REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
Il Consiglio di Stato in sede  giurisdizionale  (Sezione  Quarta)  ha
pronunciato la seguente                                              
                              DECISIONE                              
sul ricorso in appello  N.  944/2000,  proposto  da  M.,
rappresentato e difeso dall'avvocato Norberto Pandolfi, elettivamente
domiciliato presso lo stesso in Roma, via Svezia n. 11,              
                               contro                                
Ministero  della  Difesa,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso la stessa domiciliato ex lege  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12;                                            
                         per l'annullamento                          
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez.
I bis, n. 3341/98;                                                   
Visto il ricorso con i relativi allegati;                            
Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Amministrazione
intimata;                                                            
Vista la memoria prodotta da quest'ultima a  sostegno  delle  proprie
difese;                                                              
Visti gli atti tutti della causa;                                    
Relatore alla pubblica udienza del 24 febbraio  2004  il  Consigliere
Anna Leoni;                                                          
Udito l'Avvocato Norberto Pandolfi;                                  
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:           

ESPOSIZIONE DEI FATTI

1. Il carabiniere M., in forza presso la stazione C.C. di (omissis) (Rieti), con determinazione del Ministero della difesa n. 40766/SD/95 dell'8/8/95, veniva dispensato dal servizio permanente effettivo per scarso rendimento, ai sensi degli artt. 12 lett. c) e 17 della L. 18/10/61 n. 1168, “avendo il medesimo fornito negli ultimi anni scadenti prestazioni di servizio, determinate da carenze qualitative personali e professionali, come è del tutto evidenziato dalla documentazione caratteristica relativa”.

 

2. Il M. impugnava detta determinazione avanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio a) per violazione dei principi generali operanti in materia e violazione delle leggi disciplinanti il servizio permanente effettivo nell'Arma dei Carabinieri, in specie dell'art. 12, lett. c) della L. 18/10/61 n. 1168 nel testo novellato dall'art. 9 sub 1 della L. 1/02/89 n. 53; b) per eccesso di potere nei suoi multiformi aspetti sintomatici.

 

3. Il Ministero della difesa, costituitosi in giudizio, resisteva al ricorso.

 

4. Il T.A.R. del Lazio, sez. I bis, con sentenza n. 3341/98 respingeva il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:
- infondatezza della censura con cui si sosteneva che la Commissione permanente di valutazione dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri avrebbe dovuto indicare le ragioni del mancato esercizio della facoltà di interpellare i superiori gerarchici del valutando, trattandosi di facoltà ampiamente discrezionale della Commissione e di carattere eventuale, il cui mancato esercizio non necessita di una specifica motivazione;
- infondatezza della censura secondo cui, a seguito dell'art. 9 della L. 1/2/89 (che ha modificato la lett. c) dell'art. 12 della L. n. 1168/61) lo scarso rendimento non sarebbe più sufficiente per giustificare la cessazione dal servizio di un carabiniere, dovendosi esso accompagnare a reiterate mancanze disciplinari oggetto di consegna di rigore, in quanto il procedimento di dispensa per scarso rendimento avrebbe natura diversa da quello disciplinare, essendo rivolto ad estromettere dal servizio il personale che si sia dimostrato per un certo periodo di tempo del tutto inidoneo a svolgere i propri compiti, in una valutazione globale del relativo comportamento a prescindere da fatti specifici. Per cui lo scarso rendimento non necessariamente dovrebbe accompagnarsi a mancanze disciplinari (nella fattispecie, poi, l'interessato avrebbe subito una pluralità di sanzioni disciplinari, di cui una sola punita con la consegna di rigore);

- infondatezza della censura di difetto di motivazione, essendo stato il provvedimento motivato con richiamo alla proposta di superiori gerarchici dalla quale risultava il giudizio di insufficiente sin dal 1992, la scarsa sensibilità ad ogni forma di stimolo da parte dei superiori e la presenza di otto sanzioni disciplinari di corpo;
- infondatezza della censura di mancata partecipazione al procedimento di dispensa, essendo il Mameli stato edotto ex lege n. 241/90 dell'inizio del procedimento in questione.

