REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(numero 394/5005/PC)

Sul ricorso iscritto al n. 12858/PC del registro di Segreteria, proposto dal sig. G.D., rappresentato e difeso dagli avv.ti Riccardo Troiano e Franco B. Campagni, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliato in Prato, via Valentini n. 8/D per la declaratoria del  diritto del ricorrente, e consequenziale condanna dell' Amministrazione, alla riliquidazione del trattamento pensionistico.

Visto l' atto introduttivo del giudizio;

Visti gli atti e documenti di causa;

Nella pubblica udienza dell' 1 giugno 2005, non comparsa l'Amministrazione convenuta in giudizio, è comparso l' avv. Marco Agabio, su delega dell' avv. Franco B. Campagni, per  la parte ricorrente.

FATTO

Con ricorso pervenuto il 7 dicembre 1999 presso la segreteria di questa Sezione, il sig. G.D.  adiva la Corte dei conti.

Il ricorrente, già sottufficiale della Guardia di Finanza dal 12 ottobre 1965 al 21 novembre 1980, collocato in congedo illimitato dalla forza armata di provenienza, fu trasferito in data 22 novembre 1980 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con inquadramento nel personale degli organismi di informazione e sicurezza (OO.I.S.), ai sensi degli artt. 3,4 e 6 della legge 24 ottobre 1977 n. 801.

Deduceva, la parte ricorrente, che collocato a riposo il 31 marzo 1997, non era stata destinataria dell' adeguamento triennale del trattamento pari alla percentuale di aggiornamento dei compensi del personale in attività di servizio.

Infatti nella pendenza del triennio 1995 - 1996 - 1997, era intervenuto l' art. 59, comma 4, L. 27 dicembre 1997 n. 449 (L.F. 1998) per il quale, a decorrere dal 1° gennaio 1998, ai fini dell'adeguamento delle prestazioni pensionistiche nei confronti del dipendente in quiescenza dello Stato, avrebbero trovato applicazione esclusivamente i criteri di perequazione automatica previsti dall' art. 11 D.Lgs. 503/1992, venendo meno, ove ancora previste, le diverse forme di adeguamento dei trattamenti pensionistici collegate all' evoluzione delle retribuzioni del personale in attività di servizio.

Il menzionato criterio di modificazione del trattamento pensionistico determinava, a dire del ricorrente, un effetto distorsivo in ordine al  proprio trattamento economico  causativo di una illegittima ingiustizia.

Pertanto avverso l' attività dell' Amministrazione  la parte ricorrente interponeva impugnativa premettendo una espressa riserva di motivi aggiunti  appena acquisita ulteriore documentazione “segregata” incidente sul rapporto pensionistico.

Il ricorrente asseriva il diritto alla rideterminazione del trattamento di quiescenza ed alla corretta rivalutazione della pensione che si poneva,adottando il censurato criterio, in distonia con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione.

Deduceva, inoltre, il sig. Dorliguzzo l' erronea applicazione del criterio perequativo ex art. 11 D.Lgs. n. 503/1992, l' insufficiente motivazione del nuovo adeguamento del trattamento di quiescenza, difforme dal criterio sino ad allora utilizzato dal 1980 - 1981 - 1982 sino al triennio 1992 - 1993 - 1994, che prevedeva l' adeguamento del trattamento di quiescenza in misura uguale per tutti coloro che erano stati collocati in quiescenza e, comunque, in misura pari alla percentuale di aggiornamento dei compensi del personale in attività di servizio ed il diritto al ricalcolo della base pensionabile, oltre alle competenze accessorie.

Concludeva, quindi, per il riconoscimento, e la condanna a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, all' adeguamento del trattamento pensionistico, con riferimento al triennio 1995 - 1996 - 1997, in misura pari alla percentuale di aggiornamento dei compensi del personale in attività di servizio, ovvero, in via subordinata, alla percentuale di adeguamento concessa al personale in quiescenza alla data del 31 dicembre 1994.

