REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER L'EMILIA-ROMAGNA

in composizione monocratica, in persona del Presidente Dott. Giovanni D'Antino Settevendemmie ha pronunciato la seguente

Sentenza

Nel giudizio instaurato con i ricorsi dal nr. 23622/C al nr. 23630/C, dal nr. 23632/C al nr. 23677/C, dal nr. 23679/C al nr. 23707/C e dal nr. 23710/C proposti rispettivamente da: Famiglietti Pasquale,  Bonafè Francesco, Catani Paride, Zanotti Fausto, Miani Pietro, Ceccarelli Giuseppe, Bottazzi Lino, Tazzioli Ettorino, Minghelli Mario, Bacci Daniele, Carpani Emilio, Tazzioli Ugo, Pasquali Costante, Pasqui Luciano, Rossi Renato, Serra Mario, Martini Giuliano, Domenicali Angelo, Monterastelli Bruno, Orioli Dante, Berti Mario, Lombardi Riccardo, Ferri Bruno, Moffa Antonio, Alessandri Giandomenico, Conte Agostino, Amandi Giuliano, Moretti Mario, Montali Giuseppe, Vettori Renzo, Volpi Eusepio, Orioli Paolo, Malandri Carlo, Capra Romano, Minati Giuseppe, Bosi Francesco, Di Tante Claudio, Frassineti Orazio, Pertile Antonio, Valente Salvatore, Nati Poltri Alessandro, Fabbri Augusto, Bernardi Luciano, Gregari Werter, Bambi Romano, Spighi Avio, Grementieri Giuliano, Olivucci Marcello, Meazzini Adriano, Marini Luciano, Fabris Mario, Vignocchi Francesco, Ferroni Gianluciano, Roncassaglia Luisa, Valdiserri Eugenio, Mazzoli Oberdan, Da Re Giovanni, Nizzi Antonio, Mellini Oberdan, Milanesi Bernardo, Marri Orazio, Fabbri Silvano, Bigiarini Vittorio, Seghi Gianclaudio, Mazzocoli Fausto, Braschi Arcangelo, Andreoni Gian Paolo, Greco Guglielmo, Bastai Antonio, Sensi Massimo, Orlati Maurizio, Grandi Mauro, Zanotti Gerardo, Micai Rodolfo, Zanarini Antonio, Franci Ugo, Amadori Giancarlo, Moretti Pier Luigi, Assorti Pier Franco, Betti Danilo, Pari Gian Paolo, Logli Giuseppe, Berdondini Giancarlo, Cappelli Ezio, Battani Giuseppe;

contro

l'INPDAP di Bologna, l'INPDAP di Ravenna, l'INPDAP di Parma, l'INPDAP di Forlì, l'INPDAP di Ferrara, l'INPDAP di Modena e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali;

Udito, nella pubblica udienza del 25.11.2004, con l'assistenza del Segretario dr.ssa Maria Cassadonte, l'avv. Antonio Carullo per i ricorrenti e la dr.ssa Lucia Mauceri per le diverse INPDAP;

assente e non rappresentato il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali;

Visti gli atti di causa;

Ritenuto in

Fatto

I ricorrenti sono tutti ex dipendenti del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, in qualità di guardie e sottoufficiali del Corpo Forestale dello Stato, collocati in pensione, alcuni per dimissioni volontarie e altri per raggiunti limiti di età, nel periodo intercorrente tra il 1991 e il 1999.  Gli stessi ex dipendenti con ricorso depositato nella Segreteria di questa Sezione il 28.6.2001, a mezzo del Prof. Avv. Antonio Carullo hanno adito la Corte dei Conti per sentir pronunciare la declaratoria del loro diritto - negato dall'Amministrazione di provenienza - all'inclusione nella base pensionabile, ai fini della maggiorazione del 18% di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile 1976 nr. 177, dell'assegno di funzione riconosciuta, al compimento di un determinato numero di anni di servizio ai dipendenti del Corpo con il grado di guardia forestale e sottoufficiale, dal D.L. nr. 387/87 riguardante il personale militare (o equiparato, come gli appartenenti al Corpo Forestale dello Stato).

