Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica

Direzione Centrale

TFS/TFR e Previdenza Complementare

Ufficio II – Previdenza complementare

 

(Nota divulgativa 1.2.2006 – Prot. 123/M)

 

Il Decreto Legislativo 5 Dicembre 2005, N. 252 “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”; prime informazioni sulle novità introdotte dal decreto e sui riflessi sulla previdenza complementare per i dipendenti pubblici

 

Sommario:

Premessa. - 1. Il Decreto 252/2005 e i dipendenti pubblici. - 2. L’equiparazione delle forme pensionistiche complementari e la loro istituzione.- 3. I vari tipi di forme pensionistiche complementari. - 4. Adesione, circolazione e portabilità nell’ambito delle varie forme pensionistiche complementari. - 5. Le nuove modalità di adesione e di finanziamento della previdenza complementare. - 6. Il finanziamento della previdenza complementare. -7. Le regole di accesso alle prestazioni. - 8. Le nuove regole sui diritti anteriori al pensionamento. - 9. Sequestrabilità, cedibilità e pignorabilità della posizione individuale, delle prestazioni pensionistiche, dei riscatti e delle anticipazioni. - 10. Le misure compensative per i datori di lavoro. - 11. Il contributo di solidarietà ed il finanziamento del fondo di garanzia Inps e della Covip. - 12. Fiscalità. - 13. Allargamento e rafforzamento della COVIP ed estensione della vigilanza ai Pip. -14. L’informazione. - 15. Entrata in vigore del decreto 252/2005.

 

PREMESSA

Con il decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 “Disciplina delle forme pensionistiche complementari” (pubblicato sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2005 n. 289) è stata rivisitata la disciplina sulla previdenza complementare. Il nuovo decreto, attuando le deleghe in materia di previdenza complementare contenute nella legge 23 agosto 2004, n. 243 di revisione del sistema pensionistico, sostituisce il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modifiche, ed unifica in un unico testo buona parte delle regole della previdenza complementare, comprese quelle di natura tributaria.

Le disposizioni contenute nel decreto troveranno applicazione a partire dal 1°gennaio 2008, ad eccezione di quelle riguardanti il sistema di vigilanza, il rafforzamento delle competenze Covip, il finanziamento di campagne di informazione.

Non tutte le regole in materia, tuttavia, sono contenute nel decreto legislativo 252/2005 che per il momento, infatti, non si applica ai dipendenti pubblici.

In attesa degli indirizzi interpretativi e degli atti di normazione secondaria da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (d’ora in poi Covip, per brevità), si fornisce una prima descrizione delle principali novità contenute nel decreto che possa essere di ausilio agli operatori dell’Istituto per le Ufficio Dirigente Generale - 00142 ROMA - V.le A. Ballarin, n. 42 – tel. 06/5101.7453 –fax 06/5101.7110  attività di informazione ed assistenza ai lavoratori ed ai cittadini che si rivolgono agli sportelli delle sedi territoriali e provinciali.

Nella descrizione si farà riferimento alla disciplina anteriore al decreto che, per buona parte, continuerà a trovare applicazione fino al 31 dicembre 2007, preceduta da un accenno circa gli effetti sui dipendenti pubblici del decreto legislativo n. 252/2005.

 

1. IL DECRETO 252/2005 E I DIPENDENTI PUBBLICI

Come si è rilevato, il decreto non trova applicazione per i dipendenti pubblici.

L’articolo 23, comma 6, del decreto precisa, infatti, che, fino alla emanazione del decreto legislativo di attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. p) della legge delega 243/2004, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni si applica esclusivamente ed integralmente la disciplina previgente al decreto legislativo n. 252/2005.

Restano fermi, pertanto, il decreto legislativo n. 124/1993, la disciplina fiscale contenuta nel citato decreto 124/1993, nel decreto legislativo 47/2000 e nel testo unico delle imposte sui redditi Dpr n. 917/1986, nonché tutte le norme particolari valevoli per i dipendenti pubblici e di seguito elencate:

- art. 2, commi 5-8, della legge 335/1995;

- art. 59, comma 56, della legge 449/97;

- art. 26, commi 18-20, della legge 448/1998;

- Accordo quadro Aran sindacati del 29 luglio 1999;

- Dpcm 20 dicembre 1999 e successive modifiche;

- art. 74 della legge n. 388/2000.

Secondo quanto previsto dalla lettera p) del comma 2 dell’art. 1 della legge n. 243/2004, l’attuazione della delega per i dipendenti pubblici, oltre che ai principi valevoli per la generalità dei lavoratori dipendenti, da applicarsi con le necessarie armonizzazioni, deve attenersi anche ai criteri particolari in base ai quali occorre tener conto:

- delle specificità dei singoli settori;

- dell’interesse pubblico connesso all’organizzazione del lavoro;

- dell’esigenza di efficienza dell’apparato amministrativo pubblico.

La procedura di confronto, quale condizione cui è subordinato l’invio degli schemi dei decreti delegati alle Camere per il parere, risulta inoltre rafforzata. Deve avvenire coinvolgendo oltre alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, comparativamente più rappresentative, anche le regioni, gli enti locali e le autonomie funzionali.

La disciplina previgente al decreto 252/2005 potrebbe continuare a trovare applicazione non solo fino al 31 dicembre 2007, come per la generalità dei lavoratori e cittadini italiani, ma, forse, anche oltre poiché la delega contenuta nell’art. 1, comma 2, lett. p) della legge n. 243 non è stata esercitata.

 

Si ricorda che una descrizione delle regole oggi vigenti in materia di previdenza complementare per i dipendenti pubblici è contenuta nelle note operative n. 11 del 25 maggio 2005 e n. 16 del 25 luglio 2005 alle quali si fa rinvio.

Si sintetizzano, di seguito, le principali novità introdotte dal decreto n. 252/2005 raffrontandole con le regole contenute nel decreto legislativo n. 124/1993 ed ancora  vigenti.

 

2. L’EQUIPARAZIONE DELLE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI E LA

LORO ISTITUZIONE

Uno dei principi guida della legge delega n. 243/2004, che ha trovato attuazione nel decreto n. 252/2005, consiste nell’equiparazione tra le forme pensionistiche complementari al fine di garantire la libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno del sistema di previdenza complementare. Questa equiparazione poggia su un quadro di regole comuni valevoli per tutte le forme pensionistiche complementari con particolare riferimento alla comparabilità dei costi, alla trasparenza ed alla portabilità delle posizioni maturate. Nella definizione e nel controllo circa la corretta attuazione di queste regole è confermato e rafforzato il ruolo della Covip che diventa l’unica autorità di settore.

 

L’istituzione delle forme pensionistiche complementari in base al decreto n. 124/1993

Le forme pensionistiche complementari possono essere istituite da:

- contratti ed accordi collettivi di lavoro, anche aziendali promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro;

- accordi tra lavoratori autonomi e liberi professionisti promossi dai loro sindacati o associazioni di rilevo almeno regionale;

- regolamenti di enti o aziende, nel caso in cui i rapporti di lavoro del personale dipendente non sia disciplinato da contratti collettivi anche aziendali;

- accordi tra soci lavoratori di cooperative promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo;

- accordi tra soggetti che prestano attività di cura non retribuita in ambito familiare, iscrivibili alle speciale gestione pensionistica Inps (ai sensi del d.lgs 16 settembre 1996 n. 565), promossi anche da associazioni e sindacati di rilievo almeno regionale;

- società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare, banche, compagnie di assicurazione attraverso fondi pensione aperti la cui formazione avviene mediante un patrimonio separato ed autonomo nell’ambito della medesima società;

queste forme possono raccogliere adesioni individuali di quei lavoratori per i quali non sussistano o non operino fonti istitutive contrattuali ovvero che trasferiscono la loro posizione dopo il periodo minimo di permanenza nel fondo contrattuale; queste stesse forme possono raccogliere adesioni su base contrattuale collettiva ove non sussistano o non operino diverse previsioni della contrattazione collettiva sulla costituzione di fondi pensione contrattuali;

- compagnie di assicurazione mediante contratti di assicurazione sulla vita che possono raccogliere solo adesioni di tipo individuale, consentite, come quelle per i fondi aperti, per i lavoratori per i quali non sussistano o non operino fonti istitutive contrattuali ovvero che trasferiscono la loro posizione dopo il periodo minimo di permanenza nel fondo contrattuale.

Le forme pensionistiche complementari attuate mediante la costituzione di appositi fondi o patrimoni separati hanno una denominazione che deve contenere l’indicazione “fondo pensione” che non può essere utilizzata da altri soggetti.

