REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

composta dal Sigg.ri Magistrati

dott. Antonio Vetro

Presidente

dott.ssa M. Teresa Arganelli

Consigliere

dott.ssa Piera Maggi

Consigliere rel.

dott.ssa Maria Fratocchi

Consigliere

dott. Salvatore Nicolella

Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(Sentenza Numero 253/2006)

nel giudizio pensionistico di appello iscritto al n. 23541 del registro di Segreteria, proposto da G.C., rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Masi avverso la sentenza n. 1169/04/C dell' 11 marzo 2004 - 5 giugno 2004, resa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna;

Visti gli atti di causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 24 novembre 2006, il relatore Consigliere dott.ssa Piera Maggi, e la dott.ssa Maria Carmela Viola per l'I.N.P.D.A.P.

FATTO:

Il signor G.C., ex dipendente dell'ex Amministrazione P.T. (ora Poste Italiane s.p.a.), ha adito la Corte dei conti per ottenere il diritto a percepire l'intero trattamento pensionistico riconoscendo che allo stesso non siano applicabili le riduzioni di cui all'articolo 11 della legge  n. 537/1993. La Sezione giurisdizionale per l'Emilia Romagna ha respinto il proposto ricorso con sentenza avverso cui il G.C. ha proposto ricorso in appello per presunte violazioni di legge. 

Questi i fatti di causa.

L'appellante ha prestato servizio presso l'ex Amministrazione P.T. (ora Poste Italiane s.p.a.)-ruoli Uffici Principali. 

La Direzione Provinciale P.T. di Forlì, con nota del 18.7.1994, comunicava alla competente Direzione Provinciale del Tesoro i dati relativi all'interessato, per il conferimento al medesimo del trattamento di quiescenza diretto - calcolato su un'anzianità di servizio di anni 30 e sulla base economica corrispondente allo stipendio relativo alla quarta categoria - da erogare al signor G.C. con decorrenza dalla 1.1.994, per effetto dell'articolo 1 comma 2 punto E della legge n. 438/1992 (sospensione di ogni tipo di trattamento pensionistico fino al 31 dicembre 1993). 

Con la stessa nota la suddetta Direzione P.T. precisava alla Direzione Provinciale del Tesoro di Forlì che il trattamento pensionistico doveva essere ridotto fino al raggiungimento del requisito contributivo di 35 anni, secondo le percentuali di cui alla Tabella A allegata all'articolo 11, comma 16 della legge n. 537/1993 (9%). 

A seguito del trasferimento della competenza in materia di pensioni all'Istituto Postelegrafonici in applicazione della legge n. 71/1994, fermo restando il pagamento delle stesse a cura delle ex Direzioni Provinciali del Tesoro (ora INPDAP), l'IPOST provvedeva all'emissione della delibera definitiva di pensione e all'invio della stessa alla sede INPDAP di Forlì. 

Risulta, in particolare, che il G.C., in data 6 agosto 1993, ha inoltrato presso l'ufficio di appartenenza domanda di dimissioni con decorrenza dal 20 dicembre 1993.

Il 15 settembre 1993 il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni gli ha comunicato la accettazione delle dimissioni (e, precisamente, che con provvedimento in corso di perfezionamento con effetto dal 20 dicembre 1993 era disposta la cessazione dal servizio, invitandolo a presentare le dichiarazioni necessarie ai fini della liquidazione del trattamento pensionistico). 

Il successivo 30 settembre, con atto depositato presso l'ufficio di appartenenza, il G.C. ha presentato un'istanza di revoca delle dimissioni, istanza poi essa stessa revocata dopo la reiezione della stessa. In particolare l'amministrazione aveva comunicato all'interessato con telex del 28 ottobre 1993 di non poter accogliere l'istanza; l'interessato aveva successivamente comunicato con telex del 17 dicembre 1993 di ritenere nulla l'istanza di revoca delle dimissioni ed il giorno seguente, il 18 dicembre 1993 l'Amministrazione invece aveva accolto la domanda di revoca delle dimissioni - in adempimento della circolare del 16 dicembre 1993 che, con riferimento alle istanze di revoca prodotte dal giorno della circolare al 31.12.1993 e sino ad ulteriori disposizioni, disponeva l'accoglimento di revoca delle dimissioni presentate dagli interessati - ed ha comunicando tale decisione con telex del 18 dicembre 1993, a rettifica della comunicazione del 28 ottobre 1993 da intendersi con quello annullata la accettazione delle dimissioni. 

Conseguentemente l'Amministrazione richiamava in servizio il G.C. per la data del 20 dicembre 1993, e, successivamente, attesa la dichiarata intenzione dello stesso di non riprendere servizio, procedeva prima alla diffida e poi alla emanazione del provvedimento dichiarativo della decadenza

L'Amministrazione ha poi proceduto a determinare il trattamento pensionistico dell'interessato tenendo presenti le decurtazioni introdotte intanto dalla legge n. 537/93 non ritenendo che l'interessato si trovasse nella condizione di cui al comma 18 della stessa legge ai sensi del quale sono esclusi dalla decurtazione "…… i soggetti la cui domanda di pensionamento è stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni". 

Con la sentenza impugnata è stato respinto il ricorso prodotto dal signor G.C. nella considerazione che non sussiste giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla determinazione della data di collocamento a riposo cosicché ai fini della determinazione del trattamento pensionistico deve prendersi in considerazione la data dell'intervenuta decadenza. 