 

5. Appellava il Mameli la indicata sentenza del T.A.R., deducendo le seguenti censure:
5.1. Violazione di legge ed eccesso di potere nell'operato della Commissione di valutazione dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.

La sentenza sarebbe errata laddove ha ritenuto che la Commissione non dovesse giustificare l'omesso ricorso alla testimonianza dei superiori in grado dell'interessato, in quanto, proprio perché atto discrezionale, avrebbe dovuto trovare adeguata giustificazione.

5.2. Violazione di legge ed eccesso di potere nell'operato della Commissione di valutazione dei sottufficiali.
La sentenza avrebbe errato nel ritenere che al ricorrente sia stata offerta la partecipazione al procedimento di dispensa, in quanto l'unica possibilità concessa era stata quella di essere sentito personalmente a propria discolpa e nella comunicazione di avvio del procedimento era stato avvertito della sola possibilità di prendere visione degli atti in qualsiasi momento, con un generico riferimento al D. M. n. 603 del 16/9/93 (Regolamento recante disposizioni di attuazione degli artt. 2 e 4 della L. n. 241 del 1990 nell'ambito dell'Amministrazione della difesa).
5.3. Violazione dell'art. 12 lett. c) della L. 18/10/61 n. 1168, nel testo novellato con l'art. 9 sub 1) della L. 1/2/89 n. 53. La norma imporrebbe, al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., la concorrenza dei due presupposti ivi previsti, e cioè dello scarso rendimento e delle reiterate gravi mancanze disciplinari.
Il fatto che l'art. 17 della L. n. 1168/61 e l'art. 22 della L. n. 833/61 (per la Guardia di finanza) non siano stati modificati in analogia all'art. 12 citato costituirebbe una mera svista omissiva del legislatore.
Comunque, non sarebbe illogica la previsione di tale concorrenza di presupposti per i soli militari di truppa (e non anche per i vicebrigadieri o graduati) in quanto il militare di truppa deve solo eseguire gli ordini ricevuti e, in caso contrario, subire sanzioni disciplinari. Avrebbe, inoltre, errato il T.A.R. nel ritenere che le disposizioni dettate per i militari di truppa dell'Arma dei carabinieri debbano essere interpretate in armonia con quanto disposto per i soli sottufficiali delle Forze armate dagli artt. 26 e 33 della L. 31/7/54 n. 599.
Invero, la L. n. 53 del 1989 ha disciplinato solo lo stato giuridico dei vicebrigadieri, graduati e militari di truppa dell'Arma dei carabinieri e non anche di tutti gli altri sottufficiali appartenenti ad altri Corpi.
Inoltre, la novella di cui all'art. 9 di detta legge è prevista solo a favore dei militari di truppa e non dei vicebrigadieri e graduati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza.
Infine, il T.A.R. non ha rilevato che le norme di cui agli artt. 26 e 33 della L. n. 599/54 disciplinano lo stato giuridico di tutti i sottufficiali, con esclusione delle categorie subordinate (militari di truppa compresi).
5.4. Violazione dell'art. 12 lett. c) della L. 18/10/61 n. 1168, nel testo novellato con l'art. 9 sub 1 della L. 1/2/89 n. 53. A carico del M. non sussistono gravi e reiterate sanzioni disciplinari, che siano state oggetto di consegna di rigore (egli ha, infatti, subito una sola consegna di rigore).

5.5. Eccesso di potere, nei multiformi aspetti sintomatici, non sussistendo lo scarso rendimento imputato al Mameli: l'unico addebito sarebbe un fatto estraneo al servizio (debiti contratti nella sede di servizio, peraltro successivamente tutti onorati).

 

6. Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, contestando le dedotte censure.


7. Il ricorso è stato inserito nei ruoli d'udienza del 24/02/04.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso con cui il carabiniere M. aveva impugnato il provvedimento di sua dispensa dal servizio per scarso rendimento.