 

L’istituzione delle forme pensionistiche complementari in base al decreto n. 252/2005

Anche in base al decreto 252/2005, le forme pensionistiche complementari sono attuate mediante la costituzione di appositi fondi o patrimoni separati la cui denominazione deve contenere l’indicazione “fondo pensione” che non può essere utilizzata da altri soggetti (cfr. art. 1, comma 4). A differenza di quanto previsto dal decreto legislativo n. 124/1993, l’obbligo di costituzione di patrimonio separato vale non solo per i fondi pensione contrattuali ed i fondi aperti ma anche per le forme pensionistiche individuali, attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita e per tutte le altre forme pensionistiche complementari. A questo proposito, il decreto n. 252/2005 prevede che le forme pensionistiche complementari possono essere istituite, oltre che dai soggetti e dalle fonti indicate nel decreto n. 124/1993, anche da:

- le regioni, che disciplinano il funzionamento di tali forme con legge regionale nel rispetto della normativa nazionale in materia;

- enti e casse di previdenza obbligatoria di diritto privato (riguardanti i giornalisti ed i liberi professionisti) con l’obbligo della gestione separata sia in via diretta sia attraverso la contrattazione collettiva.

Le forme pensionistiche complementari istituite dai contratti collettivi, da accordi tra lavoratori ovvero da regolamenti aziendali si attuano mediante l’adesione ai fondi pensione complementari costituiti contrattualmente ovvero mediante adesioni collettive a fondi aperti.

Come si preciserà oltre, è istituita presso l’Inps una forma pensionistica complementare destinata ad accogliere le quote di trattamento di fine rapporto di quei lavoratori che, privi di un fondo di riferimento individuato dalla contrattazione collettiva, non indicano la forma pensionistica complementare cui destinare il proprio tfr.

 

3. I VARI TIPI DI FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI

Si descrivono, ora, le novità salienti introdotte dal decreto n. 252/2005 per i vari tipi di forme pensionistiche complementari.

 

I fondi pensione contrattuali

Permane il quadro di regole definito dal decreto legislativo n. 124/1993 con alcune novità delle quali si richiamano le principali.

- Nel rendiconto annuale e nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, i fondi sono tenuti a riferire se ed in quale misura, sia nelle gestione delle risorse sia nell’esercizio dei diritti di voto negli organi di società i cui valori sono nel patrimonio del fondo stesso, si sono considerati aspetti sociali, etici ed ambientali (art. 6, comma 14).

- Gli statuti ed i regolamenti devono prevedere, in caso di conferimento tacito del tfr (di cui si tratterà oltre), linee di investimento prudente e tale da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili all’indice di rivalutazione del tfr (art. 8, comma 9).

- Gli statuti ed i regolamenti disciplinano, secondo criteri stabiliti dalla Covip, modalità in base alle quali l’aderente può ripartire la propria contribuzione su più linee di investimento nonché trasferire la propria posizione da una linea di investimento all’altra (art. 8, comma 13).

- Il Consiglio di Amministrazione del fondo pensione nomina il responsabile della forma stessa in possesso di requisiti di onorabilità e professionalità, previsti da apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 5, comma 2). Il responsabile svolge la propria attività in modo autonomo e indipendente che consiste, tra l’altro, nella verifica che la gestione sia condotta nell’esclusivo interesse degli aderenti e nel rispetto delle disposizioni di legge, contrattuali, amministrative e di autonomia privata (statuti e regolamenti) vigenti. Il responsabile vigila, inoltre, sul rispetto dei limiti di investimento e sulle operazioni in conflitto di interesse nonché sulle buone pratiche di gestione. L’incarico di responsabile può essere conferito anche al direttore generale o ad uno degli amministratori del fondo.

I fondi pensione devono adeguare i propri statuti e regolamenti al nuovo quadro di regole introdotte sia dal decreto n. 252/2005 sia dalle direttive di attuazione del decreto adottate dalla Covip entro sei mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto stesso (art. 23, comma 3). Tale adeguamento dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2007.

Solo i fondi pensione che si saranno adeguati ed avranno ricevuto l’approvazione della Covip (anche mediante la procedura di silenzio assenso) potranno raccogliere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite devoluzione del tfr (art. 23, comma 4).

 

I fondi pensione preesistenti

I fondi pensione complementare istituiti prima dell’entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (i fondi pensione cosiddetti preesistenti) che, in base al decreto n. 124/1993 rientrano in un regime transitorio caratterizzato da regole in deroga rispetto alla disciplina valevole per la generalità dei fondi pensione complementare, dovranno adeguarsi alle disposizioni del decreto n. 252/2005 secondo i criteri, le modalità ed i tempi stabiliti da un apposito decreto del ministro dell’economia e delle finanze emanato di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali che sarà emanato entro un anno dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto n. 252/2005 (art. 20, comma 2).

Fino all’emanazione di questo decreto ministeriale ai fondi preesistenti non si applicano, in particolare, le disposizioni che prevedono:

- l’obbligo di riconoscimento della personalità giuridica;

- modalità di raccolta delle adesioni compatibili con le norme in materia di sollecitazione al pubblico risparmio;

- l’obbligo di gestione delle risorse mediante convenzioni con soggetti autorizzati (sim, sgr, banche, assicurazioni);

- l’obbligo di erogazione delle rendite e della gestione delle prestazioni di invalidità e premorienza mediante convenzione con imprese di assicurazione.

 

I fondi pensione aperti

Anche per i fondi pensione aperti permane il quadro di regole definito dal decreto legislativo n. 124/1993 con alcune importanti novità. Oltre a quelle già indicate per i fondi pensione contrattuali valevoli per i fondi pensione aperti, si citano le seguenti altre.

- Possono raccogliere anche le quote di tfr dei lavoratori dipendenti del settore privato che aderiscono in forma individuale (art. 8, comma 7). In base al d.lgs. 124/94 tale possibilità è ammessa solo con riferimento ad adesioni collettive definite mediante accordo o contratto collettivi.

- Possono raccogliere la contribuzione a carico del datore di lavoro se così previsto dalle fonti istitutive dei fondi pensione contrattuali (art. 8, comma 10). Tale possibilità è oggi esclusa per le adesioni individuali, in base al d.lgs. 124/94.

- Possono raccogliere le adesioni su base collettiva anche se gli accordi istitutivi di tali forme riguardano lavoratori e datori di lavoro per i quali sono già operanti fondi pensione contrattuali (art. 12). Oggi un’adesione su base collettiva è esclusa se, nel settore in cui opera un’azienda, è già operante un fondo pensione nazionale di categoria, a meno che tale possibilità non sia prevista dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria.

- Il responsabile del fondo aperto (art. 5, comma 2) non può essere un amministratore o un dipendente del fondo stesso ovvero della società che ha istituito il fondo o, ancora, di società controllata o controllante della prima. Non può ricoprire l’incarico di responsabile neanche chi è legato da rapporti di consulenza con la società istitutrice del fondo o con sue controllate o controllanti ovvero chi è titolare (anche per conto terzi) di partecipazioni azionarie della società.

- Presso il fondo deve essere istituito un organismo di sorveglianza composto da almeno due membri, indicati dalle società promotrici del fondo stesso, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità (art. 5, comma 4). L’organismo riferisce agli amministratori del fondo ed alla Covip delle eventuali irregolarità riscontrate. Successivamente alla fase di prima applicazione, i componenti dell’organismo di sorveglianza sono designati dai soggetti istitutori dei fondi aperti, individuati tra gli amministratori indipendenti iscritti all’apposito albo istituito dalla Consob (art. 5, comma 5).

- Gli intermediari finanziari, bancari ed assicurativi che istituiscono i fondi aperti possono dotare questi ultimi anche di organi di amministrazione sul modello di quelli operanti per i fondi pensione contrattuali (partecipazione paritetica dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori – cfr. art. 5, comma 4).

- In caso di adesione su base collettiva ai fondi aperti, che comporti l’iscrizione di almeno 500 lavoratori appartenenti alla stessa azienda o gruppo, l’organismo di sorveglianza è integrato da un rappresentante designato dalla stessa azienda e da un rappresentante dei lavoratori (art. 5, comma 5).

Al pari dei fondi pensione contrattuali, anche i fondi aperti devono adeguare i propri regolamenti al nuovo quadro di regole introdotte sia dal decreto n. 252/2005 sia dalle direttive di attuazione del decreto stesso adottate dalla Covip. Tale adeguamento dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2007. Solo i fondi aperti che si saranno adeguati ed avranno ricevuto l’approvazione della Covip potranno raccogliere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite devoluzione del tfr (art. 23, comma 4).