La difesa dei ricorrenti ha presentato, in data 10.11.04, memoria integrativa e illustrativa delle ragioni degli ex dipendenti, insistendo nella pretesa avanzata con il ricorso.

Si sono costituiti in giudizio: l'INPDAP di Bologna, con note con le quali si chiede l'estromissione dal giudizio dell'istituto, in quanto semplice ordinatore secondario di spesa; nonché il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - Corpo Forestale dello Stato, con memoria di resistenza pervenuta il 19.7.2004, con la quale si chiede il rigetto dei gravami, con articolate argomentazioni.

Nell'odierna udienza pubblica, il difensore di parte privata insiste nella pretesa, formulando l'avviso che la questione venga rimeditata e ripensata magari con invio delle carte anche alle SS.RR. di questa Corte per la risoluzione del contrasto giurisprudenziale.

La Dott.ssa Mauceri, per l'INPDAP ha reiterato la richiesta di estromissione dal giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) La Sezione, preliminarmente, deve disporre, in rito, l'estromissione dal presente giudizio dell'INPDAP, attesochè l'Istituto predetto è ordinatore secondario di spesa e non può interferire sulla liquidazione delle pensioni che è di pertinenza del Ministero competente.

2) Nel merito, osserva la Sezione che la prospettazione della difesa di parte privata è nel senso che l'assegno di funzione de quo ha effetto sulla 13^ mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e privilegiato, sulla indennità di buonuscita e di licenziamento, sull'assegno alimentare previsto dall'art. 82 D.P.R. nr. 3 del 1957 e da disposizioni analoghe, sulle ritenute previdenziali e assistenziali e relativi contributi, compreso le ritenute in conto entrate Tesoro o altre analoghe ed i contributi di riscatto, con esclusione dell'indennità integrativa speciale e dell'equo indennizzo.

A) L'assegno predetto quindi - continua la difesa - è indistinguibile dalle altre componenti dello stipendio e deve essere considerato come parte integrante dello stipendio stesso al momento del calcolo e della determinazione della misura della pensione, con applicazione, nel campo della maggiorazione di cui all'art. 16 della legge nr. 177 del 1976.  Non deve essere ritenuto, detto assegno, come emolumento di natura accessoria o estranea alla base pensionistica, ma parte integrante della retribuzione e, per ciò stesso, non solo utile al fine di calcolare il  trattamento di quiescenza ma anche assoggettabile alla maggiorazione del 18% come tutte le altre voci stipendiali.  A comprova della giustezza del suo assunto, la difesa richiama l'art. 6 del D.L. nr. 387/87 secondo cui “i benefici dei precedenti commi...(e quindi l'indennità di funzione)...si aggiungano alla R.I.A. (retribuzione individuale di anzianità)” intendendosi con ciò, che l'assegno risulta “conglobato” nel normale trattamento pensionabile di anzianità divenendone, cioè parte integrante, inscindibile e, in definitiva, indistinguibile.

E poiché - sostiene la difesa - la giurisprudenza di questa Corte dei Conti (segnatamente la II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello - sentenza nr. 66/99) ha ritenuto che l'assegno funzionale fa parte integrante della R.I.A., e poiché la R.I.A. deve considerarsi (ed è considerata da consolidata giurisprudenza) come parte integrante dello stipendio, assoggettabile, ai fini del calcolo della pensione,alla maggiorazione prevista dagli artt. 15 e 16 della legge nr. 177/76, ne deve derivare “per sillogismo automatico” che anche l'assegno funzionale de quo deve essere soggetto alla precitata maggiorazione.  Rileva infatti la difesa che, sulla base di un' interpretazione lineare dell'art. 16 della legge nr. 177/76, la maggiorazione ivi prevista deve essere applicata a tutto lo stipendio (inteso in senso proprio del termine) per logica estensione ed avendo proprio riguardo alla funzione di remunerazione e riconoscimento stipendiale connaturata all'assegno di funzione che è in stretta connessione con l'anzianità di servizio del dipendente, cosicché questa voce deve rientrare tra quelle elencate dalla legge su cui calcolare anche la maggiorazione.

