REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE

EMILIA-ROMAGNA

In funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica in persona del consigliere Luigi Di Murro, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 6 aprile 2005 e con l'assistenza del segretario sig.ra Stefania Brandinu, la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso cumulativo iscritto al n. 027468-027483/004709/Pensioni Militari del registro di segreteria, proposto da vari ricorrenti, rappresentati e difesi dall'avv. A.T., avverso il Ministero delle Finanze, Corpo della Guardia di Finanza.

         Udito, alla pubblica udienza, il Ten. Col. ......; non rappresentata la parte privata.

F A T T O

         I ricorrenti, eredi di sottufficiali o sottufficiali della Guardia di Finanza cessati dal servizio dopo l'entrata in vigore della l. n. 121 del 1981 e comunque anteriormente al 20 giugno 1991, hanno chiesto all'Amministrazione delle Finanze la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico (ovvero di quello spettante ai propri danti causa) con l'applicazione della equiparazione retributiva alle qualifiche corrispondenti del personale della Polizia di Stato, ai sensi della legge 1° aprile 1981 n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), con effettivo pagamento degli arretrati con decorrenza dalla data del collocamento in quiescenza.

         Le richiesta degli interessati erano motivate dalla considerazione che i ricorrenti (ovvero i propri danti causa) erano in servizio al momento dell'entrata in vigore della l. n. 121/1981 e che con sentenza n. 277 del giugno 1991 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 43, comma 17, della legge stessa nella parte in cui non erano incluse le qualifiche degli Ispettori di Polizia nella tabella di equiparazione del trattamento economico spettante ai militari dell'Arma dei Carabinieri, così impedendo la effettuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri; alla luce di tale dichiarata incostituzionalità deve ritenersi consentita, con efficacia dall'entrata in vigore della legge n. 121/81, la predetta corrispondenza economica e, quindi, l'estensione del trattamento economico della Polizia di Stato all'Arma dei Carabinieri senza perciò che sia necessario un nuovo intervento del legislatore. Invero, poiché la citata sentenza della Corte costituzionale ha efficacia ex tunc, la stessa non può non rendere applicabile a tutti i dipendenti in servizio al momento dell'entrata in vigore della legge n. 121/81 la norma dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevedeva l'inclusione di un'ulteriore categoria di personale, con conseguente inserimento di tale categoria nei rapporti di corrispondenza con i sottufficiali dei Carabinieri.

         Con il ricorso all'esame, proposto in data 10 gennaio 2002 e con il patrocinio dell'avv. Antonio Taviano, contro la reiezione delle predette istanze, si eccepisce l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione richiamando la già citata sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 nonché pregressa giurisprudenza del T.A.R. Liguria, sollevandosi nel contempo formale eccezione di incostituzionalità della legge n. 216/92 e del D.L. 7 gennaio 1992 n. 5, nella parte in cui ha fissato per i suddetti miglioramenti il termine della permanenza in servizio fino al 20 giugno 1986 per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione che propugnano, rispettivamente, il principio dell'uguaglianza e quello della proporzionalità della retribuzione alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato.

         Con memoria di costituzione depositata in data 11 marzo 2005 il Reparto Tecnico Logistico e Amministrativo per l'Emilia Romagna della Guardia di Finanza vengono contestate le argomentazioni dei ricorrenti con la precisazione che i benefici di cui alla legge n. 216/1992 non riguardano il personale già collocato a riposo, dovendosi ritenere che il diritto all'equiparazione economica tra sottufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e quelli della Polizia di Stato non sorga per effetto della legge n. 121/1981, ma esclusivamente dall'entrata in vigore della legge n. 216/1992 che ha fissato il momento di decorrenza del nuovo trattamento economico in via generale a partire dal 1° gennaio 1992. Conclude quindi l'Amministrazione resistente sostenendo che non hanno diritto a tale riliquidazione coloro che sono stati collocati a ripose antecedentemente al 1° gennaio 1987, senza quindi aver percepito in servizio gli arretrati in questione per i quali rimane valida la base pensionabile conteggiata all'atto del collocamento in congedo, sollevando in subordine l'eccezione di prescrizione delle somme eventualmente dovute in ipotesi di accoglimento del ricorso che, peraltro, risulta assolutamente infondato per il ricorrente CAVALIERE Mario in quanto lo stesso, essendo stato collocato in congedo a far data dal 13 maggio 1988, ha beneficiato in servizio dei miglioramenti previsti dalla legge n. 216/1992 i quali, pertanto, sono stati considerati anche nella quantificazione del trattamento di quiescenza.

Alla pubblica udienza il Ten. Col. ......., nella spiegata qualifica, si riporta agli scritti difensivi insistendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ex art. 100 c.p.c., per assenza di interesse nei confronti del ricorrente CAVALIERE Mario e per il rigetto nei confronti degli altri ricorrenti; in via subordinata chiede che, in ipotesi di accoglimento del gravame, si tenga conto sia della circostanza che i ricorrenti hanno specificamente chiesto l'adeguamento in parola a far data dal 1° gennaio 1992, come fissato dalla legge n. 216/1991 sia della intervenuta prescrizione delle maggiori somme eventualmente spettanti per il periodo eccedente il quinquennio decorrente, a ritroso, dalla data di notifica all'Amministrazione stessa dell'atto introduttivo del presente giudizio.

         Si dà atto che, per l'assenza della parte privata, non è stato possibile esperire il tentativo di conciliazione.

D I R I T T O

         Osserva preliminarmente il giudicante che l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Amministrazione resistente per quanto attiene alla posizione di C. Mario è fondata e vada pertanto accolta: invero l'Amministrazione ha allegato alla memoria di costituzione e difesa depositata per l'odierna udienza copia dell'atto dispositivo n. 888 del 1° aprile 1993 con il quale è stata determinata la retribuzione spettante al C. in applicazione della legge n. 216 del 1992 e dei princìpi recati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 con decorrenza 1° gennaio 1987 e fino al 13 maggio 1988, data di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età. E' stato altresì allegato l'atto dispositivo n. 1434 del 14 marzo 1996 con il quale è stata determinata la base pensionabile che tiene conto della retribuzione già attribuita al C. per effetto del precedente atto dispositivo. Da tale documentazione, che non è stata contraddetta dall'interessato, emerge con tutta evidenza come il ricorrente nulla avesse da pretendere al momento della proposizione del ricorso onde lo stesso si appalesa, per tale parte, inammissibile per carenza di interesse ad agire.