 

Le forme pensionistiche individuali mediante contratti di assicurazione sulla vita

In base alle regole introdotte dal decreto 252/2005 i contratti di assicurazione sulla vita possono configurarsi come forme pensionistiche complementari individuali che possono raccogliere anche quote di tfr (possibilità oggi esclusa in ogni caso) e fruire del regime fiscale agevolato proprio di tali forme, alle seguenti condizioni (art. 13).

- Devono essere stati stipulati con imprese di assicurazione autorizzate dall’Isvap ad operare nel territorio nazionale ovvero operanti in Italia in regime di stabilimento o di prestazione di servizi (art. 13, comma 1, lett. b). Questa condizione è già presente nel decreto 124/1993.

- Devono essere corredati da un regolamento, redatto secondo le direttive della Covip, e dalla Covip stessa preventivamente approvato (art. 13, comma 3). In base al decreto n. 124/1993, invece, esiste solo l’obbligo di comunicazione alla Covip delle condizioni di polizza.

- Il regolamento deve disciplinare, oltre alle modalità di partecipazione, anche il trasferimento verso altre forme pensionistiche complementari; deve, inoltre, prevedere la comparabilità dei costi e dei risultati di gestione e delle condizioni contrattuali attraverso comunicazioni chiare e trasparenti (art. 13, comma 3).

- Le risorse destinate al finanziamento di queste forme pensionistiche complementari devono costituire un patrimonio autonomo e separato rispetto a quello della compagnia di assicurazione che promuove il piano, ai sensi dell’art. 2117 del codice civile (art. 4, comma 2). Il decreto n. 124/1993 non prevede quest’obbligo.

- Vigono le regole di investimento contenute nel decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 di disciplina delle attività delle compagnie di assicurazione nonché le regole circa il conflitto di interessi contenuti nella lettera c) del comma 11 dell’art. 6 del decreto n. 252/2005.

- Deve essere nominato un responsabile della forma pensionistica complementare con le caratteristiche prima descritte a proposito dei responsabili dei fondi aperti (art. 5, comma 2).

Ad eccezione della prima (autorizzazione Isvap per la compagnia assicuratrice ovvero operatività della stessa in territorio nazionale in regime di stabilimento o di prestazione di servizi), tutte le altre condizioni sopra elencate sono state introdotte dal decreto 252/2005 e non sono oggi valevoli in base al decreto n. 124/1993.

Come i fondi pensione contrattuali ed i fondi aperti, anche le compagnie assicuratrici devono adeguare i regolamenti dei contratti sulla vita al nuovo quadro di regole introdotte sia dal decreto sia dalle direttive di attuazione del decreto stesso adottate dalla Covip.

Tale adeguamento dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2007. Solo i contratti sulla vita che si saranno adeguati ed avranno ricevuto l’approvazione della Covip potranno raccogliere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite devoluzione del tfr (art. 23, comma 4).

 

Le forme pensionistiche individuali istituite da enti di previdenza obbligatoria di

diritto privato

È una nuova tipologia di forme pensionistiche complementari introdotta dal decreto n. 252/2005 e non contemplata, quindi, dal decreto n. 124/1993. Possono essere istituite, direttamente o attraverso la contrattazione collettiva (art. 3, comma 1 lett. g), dagli enti e dalle casse di previdenza obbligatoria di diritto privato, disciplinate dai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103. Si tratta delle casse e degli enti a cui sono iscritti i liberi professionisti iscritti ad ordini, albi ed elenchi e dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti professionisti. Queste casse devono garantire la gestione separata delle forme pensionistiche complementari istituite direttamente o tramite accordi o contratti collettivi.

 

La forma pensionistica complementare residuale presso l’Inps

In caso di mancata indicazione della forma pensionistica complementare di destinazione del trattamento di fine rapporto entro i termini fissati dal decreto n. 252/2005 (sei mesi dall’entrata in vigore ovvero dalla costituzione del rapporto di lavoro se successiva all’entrata in vigore del decreto), ed in assenza di una forma pensionistica complementare di riferimento costituita su base negoziale, a decorrere dai termini prima richiamati le quote di tfr affluiscono presso una forma pensionistica complementare costituita presso l’Inps (art. 9).

Questa nuova forma introdotta dal decreto n. 252/2005 è integralmente disciplinata dalle disposizioni contenute nel decreto stesso.

Pertanto:

- la gestione delle risorse avverrà secondo i criteri indicati dall’art. 6, comma 1 (gestione convenzionata con soggetti abilitati ovvero acquisizione diretta, entro determinati limiti, di quote ed azioni di società immobiliari o di quote di fondi immobiliari o mobiliari chiusi);

- i valori saranno affidati ad una banca depositaria;

- l’erogazione delle rendite potrà avvenire mediante convenzione con compagnie di assicurazione ovvero in forma diretta nel rispetto dei criteri e delle condizioni fissate dalla Covip.

L’organo di amministrazione è individuato in un comitato in cui è assicurata un’adeguata partecipazione ai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, secondo un criterio di pariteticità. Alle nomine dei componenti del comitato provvede il ministro del lavoro e delle politiche sociali scegliendoli tra soggetti che abbiano maturato una particolare esperienza nel settore della previdenza complementare e che siano in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti per gli amministratori delle forme pensionistiche complementari.

La posizione costituita presso questa forma pensionistica complementare può essere trasferita presso altra forma prescelta dal lavoratore in qualsiasi momento e prima del compimento del periodo minimo di permanenza di due anni valevole per le altre forme pensionistiche complementari.

 

I fondi pensione regionali

Il decreto n. 252/2005 (art. 3, comma 1, lett. d) prevede che le regioni possono istituire direttamente forme pensionistiche complementari.

Ci si potrà trovare, pertanto, di fronte a due tipi di forme pensionistiche complementari a dimensione regionale o territoriale. Nel primo tipo rientrano le forme costituite su base contrattuale secondo lo schema istitutivo dei fondi pensione ad ambito definito (proprio del decreto n. 124/1993 e confermato dal decreto n. 252/2005) che possono essere promossi e sostenuti dalle regioni. Questi fondi, peraltro, già esistono in Veneto, in Trentino Alto Adige ed in Valle d’Aosta. In queste due ultime regioni sono state emanate apposite leggi di sostegno alla previdenza complementare.

Il secondo tipo, quello introdotto dal decreto n. 252/2005, è nuovo e consiste in forme costituite direttamente dalle regioni e da esse disciplinate con leggi regionali nel rispetto della normativa nazionale.

 

4. ADESIONE, CIRCOLAZIONE E PORTABILITÀ NELL’AMBITO DELLE VARIE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI - Le regole previste dal decreto n. 124/1993

In base al decreto legislativo n. 124/1993 attualmente vigente, il lavoratore non può aderire ad una forma pensionistica complementare individuale, godendo dei vantaggi legati alla deducibilità fiscale della contribuzione, se è operante un fondo pensione contrattuale nel settore in cui opera la propria azienda. La devoluzione del tfr e del contributo a carico del datore di lavoro, previsto dalla contrattazione collettiva per i fondi negoziali, non è oggi possibile verso le forme pensionistiche individuali.

Il trasferimento della posizione individuale ad altra forma pensionistica complementare è possibile in presenza di una delle due seguenti condizioni:

- perdita dei requisiti di partecipazione alla forma pensionistica di provenienza (per esempio cessazione del rapporto di lavoro cui era connessa l’adesione);

- permanenza presso il fondo di provenienza di almeno 3 anni; questo termine è elevato a 5 anni se il fondo stesso non ha almeno cinque anni di vita.

 

Le regole previste dal decreto n. 252/2005

L’art. 8 e l’art. 12 del decreto n. 252/2005 contengono disposizioni attuative della delega con riferimento alla libertà di adesione e di circolazione dei lavoratori nell’ambito del sistema di previdenza complementare.

In base alle due disposizioni, infatti, i lavoratori possono aderire a forme pensionistiche complementari individuali, pur in presenza di fondi pensione contrattuali di riferimento dei settori contrattuali di appartenenza, destinandovi non solo contributi a proprio carico ma anche il tfr maturando nonché il contributo datoriale nei limiti e secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.