2. Con il primo motivo di appello la sentenza viene censurata nella parte in cui ha ritenuto che la Commissione non dovesse giustificare il mancato ricorso alle testimonianze dei superiori: secondo l'appellante tale comportamento dovrebbe essere fatto risalire alla sfera di discrezionalità dell'Amministrazione, come tale necessitante di apposita motivazione. La tesi non può essere condivisa. L'art. 12 della L. 18 ottobre 1961 n. 1168, nel testo novellato dall'art. 9 della L. 1° febbraio 1989 n. 53, prevede che il militare di truppa dell'Arma dei carabinieri cessi dal servizio continuativo anche prima del raggiungimento del limite di età ...omissis... c) per scarso rendimento, nonché gravi reiterate mancanze disciplinari che siano state oggetto di consegna di rigore.
L'art. 17 della medesima legge prevede che il provvedimento di dispensa sia adottato a seguito di proposta delle autorità gerarchiche da cui dipende il militare e previo parere delle autorità competenti ad esprimere giudizi sull'avanzamento.
Non può evincersi, dalla lettera delle richiamate disposizioni, alcun vincolo dell'Amministrazione circa l'interpello dei superiori del militare, il cui intervento assume la configurazione di mera eventualità posta a disposizione della Commissione ove ritenga di dover ulteriormente integrare gli elementi già a sua disposizione. Né può ritenersi, come vorrebbe l'appellante, che la Commissione debba comunque giustificare il mancato ricorso a tale facoltà, in quanto la sufficienza degli elementi interessanti il procedimento di dispensa costituisce un fatto obiettivo, che di per sà dà ragione o meno del comportamento adottato.

 

3. Con il secondo motivo di appello si contesta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto, in base alla documentazione di causa, che all'interessato sia stata correttamente data la possibilità di partecipare al procedimento di dispensa. Sostiene l'appellante che questa partecipazione sarebbe stata lacunosa, in quanto le dichiarazioni rese a verbale dal Mameli palesavano lo stato di soggezione psicologica, sicchè le possibilità offerte per una valida difesa orale sarebbero state vanificate e che non gli era stato concesso di presentare proprie controdeduzioni per iscritto, né tantomeno gli era stato assegnato un termine per la presentazione delle stesse.
Le ragioni esposte non possono essere condivise: l'appellante ipotizza una scansione procedimentale puntuale che non trova riscontro nelle previsioni legislative, assai sobrie, che riguardano il procedimento di dispensa del militare. D'altro canto, nei confronti del M., l'Amministrazione ha rispettato (e questo non è oggetto di contestazione) quanto previsto dall'ordinamento in tema di comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 L. n. 241 del 1990) e dei conseguenti diritti (art. 10 L. n. 241 del 1990) di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti, che l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento; come pure ha richiamato il D. M. n. 603 del 1993, recante disposizioni di attuazione degli artt. 2 e 4 della L. n. 241 del 1990 nell'ambito dell'Amministrazione della difesa.
Di talchè non può ragionevolmente sostenersi che al M. non siano state offerte tutte le possibilità, previste dall'ordinamento, di partecipazione al procedimento che lo interessava. Peraltro, come risulta dal verbale n. 35 del 7/7/95, in atti, il ricorrente ha rilasciato dichiarazioni spontanee a verbale, in difesa di quelle ragioni che ritiene, invece, conculcate.