         Quanto agli altri ricorrenti, la questione della applicazione ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, in ragione delle analogie e delle identità con i compiti istituzionali attribuiti a taluni gradi in applicazione del principio generale secondo il quale a mansioni uguali deve conseguire uguale retribuzione, del trattamento economico riconosciuto agli ispettori di polizia dalla legge n. 121 del 1981 ha impegnato innumerevoli volte la giurisprudenza della Corte dei conti la cui analisi deve peraltro essere necessariamente preceduta ad un excursus storico in merito alle disposizioni legislative che si sono succedute a seguito degli interventi sia dei giudici di merito sia della Corte costituzionale investita della questione stessa.

         Il compito risulta oltremodo agevolato dall'analisi contenuta nella sentenza n. 292 del 4 aprile 2003 della Sezione giurisdizionale per la Regione Marche secondo la quale la legge n. 121 del 1981, recante il nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza, ha conferito, all'art. 36, la delega al governo per la riorganizzazione dell'ordinamento del personale dell'amministrazione della pubblica sicurezza in vari ruoli tra i quali figurava quello degli ispettori che, secondo le istruzioni delle delega, doveva esser articolato in quattro qualifiche, delle quali occorreva determinare le corrispondenti funzioni.

         Il successivo art. 43, ai commi 16° e 17°, ha stabilito l'estensione del trattamento economico previsto per la Polizia di Stato all'Arma dei Carabinieri con comparazione dei relativi gradi in base alla tabella C allegata alla legge stessa, la quale, tuttavia, nel disporre l'equiparazione degli appartenenti alla Polizia di Stato alle altre forze di polizia (tra le quali sono annoverate l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza), non ha incluso le qualifiche degli ispettori in considerazione del fatto che non vi era corrispondenza con i gradi e le qualifiche del precedente ordinamento di pubblica sicurezza, né con i gradi delle altre forze di polizia.

         Il problema della compatibilità tra gradi e qualifiche, richiamato dalla nota in calce ala citata tabella, era nato dalla constatazione che, mentre prima dell'entrata in vigore della l. n. 121 del 1981, la corrispondenza del trattamento economico degli appartenenti al corpo delle guardie di pubblica sicurezza (all'epoca, corpo militare) con quello dell'Arma dei Carabinieri e con il Corpo della Guardia di Finanza, era assicurato in base ad un dato omogeneo costituito dai gradi militari in cui ciascuna di dette forze di articolava, a seguito della intervenuta riforma il personale del disciolto corpo delle guardie di pubblica sicurezza è transitato nella Polizia di Stato i cui appartenenti vengono ora inquadrati nel pubblico impiego fra i dipendenti civili dello Stato e di conseguenza la suddivisione di detto personale è articolata non più in gradi bensì in ruoli suddivisi al loro interno in qualifiche ognuna delle quali caratterizzata dal tipo di mansioni e funzioni attribuite.

         La mancata inclusione nella tabella C delle qualifiche di ispettore di polizia è dipeso dal fatto che, all'epoca dell'emanazione della legge, non erano stati ancora individuati i contenuti di dette qualifiche in quanto tale compito era stato demandato, dall'art. 36, alla normativa delegata, attuata dal Governo con una serie di decreti delegati tra i quali il D.P.R. 24 aprile 1982 n. 335 che, tra l'altro, agli artt. 25 e 26, ha provveduto a definire ruolo e funzioni dei soprintendenti e degli ispettori di polizia, divenendo noti, solo a partire da detto provvedimento legislativo, gli esatti contenuti delle predette qualifiche.

         A seguito del contenzioso insorto, in sede giurisdizionale, ad opera di sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri ai quali era stata negata l'estensione dei benefici retributivi riconosciuti agli ispettori di polizia, la Corte costituzionale, con sentenza n. 277 del 3 giugno 1992, ha dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza), della tabella C allegata a detta legge, come sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569 (Disposizioni concernenti taluni ruoli del personale della polizia di Stato e modifiche ai livelli retributivi di alcune qualifiche e all'art. 79 della legge 1° aprile 1981, n. 121) nonché della nota in calce alla tabella, nella parte in cui non includono le qualifiche degli ispettori di polizia, così omettendo la individuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'arma dei carabinieri”.

         A seguito della pronuncia di incostituzionalità il legislatore è intervenuto in materia con il decreto legge 7 gennaio 1992, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992 n. 216, recante l'autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione dei giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia, fissando, all'art. 2, la decorrenza dei nuovi trattamenti economici dal 1° gennaio 1992 per tutti i sottufficiali non ricorrenti (per i soggetti che avevano proposto ricorso giurisdizionale ha, invece, provveduto il precedente art. 1 con il quale è stata autorizzata la spesa per la definizione degli effetti economici della sentenza della Corte costituzionale n. 277/1991 nonché della sentenza n. 1219/91 del T.A.R. Lazio).

         Il T.A.R. del Lazio, con ordinanza emessa il 25 marzo 1992, ha ritenuto che la novella del 1992, come risultante dalle modifiche apportate con la legge di conversione, fosse inficiata da illegittimità costituzionale per  violazione degli artt. 3 e 136 Cost. e la relativa questione incidentale è stata definita dal giudice delle leggi con la sentenza n. 455 del 15-23 dicembre 1993 dichiarativa della manifesta infondatezza della questione; deve peraltro essere osservato che il deferimento proposto dal giudice amministrativo muoveva dall'assunto che la sentenza n. 277/91 avesse portato al riespandersi del principio di equiparazione secondo l'omogeneità delle funzioni tra le qualifiche di ispettore di polizia e quelle dei sottufficiali del Corpo della guardia di Finanza, ciò che non trovava affatto riscontro, visto che l'oggetto della pronuncia della Corte costituzionale non comprendeva affatto la posizione di questi ultimi sottufficiali essendo viceversa limitata alle posizioni dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri e solo in sede di conversione del decreto legge n. 5/1992 il legislatore aveva ritenuto di dover introdurre, ai fini perequativi, anche altre categorie tra le quali quella dei sottufficiali del Corpo della Guardia di Finanza.