In subordine il sig. Dorliguzzo chiedeva l' accertamento del diritto al ricalcolo della base pensionabile in misura pari alla rivalutazione concessa al trattamento economico del personale in attività e proporzionale ai mesi di servizio prestato dall' interessato dal 1° gennaio 1995 sino alla data di collocamento a riposo il 31 marzo 1997.

In via istruttoria il ricorrente chiedeva l' acquisizione del provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché dei regolamenti segretati nella parte in cui viene disciplinata la determinazione dei criteri di calcolo e liquidazione dell'adeguamento perequativo degli stipendi e delle pensioni.

Con memoria del 6 maggio 2005 si costituiva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri che con ricostruzione in fatto ed in diritto della fattispecie ribadiva, anche sulla scorta della giurisprudenza contabile ed amministrativa, la legittimità dell'operato dell' Amministrazione.

Concludeva, quindi, l' Amministrazione per la legittimità del proprio operato.

Veniva fissata l' odierna udienza di discussione in cui, non comparsa l' Amministrazione, la parte ricorrente chiedeva l'accoglimento del ricorso; quindi la causa veniva introitata per la decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe l' odierna parte ricorrente, il sig. G.D., chiede che la pensione in godimento sia riliquidata ad applicando ad essa  le stesse percentuali di aumento applicate al personale in servizio, con riferimento al triennio 1^ gennaio 1995 - 31 dicembre 1997.

Osserva l' autorità giudicante che la normativa di riferimento, legge 24 ottobre 1977 n. 801, ad oggetto “istituzione ed ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato”, all' art. 7 prevede, tra l' altro, che il trattamento giuridico ed economico del personale assegnato ai menzionati Servizi sia disciplinato con provvedimento amministrativo adottato “anche in deroga ad ogni disposizione vigente”, purché detto trattamento non sia “inferiore a quello delle qualifiche corrispondenti del pubblico impiego”.

A seguito della potestà normativa assegnata dalla citata legge, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della Difesa e dell'Interno, di concreto con il Ministro del tesoro, con decreto del maggio 1984 predisposero, a favore del personale di cui si tratta, un sistema di adeguamento stipendiale triennale modellato su quello previsto dall' art. 2 della legge n. 27/1981 per il personale di magistratura.

In specie veniva previsto che la misura dell' adeguamento stipendiale sarebbe stata determinata con provvedimento da emanare entro l' aprile del primo anno di ogni triennio ed avrebbe avuto effetto dal 1° luglio successivo.

Veniva, inoltre, statuito che, con provvedimento da emanare entro la stessa data, sarebbero stati indicati “i criteri ed i limiti per l'eventuale estensione dell' adeguamento a tutto il personale in quiescenza”.

In esecuzione della predetta normativa le pensioni del personale dei Servizi di cui trattasi, fino al 1994 erano  state periodicamente perequate, applicando ad esse le percentuali di incremento applicate agli stipendi, con le stesse cadenze temporali.

La legge n. 449/1997, art. 59, comma 4, aveva disposto che, a decorrere dall' 1 gennaio 1998, la perequazione delle pensioni fosse effettuata esclusivamente nella misura e con le modalità di cui all'art. 11 del D.L.vo n. 503/1992 “ con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate alle retribuzioni di personale in servizio”.

In applicazione della citata norma con decreto n. 54 in data 15 maggio 1998 del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri della Difesa e dell' Interno, di concerto con quello del Tesoro,erano state formalmente abrogate le precedenti disposizioni concernenti l'adeguamento automatico delle pensioni del personale di cui trattasi e si era disposto che a dette pensioni, con decorrenza dal 1° gennaio 1998, si applicavano esclusivamente i criteri di perequazione di cui all' art. 11 del d.l.vo n. 503/1992 citato.

La parte ricorrente censurava, con il ricorso in epigrafe l' attività dell' Amministrazione nella parte in cui investiva le pensioni liquidate nel triennio 1995 - 1996 - 1997.

Deduceva, la parte ricorrente, una violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, e chiedeva che la sua pensione fosse maggiorata con le stesse percentuali con cui erano stati maggiorati gli stipendi del personale in servizio e, in subordine, che fosse a lui esteso l' adeguamento triennale per la frazione maturata all' atto del pensionamento.