In base all’art. 14 ed in coerenza con l’obiettivo della legge delega di facilitare il movimento tra forme pensionistiche complementari, il periodo di permanenza minimo nella forma pensionistica prescelta scende a 2 anni dai 3/5 anni previsti dal decreto legislativo n. 124/1993. Decorso questo periodo minimo il lavoratore ha la facoltà di trasferire l’intera posizione maturata altra forma pensionistica individuale complementare. Sono dichiarate nulle eventuali clausole contenute nei regolamenti e negli statuti che, mediante l’applicazione di voci di costo specifiche, tendono a rendere non conveniente e, quindi, ad ostacolare il trasferimento della posizione presso altre forme.

 

5. LE NUOVE MODALITÀ’ DI ADESIONE E DI FINANZIAMENTO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE -  Le regole previste dal decreto n. 124/1993

L’adesione ad una forma pensionistica complementare è libera e volontaria e può avvenire solo con modalità esplicite e dietro presentazione di domanda , redatta mediante apposita modulistica.

 

Le regole previste dal decreto n. 252/2005

L’adesione resta un atto libero e volontario ma, per il lavoratore dipendente, può avvenire con modalità tacite accanto a quelle esplicite oggi operanti. Oltre a quelle conosciute, le modalità esplicite si arricchiscono di opzioni di contribuzione diverse da quelle definite dalla contrattazione collettiva.

In particolare, l’adesione ad un fondo pensione avviene attraverso il conferimento del tfr che può essere effettuato:

- secondo modalità esplicite da parte del lavoratore entro sei mesi dalla data di prima assunzione ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto;

- secondo modalità tacite nel caso in cui il lavoratore non esprima alcuna volontà entro i termini sopra previsti.

Nel rispetto del principio di volontarietà dell’adesione, il decreto prevede che il lavoratore, attraverso una indicazione manifesta, può scegliere di mantenere il proprio tfr maturando presso il proprio datore di lavoro. Questa scelta, tuttavia, è reversibile in qualsiasi momento successivo attraverso un’adesione esplicita ad una forma pensionistica complementare.

La modalità di adesione tacita si aggiunge, per i soli lavoratori dipendenti con tfr, a quella esplicita che continua a valere non solo per essi ma, come unica modalità, per tutti gli altri lavoratori e per quei cittadini che non sono titolari di redditi da lavoro. Gli effetti, i diritti e gli obblighi derivanti dall’adesione tacita e quelli connessi all’adesione in forma esplicita sono gli stessi. Le uniche differenze sembrano essere quelle relative alla misura del finanziamento delle forme pensionistiche complementari.

 

6. IL FINANZIAMENTO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE - La contribuzione in base al decreto n. 124/1993

La contribuzione alle forme pensionistiche complementari oggi avviene nel modo seguente.

Per i fondi pensione contrattuali e le adesioni collettive a fondi aperti di lavoratori dipendenti del settore privato, versando:

- l’intero tfr, in caso di lavoratori di prima assunzione successiva al 28 aprile 1993;

- una quota di tfr stabilita dalla contrattazione collettiva per i lavoratori assunti prima del 28 aprile 1993;

- un contributo a carico del datore di lavoro, nella misura fissata dalla contrattazione collettiva;

- un contributo a carico del lavoratore, nella misura fissata dalla contrattazione collettiva con la facoltà, se prevista dagli statuti dei fondi, di contribuzione aggiuntiva.

Per i lavoratori autonomi ed i cittadini titolari di redditi diversi da quelli da lavoro, il contributo alle forme pensionistiche individuali è liberamente determinato dall’aderente.

Il decreto n. 124/1993 ammette la possibilità, se prevista dai regolamenti, di proseguire i versamenti per un massimo di cinque anni dopo il raggiungimento dell’età pensionabile e solo per gli iscritti alle forme pensionistiche individuali.

 

La contribuzione in base al decreto n. 252/2005

I destinatari e, soprattutto, la misura del finanziamento dei piani pensionistici complementari possono cambiare a seconda delle modalità di adesione, esplicite o tacita, utilizzate. Il decreto precisa che, a prescindere dalla modalità prescelta, il conferimento del tfr deve avvenire con cadenza almeno annuale (art. 8, comma 7).

 

Finanziamento in caso di modalità esplicite

In caso di adesione con modalità esplicite (art. 8, comma 7 lett. a), il finanziamento può avvenire anche tramite il solo conferimento del tfr senza contribuzione a carico del lavoratore o del datore di lavoro. Il lavoratore può decidere, tuttavia, di destinare in modo autonomo una parte della propria retribuzione alla forma pensionistica prescelta, anche in assenza di accordi collettivi. Questa facoltà espressamente prevista dal legislatore induce a ritenere che nell’ambito dell’adesione esplicita ad una forma pensionistica complementare di tipo negoziale il lavoratore possa esercitare una delle seguenti opzioni:

- adesione con solo tfr maturando;

- adesione secondo le disposizioni contenute nelle fonti istitutive (tfr maturando con contribuzione a carico proprio e a carico del datore di lavoro);

- adesione con tfr maturando e con una contribuzione a proprio carico, alla quale può aggiungersi quella del datore di lavoro.

Il decreto n. 252/2005 prevede che i lavoratori hanno la facoltà di determinare liberamente la contribuzione a proprio carico e precisa che, in caso di adesione su base collettiva, la contrattazione può fissare modalità e misura minima di questa contribuzione e di quella a carico del datore di lavoro (cfr. art. 8, comma 2).

Se la forma pensionistica complementare prescelta è individuale, il finanziamento è costituito dal tfr maturando e da un eventuale contributo a carico del lavoratore, che provvederà a comunicarne l’importo al proprio datore perché possa provvedere a trattenerlo ed a versarlo alla forma di destinazione. A questo contributo può aggiungersi il contributo del datore di lavoro istituito da accordi collettivi o aziendali per le forme pensionistiche collettive, nei limiti e secondo le modalità previste dai predetti accordi. Il datore di lavoro può comunque decidere di contribuire volontariamente al finanziamento del piano pensionistico del lavoratore.

Per quanto riguarda la misura del tfr maturando da destinare a previdenza complementare, occorre distinguere tra lavoratori di prima iscrizione alla previdenza obbligatoria avvenuta in data successiva al 28 aprile 1993 ovvero anteriore alla stessa data.

Per i primi, il tfr maturando affluisce in misura intera.

Per i lavoratori già iscritti ad un regime pensionistico obbligatorio alla data del 28 aprile 1993 (art. 8, comma 7 lett. c), occorre ulteriormente distinguere tra quanti sono già iscritti ad una forma pensionistica complementare e quanti si iscrivono dopo l’entrata in vigore del decreto (dal 1° gennaio 2008).

I lavoratori già iscritti a forme pensionistiche complementari hanno sei mesi di tempo dalla data di entrata in vigore del decreto o dalla data di nuova assunzione, se successiva, per decidere se mantenere presso il datore di lavoro le quote di tfr maturando eccedenti la misura fissata dalle fonti istitutive ovvero se conferirlo alla forma complementare di appartenenza.

I lavoratori che si iscrivono, invece, dopo il decreto possono decidere se conferire il tfr nella misura già fissata dagli accordi collettivi (o in misura non inferiore al 50% se gli accordi non prevedono nulla in materia) lasciando la quota residua presso il datore di lavoro, ovvero se devolverlo in misura superiore fino all’intero accantonamento maturando di tfr.

 

Finanziamento in caso di modalità tacite

Se entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ovvero entro sei mesi dalla data di nuova assunzione, se successiva, i lavoratori non esprimono alcuna volontà, a decorrere dal mese successivo alla scadenza del termine, il datore di lavoro trasferisce il tfr maturando ad una delle forme pensionistiche complementari indicate nell’ordine descritto dal seguente elenco (art. 8, comma 7 lett. b).

1. Alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo che non sia intervenuto un accordo aziendale che preveda la destinazione del tfr ad una delle forme previste dall’art. 1, comma 2 lett. e) n. 2 della legge n. 243/2004 (tra le quali rientrano non solo fondi pensione aziendali, adesioni collettive a fondi aperti ma anche i fondi istituiti direttamente dalle Regioni, anche se non si tratta di fondi contrattuali).

2. In caso di presenza di più forme pensionistiche complementari su base contrattuale (per esempio un fondo contrattuale nazionale di categoria e un fondo contrattuale su base territoriale), salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale risulta iscritto il maggior numero di lavoratori dell’azienda.

3. Al fondo residuale costituito presso l’Inps, qualora non siano individuabili le forme pensionistiche complementari sopra indicate.