Il fatto che l'assegno non sia espressamente indicato nella norma istitutiva dello stesso è dovuto al semplice motivo che lo stesso è stato introdotto con legge posteriore, ma non può essere negato che abbia la stessa natura retributiva di quelli esplicitamente elencati e, quindi, che rientri nella nozione di stipendio propriamente detto.

B) L'Amministrazione resistente - Corpo Forestale dello Stato - si oppone alla pretesa richiamando la deliberazione della Sezione di Controllo della Corte di Conti nr. 52 del 6.6.2000 (condivisa da talune Sezioni Giurisdizionali territoriali - Lombardia nr. 799 dell'11.6.2003; Campania nr. 1534 del 20.10.02; Abruzzo nr. 1972 del 2001; Trentino Alto Adige nr. 39 del 2003) secondo cui l'assegno di funzione introdotto per le forze militari e di polizia dalla legge nr. 468/87 è sì pensionabile, ma non è suscettibile della maggiorazione prevista dall'art. 16 della legge nr. 177/76 in quanto tale norma elenca espressamente e con carattere tassativo gli emolumeni che devono essere assoggettati all'aumento del 18%, ai fini della determinazione della base pensionabile, non ricomprendendovi l'assegno in argomento.

Tale argomentazione - sostiene la resistente - “deve ritenersi tassativa poiché proviene da norma eccezionale, tale dovendosi qualificare l'art. 16 della legge nr. 177/76 che costituisce deroga al principio generale di cui all'art. 53 del D.P.R. nr. 1092/73 e pertanto non è suscettibile di applicazione estensiva ad istituti retributivi creati oltre 10 anni dopo la sua emanazione, come l'assegno in parola”.

Deduce l'Amministrazione convenuta che “eventuali assegni o indennità qualificati dalla legge pensionabili non possono comunque essere ricompresi (salva espressa previsione di legge) nella base pensionabile che va maggiorata del 18%; il che comporta che essi, qualora siano qualificati pensionabili, debbano essere aggiunti a detta base dopo la maggiorazione predetta e prima dell'applicazione dell'aliquota prevista dalla legge (art. 54 D.P.R. 1092/73)”.  La scissione tra la base pensionabile (da maggiorare del 18%) e la base di computo della pensione (comprensiva anche di altri assegni pensionabili) fa dunque venir meno la rilevanza ermeneutica che la difesa intenderebbe attribuire alla espressa previsione della natura pensionabile dell'assegno in argomento.

Al Corpo Forestale dello Stato, poi, non appare convincente l'argomentazione desunta dalla sentenza nr. 66/99, dell'assimilazione dell'assegno di funzione alla R.I.A. e ritiene di poter condividere le argomentazioni della Sezione di Controllo nr. 52/2000.

Ed invero - continua l'Amministrazione - se è pur vero che l'art. 1, comma 9, del D.L. nr. 379/87, ribadito dall'art. 4, comma 2, della legge nr. 232/90, preveda espressamente che gli importi dell'assegno funzionale “si aggiungono” alla retribuzione individuale di anzianità, non di meno l'uso dello termine “si aggiunge” sta appunto a significare che l'assegno funzionale non confluisce nella R.I.A. ma ne rimane distinto, ponendosi accanto e non al suo interno, in posizione di cumulo e non di assorbimento e che le varie voci retributive stanno le une accanto alle altre senza perdere le loro autonome e specifiche caratteristiche.  D' altrocanto, in caso di assorbimento non avrebbe avuto alcun senso prevedere un assegno funzionale distinto dalla RIA: sarebbe stato più logico - ad avviso della convenuta Amministrazione - prevedere che la RIA è aumentata di importo pari a.... anziché prevedere un assegno funzionale che “si aggiunge” alla RIA.  Inoltre la RIA era già parte della retribuzione a tutti gli effetti: essa infatti era costituita dall'insieme delle classi e scatti già in godimento del dipendente al 31.12.86 ( confr. Art. 1, comma 3. del D.L. n. 379/87) e quindi costituiva a tutti gli effetti una parte dello stipendio e non un assegno separato.