4. Con il terzo motivo di appello si contesta la lettura che della norma di cui all'art. 12 lett. c) della L. 18 ottobre 1961 n. 1168, nel testo novellato dall'art. 9 della L. 1° febbraio 1989 n. 53, in base alla quale il M. è stato dispensato, ha offerto il T.A.R. del Lazio, ritenendo ipotesi disgiunte quelle indicate alla lett. c) della stessa.
La tesi non può essere condivisa. Il provvedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento risponde all'esigenza di tutelare la funzionalità e l'assetto organizzativo dell'ente nei riguardi di un comportamento del dipendente che, globalmente considerato, denoti un insufficiente rendimento del servizio da lui prestato (Cons. St., V Sez., n. 192 del 24 marzo 1989). Non vi è dubbio che tale valutazione del comportamento del dipendente, in relazione ad un non breve periodo temporale (C.G.A. n. 103 del 1978 e C. S., V, dec. cit.) vada condotta alla stregua di criteri oggettivi e riferiti globalmente alla personalità del dipendente e all'incidenza di detto comportamento sull'andamento del servizio; sicchè la fattispecie resta necessariamente distinta, in ossequio al generale principio di tipicità degli atti amministrativi, da quella diversa della sanzione disciplinare (cfr. dec. cit. e C. S. VI n. 718 del 1978). Viene, peraltro, riconosciuto dalla giurisprudenza che la valutazione oggettiva del comportamento del dipendente in relazione all'andamento del servizio ben possa essere condotta prendendo in considerazione fatti che, pur suscettibili di censura anche in sede disciplinare, siano nondimeno idonei, globalmente considerati, a denotare l'insufficiente rendimento del dipendente e a consentire all'Amministrazione un giudizio negativo sull'attività da questi svolta (cfr. C. S., V sez., n. 192 del 1989 cit.). Ciò non toglie, pur non potendosi escludere che i due profili dell'illecito disciplinare e dell'insufficiente rendimento siano in qualche modo comunicanti, che le ipotesi previste dalla disposizione di cui all'art. 12 lett. c) della L. n. 1168/61, nel testo novellato, siano distinte, ancorché in qualche modo poste sullo stesso piano, proprio per la possibile contiguità di profili or ora ricordata. Lo confermano, sul piano letterale, la presenza di una virgola dopo le parole “scarso rendimento” nonché, sul piano logico, la considerazione che il militare ben potrebbe aver dimostrato scarso rendimento senza per ciò incorrere in illeciti disciplinari gravi. L'aggiunta della seconda ipotesi di dispensa (per gravi reiterate mancanze disciplinari che siano state oggetto di consegna di rigore) sembra piuttosto corrispondere all'esigenza che anche comportamenti inadeguati sul piano disciplinare possano ritenersi integrare quel turbamento alla funzionalità e all'assetto organizzativo dell'ente in cui il dipendente è inserito, nei cui confronti l'Amministrazione reagisce attraverso la dispensa del dipendente stesso. Né appare privo di logica che tale previsione sia stata introdotta solo per i militari di truppa, in quanto è proprio per costoro, in relazione alle funzioni svolte, di prevalente subordinazione, che le mancanze disciplinari assurgono a tale rilievo da costituire turbamento per la funzionalità e l'assetto organizzativo.


5. Alla luce di quanto esposto sub 4) va ritenuta inconferente, e quindi da respingere, la quarta censura incentrata sul fatto che il M. non abbia commesso gravi reiterate mancanze disciplinari, che siano state oggetto di consegna di rigore.

 

6. Infine, relativamente all'ultima censura di eccesso di potere per ritenuta insussistenza di scarso rendimento contestato al Mameli, va rilevato come l'appellante non contesti quanto affermato in sentenza, sulla base della documentazione di causa, circa i giudizi di insufficienza riportati sin dal 13/6/1992; circa la ritenuta rilevante insensibilità ad ogni forma di stimolo dei superiori, che lo avevano diffidato per ben tre volte a mutare condotta dal 1993 al 1994; circa la presenza di numerose sanzioni disciplinari di corpo, che concorrono a connotare, in senso negativo, l'attività svolta dal dipendente; circa, infine, la qualifica di inferiore alla media riportata in periodi precedenti. A ben vedere, l'appellante focalizza principalmente la sua difesa sulla indebita considerazione di comportamenti esterni al servizio, che, peraltro, appaiono alla stregua di mero elemento di considerazione del suo comportamento, neppure decisivo, ove raffrontato con gli altri elementi a disposizione, mentre rispetto a questi ultimi non vengono offerte indicazioni concrete di segno opposto in grado di contestare quanto affermato dall'Amministrazione. Anche tale censura non può, quindi, trovare accoglimento.


