REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA

 

In composizione monocratica nella persona del Magistrato Dott. Rinieri   FERONE , ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(Numero 12/2006)

Nel giudizio pensionistico iscritto al n. 50863 P.C. del registro di segreteria, promosso dalla sig.ra L. L.M. ved. P.T.O., elettivamente domiciliata in Firenze, rappresentata e difesa dall'Avv. M.M., contro l'INPDAP ed avverso il provvedimento n. 32532/98 del 24.8.1998 di recupero crediti erariali;

FATTO  E  DIRITTO

La sig.ra L. è vedova del sig. P.T.O., ex infermiere professionale,  titolare sia di rendita INAIL  dal 1976 per un infortunio occorsogli sul lavoro, sia di pensione diretta decorrente dal 1986.

In seguito al decesso del sig. P.T.O., avvenuto in data 18.4.1998, alla vedova è stata attribuita la rendita INAIL dal 19.4.1998; la medesima, in data 5.5.1998 chiese anche la pensione di reversibilità che gli veniva concessa  per l'importo di £. 1.052.323 mensili.

In data 24.8.1998, la Direzione Provinciale del Tesoro, allora competente nell'erogazione dei trattamenti di pensione, comunicava che a decorrere dal successivo mese di settembre avrebbe sospeso l'erogazione della pensione di reversibilità, in applicazione dell'art. 1 - comma 43 - della legge 335/1995 che imponeva, nei limiti ivi precisati, il divieto di cumulo del trattamento di reversibilità con la rendita INAIL. La D.P.T. chiedeva anche la restituzione dei ratei di pensione già corrisposti, pari alla complessiva somma di £. 4.209.292, che la sig.ra L. provvedeva a restituire.

Con il presente ricorso la sig.ra L. eccepisce l'illegittimità dell'operato della D.P.T., ritenendo che il diritto al trattamento pensionistico di reversibilità sia intangibile, in quanto  la prestazione previdenziale ha un'autonomia ontologica nei presupposti, ossia la contribuzione versata in costanza del rapporto di lavoro, e nei fini, e cioè la soddisfazione di esigenze essenziali di natura sociale, che si esprimono anche nell'automaticità della prestazione al verificarsi dei presupposti e che tale diritto non può essere inciso arbitrariamente dal legislatore, se non a costo di violare i principi dell'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, connotazione fondamentale dello Stato di diritto.

Annota ancora parte attrice, che la discrezionalità del legislatore nel disciplinare le modalità di erogazione delle prestazioni previdenziali, incontra un limite nella salvaguardia dei diritti posti a tutela di inalienabili esigenze di vita.

Nel merito, osserva parte ricorrente, il riferimento allo stesso evento invalidante fatto dal legislatore nel regolare il divieto di cumulo, porta ad escludere che per tale possa essere inteso, con riguardo all'evento generatore del diritto alla reversibilità, la morte del dante causa, atteso che la morte non può essere considerata un evento invalidante, essendo tale un evento che arreca un pregiudizio permanente alla persona che, però, vive. Da qui la conseguente riflessione che il trattamento di reversibilità debba essere sottratto alla regola del divieto di cumulo.

Il ricorrente conclude chiedendo la restituzione delle somme ripetute ed il riconoscimento del diritto al cumulo tra pensione di reversibilità e rendita ed in particolare il ripristino della pensione dal mese di maggio 1998.

Si è costituito l'INPDAP che, con articolata memoria, dopo aver ripercorso l'iter amministrativo relativo all'attribuzione e alla successiva sospensione della pensione di reversibilità, ha difeso il proprio operato sostenendo che nella fattispecie si configurava l'ipotesi tipica del divieto di cumulo di cui sopra, atteso che sia la rendita INAIL che la pensione originavano dal medesimo evento invalidante.

L'INPDAP, nel precisare che dal mese di luglio 2000, in applicazione delle sopravvenute disposizioni di legge, ha ripristinato il trattamento di reversibilità, ha chiesto il rigetto del ricorso per la rimanente parte della pretesa dedotta in giudizio, più sopra riassunta.

Il ricorso è fondato.