         Con la medesima sentenza n. 455/93, la Corte costituzionale precisa che la precedente pronuncia n. 277/91 non statuisce, in generale, sull'equilibrio retributivo tra tutte le forze di polizia, come individuate dall'art. 16 della legge n. 121 del 1981, ma solo in ordine all'equiparazione tra i gradi dei sottufficiali dei carabinieri e le qualifiche del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato rilevando altresì che la stessa pronuncia ha ritenuto inammissibile l'intervento additivo nei termini prospettati dal giudice remittente (secondo il quale la sentenza della Corte costituzionale n. 277/1991 ha accertato l'illegittimità costituzionale delle norme che ostavano alla piena equiparazione dei trattamenti economici con una pronuncia dichiaratamente non additiva dalla quale, però, era derivata, per effetto dell'art. 136 della Costituzione, la cessazione di efficacia delle norme in questione con il conseguente riespandersi del principio di equiparazione secondo l'omogeneità delle funzioni tra le qualifiche di ispettore di polizia e quelle dei sottufficiali del Corpo della Guardia di finanza dettato dall'art. 43, 16° comma, della legge n. 121/1991 conseguendone che il diritto al trattamento economico in parola, alla data dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni legislative, era ormai entrato nel patrimonio di tutti gli appartenenti alle categorie interessate, indipendentemente da un atto di riconoscimento giurisdizionale o amministrativo del medesimo).

         Il giudice delle leggi puntualizza poi che già il testo originario del decreto legge perseguiva congruamente il fine di dare copertura finanziaria agli oneri derivanti dalle sentenze indicate, assicurando nel contempo la perequazione del trattamento economico ai sottufficiali dell'Arma dei carabinieri che non avevano presentato ricorso e la scelta del legislatore di introdurre una disciplina differenziata fra la posizione dei ricorrenti e quella dei non ricorrenti, per quanto attiene al computo delle competenze arretrate, non è affetta da censure di arbitrarietà o di irragionevolezza, anche alla luce del rilievo che il principio di equilibrio del bilancio ha nella ponderazione degli interessi riservata al legislatore.

         La successiva integrazione del decreto legge in sede di conversione, prosegue la sentenza n. 455/92 in parola, nel farsi carico anche della posizione dei sottufficiali della Guardia di finanza, sviluppa coerentemente tale indirizzo perequativo, che d'altra parte assume autonomo rilievo rispetto all'autorizzazione di spesa correlata alle pronunce passate in giudicato.

         L'attenta lettura delle sopra riportate sentenze della Corte costituzionale indurrebbe quindi a ritenere che, pur nell'ambito delle forze di polizia svolgenti analoghe mansioni, sia costituzionalmente legittima la differenziazione tra i sottufficiali appartenenti alla Polizia di Stato, cui si applicherebbe direttamente la legge n. 121 del 1981, con effetti economici decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa onde ai sottufficiali collocati in quiescenza dopo detta data viene ope legis riconosciuto il diritto al trattamento pensionistico conseguente alle nuove retribuzioni attribuite in servizio, ed i sottufficiali appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, non interessati dalle pronunce giudiziali predette, per i quali il decreto legge n. 5/1992, come modificato dalla legge di conversione n. 216/1992 potrebbe trovare applicazione solo con effetti economici dal 1° gennaio 1992 ed unicamente per i sottufficiali del Corpo ancora in servizio a tale data, e quindi con esclusione di quanti siano stati medio tempore collocati in quiescenza.

Costituirebbero pertanto un tertium genus i sottufficiali appartenenti all'Arma dei Carabinieri in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/1981 ai quali, se ricorrenti e destinatari delle pronunce giudiziali, il nuovo trattamento economico di servizio viene attribuito con riferimento alla data della domanda giudiziale e limitatamente al periodo non coperto dalla prescrizione quinquennale degli assegni.

         Resterebbe comunque da sciogliere il nodo gordiano costituito dalla applicabilità o meno delle disposizioni in argomento dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, non ricorrenti, in servizio alla data di entrata in vigore della ripetuta legge n. 121/1981 ma già collocati a riposo alla data di entrata in vigore della novella del 1992 e tale questione deve essere esaminata anche alla luce della giurisprudenza che si è nel frattempo formata.

         La Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, con sentenza n. 50 del 22 febbraio 1996 ha ribadito il principio, già affermato dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Marche con sentenza n. 184 del 20 febbraio 1995, dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria con sentenza n. 137/PM del 28 novembre 1995  e dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 8/M del 22 gennaio  1996, secondo il quale per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 12 giugno 1991, in virtù della piena equiparazione dei militari dell'Arma dei Carabinieri ai pari grado della Polizia di Stato, anche nei confronti dei carabinieri in congedo deve essere riconosciuto il diritto alla riliquidazione dei trattamenti di quiescenza in base al trattamento stipendiale dei pari grado in servizio, anche se deve ritenersi che tale diritto trova il limite della prescrizione quinquennale dei ratei, con la conseguenza che non sono dovuti i maggiori trattamenti con decorrenza anteriore al quinquennio dal 20 giugno 1991 (giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della richiamata sentenza della Corte costituzionale), fermo restando che, entro il predetto limite, la riliquidazione spetta anche ai Carabinieri pensionati in data anteriore al 20 giugno 1986, attesa la non prescrittibilità del diritto a pensione prevista dalla vigente normativa.

         La Sezione giurisdizionale per la Regione Marche, con la sopra indicata sentenza n. 184/1995, ha infatti precisato che, per il personale cessato dal servizio prima della data di pubblicazione della citata sentenza n. 277/1991, si pone il problema della prescrizione che viene solo apparentemente risolto dal Comando Generale dell'Arma dei carabinieri con la circolare n. 7/25-16-1991 del 12 ottobre 1992.

         Con tale nota, infatti, dopo aver premesso che il diritto a pensione, per giurisprudenza ormai consolidata, è imprescrittibile e che solo le singole rate, in virtù dell'art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428, si prescrivono entro il termine di cinque anni dal giorno in cui può essere fatto valere il diritto, si afferma che i termini di prescrizione quinquennale previsti da detto art. 2 decorrono a far data dalla presentazione del ricorso per i ricorrenti e dal 20 giugno 1991 (giorno successivo alla data di pubblicazione della menzionata sentenza n. 277 sulla Gazzetta Ufficiale) per i non ricorrenti, non potendo comunque detta sentenza avere efficacia nei riguardi dei Sottufficiali dell'Arma dei carabinieri cessati dal servizio anteriormente al 20 giugno 1986 (data di decorrenza dei termini prescrizionali di cui sopra) in quanto la sentenza in argomento verte sul trattamento economico stipendiale dei soggetti interessati. Analoga precisazione è ricavabile anche da quanto affermato dalla Guardia di Finanza dalla memoria di costituzione nel presente giudizio laddove si afferma che, dai lavori preparatori sia della legge n. 216/92 che dela legge n. 443/94, con la quale si è chiarito e risolto il problema degli arretrati, emerge chiaramente la volontà del legislatore non solo di assicurare le competenze anche ai non ricorrenti, ma di fissare per questi ultimi la decorrenza del quinquennio a ritroso (1° gennaio 1987).