7. Per le suesposte considerazioni, l'appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

DECISIONE

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione IV - definitivamente pronunciando in ordine al ricorso in appello indicato in epigrafe, lo rigetta e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata. Spese del grado compensate.

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Personale militare e procedimento disciplinare: le garanzie dei termini

 

T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 31 marzo 2004, n. 183

 

 

Trovano applicazione in favore del personale delle Forze Armate disciplinarmente inquisito - in quanto compatibili con la posizione di stato rivestita e non espressamente derogati - i termini e le garanzie desumibili dai principi generali che governano la materia fra cui il T.U. n. 3/1957, nella parte relativa al procedimento disciplinare. Ne consegue che nei procedimenti di specie, devono trovare applicazione i termini stabiliti nell'art. 97 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, terzo comma, prima parte, nell'art. 111, ultimo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e nell'art. 120, primo comma del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato)”.



 

 

nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno

 
 
SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
         
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa          
            Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano             
costituito dai magistrati:                                           
Luigi MOSNA - Presidente                                             
Hans ZELGER - Consigliere                                            
Terenzio DEL GAUDIO - Consigliere relatore                           
Margit FALK EBNER - Consigliere                                      
ha pronunziato la seguente                                           
                              SENTENZA                               
sul ricorso iscritto al n. 297 del registro ricorsi 2002             
                            presentato da                            
L.,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Igor  Janes,  con domicilio eletto presso lo  studio  del  medesimo  in  Bolzano,  C.so Libertà n. 35, giusta delega a margine del ricorso, - ricorrente -   
                               contro                                
MINISTERO DELLA DIFESA, - resistente -                               
 
REGIONE CARABINIERI "Trentino Alto Adige" - Compagnia di Rovereto,  -
resistente -                                                         
 
COMANDO REGIONE CARABINIERI "Trentino Alto Adige",                   
- resistente -                                                       
COMANDO INTERREGIONALE CARABINIERI "Vittorio Veneto",                
                           - resistente -                            
 
tutti in persona del Ministro della Difesa in  carica  "pro-tempore", rappresentati e difesi ex  lege  dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Trento, in Largo Porta Nuova n. 9, presso la quale, pure per legge, sono domiciliati,                                             
 
                         per l'annullamento                          
 
del decreto dd. 27.06.02 prot. n. 168/III-7/02  del  Ministero  della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare, notificato  in data 12.07.02, con il  quale  è  stata  disposta  nei  confronti  del ricorrente  la  perdita  del  grado  per   rimozione    per    motivi disciplinari,  nonché  di  tutti  gli  atti  dell'inchiesta   formale disposta in data 19.03.2002 dal Comandante del Comando Interregionale Carabinieri "Vittorio Veneto" ed in particolare  della  comunicazione dd. 20.03.2002 prot. n. 171/2-1, notificata  in  data  21.03.2002,  a firma del Comandante della Compagnia C.C. di Rovereto, in qualità di Ufficiale Inquirente, con la quale sono stati formalmente  contestati gli addebiti al ricorrente; della comunicazione dd. 21.03.2002 prot. n. 171/2-2, notificata in data  21.03.2002,  a  firma  dell'Ufficiale Inquirente  ad  oggetto:  "Inchiesta  formale. Presentazione di giustificazioni e documenti", con la quale si avverte  il  ricorrente della possibilità di presentare giustificazioni e/o  documenti  entro la data del 27.03.2002; missiva dd. 18.04.2001 prot. n. 171/9 a firma dell'Ufficiale inquirente; rapporto finale dd.  23.04.2002  prot.  n. 171/12  redatto  dall'Ufficiale  Inquirente  relativo   all'inchiesta formale a  carico  del  ricorrente;  del  non  conosciuto ordine di deferimento  del  ricorrente  al  giudizio  di  una  Commissione   di disciplina; di tutti  gli  atti  posti  in  essere  dalla  costituita Commissione di disciplina e, in particolare della  comunicazione  dd. 27.05.2002 prot. n. 33/32 a firma del Presidente della Commissione di disciplina, notificata in data 27.05.2002, con la quale il ricorrente è stato informato della riunione  della  Commissione  di  disciplina, fissata per il giorno 06.06.2002, e che "almeno cinque  giorni  prima della riunione  potrà  far  pervenire eventuali  scritti  e  memorie difensive"; del processo verbale dd. 06.06.2002  della  seduta  della Commissione di disciplina nella parte in cui non è stato recepito  da parte  della  Commissione  stessa  il  vizio  di    forma    rilevato dall'Ufficiale difensore, Ten.  Pierpaolo  Sinconi,  consistente  nel fatto  che  nell'atto  n.  9  dell'inchiesta   formale    l'Ufficiale Inquirente ha posto un termine a difesa di 6 (sei) giorni,  menomando così i termini della difesa;  del  processo  verbale  dd.  06.06.2002 della seduta della Commissione di disciplina, con il  quale  è  stato deciso che il ricorrente non è meritevole di conservare il grado; di ogni ulteriore atto presupposto,  infraprocedimentale,  connesso  e  conseguente.                                                         
 