Si ribadisce che attraverso il conferimento del tfr da parte del datore di lavoro, il lavoratore viene iscritto alla forma pensionistica complementare e vi contribuisce tramite le sole quote di tfr maturando. Resta salva la possibilità, da parte del lavoratore, di poter esprimere in modo manifesto la scelta di destinare ulteriori voci (quote di retribuzione e il contributo a carico del datore se messo a disposizione dalla contrattazione collettiva) al finanziamento del piano pensionistico complementare. Questa manifestazione di volontà rende l’adesione esplicita.

 

La prosecuzione volontaria della contribuzione oltre l’età pensionabile e il versamento su più linee di investimento

Il decreto n. 252/2005 ha esteso la possibilità di prosecuzione volontaria della contribuzione dopo l’età pensionabile agli iscritti a tutte le forme pensionistiche complementari, eliminando il limite dei 5 anni e introducendo la condizione che l’aderente, alla data del raggiungimento dei requisiti di pensionamento del regime obbligatorio, possa far valere almeno un anno di contribuzione in forme di previdenza complementare (art. 8, comma 11).

Un’altra importante novità riguarda la possibilità per l’aderente di suddividere i flussi contributivi anche su diverse linee di investimento all’interno della forma pensionistica di appartenenza. A tal proposito, gli statuti ed i regolamenti delle forme pensionistiche complementari provvedono a disciplinare questa possibilità per l’aderente, secondo i criteri stabiliti dalla Covip (art. 8, comma 13).

 

Versamenti contributivi a più forme pensionistiche complementari

Mentre le versioni del decreto risalenti a luglio e settembre 2005 limitavano la possibilità di versamento contemporaneo a più forme di previdenza complementare alle ipotesi in cui il lavoratore in uno stesso periodo svolga più attività lavorative di diversa natura o sia titolare di più rapporti di lavoro, il decreto n. 252/2005 non pone nessun limite alla contribuzione contemporanea a più forme di previdenza complementare.

 

Finanziamento con abbuoni per acquisti, accantonati attraverso moneta elettronica

Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può avvenire anche mediante il versamento a cadenza trimestrale dell’importo corrispondente agli abbuoni maturati, attraverso moneta elettronica o altri strumenti, presso centri di vendita convenzionati (art. 8, comma 12). Il versamento avviene a seguito di delega effettuata nei confronti dell’azienda emittente la carta di credito o di debito e a condizione che il soggetto che conferisce la delega al versamento al centro convenzionato sia anche il titolare della posizione presso cui accreditare le somme.

 

7. LE REGOLE DI ACCESSO ALLE PRESTAZIONI - Le regole previste dal decreto 124/1993

Le pensioni erogate dalle forme pensionistiche complementari sono di due tipi:

- la prestazione pensionistica per vecchiaia che si consegue al raggiungimento congiunto del requisito dell’età anagrafica vigente per il sistema pensionistico obbligatorio di appartenenza per l’analogo trattamento di vecchiaia e del requisito dei cinque anni di partecipazione al fondo;

- la prestazione pensionistica per anzianità che si consegue solo con la cessazione dell’attività lavorativa e con almeno quindici anni di partecipazione al Fondo ed un’età anagrafica di non più di dieci anni inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia. Nelle fase di partenza, gli statuti dei fondi possono prevedere un più basso requisito di partecipazione al fondo.

L’anzianità necessaria per l’accesso alla prestazione pensionistica è determinata tenendo conto di tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, anche precedenti a quello a cui è connessa la richiesta di prestazione, a condizione che gli stessi periodi non siano stati oggetto di riscatto totale della posizione individuale.

Le prestazioni sono gestite ed erogate sotto forma di rendita periodica o direttamente dal fondo o da imprese di assicurazione convenzionate con il fondo stesso. Il lavoratore ha facoltà di chiedere la liquidazione della prestazione pensionistica complementare sotto forma di capitale per un importo comunque non superiore al 50% del montante maturato ed il rimanente importo sotto forma di rendita vitalizia. Nel caso in cui l'importo del montante maturato, convertito in rendita annua, sia di ammontare inferiore all’assegno sociale, si può richiedere la liquidazione dell’intero montante in capitale.

Se previsto dagli statuti e dai regolamenti, la forma pensionistica complementare provvede all’erogazione di prestazioni di invalidità, e premorienza. Le rendite possono essere reversibili.

 

Le regole previste dal decreto 252/2005

Il decreto n. 252/2005 ha modificato alcuni dei criteri a cui devono riferirsi le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari per definire le regole di accesso alle prestazioni (art. 11). La novità fondamentale è costituita dalla unificazione in un’unica prestazione pensionistica delle attuali prestazioni pensionistiche di vecchiaia e di anzianità.

a) Nuova prestazione pensionistica unificata

Il diritto si consegue:

- alla maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza (dal 2008: 60 anni di età e 35 di contributi ovvero 40 anni di contributi senza limite di età, per le pensioni di anzianità; 65 anni di età per gli uomini e 60 per le donne e 20 anni di contributi per i lavoratori che rientrano nel sistema retributivo o misto; requisito, quest’ultimo, che si riduce a 5 anni di contributi per i lavoratori che rientrano nel sistema contributivo);

- con almeno cinque anni di partecipazione alla forma pensionistica complementare.

b) Accesso anticipato alla nuova prestazione pensionistica unificata

In caso di cessazione dell’attività lavorativa seguita da un periodo di inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, la prestazione può essere concessa al lavoratore con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime pensionistico obbligatorio di appartenenza.

c) Modalità di liquidazione

Le fonti istitutive possono prevedere la facoltà per l’aderente di chiedere:

- la liquidazione in capitale della prestazione per un importo non superiore al 50% del montante maturato;

- la liquidazione in capitale dell’intera prestazione, se la rendita derivante dalla conversione di almeno del 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale.

d) Diritti dei superstiti di pensionato

Previa stipula di contratti assicurativi contro il rischio morte o sopravvivenza oltre la media, in caso di morte del beneficiario gli schemi di erogazione delle rendite possono prevedere:

- la restituzione del montante residuo ai beneficiari indicati dall’aderente/pensionato o, in alternativa, l’erogazione agli stessi beneficiari di una rendita calcolata in base al montante residuale.

 

8. LE NUOVE REGOLE SUI DIRITTI ANTERIORI AL PENSIONAMENTO

Il nuovo decreto ha modificato anche le regole riguardanti le modalità di esercizio dei diritti che precedono il pensionamento e che sono costituiti da: anticipazioni, liquidazione o movimentazione della posizione in caso di perdita dei requisiti di partecipazione (riscatti e trasferimenti), trasferimento volontario (trattato al punto 4.).

 

8.1 L’anticipazione - Le regole in base al decreto n. 124/1993

Per l’iscritto da almeno otto anni alla forma pensionistica complementare è prevista la possibilità di conseguire un’anticipazione di quanto accumulato per eventuali spese sanitarie per terapie ed interventi straordinari, per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, per interventi di ristrutturazione e manutenzione sulla prima casa. Gli statuti ed i regolamenti delle forme possono prevedere, inoltre, anticipazioni per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi per la formazione, per la formazione continua di cui alla legge n. 53/2000 e successive modifiche, nonché per i congedi parentali.

È altresì prevista la facoltà di reintegrare la propria posizione nel Fondo secondo le modalità stabilite dal Fondo stesso.

 

Le regole in base al decreto n. 252/2005

Gli aderenti alle forme pensionistiche complementari possono richiedere un’anticipazione della posizione individuale maturata (art. 11, comma 7):

a) in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75% del montante maturato, per spese sanitarie connesse ad interventi e terapie conseguenti a gravissime situazioni relative agli aderenti stessi, al coniuge ed ai figli;

b) decorsi otto anni dall’iscrizione, per un importo non superiore al 75%, per l’acquisito della prima casa di abitazione per gli aderenti stessi o per i figli o per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia sempre con riferimento alla casa di abitazione;

c) decorsi otto anni dall’iscrizione, per un importo non superiore al 30% e per ulteriori esigenze dell’aderente.

Le somme percepite come anticipazioni non possono mai eccedere, complessivamente, il 75% del totale dei versamenti, comprese le quote del tfr e le plusvalenze maturate, effettuati a decorrere dal primo momento di iscrizione alle forme stesse.

Le stesse somme possono essere reintegrate in qualsiasi momento mediante contribuzioni annuali.

L’anzianità necessaria per l’accesso all’anticipazione è determinata tenendo conto di tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, anche precedenti a quello a cui è connessa l’anticipazione, a condizione che gli stessi periodi non siano stati oggetto di riscatto totale della posizione individuale.

