Disparità di trattamento tra indebiti Inps e Inpdap
(Corte Costituzionale, Ordinanza 20 Aprile 2006 - 28 Aprile 2006, n. 178 )

 
 
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente
 
                              Ordinanza
 
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 7 e
8,   della  legge  28 dicembre  2001,  n. 448  (Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2002),  promosso con ordinanza dell'11 aprile 2005 dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, sul
ricorso  proposto  da  Carla  Lanza  contro  l'Istituto  nazionale di
previdenza  per  i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP),
iscritta  al  n. 515  del  registro ordinanze 2005 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 42,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 22 marzo 2006 il giudice
relatore Franco Bile;
    Ritenuto  che  la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione  Piemonte,  con  ordinanza  dell'11 aprile 2005, ha sollevato
questione  incidentale  di  legittimita' costituzionale dell'art. 38,
commi 7  e  8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2002), sotto il profilo che tale normativa, dettando una
nuova  disciplina  dell'indebito  previdenziale erogato dall'Istituto
nazionale per la previdenza sociale (INPS), come tale non applicabile
anche ai trattamenti pensionistici erogati dall'Istituto nazionale di
previdenza  per  i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP),
si  pone  in  contrasto  con  il  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3  della  Costituzione,  per  ingiustificata  disparita'  di
trattamento di situazioni sostanzialmente analoghe;
        che  la  questione  e'  stata sollevata nel giudizio promosso
dalla  titolare  di un trattamento pensionistico erogato dall'INPDAP,
la  quale, premesso che l'Istituto le aveva comunicato l'esistenza di
un  indebito  in  data  26 aprile  2003,  ha  contestato  la  pretesa
dell'ente  previdenziale al suo integrale recupero senza la riduzione
prevista dal citato art. 38, commi 7 e 8, della legge n. 448 del 2001
sugli  importi maturati nel periodo compreso fra il 1° gennaio 1996 e
il 31 dicembre 2000;
        che l'INPDAP ha contestato la spettanza di tale riduzione;
        che,   secondo   la   Corte   rimettente,   la  norma  citata
effettivamente  fa  riferimento  ai  soli  trattamenti  pensionistici
erogati dall'INPS;
        che  pero'  -  a suo avviso - non sembrano sussistere ragioni
che  giustifichino la concessione del beneficio dell'irripetibilita',
parziale  o  totale,  delle somme indebitamente percepite soltanto in
favore dei pensionati titolari di trattamenti erogati dall'INPS;
        che  la  formulazione  delle  norme,  della  cui legittimita'
costituzionale  la  Corte  rimettente  dubita,  e' simile a quella in
precedenza   dettata   dall'art. 1,  commi 260  e  261,  della  legge
23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica),  che  aveva  introdotto  un'analoga,  seppur non identica,
disciplina  della  ripetizione  delle  somme erroneamente erogate per
trattamenti pensionistici;
        che,  infatti,  tale normativa dell'indebito previdenziale si
riferiva  in  generale  ai  pensionati che fruivano di trattamenti "a
carico  degli  enti  pubblici  di previdenza obbligatoria", mentre il
citato  art. 38  della  legge  n. 448  del 2001 fa riferimento solo a
quelli che percepiscono prestazioni "a carico dell'INPS";
        che   cio'   comporta   -   secondo  la  Corte  rimettente  -
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento per tutti i pensionati
che godono delle prestazioni di tutti gli enti previdenziali pubblici
diversi dall'INPS;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  l'infondatezza  della  questione  ed osservando che
rientra  nella  discrezionalita'  del  legislatore limitare la deroga
temporanea  all'ordinaria  disciplina  dell'indebito previdenziale ai
soli trattamenti erogati dall'INPS.
    Considerato  che  la  questione di legittimita' costituzionale e'
rilevante ai fini della decisione della controversia pendente innanzi
alla  Corte  rimettente, poiche' incide direttamente sulla fondatezza
della domanda proposta dalla ricorrente, la quale contesta la pretesa
dell'INPDAP all'integrale recupero dell'indebito previdenziale;
        che  la  disposizione  censurata  ha introdotto, con riguardo