Visto il ricorso notificato il 26.10.2002 e depositato in  segreteria il 15.11.2002 con i relativi allegati;                               
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa -
Arma dei Carabinieri dd. 29.10.2002;                                 
Vista l'ordinanza n. 202 dd. 03.12.2002 di questo  Tribunale  con  la quale è stata cautelarmente sospesa  l'esecuzione  del  provvedimento impugnato;                                                           
Viste le memorie prodotte;                                           
Visti gli atti tutti della causa;                                    
Designato  relatore  per  la  pubblica  udienza  del  28.05.2003 il consigliere Terenzio Del Gaudio ed ivi sentito l'avv. I. Janes per il ricorrente; nessuno si è presentato per il Ministero della  Difesa  -  Arma dei Carabinieri;                                                
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:           

Con il ricorso notificato in data 26.10.2002 vengono impugnati i provvedimenti in epigrafe per i motivi di cui in seguito.
Si premette che, con Decreto Ministeriale n. 33/III-7/2002 dd. 25.02.2002 l'odierno ricorrente, Maresciallo Capo dei Carabinieri, è stato sospeso precauzionalmente dall'impiego ai sensi dell'art. 4, primo comma, della legge 97/2001 a decorrere dal 19.12.2001, essendo stata applicata al medesimo, con sentenza n. 1052/01 di pari data del G.I.P. presso il Tribunale di Bolzano, la pena -su richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p.- di mesi otto di reclusione, con sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna, perché imputato del delitto di cui agli artt.110 e 314, primo comma, c.p. Passata detta sentenza in giudicato il 28.02.2002, il Comandante del Comando Interregionale Carabinieri "Vittorio Veneto" disponeva un'inchiesta formale a carico dell'odierno ricorrente perché "da tale comportamento, contrario alle finalità dell'Arma, è derivato rilevante nocumento all'immagine dell'Istituzione ed al prestigio del grado rivestito".

Al termine dell'inchiesta formale, l'interessato veniva deferito dal Comandante Interregionale, su conforme parere dell'Ufficiale Inquirente, al giudizio della Commissione di disciplina.
Quest'ultima, nella seduta del 06.06.2002, riteneva l'interessato non meritevole di conservare il grado.
La Direzione Generale, condividendo il parere espresso dalla citata Commissione, decretava infine, con provvedimento dd. 27.06.2002 e notificato il 12.07.2002, la "perdita del grado a seguito di rimozione per motivi disciplinari" nei confronti dell'odierno ricorrente.

