REPUBBLICA ITALIANA

CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE

 PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA

 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

         Il Consigliere Paolo SIMEON in funzione di Giudice Unico delle Pensioni;

nella pubblica udienza del giorno 17 novembre 2009, con l'assistenza del Segretario sig.ra - presente personalmente il ricorrente e non il patrono dello stesso, nessuno presente per il Ministero dell’Interno;

visto il ricorso iscritto al n. 12220 del registro di Segreteria;

esaminati gli atti ed i documenti tutti di causa;

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso iscritto al n. 12220 del registro di Segreteria, prodotto dal Sig. @@@@@@@, residente a omissis, rappresentato e difeso dall'Avv. - nei confronti del Ministero dell’Interno, per riconoscimento del diritto a pensione privilegiata ordinaria.

F A T T O

E’ ricorso avanti a questa Sezione, nei confronti del Ministero dell’Interno, il Sig. @@@@@@@, come sopra rappresentato e difeso.

Assistente Capo della Polizia di Stato in quiescenza dal 30.12.1994, ha riportato di essere affetto da patologie riconosciute contratte per causa di servizio ed ascritte alla 8^ categoria pensionistica (verbale n. 37 del 25.1.1999 della C.M.O. di Udine).

Ha quindi rappresentato di aver chiesto, per tali patologie, riconoscimento di pensione privilegiata ordinaria, ma che il convenuto Ministero ha respinto la sua richiesta, con decreto n. 3984 del 18.9.2002, ritenendo di dover applicare l’art. 64 del D.P.R. n. 1092/1973 (riferito al personale civile e che richiede, per la concessione della pensione di privilegio, che le infermità dipendenti dal servizio abbiano determinato l’inabilità al servizio stesso) in luogo dell’art. 67 del medesimo T.U. (riferito al personale militare, che prescinde da tale inabilità).

Il ricorrente ha sostenuto illegittimo tale diniego; il Ministero – ha affermato - doveva applicare l’art. 67 e non l’art. 64 del D.P.R. n. 1092/1973, in quanto l’art. 5, comma 6, del D.L. n. 387/1987, prevede espressamente che al personale della Polizia di Stato si applicano, ai fini della pensione privilegiata, le norme del personale della Forze Armate e delle Forze di Polizia a status militare; ha richiamato a conferma giurisprudenza di questa Corte.

Inoltre il Ministero – ha osservato il ricorrente –  mentre applicando l’art. 64 assumeva la Polizia di Stato essere organo civile, gli concedeva però una indennità una tantum in luogo della pensione privilegiata, così contraddicendosi, in quanto tale beneficio è previsto esclusivamente per i militari.

Ha quindi chiesto che, in disapplicazione del provvedimento ministeriale di diniego e di ogni provvedimento allo stesso connesso, sia riconosciuto il suo diritto alla pensione di privilegio, a vita, a far data dal collocamento in quiescenza, con ogni conseguenziale pronuncia; che il Ministero sia condannato altresì al pagamento degli arretrati.

In subordine ha chiesto che qualora si ritenessero le malattie in questione suscettibili di miglioramento, sia applicato l’art. 68 del D.P.R. n. 1092/1973 e quindi sia concesso l’assegno rinnovabile; in ulteriore subordine ha chiesto che, qualora le malattie non fossero ritenute ascrivibili alla Tabella A, sia disposta una C.T.U. medico-legale volta ad accertare l’entità delle stesse e l’eventuale loro ascrizione a categoria pensionistica; con vittoria in ogni caso delle spese di lite.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con memoria depositata il 26 agosto 2009 nella quale ha rappresentato che la richiesta di concessione della pensione privilegiata avanzata dal ricorrente è stata respinta in applicazione dell’art. 64 del D.P.R. n. 1092/1973, il quale dispone che il dipendente statale ha diritto alla pensione di privilegio solo se le infermità o le lesioni dipendenti da fatti di servizio lo abbiano reso inabile al servizio, condizione non ricorrente in fattispecie.

E’ stata comunque concessa – ha soggiunto – una indennità una tantum pari a 5 annualità di 8^ categoria, in applicazione dell’art. 69 del medesimo T.U.