Il nuovo decreto precisa che restano ferme le condizioni di maggior favore già fissate dalle forme pensionistiche complementari.

Resta ferma, inoltre, la possibilità di anticipazione della stessa posizione prevista da altre due norme speciali:

- per congedi per la formazione e la formazione continua (legge n. 53/2000);

- per congedi parentali ( decreto legislativo n. 151/2001).

Né le norme speciali né il nuovo decreto, tuttavia, chiariscono come si debbano fissare criteri, limiti e modalità è per queste due ultime tipologie di anticipazioni.

 

8.2 Le opzioni in caso di perdita dei requisiti di partecipazione: trasferimenti e riscatti

Le regole in base al decreto n. 124/1993

In caso di perdita dei requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare (cessazione del rapporto di lavoro), l’aderente può:

- chiedere il trasferimento della propria posizione presso un'altra forma pensionistica complementare cui acceda in relazione alla nuova attività lavorativa;

- chiedere il riscatto dell’intera posizione maturata, ottenendo il capitale accumulato (versamenti più rivalutazioni), se non ha maturato il diritto alla prestazione pensionistica complementare.

Nel caso di decesso dell’aderente ad un forma pensionistica contrattuale, la posizione individuale può essere riscattata dal coniuge o dai figli o, se a carico, dai genitori. In mancanza di tale soggetti o di diverse disposizioni, la posizione resta acquisita al fondo pensione.

Nel caso di decesso dell’iscritto ad una forma pensionistica individuale, la posizione individuale è riscatta dagli eredi.

È fissato in sei mesi dall’esercizio della facoltà di riscatto o trasferimento il termine entro cui la forma pensionistica complementare deve completare gli adempimenti a proprio carico.

 

Le regole in base al decreto n. 252/2005

In caso di perdita dei requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, gli statuti ed i regolamenti devono prevedere la possibilità di riscatto o di trasferimento (art. 11).

Per quanto riguarda il trasferimento connesso alla perdita dei requisiti di partecipazione, non si registrano novità rispetto a quanto previsto dal decreto n. 124/1993. Anche nel decreto n. 252/2005 è possibile il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività lavorativa.

Nuove sono, invece, le regole sui riscatti che (diversamente da quanto previsto dal decreto n. 124/1993) possono essere ottenuti solo a determinate condizioni.

In base al nuovo decreto, il riscatto può essere:

- parziale, nella misura del 50% del montante maturato, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa a cui sia seguito un periodo di disoccupazione non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48, ovvero in caso di ricorso, da parte del datore di lavoro, a procedure di mobilità o di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;

- totale, della posizione maturata, nei casi di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e nei casi di cessazione dell’attività lavorativa a cui sia seguito un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi; in questo secondo caso la facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari poiché in questi casi è possibile l’accesso anticipato alla prestazione pensionistica.

Nel nuovo decreto, quindi, la perdita dei requisiti di partecipazione non consente più l’immediato accesso al riscatto che è esercitatile, peraltro, solo a determinate condizioni.

Anche il riscatto della posizione per morte dell’iscritto prima della maturazione del diritto presenta alcune novità rispetto a quanto previsto nel decreto n. 124/1993.

In primo luogo sono annullate le differenze, attualmente previste dai commi 3ter e 3quater dell’art. 10 del decreto n. 124/1993, tra i riscatti operati presso i fondi pensione contrattuali e quelli esercitati presso le forme individuali.

In secondo luogo, in base al nuovo decreto il riscatto può essere operato dagli eredi del lavoratore deceduto ovvero dai diversi beneficiari designati dallo stesso. In mancanza di tali soggetti, la posizione:

- risulta acquisita al fondo pensione in caso di forme pensionistiche complementari contrattuali;

- è devoluta a finalità sociali secondo le modalità e le indicazioni fissate da apposito decreto del Ministro del lavoro, in caso di forme pensionistiche individuali.

Nel decreto n. 252/2005, infine, si conferma che è di sei mesi, a decorrere dall’esercizio della facoltà di riscatto o trasferimento, il termine entro cui la forma pensionistica complementare deve completare gli adempimenti a proprio carico.

 

9. SEQUESTRABILITÀ, CEDIBILITÀ E PIGNORABILITÀ DELLA POSIZIONE INDIVIDUALE, DELLE PRESTAZIONI PENSIONISTICHE, DEI RISCATTI E DELLE ANTICIPAZIONI

In attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 2, lett. e, n. 9 della legge n. 243/2004, il decreto n. 252/2005 conferma in modo esplicito l’intangibilità delle posizioni individuali in fase di accumulo e stabilisce vincoli in tema di sequestrabilità, cedibilità e pignorabilità delle prestazioni pensionistiche o di natura diversa erogate dalle forme pensionistiche complementari (art. 11, comma 10).

Le prestazioni pensionistiche, in capitale e in rendita, e le anticipazioni per spese sanitarie di carattere straordinario sono sottoposte agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità valevoli per le pensioni obbligatorie e disciplinati dal Dpr 5 gennaio 1950 n. 180 e successive modifiche. Non sono soggetti, invece, a nessun vincolo di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità i crediti relativi alle somme per riscatti e per anticipazioni per l’acquisto e la ristrutturazione della casa di abitazione nonché per altre esigenze dell’aderente.

 

10. LE MISURE COMPENSATIVE PER I DATORI DI LAVORO

Poiché il tfr accantonato costituisce per molti datori di lavoro una forma più vantaggiosa di finanziamento rispetto agli strumenti di finanziamento ottenibili sul mercato, il decreto, in coerenza con quanto fissato nella delega contenuta nella legge 243/2004, ha predisposto misure di compensazione degli oneri aggiuntivi connessi al differenziale tra il tasso di interesse dovuto sul tfr e quello dovuto sui crediti accesi presso istituti bancari:

- deducibilità dal reddito d’impresa del tfr destinato a previdenza complementare;

- esonero del contributo versato al fondo di garanzia del tfr, costituito presso l’Inps, in misura proporzionale alle quote di tfr destinate a previdenza complementare;

- fondo di garanzia (istituito dall’art. 8, comma 1, del decreto legge n. 203/2005) per facilitare l’accesso al credito alle imprese che destinano quote di tfr dei propri dipendenti a previdenza complementare;

- riduzione di una parte degli oneri gravanti sul costo del lavoro correlata al flusso di tfr maturando destinato a previdenza complementare.

 

11. IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ E IL FINANZIAMENTO DEL FONDO DI GARANZIA INPS E DELLA COVIP

Il decreto n. 252/2005 conferma (art. 16) il contributo di solidarietà previsto dall’art. 12 del decreto n. 124/1993 e che fu introdotto dall’art. 9bis del decreto legge 29 marzo 1991, convertito nella legge 1° giugno 1991, n. 166. Questo contributo, pari al 10%, è applicato su tutte le contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro, con eccezione del tfr, destinate a realizzare finalità di previdenza pensionistica complementare.

La novità riguarda l’utilizzo che si farà di una parte di questo contributo.

Dell’ammontare annuo complessivo di questo contributo, infatti:

- una quota pari all’1% servirà a finanziare il fondo di garanzia Inps contro il rischio derivante dall’omesso o insufficiente versamento ai fondi da parte dei datori di lavoro sottoposti a procedura di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione controllata, in coerenza con quanto previsto dall’art. 5 del d.lgs. 80/1992;

- una quota ulteriore, pari a tre milioni di euro, servirà, invece, a finanziare la Covip dal 2005; questo finanziamento si aggiunge a quelli previsti dall’art. 13, comma 2, della legge 335/1995 e dall’art. 59, comma 39, della legge n. 449/1997.

 

12. FISCALITÀ

Il decreto n. 252/2005 ha introdotto rilevanti novità in questa materia che interessano sia la fase della contribuzione sia, ancor di più, la fase della prestazione.

Un altro importante intervento di carattere formale attuato con il decreto 252/2005 è consistito nel raggruppamento e coordinamento di tutta la disciplina fiscale in materia di previdenza complementare nell’ambito del testo del decreto stesso.

 

12.1 Regime fiscale della contribuzione - Le regole in base al decreto n. 124/1993

In estrema sintesi, il tfr devoluto a previdenza complementare non è assoggettato ad imposta sul reddito delle persone fisiche mentre i contributi versati a previdenza complementare sono deducibili dal reddito imponibile entro il limite più basso tra i seguenti:

1. 12% del reddito complessivo;

2. 5164,57 euro annui;

3. doppio del tfr versato alla forma pensionistica complementare ad ambito definito, con riferimento ai soli redditi da lavoro dipendente e in relazione ai quali spetti il tfr.