Viceversa, l'assegno funzionale rappresentava un emolumento introdotto ex novo, anch'esso collegato all'anzianità (coma la RIA) ma che non era già in godimento del personale (tanto che veniva riconosciuto a decorrere dall'1.1.87) e che pertanto si spiegava in un'ottica perequativa piuttosto che retributiva in senso stretto.

Conclusivamente il Corpo Forestale dello Stato chiede il rigetto del gravame, con vittoria di spese a carico di parte soccombente.

C1) -  Ritiene questo giudice che deve essere esaminata prioritariamente, rispetto ad ogni altra questione, la norma di cui all'art. 16 della legge nr. 177/76, (concernente la base pensionabile del personale militare) attributiva della maggiorazione del 18% di cui si discute.

L'articolo predetto sostituisce l'articolo 53 del D.P.R. nr. 1092/73 e stabilisce che: “ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga o retribuzione e dagli assegni o indennità pensionabili sotto indicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18%”.

Gli assegni o indennità ivi elencati si riferiscono a:

1) indennità di funzione istituita, per i generali di brigata e per i colonnelli, dalla legge nr. 804 del 1973, art. 8;

2) assegno personale previsto, per il personale militare non di livello dirigenziale dalla legge nr. 628 del 1973;

3) assegno personale previsto dall'art. 202 D.P.R. nr. 3/57.

Il medesimo articolo 16 prevede, al secondo comma:

“Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile”.

Ad avviso di questo giudice, il citato secondo comma dell'articolo 16, detta una precisa e univoca indicazione nel senso che esso vuole rappresentare e rappresenta non solo la intenzione del legislatore di porre una distinzione tra la base pensionabile soggetto a maggiorazione del 18% e altri emolumenti utili a pensione senza la predetta maggiorazione; ma rappresenta altresì, e chiaramente, una norma di chiusura del sistema, nel senso che non è aprioristicamente esclusa la possibilità, per l'avvenire, che eventuali altri assegni o indennità possano essere ricompresi nella dizione di base pensionabile ex articolo 16, 1° comma, della legge nr. 177/76, perché l'inclusione in tale categoria è consentita a condizione che la legge istitutiva (o altra modificativa) dell'assegno o indennità stabiliscano “espressamente” una siffatta estensione e applicazione.  Se così non fosse, non troverebbe giustificazione né l'espressione usata dal 2° comma dell'articolo 16 della legge 177 (nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile); né la successiva disposizione dell'art. 20 della stessa legge nel quale si fa espressa distinzione tra  base pensionabile di cui agli artt. 15 e 16 - e quindi la maggiorazione del 18% - e gli altri assegni utili a pensione che aumentano la base pensionabile.

L'art. 20 della stessa legge, che è incluso nel Titolo I° della legge stessa, infatti, prevede il limite della pensione e così dispone:

“In nessun caso la pensione può superare la base pensionabile di cui agli articoli 15 e 16, aumentata degli altri assegni utili a pensione”.

Dalla lettura delle precitate disposizioni si evince, e deve evincersi, che è la stessa legge a porre una dicotomia: da una parte, la base pensionabile suscettibile di maggiorazione del 18%; dall'altra parte, gli altri assegni (o indennità) che, sebbene utili a pensione, non sono però assoggettabili alla maggiorazione citata.

Invero, il secondo comma degli artt. 15 e 16, che dispone che “agli stessi fini” (cioè ai fini della quantificazione della pensione maggiorata del 18%) nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile può essere ricompresso nella base pensionabile indicata al I° comma (aumento del 18%), se non quando la stessa legge che istituisce o modifica l'assegno o indennità ne preveda “espressamente” la valutazione nella base pensionabile (di cui al I° comma) non trova altra interpretazione razionale se non quella secondo cui eventuali assegni o indennità qualificati dalla legge “pensionabili”, non possono comunque e di per sé essere ricompresi nella base pensionabile, come stabilita dal primo comma degli articoli sopra menzionati, salvo che ciò sia espressamente previsto dalle norme istitutive degli assegni o indennità.