alle   sole   prestazioni   pensionistiche   a   carico  dell'INPS  e
limitatamente  ai  periodi  anteriori al 1 gennaio 2001, una speciale
deroga  all'ordinaria  disciplina  a  regime,  prevedendo  una soglia
reddituale  -  fissata in Euro 8.263,31 di reddito imponibile ai fini
dell'IRPEF  per  l'anno 2000  - al di sotto della quale il percettore
della prestazione previdenziale indebita non e' tenuto a restituirla,
sempre che non versi in una situazione di dolo;
        che  per  livelli di reddito piu' elevati e' poi riconosciuta
una  minore  agevolazione,  nel senso che non si fa luogo al recupero
dell'indebito nei limiti di un quarto dell'importo percepito;
        che  -  secondo  la  giurisprudenza  di legittimita' - questo
nuovo  criterio  del  reddito  non  e' aggiuntivo, bensi' sostitutivo
degli  ordinari  presupposti  dell'irripetibilita'  delle prestazioni
previdenziali indebite;
        che  la disciplina introdotta dalla disposizione censurata e'
simmetrica  ed  in  buona  parte analoga a quella prevista dal citato
art. 1,  commi 260  e  261, della legge n. 662 del 1996, concernente,
piu'  in  generale,  i  trattamenti  previdenziali erogati dagli enti
pubblici di previdenza obbligatoria;
        che, in riferimento a tale ultima disciplina, questa Corte ha
gia'  chiarito che "le previsioni dell'art. 1 della legge 23 dicembre
1996,  n. 662,  commi 260-265,  che  hanno tra l'altro introdotto una
soglia  reddituale  per scriminare la ripetibilita' delle prestazioni
previdenziali indebite, hanno carattere transitorio applicandosi solo
ai  periodi  (e  quindi  agli  indebiti  previdenziali)  anteriori al
1° gennaio 1996 e pertanto, per la loro marcata specialita', non sono
idonee ad essere estese al di la' delle fattispecie per le quali sono
previste" (ordinanza n. 448 del 2000);
        che  questa  Corte  ha  altresi'  affermato che "non sussiste
un'esigenza costituzionale che imponga per l'indebito previdenziale e
per  quello  assistenziale  un'identica  disciplina, atteso che - pur
operando   in  questa  materia  un  principio  di  settore,  onde  la
regolamentazione  della  ripetizione dell'indebito e' tendenzialmente
sottratta  a  quella generale del codice civile - rientra pero' nella
discrezionalita'  del  legislatore porre distinte discipline speciali
adattandole  alle  caratteristiche dell'una o dell'altra prestazione"
(ordinanza n. 264 del 2004);
        che,  da  ultimo,  questa  Corte  (sentenza n. 1 del 2006) ha
riconosciuto    il    "carattere    straordinario   ed   eccezionale"
dell'intervento  legislativo  costituito  dalla normativa censurata e
quindi  la  sua  intrinseca  inidoneita'  a  fungere da utile tertium
comparationis  per  estendere tale disciplina derogatoria ai casi non
inclusi;
        che  si  tratta  comunque  di  una disciplina suscettibile di
applicazione  solo retroattiva e limitata nel tempo, sicche' essa non
e'    piu'   applicabile   agli   indebiti   previdenziali   maturati
successivamente alla data suddetta del 1° gennaio 2001;
        che,   quindi,   trattandosi  di  una  disciplina  del  tutto
speciale,  rientra  nella  discrezionalita' del legislatore definirne
l'ambito  di  applicabilita'  nel  senso  della  sua limitazione alle
prestazioni previdenziali indebitamente erogate dall'INPS;
        che,  in  ogni  caso, non e' possibile porre comparazioni tra
sistemi  previdenziali  diversi  -  quale  quello  pubblico  e quello
privato   -   e,  a  maggior  ragione,  non  e'  possibile  una  tale
comparazione,   sotto  il  profilo  del  rispetto  del  principio  di
eguaglianza,  tra  discipline  derogatorie  a carattere eccezionale e
transitorio  e  con effetti unicamente retroattivi, quali sono quelle
dettate  dall'art. 1,  commi 260  e 261, della legge n. 662 del 1996,
applicabile ad entrambi i settori, e dall'art. 38, commi 7 e 8, della
legge  n. 448 del 2001, applicabile solo ai trattamenti previdenziali
INPS;
        che pertanto la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
 
      Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 38,  commi 7 e 8, della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2002),
sollevata,  in  riferimento  all'articolo 3 della Costituzione, dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2006.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 28 aprile 2006.
                      Il cancelliere:Fruscella