Occorre innanzitutto precisare  che la norma contenuta nell'art. 1 - comma 43 - della legge 335/1995 è stata radicalmente modificata dall'art. 73 - comma 1 - della legge 23.12.2000, n. 388, che, a decorrere dal 1° luglio 2001, ha espressamente eliminato il divieto di cumulo  tra trattamento di reversibilità a carico dell'AGO e delle forme esclusive, esonerative e sostitutive della medesima e la rendita  ai superstiti erogata dall'INAIL  spettante in caso di decesso del lavoratore conseguente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale.

La norma puntualizza che tale nuova disciplina trova applicazione anche per le pensioni liquidate in data anteriore al 30 giugno 2001. Con altra disposizione di favore nel corpo della stessa legge, art. 78 - comma 20 -, è previsto che il divieto di cumulo di cui si è appena detto non opera per il periodo 1° gennaio 2001-30 giugno 2001  e precisamente per le rate di reversibilità successive al 30.12.2000 anche se la pensione è stata liquidata in data anteriore, mentre il comma 33 dello stesso art. 78 statuisce la salvezza degli effetti prodotti dal D.L. 24.11.2000, n. 346, nel cui art. 1 - comma 2 - è stabilita la non operatività del divieto di cumulo a partire dal 1.7.2000.

Dunque, rispetto all'originaria previsione di cui all'art. 1 - comma 43 - della legge 335/1995, il ripetuto divieto è limitato al cumulo tra pensione d'inabilità o assegno ordinario di invalidità a carico dell'AGO e, per effetto dell'art. 1 comma 41 della stessa legge, anche a carico delle forme esclusive, esonerative e sostitutive della medesima e rendita INAIL.

Tuttavia il caso in esame deve essere deciso tenendo conto delle norme vigenti al momento in cui si è verificata la concorrenza delle prestazioni previdenziali in esame e cioè alla data del 19.4.1998, ossia dopo il decesso del titolare di entrambe i trattamenti.

Il punto da dirimere è, quindi, quello di stabilire se con l'espressione pensioni di reversibilità, il legislatore avesse voluto intendere ogni forma di pensione trasmessa agli eredi a prescindere dal titolo di attribuzione della stessa.

Sulla materia è intervenuta una pronuncia della Corte Suprema, (Cass. Sez. Lavoro n. 16135/00) che, pronunciando su una questione analoga e cioè il cumulo tra rendita INAIL e pensione di reversibilità INPS, ha escluso che la norma in questione possa trovare sempre e comunque applicazione a prescindere dal tipo di prestazione previdenziale.

Ha osservato, preliminarmente, la Corte di Cassazione, che la ratio legis sottesa dall'art. 1 - comma 43 - L. 335/1995 è quella di impedire che vengano erogate prestazioni a carico di enti diversi,  quando tali prestazioni siano originate dal medesimo evento invalidante o siano liquidate in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale.

In mancanza di questa previsione espressa, osserva la Corte, opererebbe il cumulo trattandosi di due assicurazioni distinte: quella contro gli infortuni sul lavoro e quella per invalidità, vecchiaia e superstiti, alimentate da distinte contribuzioni, tanto più che le prestazioni a carico dell'INAIL hanno natura marcatamente risarcitoria.

 Una finalità analoga era già stata perseguita dal legislatore allorché, con l'art. 6 della legge n. 222 del 1984, ha previsto l'esclusione del diritto all'assegno privilegiato di inabilità, per causa di servizio, quando per lo stesso evento derivi il diritto a rendita a carico dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Affinché, quindi, “operi il divieto di cumulo occorre che ci sia lo stesso evento invalidante, quale cerniera tra le due prestazioni previdenziali che altrimenti concorrerebbero tra di loro. Ossia occorre che l'inabilità conseguente ad infortunio sul lavoro e malattia professionale, rilevante al fine di far insorgere il diritto alla rendita INAIL, sia la stessa che viene valutata al fine della spettanza, o meno, di (analoga)  prestazione previdenziale a carico …” di altro ente previdenziale.

La morte del lavoratore assicurato, mentre può costituire l'evento di un infortunio sul lavoro, non costituisce evento invalidante nel sistema dell'assicurazione generale per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, bensì l'ordinario presupposto del trattamento di reversibilità.