Da ciò deriva, come esattamente argomentato dalla Amministrazione resistente che, in assenza di espressa previsione di legge, gli assegni o indennità, ancorché qualificati dalla legge stessa come pensionabili, debbono essere aggiunti alla base pensionabile soggetta a maggiorazione, applicando, (per essi assegni o indennità) la ordinaria percentuale priva di maggiorazione del 18%.

Se così è - e non può non essere se si vuole dare significanza e valore alle espressioni contenute e nel secondo comma dell'articolo 16 (nessun altro assegno…, anche se pensionabile, può essere considerato se la relativa disposizione non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile) e nell'articolo 20 della stessa legge (che impone la dicotomia tra base pensionabile di cui agli artt. 15 e 16, e gli altri assegni utili a pensione - questo giudice deve ritenere che l'innovazione normativa introdotta con gli articoli citati e segnatamente con agli articoli 15 e 16 (maggiorazione del 18%) costituisca una disciplina di carattere eccezionale e rappresenti una deroga non, come pure è stato detto (confr. Sez. Territoriale Basilicata nr. 10/02; Sezione Territoriale Lombardia nr. 862/02) agli artt. 43 e 53 D.P.R. 1092/73, ma sibbene, rappresenti una eccezione al principio generale secondo cui la base di commisurazione della pensione deve essere l'80% dello stipendio.

Nella presente fattispecie, l'assegno di funzione è stato definito pensionabile (confr. art. 4 legge 8.8.90 nr. 231; art. 6 D.P.R. 31.7.95 nr. 394; art. 6 D.P.R. 10.5.96 nr. 360) ma nessuna disposizione normativa ha previsto espressamente la sua inclusione nella base pensionabile ax articolo 16, I° comma, più volte menzionato giusta quanto, invece, esige l'ultima parte del medesimo articolo 16.

C2) - La difesa di parte privata, peraltro, ha coltivato altra argomentazione, invocando la sentenza della II^ Sezione Giurisdizionale di Appello nr. 66 del 1999 che, partendo dal dato normativo secondo cui l'assegno di funzione “si aggiunge” alla R.I.A. (Retribuzione Individuale di Anzianità) ne evince la conclusione che l'assegno di funzione assume la stessa natura della R.I.A., della quale viene a far parte, in quanto l'assegno viene attribuito, a prescindere da ogni elemento attinente alla funzione, in virtù solo di anzianità (dopo 19 anni di servizio o, dopo 29 anni, in maggior importo), così da assumere identica natura della R.I.A..

La Sezione rileva che le argomentazioni assunte dalla II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello con la citata sentenza nr. 66/99 sono state espressamente disattese da successive sentenze nr. 314, nr. 315, nr. 317, nr. 336 e nr. 337 del 2 ottobre 2003 della stessa II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello che - re melius perpensa - (confr. sent. 347), ha osservato come l'assegno de quo, in quanto entità che si aggiunge ad un'altra (nella specie: R.I.A.) costituisce emolumento distinto e separato dalla stessa R.I.A. e non può, in ipotesi, affermarsi che esso è inglobato nella R.I.A. o essere considerato di natura analoga alla R.I.A..  Invero, l'uso del termine “si aggiunge” sta a significare che l'assegno di funzione non confluisce nella R.I.A. ma ne rimane distinto ponendovisi accanto e non al suo interno, in posizione di cumulo e non di assorbimento perché altrimenti, come acutamente rilevato dalla Amministrazione resistente con la memoria di costituzione, diversa avrebbe dovuto essere l'espressione usata dal legislatore (anziché dire l'assegno di funzione “si aggiunge” alla R.I.A., avrebbe dovuto esprimersi con altra più congrua: “la R.I.A. è aumentata di importi pari a…”.

C3) - I ricorrenti assumono, con l'atto introduttivo del presente giudizio (pag. 4 - punto G) che l'assegno di funzione erogato a tutti i dipendenti del Corpo Forestale dello Stato in connessione con la carica ricoperta, è un emolumento corrisposto in modo stabile ed è elemento fisso, continuativo (in quanto corrisposto ininterrottamente anno per anno), obbligatorio; talchè deve ritenersi che l'emolumento stesso entri a far parte integrante come elemento inscindibile e solidamente strutturato con la base retributiva e, quindi con lo stipendio.