 

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi di impugnazione:

 

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e ss. della L. 31.07.1954, n. 599 nonché degli artt. 104 e ss. del D.P.R. 10.01.1957, n. 3 (T.U. degli impiegati civili dello Stato) in relazione agli artt. 1 e 10 della L. 07.08.1990, n. 241; violazione dell'art. 24 Cost.; violazione del principio del diritto di difesa; violazione del diritto di partecipazione; violazione del principio del contraddittorio; eccesso di potere per difetto istruttorio; difetto di integrità del contraddittorio;


2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e ss. della L. 31.07.1954, n. 599 nonché dell'art. 111, comma 4, del D.P.R. 10.01.1957, n. 3 (T. U. degli impiegati civili dello Stato) in relazione agli artt. 1 e 10 della L. 07.08.1990, n. 241; violazione art. 124 Cost.; violazione del principio del diritto di difesa; violazione del diritto di partecipazione; violazione del principio del contraddittorio; eccesso di potere per difetto istruttorio; difetto di integrità del contraddittorio. Con comparsa dd. 29.10.2002 si è ritualmente costituita in giudizio l'Amministrazione della Difesa - Arma dei Carabinieri a mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento che, con successiva memoria difensiva dd. 10.05.2003, ha chiesto il rigetto del ricorso, siccome infondato.
Con ordinanza n. 202/2002 emessa nella camera di consiglio del 3.12.2002, questo Tribunale ha accolto l'istanza di sospensione cautelare degli impugnati provvedimenti, avanzata dal ricorrente.
Alla pubblica udienza del 28.05.2003 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta, tra l'altro, la violazione del principio del diritto di difesa e del principio del contraddittorio che deduce essere avvenuta nell'ambito dell'inchiesta formale.
Il ricorrente lamenta, a tal proposito, che la lettera n. 171/2-1 dd. 20.03.2002 di contestazione degli addebiti a firma dell'Ufficiale Inquirente, gli è stata notificata in data 21.03.2002 e che lo stesso giorno gli è stata notificata anche la lettera n. 171/2-2 con la quale il predetto Ufficiale lo avvertiva della possibilità di presentare giustificazioni e/o documenti entro il termine ultimo del 27.03.2002 e cioè, entro "un arco temporale pari a soli 6 (sei) giorni".

Da qui le dedotte censure di cui innanzi, ravvisate dall'interessato nell'"assenza ed inosservanza di un congruo termine a difesa di almeno 20 giorni, così come previsto per gli impiegati civili dello Stato dall'art. 105 del T.U. n. 3/1957".

Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente deduce, tra l'altro, un ulteriore vizio procedimentale riguardante il contraddittorio ravvisato nella mancata concessione, nell'ambito del procedimento disciplinare svoltosi dinanzi alla Commissione di Disciplina, "di un termine dilatorio inderogabile a difesa di giorni 20" con conseguente violazione dell' art. 111, ultimo comma del D.P.R. 10.01.1957, n. 3 (T.U. degli impiegati civili dello Stato).
Le suddette censure sono fondate.

Occorre premettere che le disposizioni contenute nelle leggi sullo stato giuridico del personale militare, a differenza di quelle contemplate dal T.U. n. 3/1957 per gli impiegati civili dello Stato, non prevedono l'osservanza di termini temporali per l'inizio e lo svolgimento dei procedimenti disciplinari.
Nella specie, l'art. 105 del T.U. n. 3/57 dispone, in caso di "procedimento per l'irrogazione della riduzione dello stipendio, della sospensione dalla qualifica e delladestituzione", che "le giustificazioni debbono essere presentate, entro venti giorni dalla comunicazione delle contestazioni...(omissis)..." e che "è in facoltà dell'incolpato di rinunciare al termine, purché lo dichiari espressamente per iscritto".
L'art. 111, ultimo comma, dello stesso T.U. stabilisce, inoltre, che "la data della seduta fissata per la trattazione orale deve essere comunicata... (omissis)...all'impiegato almeno venti giorni prima, con avvertenza che egli ha facoltà di intervenirvi per svolgere oralmente le proprie difese e di far pervenire alla commissione, almeno cinque giorni prima della seduta, eventuali scritti o memorie difensive".

Orbene, per quanto la giurisprudenza abbia inizialmente escluso l'applicabilità del T.U. n. 3/1957 nei confronti del personale militare, una sostanziale revisione di detto orientamento è successivamente intervenuta sia con la L. 07.02.1990, n. 19, riguardante non soltanto la categoria degli impiegati civili dello Stato bensì tutti i "pubblici dipendenti", sia con la sentenza 27.02.1991, n. 104 della Corte Costituzionale sia con la L. 27.03.2001, n. 97 riferentesi a tutti i "dipendenti delle amministrazioni pubbliche".