 

Le regole in base al decreto n. 252/2005

Le novità più rilevanti introdotte dal decreto n. 252/2005 riguardano la rimozione di alcuni limiti e condizioni attualmente vigenti per la deducibilità dei contributi versati ad una forma pensionistica complementare.

In base al decreto n. 252/2005 (art. 8), vengono meno il primo ed il terzo limite previsto dal decreto n. 124/1993. I contributi versati ad una forma pensionistica complementare sono, pertanto, deducibili dal reddito complessivo entro € 5.164,57 annui e senza il vincolo di destinazione del tfr a previdenza complementare, in caso di redditi da lavoro dipendente (art. 8, comma 4).

Questo limite è innalzato per i lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del decreto (art. 8, comma 6). Per costoro, infatti, nei venti anni successivi al quinto di partecipazione al fondo è consentito di dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro in una misura pari alla differenza positiva tra un importo di 25.822,85 euro ed i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione e comunque per un importo annuo non superiore a 2.582,29.

In altri termini, i lavoratori che nel primo quinquennio di partecipazione a forme pensionistiche complementari versano complessivamente una contribuzione inferiore all’importo costituito dal limite annuo di 5.164,57 euro moltiplicato per 5 (25.822,85 euro), per i venti anni successivi al quinto possono usufruire di una maggiore deduzione oltre il limite generale pari alla differenza tra i 25.822,85 euro e quanto versato nei primi cinque anni di partecipazione. La maggiore deduzione può essere distribuita tra il 6° ed il 25° anno di partecipazione. Il tetto annuo di deducibilità così maggiorato non può comunque superare i 7.746,86 euro annui.

In caso di reintegrazione delle somme percepite a titolo di anticipazione ed eccedenti il limite di 5.164,57 euro annui, il contribuente matura un credito di imposta pari all’imposta pagata al momento della percezione dell’anticipazione e riferita proporzionalmente all’importo reintegrato (art. 11, comma 8).

Un’ultima importante novità riguarda lo spostamento dal 30 settembre al 31 dicembre del termine di comunicazione alla forma pensionistica complementare di appartenenza dei contributi non dedotti (art. 8, comma 4).

 

12.2 Regime fiscale dei rendimenti

Sostanzialmente immutate restano, invece, le regole relative alla tassazione dei rendimenti che rimane fissata in misura pari all’11%, a titolo di imposta sostitutiva, del risultato netto maturato dal fondo in ciascun periodo d’imposta (art. 17, comma 2).

 

12.3 Regime fiscale delle prestazioni - Le regole in base al decreto n. 124/1993

Le prestazioni pensionistiche

Il regime fiscale delle prestazioni è regolato dai criteri della “non duplicazione” e della “correlazione”.

È previsto, infatti, l’assoggettamento all’imposta sul reddito delle persone fisiche delle prestazioni periodiche al netto della quota corrispondente ai contributi e ai rendimenti già tassati. Pertanto, la base imponibile è determinata dalla parte del montante derivante dai contributi che hanno fruito della deducibilità.

Il criterio di non duplicazione riguarda solo le prestazioni riferibili agli importi maturati dal 1/1/2001 e si applica solo a determinate condizioni (criterio del pro rata).

Le prestazioni in forma periodica hanno due diverse basi imponibili: quella riferita a somme maturate fino al 31/12/2000, e quella riferita a somme maturate successivamente.

Alle prime, si applica il previgente sistema di tassazione, il quale prevede che le rendite periodica debbano essere assoggettate a tassazione nella misura dell’87,50% dell’ammontare corrisposto.

Alle seconde, si applica la tassazione ordinaria progressiva sulla prestazione periodica, ridotta di quella parte del conto individuale che esprime importi già tassati.

Le prestazioni in capitale sono soggette al regime della tassazione separata. La tassazione separata è effettuata mediante l’applicazione di un’aliquota determinata con criteri analoghi a quelli previsti per il TFR.

La tassazione separata avviene in due fasi:

- la prima, provvisoria, ad opera della forma pensionistica complementare, al momento dell’erogazione della prestazione applicando l’imposta con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui matura il diritto alla prestazione, considerando il numero degli anni (e di frazione di anno) di effettiva contribuzione e l’importo imponibile della prestazione maturata, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta;

- la seconda, definitiva, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta (forma pensionistica), ad opera dell’amministrazione finanziaria che procede alla riliquidazione dell’imposta applicando alla base imponibile l’aliquota media desumibile dall’imposta applicata al reddito complessivo del contribuente nei cinque anni precedenti l’erogazione della prestazione.

L'esclusione dall’imponibile dei rendimenti già assoggettati ad imposta sostitutiva avviene a condizione che la prestazione in capitale non sia superiore ad 1/3 dell’importo complessivamente maturato.

Nei casi di prestazione in capitale superiore a 1/3 del montante maturato, la tassazione separata opera sull’intero ammontare imponibile, comprensivo dei rendimenti già assoggettati ad imposta sostitutiva.

I contributi non dedotti sono, in ogni caso, esclusi dall’imponibile.

La tassazione separata opera, a determinate condizioni, sulla prestazione interamente erogata in capitale, il cui diritto sorge allorquando l’importo del montante maturato, convertito in rendita, è inferiore all’assegno sociale.

Le anticipazioni

Dal 1°/1/2001 il regime della tassazione separata sulle anticipazioni avviene sulla base dell’aliquota calcolata con criteri simili a quelli in uso con riferimento al TFR. Per il calcolo dell’aliquota bisogna fare riferimento all’ammontare dell’importo anticipato, al lordo delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva ma al netto dei contributi non dedotti.

Al momento della liquidazione definitiva della prestazione è effettuato un conguaglio tenendo conto dell’imposta già versata sull’anticipazione.

I riscatti

Quando il riscatto viene esercitato per effetto del pensionamento, per cessazione del rapporto di lavoro per cause non dipendenti dalla volontà del lavoratore o del datore di lavoro, è assoggettato a tassazione separata.

Il trattamento fiscale appena descritto viene applicato anche in caso di riscatto esercitato da parte del coniuge, dei figli o dagli eredi del lavoratore deceduto prima del pensionamento per vecchiaia.

In tutti quei casi non rientranti nelle ipotesi citate, si applica la tassazione ordinaria (progressiva) sull’importo della prestazione al netto dei redditi già assoggettati ad imposta.

 

Le regole in base al decreto n. 252/2005

La novità fondamentale che riguarda il regime delle prestazioni è l’introduzione di un’imposizione sostituiva per tutte le forme di erogazioni a carico della forma pensionistica complementare, sia in capitale sia in rendita. Conseguentemente è eliminata la tassazione di tipo ordinario attualmente vigente per le prestazioni erogate in forma di rendita e per i riscatti effettuati in caso di cessazione del rapporto di lavoro dipendente dalla volontà di almeno una delle due parti.

Sono eliminati i casi di tassazione dei rendimenti che compongono la prestazione.

Tassazione oggi prevista come forma di disincentivo alla richiesta di liquidazione in capitale in misura superiore ad un terzo del montante maturato.

Fermi restando i principi di correlazione e di non duplicazione (è imponibile solo la quota di prestazione corrispondente ai contributi già dedotti), in base al decreto n. 252/2005 sono assoggettate ad imposta sostitutiva tutte le erogazioni a carico delle forme pensionistiche complementari. Si prevedono, però, aliquote diverse in base alla tipologia di erogazione (anticipazioni, riscatti, prestazioni in capitale o in rendita).

Prestazioni pensionistiche

Per le prestazioni pensionistiche erogate sia in capitale sia in rendita l’aliquota della ritenuta applicata è pari al 15% (art. 11, comma 6). Tale aliquota è ridotta di una quota pari a 0,30 punti per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari e con un limite massimo di 6 punti. L’aliquota pertanto si riduce al 9% se gli anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari siano almeno 36.

Per le prestazioni in rendita si continua ad applicare la ritenuta del 12,5% sulle rivalutazioni.

Anticipazioni

Per l’importo erogato a titolo di anticipazione per spese sanitarie l’aliquota della ritenuta applicata è pari al 15%. Anche in questo caso l’aliquota è ulteriormente ridotta di una quota pari a 0,30 punti per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari e con un limite massimo di 6 punti (art. 11, comma 7, lett. a).

È pari, invece, al 23% l’aliquota della ritenuta che si applica sulle somme erogate a titolo dianticipazione per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé o per i figli o per altre esigenze dell’aderente (art. 11, comma 7, lett. b e c).