Avverso tale sentenza il signor G.C. rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Masi, ha interposto appello deducendo l'errata valutazione del petitum e l'incongrua dichiarazione di difetto di giurisdizione, la contraddittorietà della motivazione, l'incongruenza tra motivazione e decisum, l'erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto proposti dal ricorrente.

Sostiene parte appellante che è contraddittoria la motivazione della sentenza la quale, nel mentre afferma la propria carenza di giurisdizione sulla causa estintiva del rapporto di lavoro, contestualmente afferma che tale causa è la decadenza successiva al 15 ottobre 1993.

Contesta la parte l'affermato difetto di giurisdizione in quanto il petitum del ricorso è costituito dal quantum della pensione (cfr Cassazione S.U. n. 573/2003 che attribuisce alla esclusiva giurisdizione della Corte dei conti tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura della decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti nonché Cassazione S.U. n. 8682/1996 che esclude che possa avere rilievo la contestazione della legittimità di atti).

Osserva ancora la parte che dall'applicazione delle norme di cui trattasi sono "esclusi i soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni" e, pertanto, in tale categoria di soggetti deve includersi il signor G.C. in quanto l'estinzione del rapporto di impiego per dimissioni volontarie si era verificata in virtù del provvedimento con cui è stata deliberata l'accettazione e la revoca delle dimissioni non è più esercitabile quando il provvedimento di accettazione sia stato già emanato (Consiglio di Stato sezione V numero 5283/2000). 

Pertanto al signor G.C. non sarebbero applicabili le decurtazioni di cui trattasi. 

Conclusivamente parte appellante chiede che sia annullata la sentenza impugnata e, per l'effetto, sia accolto il ricorso di primo grado presentato dal signor G.C., dichiarando l'applicabilità al trattamento pensionistico dello stesso della previsione dell'articolo 11, comma 18 della legge n. 537/93 con conseguente integrale corresponsione della pensione maturata. Con vittoria di spese. 

L'Ipost si è costituito in giudizio in data 6 ottobre 2005 contestando le tesi di parte appellante ed insistendo sull'esatta applicazione delle norme dovendosi ritenere che la cessazione dal servizio del G.C. è avvenuta per decadenza il 20 dicembre 1993 con provvedimento emanato il 12 maggio 1994.

L'INPDAP si è costituito in giudizio il 31 ottobre 2006 ed ha osservato che la D.P.T. ha agito quale ordinatore secondario di spesa e, quindi, senza alcuna discrezionalità e che, comunque, la sentenza di primo grado è conforme a quanto statuito dalle SS.RR. di questa Corte con sentenza n. 4/2005/QM. Ha chiesto quindi la reiezione dell'appello.

Alla pubblica udienza la rappresentante dell'I.N.P.D.A.P. ha confermato gli scritti.

DIRITTO:

Lamenta parte appellante che sia stata negata la giurisdizione della Corte dei conti in quanto il ricorso è stato proposto contro atti relativi alla cessazione del rapporto di impiego che non rientrerebbero nella cognizione del giudice contabile.

Sulla questione, già più volte oggetto di esame da parte di questa Corte, si richiama la recente sent. n. 266/2006 della III Sez. Centrale di appello, in cui si afferma: “Sotto tale aspetto risulta pertanto non utilmente censurabile la sentenza appellata che ha statuito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti sulla questione come introdotta dalla parte privata, atteso altresì che questa stessa Sezione, con sentenza n. 16/A del 13 febbraio 1996, ha affermato che nel giudizio pensionistico innanzi alla Corte dei conti il giudice non può sindacare la legittimità dei provvedimenti di status, ma deve limitare la propria cognizione alla valutazione degli effetti che gli stessi hanno sulla determinazione della misura del trattamento pensionistico. Inoltre, secondo l'orientamento consolidato delle Sezioni riunite della Corte dei conti espresso con le decisioni n. 101/C del 14 settembre 1994 e 26/QM del 7 dicembre 1999, nelle controversie relative all'an ed al quantum del diritto a pensione non è consentito al giudice pensionistico statuire neppure incidenter tantum sulla legittimità dell'atto di collocamento a riposo e, quindi, sugli eventuali ulteriori atti che intervengano sull'atto presupposto ove esistente, né (ed in ciò la risposta alla seconda ipotesi sopra formulata) disapplicare questi ultimi per assunta illegittimità.

Neppure rientra nei poteri della Corte dei conti in funzione di giudice pensionistico far discendere dai provvedimenti amministrativi adottati, e non impugnati dinanzi al giudice del rapporto di lavoro, conseguenze ulteriori, anche se le stesse riverberano i propri effetti sul trattamento pensionistico corrisposto o da corrispondere”.

Da tanto consegue che, anche a voler ammettere la illegittimità del provvedimento amministrativo di decadenza, da tale presunta illegittimità non può scaturire la pronuncia giudiziale di modifica dell'atto di collocazione a riposo, né lo stesso può essere disapplicato quale titolo del collocamento in quiescenza.

Poiché non ritiene il Collegio che siano state offerte, ora, argomentazioni tali da imporre un ripensamento della surriferita giurisprudenza, non può che confermarsi la sentenza di primo grado relativamente al dichiarato difetto di giurisdizione.

L'appello deve, pertanto, giudicarsi infondato e, come tale, da respingersi.

Sussistono motivi per compensare le spese.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette

RIGETTA:

1'appello in epigrafe avverso la sentenza pure in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 24 novembre 2006.

L'Estensore            Il Presidente

  f.to Piera Maggi       f.to Antonio Vetro

Depositata in Segreteria il 11/12/2006

Il Dirigente

f.to Maria Fioramonti