Il Ministero ha precisato che l’applicazione dell’art. 64 del D.P.R. n. 1092/1973 deriva dall’adeguamento ad un iniziale orientamento interpretativo della Corte dei Conti, poi tuttavia mutato nel senso che gli appartenenti alla Polizia di Stato il diritto alla pensione privilegiata va riconosciuto in applicazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 1092/1973 e quindi a prescindere dalla sussistenza della condizione dell’inabilità al servizio.

Infine, nel trasmettere il fascicolo amministrativo, il Ministero ha eccepito la prescrizione quinquennale del diritto rivendicato in giudizio.

All’udienza del 17 novembre 2009, presente personalmente il ricorrente e non il patrono dello stesso, nessuno presente per il Ministero dell’Interno, la causa è stata assegnata a sentenza

D I R I T T O

La domanda del ricorrente è fondata.

Lo stesso Ministero dell’Interno riconosce, nella memoria di costituzione in giudizio, che un molto risalente indirizzo interpretativo di controllo della Corte dei Conti è da tempo mutato nel senso di ritenere che agli appartenenti alla Polizia di Stato il diritto alla pensione privilegiata vada riconosciuto in applicazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 1092/1973 e quindi a prescindere dalla sussistenza della condizione dell’inabilità al servizio.

Infatti, ai sensi del sesto comma dell’art. 5 del D.L. n. 387 del 1987, convertito in legge n. 472 del 1987, “al personale della Polizia di Stato continuano ad applicarsi, ai fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione privilegiata, le norme previste per il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento militare”.

 Ne consegue che al personale della Polizia di Stato, già ad ordinamento militare ed ora civile in virtù della legge n. 121 del 1981, si applica l’art. 67 e non l’art. 64 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e che quindi il diritto alla pensione di privilegio va riconosciuto a prescindere dalla sussistenza del requisito dell'inabilità al servizio richiesto dall’art. 64, ma non dall’art. 67, del prefato D.P.R. (giurisprudenza della Corte dei Conti consolidata: cfr. ex pluribus Sez. III^ App. n. 267 del 28.4.2004; Sez. Emilia Romagna n. 327 del 21.5.2009; Sez. Molise n. 125 del 23.10.2006 e n. 22 del 16.2.2006; Sez. Abruzzo n. 101 del 20.2.2006 e n. 783 del 23.11.2005; Sez. Umbria n. 2 del 9.1.2006; Sezione Sicilia n. 1257 del 25.5.2005; Sez. Veneto n. 1260 del 14.10.2004; Sez. Lombardia n. 506 del 30.3.2004; questa stessa Sezione n. 419 del 7.10.2008 e n. 85 dell’11.5.1999).

Ciò premesso si rileva che in fattispecie risulta che il ricorrente era in possesso, alla data della cessazione dal servizio, dei requisiti prescritti dall’art. 67 del D.P.R. n. 1092/1973 - disposizione che avrebbe dovuto essere correttamente applicata - per il conferimento della pensione di privilegio e cioè era affetto da patologia dipendente da causa di servizio ascrivibile ad una delle categorie della Tabella pensionistica A.

Infatti la C.M.O. di Udine, con processo verbale mod. B n. 37 del 25.1.1999 (alla base dell’impugnato provvedimento del Ministero dell’Interno n. 3984 del 18.9.2002), mentre da una parte aveva ritenuto l’infermità “gonartrosi bilaterale” diagnosticata al ricorrente e dipendente da fatti di servizio ascrivibile alla Tabella B ed indennizzabile con indennità una tantum pari 5 annualità di 8^ categoria, dall’altra aveva giudicato l’infermità “artrosi cervicale”, parimenti dipendente da fatti di servizio, meritevole di pensione di  8^ categoria di tabella A, trattamento da durare a vita trattandosi di patologia non suscettibile di miglioramento.

Conseguentemente e senza necessità di disporre accertamenti istruttori (il riferito giudizio medico-legale è fuori discussione in causa), deve essere dichiarato il diritto del ricorrente ad un trattamento pensionistico di importo maggiore rispetto a quello ordinario in godimento e di misura privilegiata correlata alla riconosciuta 8^ categoria di Tabella pensionistica A e questo con decorrenza dalla data di cessazione dal servizio (30.12.1994) ed a vita.