         Le riportate affermazioni meritano un'attenta riflessione, soprattutto per la constatazione di una notevole confusione operata dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e dal Corpo della Guardia di Finanza tra la prescrizione del diritto alla diversa retribuzione e la prescrizione dei singoli ratei stipendiali nonché tra il diritto alla pensione, imprescrittibile, e la prescrizione dei singoli ratei del trattamento di quiescenza.

         Se, come si afferma da parte del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri e da parte del Comando del Corpo della Guardia di Finanza, la sentenza n. 277 può avere efficacia, sia pure con decorrenza della data di pubblicazione, nei confronti dei sottufficiali cessati dal servizio dopo il 20 giugno 1986, ciò vuol dire che la sentenza medesima, concernente il trattamento economico stipendiale, viene applicata, ai soli fini giuridici e solo parzialmente anche a quelli economici, sulle retribuzioni già fruite per il servizio attivo, per poi utilizzare l'ultimo stipendio giuridicamente spettante come base per la rideterminazione del trattamento pensionistico.

         Invero sembra necessario verificare preliminarmente quale possa essere, nel caso che occupa, l'efficacia retroattiva della sentenza della Corte Costituzionale, la quale - in via generale - trova un limite solo nell'avvenuto decorso dei termini di decadenza o di prescrizione ai quali è subordinato l'esercizio di un diritto e, quindi, nel cosiddetto "rapporto esaurito".

         Sembra potersi affermare, anche alla luce della prospettazione delle Amministrazioni interessate, che al personale, non ricorrente, restato in servizio e richiedente l'applicazione della sentenza in discorso nel quinquennio successivo alla pubblicazione della stessa, possa essere riconosciuto il diritto alle maggiori retribuzioni con effetto retroattivo a decorrere dal 20 giugno 1986, essendosi comunque prescritti i ratei stipendiali antecedenti.  

         Tale riconoscimento richiede la "fictio" della ricostruzione, ai soli fini giuridici e per tener conto delle individuali progressioni economiche, del trattamento economico che sarebbe spettato a ciascun interessato qualora la disposizione normativa fosse stata, fin dall'origine, quella risultante dall'intervento del giudice costituzionale.

         Se ciò è vero per il personale restato in servizio, è necessario affrontare la questione concernente l'eventuale esaurimento, per intervenuta prescrizione, del rapporto di servizio per tutti coloro che sono cessati da esso a decorrere da data antecedente al 20 giugno 1986.

         E tale questione, prosegue la Sezione marchigiana, non può che essere definita in senso conforme alla richiesta del ricorrente: infatti, anche a voler prescindere da quanto sostenuto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regine Siciliana con le sentenze n. 126 del 30 agosto 1984 e n. 250 del 23 novembre 1987, secondo il quale sussisterebbe in capo ai dipendenti un diritto al proprio "status", intrasmissibile e, quindi, indisponibile e, conseguentemente, imprescrittibile ai sensi del 2° comma dell'art. 2934 C.C., ed accogliendo viceversa la tesi sostenuta in via maggioritaria dagli altri organi di giustizia amministrativa in merito alla prescrittibilità del diritto al trattamento economico derivante dallo status individualmente conseguito da ciascun dipendente, si deve osservare come, contrariamente a quanto sostenuto dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, anche se si sono prescritte, nel caso di specie, le singole rate del maggior stipendio spettante a seguito del riconoscimento operato dalla Corte Costituzionale, non si è certamente prescritto il diritto al riconoscimento ai soli fini giuridici e per il successivo trattamento pensionistico, non essendo trascorso il decennio di precrizione ordinaria di detto diritto.

         La domanda a suo tempo inoltrata dai ricorrenti è finalizzata all'ottenimento della "riliquidazione" del trattamento pensionistico in godimento, previo riconoscimento, ai soli fini giuridici, del diverso maggior trattamento economico che sarebbe spettato in servizio, e non v'è dubbio che tali istanze meritano accoglimento proprio alla luce della suesposta considerazione che l'estinzione del diritto economico non può determinare la perdita del diritto al riconoscimento di detto diritto ai soli fini giuridici rendendo quinquennale anziché decennale il termine di prescrizione collegato a quest'ultimo.

         La Sezione II centrale, con sentenza n. 87/A del 26 giugno 1997, ha modificato l'orientamento espresso dalle Sezioni di primo grado affermando che i sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, non più in servizio alla data del 20 giugno 1996, ma regolarmente in attività al momento dell'entrata in vigore della l. n. 121 del 1981, hanno diritto alla equiparazione economico-retributiva con gli appartenenti alle qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato: agli effetti giuridici, sin dall'entrata in vigore della l. n. 121 del 1981 e agli effetti economici dal 1° gennaio 1992; analoga affermazione deve pertanto essere effettuata anche nei confronti degli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza in identica situazione

         La Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, con numerose pronunce tra le quali la sentenza n. 1639/03/M dell'8 luglio 2003, analizzando nell'occasione anche la detta sentenza n. 87/97/A della Sezione II centrale, ha osservato che, per quanto concerne l'applicazione dell'istituto della prescrizione nella materia in esame si deve richiamare la distinzione fra diritto “a chiedere” il trattamento pensionistico e diritto “a percepire” i ratei relativi: il primo è imprescrittibile in virtù di un principio radicatosi nella giurisprudenza di questa Corte dei conti e poi recepito, per quanto concerne i dipendenti dello Stato, nel diritto positivo (art. 5, Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1092); il secondo soggiace invece all'istituto della prescrizione.

         Applicando tali princìpi al caso di specie, prosegue la Sezione Emiliana, si deve quindi affermare il diritto del ricorrente, anche se cessato dal servizio prima del 20 giugno 1986, ad ottenere la rideterminazione della pensione sulla base delle equiparazioni stipendiali conseguenti alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 277/91 dei cui effetti gli stessi devono beneficiare non potendosi catalogare il rapporto de quo (in particolare, per non intervenuta prescrizione) tra i cosiddetti “rapporti esauriti” nei cui confronti soltanto, come è noto, le pronunce della Corte costituzionale non possono manifestare efficacia retroattiva.