Rileva però questa Sezione che i caratteri citati (della ordinarietà, fissita, continuità, periodicità, predeterminazione, obbligatorietà) sono elementi distintivi della base di commisurazione delle pensioni di altro sistema (dipendenti enti locali, ecc.) sottoposto ad altra disciplina che era propria della ex gestione degli II.PP. e incentrata nelle norme contenute negli artt. 15 e 16 della legge nr. 1077 del 1959.  In detto (distinto) ordinamento previdenziale nessun problema, come quello di specie sussiste dacchè ivi l'intera retribuzione è pensionabile nella misura del 100%.

Nel caso all'esame, invece, il trattamento pensionistico si determina sulla base degli elementi contenuti negli artt. 15 e 16 della legge nr. 177/76, sostitutivi degli artt. 43 e 53 del D.P.R. nr. 1092/73 (l'ultimo stipendio e paga; gli altri assegni indicati ivi espressamente, nonché gli altri assegni utili a pensione); e per l'ultimo stipendio o paga deve considerarsi non ogni emolumento corrispettivo della prestazione lavorativa (come esige la diversa normativa delle pensioni già erogate dagli ex II.PP.) ma solo quegli emolumenti collegati con lo status dei dipendenti statali (civili o militari) previsti come elementi stipendiali dalle leggi o dai contratti collettivi di lavoro, con esclusione di ogni altro eventuale emolumento accessorio. E la pensione dei dipendenti civili e militari dello Stato deve essere determinata solo con riferimento alle norme esplicitamente contenute nel D.P.R. nr. 1092/73 e succ. mod. ed integrazioni, e come sopra evidenziate.

C4) - Questo giudice non ignora che sulla inclusione o meno dell'assegno di funzione de quo nella base pensionabile, con aumento del 18%, si sono formati, nella giurisprudenza di questa Corte dei Conti, orientamenti contrapposti, uno negativo di detta inclusione e l'altro di segno contrario: epperò rileva questo giudice nel punto controverso, l'orientamento consolidato della II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello (confr. la sentenza dianzi citata), rivisitando il precedente giurisprudenziale segnato dalla sentenza nr. 66/99 è nel senso che l'assegno di funzione de quo non può essere incluso nella base pensionabile con la maggiorazione del 18%.  E la Sezione non ravvisa motivi per discostarsi dal suindicato orientamento.

D) - Neppure può aderire questo giudice alla richiesta formulata in pubblica udienza dal difensore di parte privata, circa l'opportunità di una eventuale rimissione della questione de qua alle SS.RR. di questa Corte dei Conti per la definizione del contrasto giurisprudenziale nell'ambito della stessa II^ Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello che nel 1999 (sent. Nr. 66) ha deciso in senso positivo la questione a favore dei pensionati e, poi, tale giudizio è stato disatteso dalla stessa Sezione nel 2003 con le sentenze prima riportate.

Invero, la questione come prospettata dal difensore è stata inviata alle SS.RR. suddette che, però, con sentenza nr. 6/2004 del 3.3.2004, ha dichiarato inammissibile la proposizione dell'incidente, atteso l'orientamento ormai costante e consolidato della stessa Sezione II^ Centrale di Appello in senso contrario all'assunto formulato nel 1999.

Conclusivamente, la Sezione, per quanto sopra e in relazione all'orientamento recentemente consolidato dalla Sezione II^ Centrale di Appello, che è da condividere, ritiene di rigettare il ricorso collettivo in epigrafe.

Spese compensate.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale per la regione Emilia Romagna, in composizione monocratica ex art. 5 legge n. 205/2000 in persona del suo Presidente Dott. Giovanni D'Antino Settevendemmie, definitivamente pronunciando, dispone:

-         l'estromissione dal presente giudizio dell'INPDAP;

-   il rigetto, nel merito, del ricorso collettivo in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Bologna il  25.11.2004.

  Il Presidente giudice unico

f.to dott. Giovanni D'Antino Settevendemmie

 

Depositata in Segreteria il 31 gennaio 2005

                   Il Direttore della Segreteria

                   f.to dott.ssa Valeria Sama