La domanda è infondata e non può essere accolta.

In primis è da affermare che la legge n. 801 del 1977, nel conferire al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri della Difesa e dell' Interno potestà normativa, “anche in deroga ad ogni disposizione vigente” in riferimento alla determinazione del trattamento giuridico ed economico del personale assegnato agli OO.I.S., non prevedeva analoga potestà  per il trattamento di quiescenza.

Escludono  tale estensione  i criteri ermeneutici individuati dal nostro ordinamento, in specie quello letterale e logico - sistematico.

Infatti sia il dato letterale sia il criterio logico, consentono di affermare che tale eccezionale potestà normativa valeva solo per il personale in servizio (per il quale poteva essere opportuna una normativa speciale volta ad assicurare che gli stipendi del personale delle OO.I.S. fossero  adeguati alle caratteristiche del lavoro da esso svolto ed ai correlativi rischi, e funzionali ad una salvaguardia della riservatezza), mentre non trovavano alcun riscontro nei confronti del personale in quiescenza.

Vieppiù la pretesa della parte ricorrente volta ad ottenere l' applicazione, nei suoi confronti, di criteri di perequazione difformi da quelli previsti per la generalità dei pensionati pubblici dall' art. 11 del d.l.vo n. 503  citato, non trova alcun supporto neppure nella normativa da lui invocata.

Il provvedimento sopra menzionato (D.P.C.M. del maggio 1984) non prevedeva, come suddetto, in alcun modo l' allineamento automatico delle pensioni agli stipendi, ma prevedeva soltanto “l'eventuale estensione” al personale in quiescenza degli adeguamenti  stipendiali triennali attribuiti al personale in servizio.

In buona sostanza la norma conferiva all' Amministrazione  la facoltà, e non l' obbligo, di estendere ai pensionati i criteri di adeguamento  previsti per le retribuzioni del personale in servizio; a tale facoltà non corrispondeva alcun diritto dei pensionati, atteso che l' estensione ad esso dei criteri di adeguamento periodico previsti per gli stipendi era prevista soltanto come eventuale.

E se è vero che l' Amministrazione ha esercitato ripetutamente la facoltà prevista dalla norma, ciò non radica un' aspettativa o una pretesa volta ad ottenere l' indefinita ripetizione dell' estensione essendo,  come suddetto, eventuale e collegata a valutazioni discrezionali: in ogni modo tale facoltà non era più esercitatile dopo la previsione dell' art. 59, comma 4 della legge n. 449/1997, che aveva definitivamente precluso ogni forma di perequazione  diversa da quella di cui all' art. 11 del d.l.vo n. 503/1992.

Né appaiono fondati i richiami agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione.

Infatti, pur pretermettendo sotto il profilo formale ogni considerazione in ordine allo scrutinio di costituzionalità di un atto che non è legge né è atto avente forza di legge, sotto il profilo contenutistico il richiamo ai suddetti articoli è manifestamente infondato.

La tesi sembra presupporre l' esistenza di  un principio avente valore costituzionale  in forza del quale i miglioramenti retributivi conseguiti dal personale in servizio devono essere sempre trasferiti anche al personale in quiescenza, con conseguenti periodiche ed automatiche riliquidazioni: in realtà tale tesi non ha pregio giuridico, come ha affermato ripetutamente la Corte Costituzionale (sentenze n. 226/1993, 409/1995 e 62/1999), la quale ha affermato che, in materia, il legislatore ha ampi margini di discrezionalità.

Proprio in riferimento alla perequazione della l. 449/1997 il Giudice delle Leggi ha statuito che appartiene alla discrezionalità del legislatore, col solo limite della palese irrazionalità, stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza  e le variazioni dell' ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilità finanziarie e delle esigenze di bilancio (sentenza n. 372/1998)….. per cui la garanzia costituzionale della adeguatezza e proporzionalità del trattamento pensionistico ( art. 36) incontra il limite delle risorse disponibili, nel rispetto del quale il Governo ed il Parlamento, in sede di manovra finanziaria di fine anno, devono introdurre le necessarie modifiche alla legislazione di spesa (sent. n. 99/1995).