         Né possono essere di ostacolo al riconoscimento del diritto sopra indicato le disposizioni di cui, rispettivamente, all'art. 1, comma 1, del d.l. n. 5 del 1992 (convertito, con modificazioni, nella l. n. 216/1992), laddove si autorizza la spesa per la definizione degli effetti economici della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 nonché delle sentenze del Consiglio di Stato n. 986 del 26 novembre 1991 e del T.A.R. del Lazio n. 1219 del 9 luglio 1991, ed al successivo art. 2, comma 2, dello stesso d.l., in base al quale a decorrere dal 1° gennaio 1992 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (e della Guardia di Finanza) è corrisposto il trattamento economico previsto per i livelli retributivi indicati per ciascun grado dalle sentenze di cui all'art. 1, comma 1, dello stesso decreto legge.

         Infatti, come osservato dalla Sezione II^ giurisdizionale centrale di questa Corte dei conti nella sentenza n. 87/97/A, la normativa dianzi citata non può essere intesa con la duplice finalità: da un lato, di limitare l'attribuzione del diritto alla equiparazione di cui trattasi ai militari che fossero in servizio permanente al 1° gennaio 1992; dall'altro, di riconoscere tale diritto anche a favore di coloro che, pur cessati anteriormente alla data anzidetta, fossero stati parte nei giudizi conclusisi con le sentenze menzionate nell'art. 1 del d.l. n. 5 del 1992.

         Una siffatta interpretazione - ha soggiunto la suindicata Sezione giurisdizionale centrale - sarebbe, di certo, ingiustamente discriminatoria e mal si concilierebbe con la sentenza n. 277/91 della Corte costituzionale; la legge n. 216 del 1992 non ha, invero, alcuna efficacia preclusiva sull'an del diritto all'invocata equiparazione dei militari dell'Arma (e della Guardia di finanza) che siano cessati nella vigenza della legge n. 121/81 ma anteriormente al 1° gennaio 1992 e non abbiano fatto ricorso (prima di tale data) per ottenere l'auspicata equiparazione, e ciò per l'ineludibile rilievo che il diritto in parola discende direttamente dalla norma venutasi a modificare in seguito all'intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 277/91.

         La legge n. 216/92 trova, piuttosto, la sua “ratio” nell'esigenza di dare formale esecuzione in termini di variazioni di bilancio alle pronunce giurisdizionali già emesse, nonché di fissare per la generalità dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, in funzione delle esigenze di bilancio, una diversificazione della data di decorrenza degli effetti economici da quella di decorrenza del riconoscimento giuridico della già consacrata equiparazione.

         Tanto più, ciò, ove si consideri che la Corte costituzionale con sentenza n. 455 del 15-23 dicembre 1993, ha dichiarato non fondata la questione di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 136 Cost., dell'art. 1 comma 1, e dell'art. 2 comma 1 del d.l. n. 5/1992 (convertito, con modificazioni, nella l. n. 216/1992), nel presupposto che la scelta del legislatore di introdurre una disciplina differenziata tra la posizione dei ricorrenti e quella dei non ricorrenti, per quanto attiene al computo delle competenze arretrate, non è affetta da censure di arbitrarietà o irragionevolezza anche alla luce del rilievo che il principio di equilibrio del bilancio ha nella ponderazione degli interessi riservata al legislatore; per tale verso risulta manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale incidentalmente sollevata dal ricorrente con l'atto introduttivo del presente giudizio.

         Conclusivamente, affermava questa Sezione, la data del 1° gennaio 1992, indicata nella normativa di cui trattasi, vale come data di decorrenza degli effetti economici dell'invocata equiparazione (alle corrispondenti categorie del personale di polizia) dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, in servizio o in quiescenza, che in precedenza non avevano ottenuto una sentenza passata in giudicato avverso la mancata attribuzione della equiparazione richiesta (cfr. Corte dei conti, Sez. II^ giurisdizionale centrale, n. 87/97/A).

         La sopra esposta interpretazione delle disposizioni in parola è stata successivamente messa in discussione dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti le quali, con decisione n. 11/QM del 30 maggio 2003 hanno affermato l'opposto principio secondo il quale, ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, in servizio alla data di entrata in vigore della legge 1° aprile 1981 n. 121, ma cessati dal servizio prima del 1992, non spetta la riliquidazione del trattamento di pensione, qualora non abbiano effettivamente goduto degli arretrati retributivi.

         La decisione in discorso muove dalla considerazione che, nella legge n. 216/92 nulla è stato previsto per il personale collocato a riposo e segnatamente per quello in servizio alla data di entrata in vigore della l. n. 121/81, ma cessato prima del 1° gennaio 1992, né in essa sono espresse finalità perequative di trattamenti di pensione con effetto retroattivo, sicché l'interpretazione strettamente letterale non consente di individuare possibili benefici generalizzati per i collocati a riposo.

         Viene poi evocata la sentenza n. 241 del 27 giugno - 9 luglio 1996 della Corte costituzionale con la quale è stato precisato che “deve ritenersi errato presupposto quello di ritenere che, in seguito alla sentenza n. 277 del 1991, si sia automaticamente verificata la piena equiparazione anche economica, secondo l'omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di ispettore di polizia e quelle di sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, ribadendo che la nuova determinazione delle retribuzioni (quale base del calcolo della misura delle pensioni) non aveva formato oggetto di detta sentenza, né si presentava un'operazione meramente consequenziale alla stessa, ma da quella declaratoria di incostituzionalità discendeva l'esigenza di risolvere diversi e complessi problemi, tra i quali anche quello concernente la decorrenza delle predette nuove retribuzioni, problemi che rientravano nella competenza del legislatore.

         La sentenza della Corte costituzionale del 1996 era stata preceduta, come ricorda anche la medesima Corte in detta sentenza, dalla sentenza n. 455 del 1993, avente ad oggetto la posizione retributiva dei sottufficiali della Guardia di finanza,  con la quale il giudice delle leggi ha posto in evidenza che con la legge n. 216 del 1992 si è andati legittimamente oltre il semplice adeguamento alla statuizione di incostituzionalità contenuta nella sentenza 12 giugno 1991 n. 277, procedendo, oltre che al completamento del vuoto di comparazione fra categorie, ad autonome previsioni nell'ambito delle ragionevoli prerogative del legislatore, con la revisione di ruoli, gradi e qualifiche e l'unificazione dei trattamenti di tutti i sottufficiali e qualifiche corrispondenti di polizia, incluse le figure rimaste estranee alle decisioni dei giudici amministrativi e di quello delle leggi.