Con la suddetta sentenza 27.02.1991, n. 104, la Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale delle modalità di svolgimento del procedimento disciplinare instaurato, a seguito di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento con formula non pienamente liberatoria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 20, 64, 65, 72 e 74 della L. 31.07.1954, n. 599 sullo stato giuridico dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, "nella parte in cui non prevedono termini decadenziali sia per l'attivazione del procedimento disciplinare a carico dei sottufficiali delle Forze Armate, sia per l'esecuzione degli ulteriori atti d'impulso procedimentale,nonché nella parte in cui non sono garantiti termini dilatori prima della comparizione dell' inquisito davanti alla commissione di disciplina".
In sostanza, il Giudice delle leggi ha rilevato che l'evidente disparità di trattamento tra gli impiegati civili dello Stato (per i quali soccorrono le garanzie dei termini acceleratori e dilatori previsti dal T.U. n. 3/1957) ed i sottufficiali delle Forze Armate (nei confronti dei quali la L. n. 599/1954 non prevede siffatte garanzie) non trova giustificazione nelle peculiarità proprie dello "status" militare e che, pertanto, l'ordinamento giuridico debba tendere, in via generale, "al maggiore possibile avvicinamento dei diritti del cittadino militare a quelli del cittadino che tale non è" (cfr., inoltre, Corte Cost. sent. n. 490/1989).

Ne consegue che nei procedimenti di specie, così come affermato dalla Corte Costituzionale, devono trovare applicazione i termini stabiliti nell'art. 97 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, terzo comma, prima parte, nell'art. 111, ultimo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e nell'art. 120, primo comma del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato).
Anche il Consiglio di Stato ha affermato che è corretto che trovino applicazione in favore del disciplinarmente inquisito -in quanto compatibili con la posizione di stato rivestita e non espressamente derogati- i termini e le garanzie desumibili dai principi generali che governano la materia fra cui il T.U. n. 3/1957, nella parte relativa al procedimento disciplinare, ovvero, in quanto ne sussistano i presupposti, l'art. 9 della L. n. 19 del 1990 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2527/2003).

Rileva il Collegio che, come lamentato dal ricorrente e inequivocabilmente desumibile dagli atti depositati in giudizio, l'Amministrazione, nel corso del procedimento disciplinare di Stato di cui trattasi, non ha rispettato i termini a difesa previsti dal T.U. n. 3/1957.

Del resto, dallo stesso verbale di seduta della Commissione di Disciplina dd. 06.06.2000 risulta che il Ten. Pierpaolo Sinconi, difensore dell'odierno ricorrente, ha, in tale sede, espressamente rilevato che "nell'atto n. 9 (nove) dell'inchiesta formale, v'è un vizio di forma consistente nel fatto che l'Ufficiale Inquirente ha posto un termine perentorio a difesa di 6 (sei) giorni, menomando così i termini della difesa" (cfr. all. n. 7 del dep. doc. del ricorrente).

Il mancato rispetto, poi, del termine dilatorio di almeno 20 giorni, di cui all'art. 111, ultimo comma, del T.U. n. 3/1957, risulta anch'esso chiaramente dalla lettera n. 33/22 dd. 27.05.2002, notificata all'interessato alle ore 13,30 del 27.05.2002, con la quale il Presidente della Commissione di disciplina ha reso edotto l'interessato della convocazione della Commissione di disciplina per le ore 09,00 del giorno 06.06.2002.
Le dedotte censure inerenti al difetto del contraddittorio risultano pertanto fondate. In conclusione, il ricorso è fondato e, come tale, va accolto.

Sono fatte salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione.

Sussistono giusti motivi per addivenire alla integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti in causa.

 

 

DECISIONE

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione Autonoma di Bolzano - disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 28.05.2003.