungato) che possono verosimilmente avere, da un lato, determinato l'insorgenza della istiocitosi mediastinica maligna e, dall'altro, l'insufficienza del sistema immunitario a combattere la proliferazione cellulare illimitata successiva a detta insorgenza, sulla base delle ipotesi scientifiche riportate nella relazione della Prof. C. e nella letteratura prodotta in atti dal difensore della ricorrente, entrambe citate in narrativa e che qui si intendono integralmente richiamate.

Va, di conseguenza, affermato il diritto della ricorrente alla pensione privilegiata di riversibilità, nella misura massima prevista dalla legge, per il decesso del coniuge determinato da concausa, efficiente e determinante, di servizio.

Sul credito derivante dalla presente pronuncia, spettano gli interessi legali e, per l'importo eventualmente eccedente gli stessi, la rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., a decorrere dalla data di maturazione del diritto, come affermato dalle Sezioni Riunite di questa Corte con sentenza n. 10/QM/2002 del 18 ottobre 2002.

Sussistono apprezzabili motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

La Corte dei conti, definitivamente pronunciando,

 

ACCOGLIE

 

Il ricorso n. 020834/C presentato dalla sig.ra B. M. D. e, per l'effetto, riconosce il diritto della medesima alla pensione privilegiata ordinaria di riversibilità, nella misura massima di legge, per il decesso - dovuto a concausa di servizio - del marito B. G. B..

Con interessi e rivalutazione monetaria come in parte motiva.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2004.