         Sulla base di tali presupposti, continuano le Sezioni riunite della Corte dei conti, la giurisprudenza amministrativa ha limitato il diritto agli arretrati di trattamento economico di attività solo in favore dei sottufficiali dei carabinieri che avevano già ottenuto una sentenza favorevole alla data di entrata in vigore del citato decreto legge n. 5 del 1992, sicché gli altri sottufficiali non sono titolari di alcun diritto retributivo da far valere ai fini di pensione, vale a dire da includere nella base pensionabile; e tale principi sono stati altresì affermati dalla Sezione controllo Stato con la deliberazione 24 aprile 1998 n. 35 con la quale è stato affermato che la riliquidazione del trattamento pensionistico per effetto del ricalcolo della base pensionabile a seguito della perequazione derivante dall'equiparazione economica fra appartenenti all'Arma dei Carabinieri ed al Corpo della Guardia di finanza e quelli della polizia di Stato, dopo la legge 6 marzo 1992 n. 216 spetta a coloro che abbiano goduto degli arretrati avendoli effettivamente percepiti, giacché, a norma degli artt. 43 (per le pensioni civili) e 53 (per le pensioni militari) del T.U. 29 dicembre 1973 n. 1092, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza la base pensionabile è costituita dall'ultimo stipendio o paga spettante, ancorché non materialmente percepiti al momento della cessazione dal servizio.

         La pur suggestiva tesi delineata dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti non riesce ad essere pienamente convincente e la contestazione ai principi con essa affermati deve procedere partendo dalla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991.

         Tale sentenza contiene due proposizioni che appaiono di evidente segno contrario: da un lato vi è il dispositivo della sentenza, a mente del quale viene dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, della tabella C allegata a detta legge, come sostituita dall'art. 9 dela legge 12 agosto 1982, n. 569 nonché della nota in calce alla tabella, nella parte in cui non includono le qualifiche degli ispettori di polizia, così omettendo la individuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'arma dei carabinieri; dall'altro lato vi è il punto 5 della parte motiva, contenente un obiter dictum, secondo il quale, “fatta salva naturalmente la possibilità di continuare in via provvisoria ad erogare agli interessati il trattamento economico risultante dalla tabella dichiarata illegittima fino alle determinazioni conseguenti alla presente pronuncia, questa non può spingersi oltre la dichiarazione di illegittimità costituzionale nei sensi anzidetti. Un “intervento conseguentemente additivo”, anch'esso espressamente richiesto nell'ordinanza di rinvio, è precluso alla Corte dal contenuto del quesito, dovendo in parte qua essere condivisa l'eccezione di inammissibilità dell'avvocatura generale dello Stato cui si è fatto riferimento in precedenza (punto 3)”.

         La rilevata dicotomia rende poco intelligibile la pronuncia del giudice delle leggi e fa fortemente dubitare della sua correttezza: invero, se l'intendimento della Corte costituzionale era quello di escludere l'applicabilità della legge n. 121/1981 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (ricorrenti e non ricorrenti), non v'è dubbio che la norma della cui legittimità costituzionale il giudice remittente dubitava non era rilevante ai fini del decidere la controversia sottostante, dovendosi ritenere che l'effetto additivo era escluso sia per le parti direttamente interessate al giudizio di legittimità costituzionale, sia per tutti gli altri appartenenti alle medesime qualifiche; più correttamente, per perseguire lo scopo di sollecitare il Governo ed il legislatore ordinario ad adottare gli opportuni provvedimenti perequativi, la Corte costituzionale avrebbe dovuto respingere, con un giudizio di irrilevanza ai fini del decidere, la questione come deferita dal giudice remittente, salvo naturalmente il potere del giudice delle leggi di indicare, correttamente per inciso, la strada che avrebbe dovuto essere seguita per riportate l'ordinamento a legittimità costituzionale.

         Se, viceversa, la Corte costituzionale ha inteso riconoscere la rilevanza e la fondatezza della questione, allora il dispositivo della sentenza non può che assumere quel valore additivo che dottrina e giurisprudenza riconoscono alle sentenze della stessa Corte formulate con una pronuncia di incostituzionalità di una disposizione legislativa “nella parte in cui non ...”.

         E che lo stesso Governo abbia inteso la sentenza in argomento nel suo significato compiutamente additivo appare dimostrato dalla circostanza che il decreto legge n. 5 del 1992, nella sua originaria formulazione peraltro confermata in sede di conversione, fa espresso riferimento alla “definizione degli effetti economici della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991”; inoltre è chiarissimo indice della volontà del Governo di corrispondere, quanto meno al personale in servizio, gli arretrati conseguenti alla applicazione della ripetuta sentenza n. 277/91, l'art. 2 del decreto legge n. 5/1992, comma 2, a mente del quale, al pagamento delle competenze arretrate derivanti dall'esecuzione delle sentenze di cui all'art. 1, si provvede .... , con la previsione di un frazionamento in tre scaglioni degli arretrati stessi, il cui onere complessivo è stato indicato in 80 miliardi di lire per il 1992, in 260 miliardi di lire per il 1993, in 270 miliardi di lire per il 1994, in 230 miliardi di lire per il 1995 ed in 80 miliardi di lire a decorrere dal 1996.

         Se la novella del 1992 avesse voluto dettare una disciplina valida solo per il futuro, non vi sarebbe stata alcuna necessità di prevedere la corresponsione di competenze arretrate di così rilevante importo da doverne prescriverne la corresponsione in tre distinti scaglioni.

         Peraltro il decreto legge n. 5 del 1992, come convertito nella legge n. 216 del 1992, non individua affatto una decorrenza per gli arretrati di cui all'art. 2 e pertanto, in assenza di qualsiasi specificazione al riguardo, deve ritenersi che il Governo ed il Parlamento hanno inteso equiparare le posizioni dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (e della Guardia di Finanza) alle corrispondenti posizioni del personale della Polizia di Stato dalla data di entrata in vigore della legge n. 121 del 1981, salva la prescrizione dei ratei ricadenti nel periodo eccedente il quinquennio dalla data di pubblicazione della sentenza n. 277 del 1991.