L'inabilità, rilevante in tale ultimo sistema e che non può concorrere con quella presa in considerazione dal parallelo sistema dell'assicurazione contro gli infortuni, è quella che deriva da un evento diverso dalla morte ed afferente direttamente al lavoratore assicurato, la quale, poi, in caso di morte di quest'ultimo può comportare l'attribuzione patrimoniale indiretta in favore dei superstiti, qual è, appunto il trattamento di reversibilità.

Ed allora quando il citato comma 43 dell'art. 1, nell'elencare le prestazioni a carico dell'ente previdenziale considerate in riferimento al divieto di cumulo, richiama le pensioni di reversibilità, non si riferisce agli ordinari trattamenti di reversibilità delle pensioni di vecchiaia o di anzianità, in quanto appunto la morte del pensionato non può considerarsi evento invalidante.

In definitiva il riferimento alla reversibilità contenuto nel comma 43, prima della modifica ricordata, deve intendersi come fatto solo a quella connessa alla titolarità del dante causa di trattamento  derivante, per quel che riguarda il caso di specie, da infortunio o malattia professionale che abbia altresì comportato l'attribuzione al medesimo di una rendita vitalizia a carico dell'INAIL.

In pratica la più veritiera interpretazione dell'art. 1 - comma 43 -della legge 335/1995, nei termini fin qui esplicitati, coincide con il portato normativo risultante dalla revisione operata dall'art. 73 della legge 388/2000 che, come si è già ricordato introducendo queste considerazioni, nell'elidere il trattamento di reversibilità  dalle previsioni del divieto di cumulo, ha lasciato i due trattamenti previdenziali, ossia la pensione di inabilità e l'assegno ordinario, che, in ipotesi, possono avere la stessa matrice causale.

Dagli atti risulta che la pensione  di cui godeva il defunto sig. P.T.O.,  era pensione diretta sulla base di 27 anni utili di servizio, a decorrere dal 4.7.1986, a seguito di dispensa dal servizio ai sensi dell'art. 56 del d.P.R. 761/1979, che non è il trattamento di inabilità di cui alla legge 222 del 1984, che solo con l'art. 2 comma 12 della legge 335/1995, è stata estesa anche ai dipendenti pubblici,  ma si tratta di una prestazione pensionistica,  per cui il divieto di cumulo non operava.

In relazione a quanto sopra il ricorso deve essere accolto e per l'effetto, tenuto conto che dal 1° luglio 2000 l'INPDAP ha ripristinato il trattamento di reversibilità,  deve essere riconosciuto il diritto della ricorrente al cumulo del trattamento di reversibilità e della rendita vitalizia dal momento in cui ha avuto titolo a percepire i due trattamenti fino alla data del 30.giugno 2000, nonché il diritto alla restituzione dei ratei di pensione ripetuti dalla D.P.T..

Sulle somme dovute in restituzione e a titolo di arretrati sono dovuti interessi legali e rivalutazione monetaria quest'ultima solo nella eventuale misura necessaria ad integrare il tasso percentuale degli interessi legali, fino a renderlo pari, ove dovesse essere inferiore, a quello dell'indice di svalutazione, da calcolarsi con riferimento all'indice annuale ISTAT, ai sensi dell'art. 150 disp.att.c.p.c., ciò in applicazione dell'art. 429 - comma 3 -c.p.c., cui rinvia l'art.5 della l. 21 luglio 2000, n. 205, conformemente ai principi di diritto affermati dalle Sezioni Riunite nella sentenza 10/QM del 18 ottobre 2002.

P.Q.M.

Il Giudice unico presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana della Corte dei Conti, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto da L. L.M. e, per l'effetto, riconosce il diritto della medesima al cumulo del trattamento di reversibilità e della rendita vitalizia dal momento in cui ha avuto titolo a percepire i due trattamenti fino al 1.7.2000, data a partire dalla quale l'INPDAP ha ripristinato il trattamento di reversibilità in precedenza sospeso, nonché il diritto alla restituzione dei ratei di pensione ripetuti dalla D.P.T.

Su tutte le somme alle quali la ricorrente ha diritto, sono dovuti interessi e rivalutazione monetaria calcolati secondo quanto precisato in parte motiva.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze, nella pubblica udienza dell' 11 gennaio 2006.

                                                                           IL GIUDICE

                                                                   f.to Rinieri FERONE

 

Depositata in Segreteria il  1 febbraio 2006

                                                                           IL DIRIGENTE

                                                                           f.to G. Badame