Riscatti

Le somme erogate a titolo di riscatto (sia per perdita dei requisiti di partecipazione sia per morte dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione) sono assoggettate ad una ritenuta ad aliquota pari al 15% che è ulteriormente ridotta di una quota pari a 0,30 punti per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari e con un limite massimo di 6 punti (art. 14, comma 4).

Il decreto n. 252/2005 prevede che, per le somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse dalla morte dell’aderente, dall’invalidità permanente o dalla perdita del lavoro seguita da periodi di inoccupazione, la ritenuta di imposta applicata è del 23% (art. 14, comma 5).

 

12.4 Soggetti tenuti ad applicare la ritenuta

Anche l’individuazione del soggetto tenuto ad erogare la prestazione presenta una novità rispetto a quanto previsto del decreto legislativo n. 124/1993 che prevede che sostituto d’imposta sia sempre la forma pensionistica complementare.

Il decreto n. 252/2005 dispone che nel caso di prestazioni in forma di capitale la ritenuta è applicata dalla forma pensionistica a cui è iscritto il lavoratore, mentre nel caso di prestazioni erogate in forma di rendita la ritenuta è applicata da soggetti eroganti che possono anche essere compagnie assicurative (art. 11, comma 6).

 

12.5 Decorrenza del nuovo regime fiscale

Le disposizioni concernenti la deducibilità dei contributi si applicano a partire dal primo gennaio 2008 (art. 23, comma 5).

Per quanto riguarda le prestazioni, quelle maturate prima di tale data sono soggette alla disciplina attualmente vigente. Per quelle prestazioni in capitale erogate prima del 1° gennaio 2008 e per le quali alla stessa data gli uffici finanziari non abbiano provveduto all’iscrizione a ruolo delle maggiori imposte dovute per effetto della riliquidazione dell’imposta calcolata in base all’aliquota media degli ultimi cinque anni, tale riliquidazione non sarà effettuata (art. 23, comma 5).

Tenendo conto del tenore letterale della disposizione (“prestazioni maturate …prestazioni erogate”) si è indotti a ritenere che le nuove regole di tassazione dovrebbero valere sull’intero importo delle prestazioni erogate a partire dal 1° gennaio 2008 e che le attuali regole non dovrebbero sopravvivere neanche in pro rata, come oggi avviene per le quote di prestazione maturate prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 47/2000.

Su questo punto occorrerà tener conto degli indirizzi dell’amministrazione finanziaria.

 

13. ALLARGAMENTO E RAFFORZAMENTO DELLA COVIP ED ESTENSIONE DELLA VIGILANZA AI PIP

Il legislatore delegato, in coerenza con le indicazioni della delega, ha rafforzato il sistema di vigilanza ed il ruolo della Commissione di vigilanza dei fondi pensione (art. 18 e 19) in ragione della cruciale importanza dello sviluppo del secondo pilastro basato su comportamenti trasparenti e corretti da parte di tutti gli operatori, posti su un piano di parità, e della necessità che gli stessi operatori assicurino una gestione sana e prudente che abbia al centro la tutela degli iscritti e dei beneficiari. Come si legge nella legge delega, la linea guida è stata il perfezionamento dell’unitarietà e dell’omogeneità del sistema di vigilanza sull’intero settore della previdenza complementare.

Rimanendo confermate le competenze in tema di predisposizione di buona parte degli atti di normazione secondaria, compresi quelli ai quali è legata l’attuazione di alcune delle nuove disposizioni del decreto n. 252/2005, nonché quelle relative ai fondi pensione contrattuali, la Covip vede estesi i propri compiti di vigilanza ai piani individuali di previdenza attuati mediante contratti di assicurazione sulla vita (Pip). Alla commissione è stato, tra l’altro, attribuito il compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali e di vigilare sulle modalità di offerta di tutti i prodotti e gli strumenti previdenziali.

Tutte le forme pensionistiche complementari individuali, comprese quelle attuate mediante polizze vita, sono iscritte nell’apposito albo gestito dalla Covip.

 

14. L’INFORMAZIONE

In considerazione del fatto che il finanziamento della previdenza complementare avverrà attraverso modalità tacite o espresse di adesione mediante conferimento del tfr, la legge delega (art. 1, comma 2 lett. e n. 1) ha indicato la necessità di garantire ai lavoratori un’adeguata informazione sulla tipologia, sulle condizioni per il recesso anticipato, sui rendimenti stimati delle forme di previdenza complementare e sulla facoltà di scelta tra le forme cui conferire il tfr maturando.

A questo proposito, il decreto ha previsto:

- lo stanziamento di 17 milioni di euro, per l’anno 2005, per il finanziamento e la realizzazione di campagne informative finalizzate a promuovere adesioni consapevoli alle forme pensionistiche complementari (cfr. art. 22);

- l’obbligo, per il datore di lavoro, di fornire informazioni sulle possibili destinazioni del tfr prima dell’avvio del periodo dei sei mesi al termine del quale il lavoratore decide del proprio tfr maturando (art. 8, comma 8);

- l’obbligo, sempre per il datore di lavoro, di informare, 30 giorni prima della scadenza del termine di sei mesi, il lavoratore che non abbia espresso una scelta circa la destinazione che avrà il suo tfr alla scadenza del semestre.

Il decreto n. 252/2005 riconosce un ruolo chiave all’informazione ai cittadini e, in particolare, ai lavoratori potenziali aderenti e destinatari delle forme pensionistiche complementari al fine di favorire un’adesione consapevole alla previdenza complementare; atto che, si ricorda, rimane libero e volontario.

 

15. ENTRATA IN VIGORE DEL DECRETO N. 252/2005

Riepilogando quanto prima descritto, il decreto n. 252/2005 entra in vigore il 1° gennaio 2008, ad eccezione delle seguenti disposizioni (art. 23, comma 1) che, invece, entrano in vigore dal 13 dicembre 2005, giorno di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale:

- trasferimento alla Covip di un finanziamento di 3 milioni di euro a valere sul gettito del contributo di solidarietà dovuto dai datori di lavoro sulla contribuzione versata alla forme pensionistiche complementari, ai sensi dell’art. 16, comma 2, lett. b);

- vigilanza sulle forme pensionistiche complementari (art. 18), in particolare l’attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’alta vigilanza sul settore e della vigilanza sulla Covip;

- estensione delle competenze della Covip, comprendenti il potere di impartire direttive in materia di trasparenza e comparabilità delle offerte, ed iscrizione di tutte le forme pensionistiche complementari presso l’apposito Albo tenuto presso la Commissione (art. 19);

- disponibilità ed utilizzo dei 17 milioni di euro stanziati per attività di informazione sulla previdenza complementare (art. 22, comma 1).

Per quanto riguarda i lavoratori iscritti prima del 29 aprile 1993 a forme pensionistiche complementari costituite prima del 14 novembre 1992 (i cosiddetti vecchi iscritti), dal 1° gennaio 2008:

- si applicano le disposizioni sulla deducibilità dei contributi riguardanti la generalità dei lavoratori (art. 23, comma 7 lett. a); viene meno, quindi, il limite personalizzato più favorevole in base alla normativa oggi vigente, contenuta nel decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47;

- si applica il regime tributario delle prestazioni vigente al 31 dicembre 2007 alla prestazioni maturate entro la stessa data;

- sarà possibile chiedere l’applicazione del regime tributario vigente alla data del 31 dicembre 2007 sul montante accumulato a partire dal 1° gennaio 2008 conservando la possibilità di ottenere la liquidazione in capitale delle prestazioni maturate, ovvero potrà essere richiesta l’applicazione del nuovo regime di regole civilistiche (di accesso e liquidazione) e tributarie per le prestazioni pensionistiche.

Le disposizioni relative al conferimento tacito non si applicano ai lavoratori dipendenti da aziende non in possesso dei requisiti di accesso al fondo di garanzia per le imprese istituito dall’art. 8, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203* per tutto il periodo in cui tali aziende non sono in linea con i predetti requisiti e, comunque, per un periodo non superiore all’anno (fino al 31.12.2008). I lavoratori di queste aziende possono, tuttavia, conferire il tfr con le modalità di esplicite e in tal caso l’azienda beneficia di tutte le altre agevolazioni previste dall’art. 10, con esclusione di quelle connesse al fondo di garanzia (art. 23, comma 2).

 

Il Dirigente Generale

Dr. Maurizio Manente

f.to Maurizio Manente