         Ulteriore conferma di tale assunto è proprio una specificazione contenuta nella sentenza n. 455 del 1993 invocata dalle Sezioni riunite a sostegno della propria contraria tesi: si legge infatti al punto 5 che “Già il testo originario del decreto legge perseguiva congruamente il fine di dare copertura finanziaria agli oneri derivanti dalle sentenze indicate (ivi compresa quella sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 che non doveva avere natura additiva e quindi che non avrebbe dovuto comportare alcuna spesa), assicurando nel contempo la perequazione del trattamento economico ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri che non avevano presentato ricorso: la scelta del legislatore di introdurre una disciplina differenziata fra la posizione dei ricorrenti e quella dei non ricorrenti, per quanto attiene al computo delle competenze arretrate, non è affetta da censure di arbitrarietà o irragionevolezza .... . La successiva integrazione del decreto legge in sede di conversione, nel farsi carico della posizione dei sottufficiali della guardia di finanza, sviluppa coerentemente tale indirizzo perequativo, che d'altra parte assume autonomo rilevo rispetto all'autorizzazione di spesa correlata alle pronunce passate in giudicato”.

         E' bensì vero che il decreto legge n. 5/1992 prevede due distinte coperture finanziarie, disposte rispettivamente all'art. 1 ed all'art. 5 (con riferimento alle previsioni di spesa di cui agli artt. 3 e 4, ed è altrettanto vero che in sede di conversione in legge, a seguito dell'introdotta perequazione per il personale della Guardia di finanza, è stata prevista la specifica spesa relativamente a quest'ultima categoria, ma è innegabile che vi sia uno inspiegabile squilibrio tra le previsioni di spesa qualora dovesse essere esatta la prospettazione offerta dalla Corte costituzionale (il cui pensiero, sul punto, non costituisce certamente un giudicato ed è quindi liberamente valutabile dai giudicanti): infatti, per gli arretrati per il personale ricorrente di provenienza dall'Arma dei Carabinieri viene stanziata la complessiva spesa di 840 miliardi + 80 miliardi annui a partire dal 1996; per il personale non ricorrente, parimenti di provenienza dall'Arma dei Carabinieri, viene previsto un onere annuo, a decorrere dal 1992, di 119 miliardi; per il personale della Guardia di Finanza viene previsto uno stanziamento di 100 miliardi per gli anni 1993 e 1994 e di 85.436 per l'anno 1995 (e deve essere precisato che gli anni predetti sono quelli interessati dallo scaglionamento della corresponsione degli emolumenti arretrati).

         Dalla costruzione delle disposizioni relative alla copertura finanziaria della spesa necessaria è pertanto più agevole trarre il convincimento che il Governo abbia intero operare una effettiva perequazione, con effetti retroattivi nei limiti della prescrizione dei singoli ratei, tra i diversi corpi di polizia piuttosto che disporre un inquadramento ex novo per i soli corpi di polizia non  interessati dalla originaria formulazione della legge n. 121 del 1981.

         Ma vi è un'altra considerazione da fare: se fosse esatta la tesi esposta dalle Sezioni Riunite con la decisione n. 11/QM/2003, allora non v'è dubbio che la circolare ministeriale del 12 ottobre 1992 (alla quale è da presumere sia stata data piena attuazione), con la quale si afferma che i miglioramenti economici previsti dalla richiamata legge n. 216/1992 non competono ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri non ricorrenti "cessati dal servizio" anteriormente al 20 giugno 1986 ma che peraltro gli stessi possono ricorrere in via giurisdizionale alla Corte dei conti per vedersi riconosciuto, con decorrenza dalla data dell'eventuale accoglimento del gravame, il nuovo e più favorevole inquadramento sul proprio trattamento pensionistico, oltre ad indurre in errore i sottufficiali cessati dal servizio prima del 20 giugno 1986 indicando loro una via di tutela giurisdizionale oggi negata, ha certamente indotto un rilevante danno erariale dovendosi ritenere che non solo ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri non ricorrenti ed ancora in servizio alla data del 1° gennaio 1992 è stato riconosciuto il diritto alle retribuzioni arretrate con l'unico limite della prescrizione quinquennale ma anche ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri ancora in servizio alla ripetuta data del 20 giugno 1986 ma non più in servizio alla data del 1° gennaio 1992 è stato riconosciuto il beneficio in questione prima sotto forma di arretrati del trattamento economico di lavoro e poi sotto forma di riliquidazione del conseguente trattamento pensionistico. Quest'ultima ipotesi di danno erariale, correlato alla riliquidazione di un trattamento pensionistico in conseguenza dell'indebita riliquidazione del trattamento stipendiale, è quindi ancora in crescita, non risultando che siano stati revocati, in corretto esercizio del potere di autotutela dell'Amministrazione, i provvedimenti che, alla luce della decisione n. 11/QM/2003, non possono che essere considerati illegittimi. Per quanto più sopra detto, analoga osservazione deve esser mossa nei confronti delle decisioni adottate dal Comando Generale del Corpo della Guardia di Finanza in merito al riconoscimento di competenze arretrate, come peraltro previsto con l'atto dispositivo, citato all'inizio di questa parte motiva, con il quale è stato riconosciuto il diritto all'inquadramento nelle nuove qualifiche, discendenti dalla equiparazione di cui si controverte, anche al ricorrente CAVALIERE Mario il quale è cessato dal servizio dall'8 novembre 1988, prima quindi della entrata in vigore della ripetuta legge n. 216 del 1991.

         Per sintetizzare, quindi, deve affermarsi che la sentenza n. 277 del 1991 della Corte costituzionale ha avuto proprio quell'effetto additivo che la motivazione della medesima sentenza avrebbe voluto escludere e tale effetto è stato riconosciuto ed adeguatamente finanziato dal Governo in sede di emanazione del decreto legge n. 5 del 1992 come modificato dal Parlamento con la legge di conversione n. 216 del 1992.

         A ben guardare, invero, ciò che importa non è tanto dare una corretta interpretazione ai contenuti delle sentenze della Corte costituzionale, quanto interpretare in qual modo il Governo ed il Parlamento abbiano inteso provvedere, dopo la pronuncia di incostituzionalità della disposizione già dettata per il personale della Polizia di Stato e per quello della Guardia di Finanza per l'omessa equiparazione con le corrispondenti categorie delle altre forze di polizia, per la perequazione dei trattamenti in questione: ed il significato del decreto legge n. 5/1992 come convertito nella legge n. 216/1992 non può che essere quello sopra precisato.