Ciò premesso, per quanto riguarda il diritto del ricorrente alle differenze pensionistiche arretrate, si rileva che il Ministero dell’Interno ha sollevato, nella memoria di costituzione in giudizio, eccezione di prescrizione quinquennale.

In merito si osserva che risulta in atti una domanda del ricorrente volta al riconoscimento della pensione di privilegio datata 7.9.1995.

Si osserva ancora che mentre l’effetto interruttivo della prescrizione prodotto da tale istanza si è esaurito trascorsi 5 anni da tale data, nessun altro atto idoneo ad interrompere il nuovo decorso prescrizionale emerge avanzato dall’interessato sino al ricorso giurisdizionale ad odierna decisione, notificato al Ministero dell’Interno il 3.4.2009.

Peraltro anche a voler considerare interruttiva della prescrizione la circostanza che il ricorrente veniva sottoposto a visita collegiale avanti alla C.M.O. di Udine il 4.12.1998, individuandosi così riconosciuta nei fatti, da parte del Ministero, la sua pretesa ad una pensione di privilegio, sarebbero comunque trascorsi, da tale data e sino alla notifica del ricorso giurisdizionale, più di cinque anni; come più di cinque anni risultano trascorsi dalla comunicazione al C del provvedimento negativo qui impugnato, avvenuta con nota del Ministero dell’Interno dd. 27.9.2002.

Deve quindi dichiarasi prescritto il diritto del ricorrente alle differenze pensionistiche arretrate relative al periodo precedente il 3.4.2004.

Sulle differenze arretrate di pensione da corrispondere per il periodo successivo a tale data sono peraltro dovuti al ricorrente gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (determinata, ai sensi dell'articolo 150 disp. att. c.p.c., alla stregua degli indici rilevati dall’I.S.T.A.T. anno per anno) a decorrere dalla scadenza dei singoli ratei pensionistici sino al saldo.

Il cumulo di interessi e rivalutazione è peraltro da riconoscersi solo parzialmente, ovvero la rivalutazione solo quale eventuale integrazione degli interessi legali ove l'indice di svalutazione I.S.T.A.T. dovesse eccedere la misura degli stessi (v. Sezioni Riunite di questa Corte n. 10/QM del 2002).

Alla soccombenza segue la condanna del Ministero dell’Interno a rifondere al ricorrente la spese di lite; tali spese, tenuto conto del valore della causa e della non complessità della vertenza, si liquidano in misura forfettaria nell’importo di € 1.000 per diritti ed onorari di difesa, oltre a spese generali (12,5% su diritti ed onorari), € 50 per spese vive, I.V.A. e C.P.A.

P.Q.M.

il Giudice Unico delle Pensioni, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando:

1) accoglie il ricorso e riconosce quindi il diritto del ricorrente ad un trattamento pensionistico maggiorato rispetta a quello ordinario in godimento e di misura privilegiata correlata alla 8^ categoria di Tabella pensionistica A e questo con decorrenza dalla data di cessazione dal servizio ed a vita;

2) condanna il Ministero dell’Interno a corrispondere al ricorrente, oltre ad una pensione così commisurata, altresì le differenze arretrate di spettanza nei limiti in cui le stesse non risultano prescritte, vale a dire quelle successive al 3.4.2004;

3) su tali differenze vanno corrisposti dal Ministero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla scadenza dei singoli ratei di pensione sino al saldo, precisando che la rivalutazione monetaria va accordata nel limite dell’eventuale integrazione degli interessi ove l’indice di svalutazione (indice ISTAT) dovesse eccedere la misura degli stessi;

4) condanna il Ministero dell’Interno a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida nell’importo di € 1.000 per diritti ed onorari, oltre a spese generali (12,5% su diritti ed onorari), € 50 per spese vive, I.V.A. e C.P.A.

            Così deciso in Trieste nell’udienza del giorno 17 novembre 2009.

                                                IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

                                                                   f.to Paolo SIMEON

Depositata in Segreteria il 17 novembre 2009.

                                       IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

                                      f.to dott. Alessandra Vidulli

DECRETO

Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196,

dispone

che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52 nei riguardi della ricorrente.

                                    IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

                                                             f.to Paolo SIMEON

 

In esecuzione del sopraesteso decreto, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente.

Trieste 17.11.2009

       IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

                            f.to dott.

 

 

 

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA Sentenza 272 2009 Pensioni 17-11-2009