Attualmente lo strumento perequativo prescelto è disciplinato dalla norma applicata al ricorrente, cioè l' art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503 che, nel prevedere l'adeguamento con cadenza annuale, delle pensioni al costo della vita (con possibilità che, con legge finanziaria, siano concessi ulteriori miglioramenti in relazione all' andamento dell' economia) appare idoneo ad assicurare tendenzialmente la conservazione del potere d' acquisto delle pensioni: cfr., sull' excursus normativo e giurisprudenziale in materia la sentenza della Corte Costituzionale 23 gennaio 2004 n. 30.

D' altro canto sarebbe una contraddizione in termini invocare il principio della parità di trattamento, ai sensi dell' art. 3 della Costituzione, e chiedere l' applicazione di trattamenti differenziati in distonia da un sistema perequativo uniforme per tutti i lavoratori.

Va, pertanto, rigettata la domanda principale del ricorso.

Va rigettata anche la domanda subordinata, intesa ad ottenere il computo in pensione della frazione dell' adeguamento triennale riferibile al periodo intercorrente tra l' inizio del triennio di riferimento e la data del collocamento a riposo.

La richiesta del ricorrente si fonda sul convincimento che il sistema di adeguamento triennale del trattamento economico del personale in servizio presso gli OO.I.S. determini non un diritto avente struttura unitaria che viene a maturazione alla data del 1° luglio successivo al triennio di riferimento, ma ad un diritto a formazione progressiva, cioè venga progressivamente a maturazione nel corso del triennio, in misura proporzionale al tempo trascorso, e che solo la corresponsione sia rinviata a fine triennio, con decorrenza dal 1° luglio successivo.

Ne deriverebbe, secondo la parte ricorrente, che la base pensionabile debba comprendere anche quelle frazioni dell'incremento economico che, sebbene non corrisposte in servizio, siano venute a maturazione nel corso del triennio.

La tesi attorea non ha fondamento.

La più volte citata normativa di riferimento (decreto del maggio 1984)  prevede che l' incremento stipendiale sia determinato a fine triennio ed abbia effetto dal 1° luglio successivo: solo a questa data esso viene determinato e solo in quest'ultima data entra a far parte della retribuzione pensionabile. Antecedentemente a tale momento non vi è alcuna frazione di esso che possa ritenersi “spettante” al personale in servizio e, pertanto, non vi è alcuna frazione di esso che possa confluire in pensione: a mente dell' art. 43 del d.P.R. n. 1092/1973 non vi può essere componente della pensione che non sia stata, prima, retribuzione: cfr. Sezione giurisdizionale Regione Molise 9 aprile 2002 n. 79.

Né è invocabile, nella specie, l' art. 161 della legge n. 312/1980 secondo cui, al fine della determinazione della base pensionabile “l'ultimo stipendio integralmente percepito deve essere maggiorato delle quote mensili della successiva classe di stipendio o del successivo aumento periodico, maturato all' atto della cessazione del servizio”.

La norma citata fa , infatti, riferimento alle classi ed aumenti periodici, cioè ad automatismi retributivi aventi cadenze temporali ed importi predeterminati  e, per motivi di ordine letterale e logico non può essere riferita agli adeguamenti stipendiali triennali che presuppongono appositi procedimenti di accertamento.

Conseguenza logica del discorso sin qui svolto è che il ricorso va rigettato.

Sono compensate le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Toscana, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal sig. G.D.  nei confronti  della Presidenza del Consiglio dei Ministri, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta il ricorso.

Sono  compensate  integralmente le spese di lite.

Così deciso in Firenze  nella Camera di Consiglio dell' 1 giugno 2005.

                                                     IL GIUDICE UNICO

                                                            F.to Angelo Bax

 

Depositata in Segreteria  il 17/06/2005

                                                        Il Dirigente

                                                        F.to G. BADAME