         La novella del 1992, infatti, proprio per l'espresso riferimento alle sentenze della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, per l'assenza di qualsiasi diverso riferimento temporale e, soprattutto, la previsione della copertura finanziaria per le somme spettanti agli interessati a titolo di arretrati, non può che avere il significato di una piena equiparazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 121 del 1981, tra le diverse forze di polizia.

         Tale affermazione, peraltro, non vale unicamente per i sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121 del 1981 ma già cessati dal servizio alla data del 1° gennaio 1992, in quanto torna applicabile anche ai sottufficiali del Corpo della Guardia di Finanza e degli altri corpi di polizia cui si riferisce la novella del 1992 pur non contemplati dalla pronuncia della Corte costituzionale, come è stato esattamente osservato, in parte qua, dalla sentenza della Corte costituzionale medesima n. 455 del 1993, proprio per la previsione legislativa, anche per queste categorie di personale, della corresponsione di emolumenti arretrati.

         Peraltro, pur affermandosi il diritto sostanziale della categoria dei sottufficiali delle forze di polizia in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121 del 1981 ma già cessati dal servizio alla data del 1° gennaio 1992, lo stesso diritto potrebbe essere negato in stretta applicazione delle disposizioni legislative che regolano la giurisdizione: invero i miglioramenti economici concernono il personale in servizio e pertanto i soggetti interessati, non più in servizio ma titolari di un astratto diritto alla rideterminazione del trattamento economico di attività, avrebbero dovuto adire il giudice amministrativo quale giudice del rapporto di servizio per sentirsi riconoscere il diritto alla riderminazione astratta (senza quindi alcun reale beneficio in termini di variazioni stipendiali arretrate) del trattamento di servizio al fine di far confluire detti miglioramenti nella base pensionabile per quindi procedere alla rideterminazione del trattamento pensionistico.

         Summus ius, summa iniuria, avrebbero detto i padri del diritto, e non v'è dubbio che, anche a voler perseguire tale strada, l'odierno giudicante non potrebbe esimersi dal rimettere in termini i ricorrenti, i quali sono incorsi nell'errore di adire il giudice delle pensioni su inequivoca indicazione dell'Amministrazione, con ciò rallentando ulteriormente l'iter decisionale che ormai conta oltre un decennio e conseguentemente negando la giustizia sostanziale in nome di una giustizia meramente formale.

         Ritiene conclusivamente questo giudicante che, in sede di giudizio pensionistico, possa oggi essere pronunciata una sentenza affermante il diritto dei ricorrenti alla riliquidazione del trattamento di quiescenza anche in assenza di un formale provvedimento di riliquidazione ai soli fini giuridici del trattamento di attività, anche nella considerazione che la stessa Amministrazione interessata, per quanto risulta dalle circolari emanate dalla medesima, ha provveduto direttamente alla riliquidazione del trattamento di quiescenza per i sottufficiali che, in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121 del 1981, erano ancora in servizio alla data del 20 giugno 1986 ma non erano più in attività di servizio alla data del 1° gennaio 1992, senza previamente procedere alla riliquidazione ed alla corresponsione del nuovo trattamento economico di servizio.

         Per i motivi sopra esposti il ricorso merita di trovare accoglimento, con declaratoria del diritto dei ricorrenti (o dei danti causa degli stessi) alla riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento prendendo quale base pensionabile la retribuzione che sarebbe spettata agli interessati in corretta applicazione della legge n. 121 del 1981 fin dalla data di entrata in vigore della legge stessa e con la progressione economica maturata fino al momento del collocamento in quiescenza.

         La riliquidazione dei singoli trattamenti pensionistici dovrà altresì tenere conto della intervenuta prescrizione dei ratei pregressi ricadenti nel periodo anteriore al quinquennio decorrente, a ritroso, dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991, risultando pertanto compiutamente condivisibile, per tutto quanto sopra detto, la tesi originariamente sostenuta dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Marche con la sentenza n. 184 del 20 febbraio 1995 e successivamente parzialmente modificata dai successivi interventi giurisprudenziali di cui si è dato conto che appaiono, pertanto, parzialmente o totalmente privi di giuridico fondamento.

         Peraltro, nelle fattispecie all'esame di questa Sezione, l'atto introduttivo del giudizio costituisce, allo stato delle carte processuali, l'unico atto interruttivo della prescrizione eccepita dall'Amministrazione resistente con le proprie difese, onde deve dichiararsi, unitamente al diritto dei ricorrenti alla riliquidazione delle pensioni ai fini giuridici, anche l'intervenuta prescrizione per i ratei ricadenti nel periodo antecedente al quinquennio decorrente, a ritroso, dalla data di notificazione all'Amministrazione del ricorso medesimo, salva l'esistenza di ulteriori e precedenti atti interrutivi da dimostrare direttamente all'Amministrazione competente a provvedere.

         Sulle somme che risulteranno dovute spettano altresì la rivalutazione monetaria, quale possibile integrazione degli interessi, e gli interessi legali, da computare da ciascuna singola rata all'effettivo soddisfo.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P. Q. M.

         La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto l'art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso cumulativo iscritto al n. 027468-027483/004709/Pensioni Militari del registro di segreteria proposto da vari ricorrenti e, per l'effetto, dichiara il diritto dei ricorrenti alla riliquidazione dei trattamenti pensionistici in godimento prendendo quale base pensionabile la retribuzione che sarebbe spettata agli interessati in corretta applicazione della legge n. 121 del 1981, con prescrizione dei maggiori assegni spettanti per il periodo antecedente al quinquennio decorrente, a ritroso, dalla data di notifica all'Amministrazione intimata dell'atto introduttivo del presente giudizio, salva l'esistenza di atti interruttivi della prescrizione da dimostrarsi direttamente all'Amministrazione competente a provvedere.

         Sulle somme che risulteranno dovute spettano altresì la rivalutazione monetaria, quale possibile integrazione degli interessi legali e gli interessi legali da computare da ciascuna singola scadenza all'effettivo soddisfo.

         DICHIARA INAMMISSIBILE il ricorso, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., per la parte relativa a C.M., per carenza di interesse a ricorrere.

         Spese compensate.

         Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 6 aprile 2005.

                                                                     Il Giudice

                                                        f.to  Consigliere Luigi Di Murro

Depositata in Segreteria il 20 aprile 2005

                                                                  IL DIRIGENTE

                                               f.to dott.ssa Valeria Sama